Quest’anno anche Natale è stato diverso, come lo è stato tutto. Dalle discoteche chiuse, agli eventi saltati, alle giornate primaverili passate in casa: non abbiamo vissuto nessun momento della nostra quotidianità come avremmo immaginato o come avremmo voluto. Se lo scorso anno ci avessero detto cosa ci aspettava e che tutti avremmo dovuto indossare quotidianamente una mascherina, non ci avremmo creduto: purtroppo quel virus, che al tempo era circoscritto in Cina, non ci spaventava. Ci ricordava, invece, l’Ebola, restata fortunatamente in Africa o nei centri di accoglienza. In realtà, esattamente dodici mesi fa, deridevamo l’Oriente per questa piaga che lo colpiva. Invece eccoci, tutti dotati di mascherine e poche certezze, anche per una festa importante per la nostra cultura, come il Natale.
Siamo cresciuti pensando a Natale e Capodanno come a feste diverse dalle altre, simbolo di aggregazione o, come ci diceva il nostro ex Premier Giuseppe Conte, simbolo di assembramento. Non abbiamo potuto sicuramente vivere queste giornate come avremmo fatto normalmente: c’è chi ha visitato i famigliari, restando però sulla porta con la mascherina, chi si è sottoposto ai tamponi piuttosto di abbracciare i propri nonni, chi invece è rimasto solo e ha sofferto di più questa situazione. Non importa che si creda a Dio o meno, che si pensi che sia Babbo Natale, Santa Lucia o chissà chi a portare i regali: il Natale non è né doni né religione. Smettiamo di pensare a noi stessi o a qualcuno che si può pregare anche negli altri giorni dell’anno. Questa situazione ci ha fatto notare che la solitudine non è un qualcosa che nella nostra società è totalmente assente, come pensavamo: c’è, e quando colpisce affonda più che mai il proprio pugnale nella carne della società. Giorni gialli, arancio, rossi: le menti che stanno dietro a questo piano hanno attuato una politica che deve obbligatoriamente tentare di contenere i contagi, gravando però sulla psicologia di una società già danneggiata da nove mesi di guerra contro un nemico invisibile. Questo Natale è stato diverso, non per i regali o perché non si è potuto andare a messa con la famiglia ma perché non si è potuto vivere il suo vero essere, ovvero lo spirito di aggregazione, tanto scontato quanto semplice da abbattere.
Alessandro Donina, 5 A Scientifico