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Un racconto dal futuro

Posted by admin On Aprile - 10 - 2020

“Mi chiamo Farah. Ho sedici anni e frequento il terzo anno di scuola specializzata. Corre il 2400, il primo anno del venticinquesimo secolo. Io sono nata nel 2384, l’anno dei cambiamenti. Ovviamente non sono vissuta negli anni prima, ma ho visto gli ologrammi dei miei genitori ed era una vita migliore, a parer mio. Prima di quell’anno si poteva uscire tranquillamente di casa. Le persone potevano passeggiare, con la mascherina per non respirare l’aria inquinata, ma si poteva uscire. Nel 2384, invece, le Nazioni Unite hanno capito che l’inquinamento era troppo alto e il tasso di mortalità stava superando il limite massimo. Se non avessero imposto leggi che vietavano di respirare l’aria inquinata, la popolazione non sarebbe sopravvissuta e l’uomo sarebbe solo un ricordo, come le galline, le mucche e i maiali. Gli altri animali sono sopravvissuti, ma in minima parte. Vivono in ambienti protetti, le galline si sono estinte definitivamente nel 2287. In quegli anni l’inquinamento era a livelli inimmaginabili, perché sono stati i famosi anni del progresso. Si è iniziato a viaggiare tra galassie grazie alla scoperta della velocità di curvatura e quindi si sono sviluppate molte fabbriche per la costruzione delle navicelle e dei razzi. Quando le galline si sono estinte c’è stata un grandissima crisi. La gente mangiava le uova di gallina e quando non ci sono più state non sapevano cosa fare. Gli scienziati del gusto le hanno prodotte artificialmente, ma costava troppo, così dopo pochi mesi è cessata. Si sono sostituite con le uova d’oca, che mangiamo anche oggi. A me non piacciono molto, ma mamma le usa per cucinare i dolci oppure per impannare la carne di cavallo.

Vent’anni dopo, cioè nel 2307, si sono estinte le mucche. La scomparsa dei bovini è stata meno grave, perché la carne di mucca era poco diffusa. Il problema più grande è stato il latte. Tutti lo bevevano e da un momento all’altro non c’era più. Si è iniziato a promuovere il latte di capra, che bevo anche io tutte le mattine. Qualche anno più tardi si sono estinti anche i maiali. Questa è stato l’estinzione che si è sentita di meno a livello mondiale. La sua carne si mangiava solo in Europa, dove è stata sostituita con quella di cavallo.

Nel 2384 sono stati costruite le strade sotterranee. Ogni abitazione ha l’ascensore che scende di circa duecento metri e raggiunge la metropolitana o le strade. È così che i miei genitori vanno al lavoro e io a scuola. Le leggi impongono anche che si può stare fuori dalla propria abitazione dalle 8 alle 21. Se qualcuno non è in casa prima o dopo quegli orari viene arrestato.                                                                                             La scuola inizia alle 8,30. Quando studiavano i miei genitori la scuola era diversa. Ma anche l’istruzione, come molte altre cose, è stata rivoluzionata nel 2384. In quell’anno il governo ha deciso che gli alunni non avrebbero più studiato tutte le materie scolastiche. Ovvero, lo avrebbero fatto in  minima parte fino a dodici anni, avrebbero sostenuto un test e da quel momento sarebbero stati istruiti e specializzati sono in alcune materie in un certo campo. Per questo la scuola per i ragazzi dai dodici ai vent’anni si chiama Scuola Specializzata. Per gli altri si chiama Generica: quando la si frequenta si sta in dormitori con i propri compagni e si torna a casa solo nel fine settimana. Così si ha più tempo per studiare, mentre quando si torna a casa si può stare tranquillamente con i genitori.

Quando si frequenta la Specializzata, invece, si torna a casa ogni giorno per passare tempo con i propri genitori, perché quando si termina ci viene assegnato un lavoro e non si sa se si rivedranno mai più i propri genitori: l’impiego potrebbe essere su un altro pianeta o in un’altra galassia.

La Scuola Specializzata ha quattro diverse specializzazioni. Magistrale è la scuola che prepara i futuri professori ed è a numero chiuso: ogni anno prendono quattro nuovi ragazzi. Scientifica prepara i futuri scienziati: per accedere bisogna superare un test difficilissimo, ma nonostante questo molti ragazzi ne fanno parte. Ingegneria prepara gli ingegneri: è la specializzazione più diffusa, perché chi non ha doti speciali diventa ingegnere, data l’ampia richiesta. L’ultima specializzazione è quella che faccio io, Aeronautica. È un lavoro molto richiesto al giorno d’oggi, ma non sono tanti gli iscritti perché chi fa questo lavoro si sposta in continuazione.

