Saturday, November 1, 2025

  • Facebook Flickr Twitter YouTube

Moroldo e il soldato che piange

Posted by admin On Agosto - 31 - 2021

Lo hanno definito “il miglior narratore per immagini”: Gianfranco Moroldo (1927 – 2001), fotografo e fotoreporter, è protagonista di numerosi videoreportage eccezionalmente coinvolgenti, come quelli svolti appena dopo la dolorosa strage del Vajont nel 1963, dopo il tremendo terremoto in Belice nel ’68, e di vari servizi durante la “guerra dei sei giorni” nel ’67 e poi in Vietnam prima dell’intervento diretto militare statunitense. Proprio qui, in effetti, il fotografo dell’Europeo viene mandato qualche volta fino a che si stanzierà lì per tutta la durata del conflitto nel paese asiatico, dopo un anno di servizi fotografici e di reportage, collaborando spesso con la celebre Oriana Fallaci.

Dopo i primi mesi di servizio sulle linee americane, trovandosi in un accampamento – base lungo il fronte, conosce gli attacchi dei vietcong in stile guerriglia, condotti con molta astuzia, un’astuzia che determinerà le sorti dell’atroce conflitto. Nei giorni successivi, a quanto riferito da lui stesso nel libro di Francesca Della Monica “Attraverso i tuoi occhi”, alcune unità statunitensi partirono verso le colline del nemico, per cercare di conquistare o almeno indebolire le posizioni dei soldati nord-vietnamiti. Gianfranco e il resto degli inviati, compresa Oriana Fallaci, non conoscono nessun dettaglio di questo “strano” movimento delle truppe americane verso queste colline inquietanti del Vietnam. I giorni passano, con gli  abituali attacchi notturni dei soldati di Ho-Chi-Minh. Un giorno però, il movimento che si nota nella base statunitense fa capire che rispetto ai giorni di routine ci sia qualcosa di intrigante per il telereporter italiano, e probabilmente, come in ogni periodo di conflitti, un qualcosa di soprattutto triste. Dopotutto nessuno dei giornalisti presenti nella zona sa cosa sta avvenendo e che cosa abbiano in mente i Marines.

All’improvviso si sente l’arrivo degli elicotteri, dai quali gli equipaggi, dopo l’atterraggio, aprendo le porte, uno per uno e con l’aiuto dei soldati della base, tirano fuori degli enormi sacchi. Sono sacchi di color nero e di una forma allungata, che ricordano e fanno venire in mente solo una cosa: i sacchi con corpi umani privi di vita.

Gianfranco considera questo momento come il  primo vero momento in cui ha incontrato gli effetti e le conseguenze della guerra, nonostante abbia svolto servizi in buona parte del mondo, la maggior parte in luoghi di terribili conflitti come la guerra Indo-pakistana.

Subito alcuni Marines giungono alle postazioni dei giornalisti per proibire a quest’ultimi di scattare foto a quello che avverrà da quel momento in poi fino a un nuovo eventuale ordine. Moroldo, con la sua innata curiosità, prepara la fotocamera, disobbedendo agli ordini dei soldati. A un certo punto dagli elicotteri si vedono scendere alcuni sopravvissuti di quella inimmaginabile missione. Questi uomini, una volta usciti dall’elicottero, si dividono in ordine sparso e ognuno percorre la sua direzione. Verso i giornalisti si dirige uno di quei pochi soldati scesi dai velivoli: come gli altri è tutto sporco, ha una faccia polverosa, uno sguardo traumatizzato e disperato. Si muove piano, camminando con grande fatica, si notano la sua stanchezza e soprattutto, la sua espressione. Quando ormai è a pochi metri dagli inviati, apre le braccia e appoggia la sua testa al primo uomo davanti a cui si trova, assieme alle sue mani: tutto sul petto di un reporter. Il suo volto cambia bruscamente, passa drasticamente da quella espressione affaticata e seria a una espressione di sfogo, con le sue prime lacrime: man mano escono con più decisione trasformandosi in un vero e proprio momento di liberazione.

Quella liberazione che, secondo il reporter italiano, significa la gioia di essere tornato salvo, lontano da quello che ha potuto vedere durante i giorni precedenti insieme ai suoi compagni, che purtroppo non ce l’hanno fatta. Ma quel pianto, lungo e doloroso, è la sofferenza che porterà per il resto della vita, ricordandosi di tutto ciò che ha visto in quelle colline vietnamite. Anche il reporter è scioccato e rattristato quasi  quanto lui. L’inviato apparentemente  sta annotando profondamente nel suo cuore quello che sta succedendo: tiene bene appoggiato il capo e le braccia del militare sul suo petto, guardandolo e fissando allo stesso tempo il vuoto, provando a immaginare l’inimmaginabile, ovvero tutto ciò che ha vissuto in prima persona quel soldato.

Quella foto, che non si sarebbe potuta fare, fa il giro dell’Italia e non solo, quando il giornalista italiano pubblica il suo sconcertante servizio, dove riesce a dimostrare nel migliore dei modi uno dei tanti orrori del Vietnam.

Quell’istante, cristallizzato per sempre, è un momento casuale e inaspettato da tutti i presenti, sia civili che militari. Dopo i fatti si viene a sapere che quei giovani ragazzi arrivavano da una delle tante colline della giungla locale, conosciuta poi da tutti come Hamburger Hill a causa del gran numero di morti.

Alberto Julio Grassi, 3 A Scientifico

 

Condividi questo articolo:

Comments are closed.

F-104, pregi e difetti del mito

L’F-104 è uno dei più famosi e, secondo molti, il miglior aereo di sempre. Il suo sviluppo risale ai primissimi […]

Covid? A loss of million jobs

The severe decline in air traffic caused by the Covid-19 pandemic, followed by a slow recovery, will result in a […]

Las avispas españolas

Han pasado casi 2 años desde que la US Navy retiró del servicio todos los cazas F/A-18 versiones C/D. Todavía […]

L’Apolli XI una bugia?

Lo sbarco sulla Luna del 1969  è stato uno degli avvenimenti più importanti della storia. Sono stati gli americani Neil […]

TAG CLOUD

POPULAR