Atmosfera cupa, il cielo chiama neve. Spero fortemente che questa notte non nevichi tanto quanto ieri, altrimenti si resta bloccati a casa con fucile al chiodo e cane nel box.
Il bosco è spoglio, uno strato di foglie alto 30 centimetri copre il terreno. Difficile passare inosservati e silenziosi: piante nude e terreno “minato” dalle foglie. Drago, il mio setter più bianco che arancio, è carico, ama la caccia tanto quanto me. Anche lui la sente nell’aria. Il pendio a est della collina è buio, il sole sta tramontando mentre il freddo pungente gela le ossa: ma non la passione.
Il silenzio è assordante, l’orecchio sinistro è già da qualche mese che fischia: per fortuna il movimento del cane sul fogliame mi dà un po’ di sollievo. Incomincio a sentirla anch’io. L’orecchio ricomincia a fischiare. Un brivido mi investe: l’ha trovata. Provo a dirigermi nell’ultima direzione in cui l’ho sentito scarpinare. Eccolo lì, bloccato come una statua sopra una macchia di neve congelata di circa 10 metri quadri: boccheggia e trema, lui sa dove è.
Mi porto dietro, lo accarezzo, non accenna a muoversi. Bianco su bianco, in un paesaggio nudo e grigio. Luce nel buio. La candela tra le tenebre. Incomincio a cercarla ai bordi della chiazza. Ad un certo punto la scorgo e lei scorge me: l’energia generata dall’incrocio di sguardi tra il predatore e la preda si libera in un frullo. Sento solo battere le ali: il tempo, la luce, l’attimo… tutto bloccato. Vedo solo lei, vedo la regina fuggire. È vero: una parte di me vuole impossessarsene, vuole catturarla, vuole ucciderla. L’anima dice di lasciarla andare: voglio vederla vibrare nel cielo per altre infinite volte per riprovare ancora questo fuoco interiore impossibile da descrivere a qualcuno che non abbia mai cacciato.
Mollo due colpi. Vola via illesa, dominando il cielo. Drago la cerca esanime senza successo: sconsolato, si siede vicino a me e mi guarda negli occhi. Mi parla: “L’hai sbagliata! Era un tiro così semplice, pulito…”. Amico mio, la tua anima trema quanto la mia: sotto sotto, sai che è meglio così. Incantato, ricarico il sovrapposto. Guardo la creatura che gli uomini chiamano cane, ma che in realtà poco si discosta da essi (il cane spesso è più intelligente di certi animali a due zampe), e dopo aver abbozzato due passi capisce: andiamo a ricercarla. Prego il Signore di farmi vivere mille di questi momenti. L’essenza è la caccia, non l’uccisione in sé.