La mia scuola è molto accogliente. Si sviluppa su cinque piani: al primo ci sono i vari ascensori, la bacheca con gli avvisi e le macchinette che controllano se siamo presenti. Si tratta delle macchine Misura Impronta: bisogna inserirci il braccio fino a far visionare il tatuaggio personale, in modo da registrare la nostra presenza. Ogni bambino, quando nasce, viene marchiato con un segno, diverso tra tutti, per essere riconosciuto. Mia mamma mi ha spiegato che il mio tatuaggio simula le onde del mare, che io non ho mai visto. Al secondo piano della scuola ci sono i simulatori dei razzi: qui ci esercitiamo per quando toccherà a noi pilotarne uno. È molto complicato, soprattutto quando si aziona il motore di curvatura perché la velocità supera quella della luce. Al terzo piano ci sono le aule dove studiamo con gli ologrammi dei professori: ognuno di noi ha il proprio banco, di colore blu, sul quale prende appunti ed esegue gli esercizi che i professori dettano. Prendiamo appunti su schermi di colore nero, che poi possiamo portare a casa per studiare la lezione. I banchi sono piccoli, dato che siamo tanti ragazzi.

Le aule sono cinque, come le materie: ogni materia ha una sua aula per essere attrezzata al meglio. La materia che mi piace di più è Astrofisica: studiamo le distanze nello spazio e calcoli e algoritmi che fanno sì che possiamo esplorarlo. La classe è verde, con schermi alle pareti che illustrano le principali formule della materia.  Quella che odio, invece, è Chimica: studiare la composizione degli altri pianeti è noiosissimo. Anche l’aula non è molto accogliente: è rossa, il colore che mi piace di meno, e dipinta con i pianeti del sistema solare.

Studiamo anche Matematica, che mi piace abbastanza, dato che ultimamente stiamo facendo le funzioni e non mi piacciono molto. Ai muri della classe ci sono schermi sui quali appaiono gli esercizi che dobbiamo svolgere. Un’altra materia importante che studiamo sono le Lingue Antiche: ora sulla Terra parliamo tutti la stessa lingua, ma una volta non era così. Mi chiedo spesso come facessero a comunicare tra di loro gli antichi. Studiamo questa materia perché a bordo dei razzi le scritte sono nelle lingue antiche, dato che gli scienziati non hanno mai smesso di usarle. Per stare in tema l’aula è attrezzata di piccoli dizionari di ogni lingua antica e dipinta con scritte in diverse lingue. Dell’ultima materia non ho mai capito l’importanza: si tratta di Meccanica e Progettazione. Se ci sono gli Ingegneri che progettano i razzi, perché dovremmo studiare anche noi questa materia? Nonostante non capisca l’importanza, la materia mi piace, come anche l’aula: ci sono molti motori in miniatura, che mi piacciono da impazzire.

Al quarto piano c’è la palestra dove facciamo gli allenamenti. Dato che noi saremo i futuri astronauti dobbiamo essere pronti fisicamente per gli sforzi che dovremo sopportare, perciò ogni giorno ci alleniamo duramente tre ore. Il professore prepara un piano giornaliero per ognuno di noi, che dobbiamo seguire alla lettera. All’ultimo piano c’è il planetario: ci andiamo per studiare le stelle e i pianeti. È un’attività che mi fa impazzire, soprattutto perché il planetario è dotato di poltrone su cui sdraiarsi e in questo modo abbiamo piccoli attimi in cui rilassarci. A scuola non ci sono i veri professori, abbiamo i loro ologrammi, perché in questo modo possono trasmettere in tante scuole, in modo che una minima parte della popolazione venga impiegata in questo lavoro. Ogni Scuola Specializzata, ovviamente, ha professori diversi. I nostri sono otto, uno per ogni attività che svolgiamo.

