Il black humor (o umorismo nero) è un umorismo particolare, in cui si scherza – in modo più o meno pesante – su fatti di attualità, minoranze, disabili, ebrei, persone di colore, donne, omosessuali, ma anche su argomenti “difficili” come la morte, la malattia, l’Aids, gli omicidi. Su tutto ciò insomma che non è politically correct trattare con leggerezza o superficialità. Può essere divertente soltanto fino al momento in cui non ci si trova a far parte di una delle categorie prese di mira. Questo perché ci si diverte a deridere gli altri, ma la situazione cambia quando a essere derisi siamo noi stessi: è a questo punto che cominciamo a fare gli offesi, gli indignati e a lamentarci.
Basta fare un giro su un qualunque social network per vedere moltissime battute così. Certo, a un primo impatto alcune possono anche sembrare simpatiche, ma se ci si ferma un attimo a riflettere, si capisce che vengono derise persone soltanto perché diverse da noi, e questo ci fa pensare a quanto moltissima gente sia insensibile.
Pensiamo alle battute sul nazismo: alcune potrebbero parere simpatiche o divertenti, ma pensandoci un attimo meglio a causa del Nazismo sono morti qualcosa come 12 milioni di persone. Moltissime altre non hanno perso la vita ma sono state torturate e umiliate, private della loro dignità umana, e tutti quelli che sono anche solo transitati dai campi di concentramento hanno sofferto a causa del lavoro estenuante e della denutrizione, dato che mangiavano bucce di patata o – quando andava bene – patate crude. È a questo punto che capisci che, forse, non fa poi tanto ridere.
Il punto è che molte persone pensano solo a se stesse e al proprio divertimento. Non solo: dal momento che sui social vengono anche condivisi, si concentrano anche sulla loro popolarità (virtuale ovviamente) che cresce e ai tanti like che possono e vogliono ottenere, fregandosene della reazione o del patimento di chi appartiene alle categorie prese di mira. In fondo, parlando per assurdo, questi ultimi sono solo una minoranza, e a certa gente importa che sia la maggioranza a mettere i like per averne il più possibile, quindi delle eventuali “vittime” se ne fregano. Non è forse così?
Se avessero le famose “due dita di testa” che si augurano a tutti e se si mettessero nei panni di uno che, a causa per esempio del nazismo, ha perso amici o parenti, forse non riderebbero più di questi argomenti. Lo stesso vale per le altre tematiche. Perfino io, lo ammetto, fino a poco tempo fa, come tanti coetanei, seguivo molte “pagine” sui social che si occupano e fanno black humor, poi però ho riflettuto. E ho capito che sono concetti sbagliati e sballati, che nemmeno hanno senso: soprattutto non ha senso il fatto che per ridere noi qualche secondo, dobbiamo deridere gente che magari ha sofferto per anni, che magari sta ancora soffrendo o che soffrirà per gli anni a venire.
Mi viene il pensiero che forse è ora che questa situazione cambi, e che la gente inizi a ridere non più degli altri, ma con gli altri. Mi rendo conto che è difficile, ma siamo arrivati anche sulla Luna: non potremmo riuscire a cambiare anche il nostro modo di scherzare e ridere?
Leonardo Crotti, 1 A Scientifico