Se non avete mai sentito parlare di curdi, allora, è il momento giusto per saperne qualcosa di più. Il Kurdistan, è una regione del Medio Oriente situata a cavallo tra Iran, Iraq, Siria e Turchia, per lo più montagnosa e che, da secoli ormai, funge da culla all’etnia curda, popolazione composta dai 35 ai 40 milioni di individui. Il popolo curdo è per lo più di religione mussulmana sunnita e forma una comunità unita da etnia, cultura e lingua: nonostante ciò ogni gruppo nazionale si distingue per priorità e alleanze. Ad esempio i curdi siriani, turchi e iracheni hanno combattuto insieme contro l’ISIS tra il 2016 e il 2017, mentre i curdi iraniani hanno solo da poco ottenuto il controllo sulla regione che abitano, il Rojava.
Insieme lottano però per il riconoscimento di un proprio stato, atteso sin dalla fine della prima guerra mondiale con il trattato di Sèveres, siglato nel 1920, che prevedeva la formazione appunto di uno stato curdo, il Kurdistan. A soli tre anni di distanza, però, con il trattato di Losanna, il tutto venne cancellato. Iniziarono così per questo popolo una serie di persecuzioni da parte di Iran, Iraq e Turchia.
Partendo da queste informazioni, fondamentali per capire ciò di cui stiamo parlando, posso iniziare a spiegare voi chi è Erdogan e il perché di certe sue decisioni.
Mercoledì 9 ottobre 2019 il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha annunciato l’inizio dell’operazione militare denominata “fonte di pace” contro i combattenti curdi nel nord-est della Siria. Lo scopo di Erdogan è quello di creare una “zona cuscinetto” proprio in quest’area; le forze armate turche, con l’ausilio dell’esercito siriano, agevolate dalla decisione di Donald Trump di ritirare le truppe americane presenti nella zona, stanno bombardando le milizie dell’YPG (unità combattenti di protezione popolare curde) considerate, tra l’altro, un gruppo terroristico dalla maggior parte delle nazioni occidentali, alla stregua del PKK, i paramilitari che da decenni si battono in territorio turco per il riconoscimento dei diritti del popolo curdo. L’avanzata militare di Erdogan punta quindi ad allontanare le milizie curde dal confine, e secondariamente a trasferire due milioni di rifugiati siriani, attualmente in Turchia. Questo trasferimento comporterebbe però un superamento di oltre 30 km della “safe zone” (zona cuscinetto) stipulata con gli americani, con tutto il peso dell’incognita che aleggia sulle intenzioni espansionistiche di Erdogan.
Gli Stati Uniti avevano affiancato è finanziato le YPG curde nella lotta contro il popolo islamico (ISIS); avevano inoltre convinto i curdi ad abbandonare alcune zone a favore della Turchia in cambio di protezione, almeno sino alla decisione recente di ritirare le proprie truppe dal nord-est siriano. Ecco che così, i curdi, affranti dal tradimento e dalla fine del rapporto con gli USA, si ritrovano vulnerabili e sotto attacco.
Erdogan, sotto i riflettori, tiene ai ferri corti anche l’intera comunità europea ribadendo la minaccia del 2016 di far saltare i patti sulla gestione dei rifugiati e, quindi, di lasciar passare 3,6 milioni di migranti verso la UE se questa non dovesse permettergli di creare la “zona cuscinetto”. La mossa del presidente turco obbliga tutti a stare a guardare mentre le milizie curde vengono massacrate in Siria.
L’eliminazione delle forze YPG in Siria potrebbe provocare la rinascita dell’ISIS nella zona.
Tutti, e dico veramente tutti noi, siamo nel bel mezzo di una partita a scacchi dove quello che sta per mangiare la regina è Erdogan: lui ha le giuste carte in mano, una buona dose di ambizione e, evidentemente, discreti vantaggi economico-politici. Abbandonati dallo stesso Occidente, che tanto li ha stimati e supportati negli ultimi anni, traditi e sotto attacco, i curdi sono inermi. A noi resta decidere da che parte schierarci: sono tante le dichiarazioni di condanna e sdegno (inclusa la mia) provenienti dal quadro europeo, ma di fatti concreti all’orizzonte non se ne vedono.
In salvataggio arriva la posizione italiana, dall’alto rappresentante per la politica estera dell’UE, Federica Mogherini: “La nostra posizione sull’intervento militare che la Turchia sta intraprendendo nel nord-est della Siria è chiara. Chiediamo alla Turchia di fermarlo. Riteniamo che le conseguenze sarebbero estremamente pericolose”. Lei ha però intuito che tagliare i fondi alla Turchia sarebbe doppiamente dannoso per i rifugiati siriani che diverrebbero vittime per ben due volte: capiamo così che non si agirà su questo fronte.
Erdogan tiene in pugno un’Europa succube delle troppe sfavorevoli mosse politiche, inerme e impossibilitata a rispondere. Un solo uomo, al quale però è stata servita la posizioni vincente su un piatto d’argento: Erdogan tiene l’Occidente, il futuro del popolo curdo e la vita di milioni di rifugiati nelle proprie mani. A noi, persone con un minimo di interesse per la situazione politica europea, resta solo domandarci di chi sia davvero la colpa di un quadro instabile come questo, se Erdogan possa essere il burattino di qualcuno e, soprattutto, quali risvolti questa situazione vacillante possa assumere, positivi o negativi che siano.
Raffaele Parola, 5 A Scientifico