Ogni Scuola Specializzata deve organizzare delle uscite d’istruzione, per mostrare ai ragazzi quello che imparano a scuola. Il primo anno siamo andati a vedere una base di lancio dei razzi spaziali. L’anno scorso siamo andati a bordo di un razzo e gli istruttori ci hanno fatto vedere come si aziona e come va pilotato. Noi pensavamo di saperlo fare, dato che a scuola ci esercitiamo con i simulatori, ma non è la stessa cosa. Quando sei lì, a bordo, devi avere la mente lucida e ragionare intelligentemente, sennò potrebbe finire male. Tra il terzo, il quarto e il quinto anno c’è un’unica gita: andare in missione a bordo di un razzo, con gli astronauti. Le classi vengono divise in gruppi di quattro persone e, un mese alla volta, vengono mandati nello spazio. Il mio gruppo è stato scelto per primo.

Ed è proprio dal razzo che vi sto parlando. Oggi è il ventesimo giorno che siamo nello spazio, tra cinque giorni faremo ritorno sulla Terra. Prima della partenza abbiamo passato due settimane nel centro di addestramento. La prima è stata la più intensa: ogni mattina ci svegliavano alle cinque, ci vestivamo, facevamo colazione e andavamo in palestra. Qui rimanevamo fino all’una, quando avevamo mezz’ora per pranzare. All’una e mezza dovevamo essere di nuovo in palestra, dove ci allenavamo fino alle sette di sera, quando andavamo a cena e poi in camera a dormire. La settimana successiva abbiamo fatto gli esami psicologici: volevano testare se eravamo pronti per stare venticinque giorni nello spazio, sapendo di essere fuori da tutto e lontano da tutti. I test sono stati divertentissimi, questo ha mostrato che io sono veramente portata per diventare un’astronauta. Il test più divertente è stato il primo: hanno rinchiuso ognuno di noi quattro in una stanza diversa, dove ci hanno lasciato da soli. Avevamo una brocca di acqua da mezzo litro e due barrette proteiche: dovevamo resistere dodici ore cercando di usare al meglio le provviste che avevamo. Il secondo giorno ci hanno fatto fare la stessa cosa, ma eravamo tutti insieme, con la stessa quantità di cibo. Volevano capire chi dei quattro aveva lo spirito da leader e chi invece sarebbe stato controllato. Come pensavo, sono stata io il leader e Jonathan, Luca e Aisha, i miei compagni, hanno seguito i miei ordini alla lettera. Al termine delle dodici ore avevamo ancora un po’ di acqua, questo sta a significare che ho fatto bene il mio lavoro.

Finalmente il giorno tanto atteso è arrivato: il giorno della partenza. Ero emozionatissima, non stavo più nella pelle. Quella notte non sono riuscita a dormire, così sono stata sveglia ad ammirare le stelle e i pianeti, immaginando quali avremmo visto da vicino o visitato.

Quando siamo saliti a bordo del razzo ci siamo seduti, abbiamo allacciato le cinture e poi è partito il conto alla rovescia. In quel momento dentro di me è scattato qualcosa: tutto il mio corpo è diventato inaspettatamente calmo. C’è stata una scossa gigantesca e ho sentito caldo. Fino ai confini dall’atmosfera abbiamo viaggiato lentamente, poi il capo spedizione ha attivato la velocità di curvatura e tutto è cambiato. Il mio corpo si è ancorato al sedile, come se ci fosse una colla super potente che mi teneva attaccata. Fuori dai finestrini tutto è diventato blu e dopo un po’ verde. Ero felice, soddisfatta e soprattutto piena di energie. Sentivo la pancia vuota, come quando si va sulle montagne russe, ma mi piaceva. Dopo poco abbiamo spento la velocità di curvatura, perché stavamo per atterrare su un satellite. Non siamo scesi dal razzo, siamo rimasti a bordo e abbiamo osservato la superficie. Era grigia, piena di crateri. Il giorno che mi è piaciuto di più è stato il terzo: siamo usciti dalla nostra galassia e abbiamo visto la Via Lattea: è bellissima. Abbiamo capito qual era il braccio di Orione, ma è stato impossibile individuare la Terra.

Il viaggio nello spazio è una cosa che, secondo me, tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita, perché noi sulla Terra ci crediamo importanti, ma non è vero. Quando si è nel nulla e si vede la vastità di quello che ci circonda si capisce che è impossibile essere gli unici esseri viventi. Anche se non sono ancora stati scoperti altri segni di vita si scopriranno, perché è ovvio che ci siano. Sono contentissima del lavoro che farò da grande e soprattutto di essermi avventurata in quest’esperienza che ricorderò per sempre, perché tornerò ancora nello spazio, ma la prima volta non si dimentica mai.”

Viola Ghitti, 2 A Scientifico

 

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