Marilyn Monroe, un mito che resiste nel tempo, che lo sfida, e che resta da sempre avvolto nel mistero: oggi l’abbiamo intervistata.
Signora Marilyn, tutti la conosciamo come la diva intramontabile di Hollywood, ma ci racconta le sue origini?
Tutti, quando parlano di me, pensano ad un’orfana, non me ho mai capito il motivo; forse perché avvolge la mia persona dietro ad un mistero ancora più fitto. Quando sono nata mio padre era già morto in un incidente stradale e acquisii il cognome da un altro uomo che prese il suo posto: venni registrata all’anagrafe come Norma Jean Mortensen. Dopo qualche anno però mia madre si pentì di quella scelta e mi diede il cognome del marito scomparso, divenni Norma Jean Baker. Quando avevo 8 anni mia madre, Gladis Pearl Monroe, fu rinchiusa in un manicomio (così come mio nonno e mia nonna) e da allora venni adottata da 11 famiglie, e in almeno 3 di loro subii delle violenze; quindi potete capire perché odio ricordare la mia infanzia.
Sappiamo che ha avuto 3 mariti, non ha mai pensato di avere dei figli?
Sono rimasta incinta ben due volte, ma in entrambi i casi ho perso i bambini. La gente mormora molto sulle mie due gravidanze: molti raccontano di aborti spontanei, altri di aborti provocati da terze persone; non ho mai voluto ribattere su queste due ipotesi, è un lato molto personale della mia vita e parlarne mi provoca molto dolore.
Un altro uomo ha segnato particolarmente la sua vita: Anton LaVey. Cosa ci sa dire sul suo conto?
L’ho conosciuto mentre lavoravo in una casa di Burlesque, come sapete lui è quello che ha creato la chiesa di Satana e alcune persone ritengono che io sia diventata una delle sue schiave. Ha cominciato a manipolare la mia mente, anche se non so ben dirvi in che modo; mi ha anche spinta a cambiare il mio nome anagrafico in Marilyn Monroe, come per soccombere la vecchia Norma Jean Baker e far emergere solo l’alterego che lui ha creato. Le uniche persone con cui mi permette di avere contatti sono i miei psicologi, coloro che lui chiama “mentori”, il mio insegnante di canto Lee Strasberg e successivamente anche con l’ultimo dei miei tre mariti, Arthur Miller.
Lei ha scritto anche una poesia, “La storia di Chirurgo”, di cosa parla?
In questo testo descrivo l’esperienza di essere stata drogata e sezionata dei miei psichiatri e ad essere sincera quest’operazione non mi preoccupava affatto, ero preparata. Durante l’operazione però non trovarono in me nessun sentimento umano, solo segatura finissima, come in una bambola. Era una sensazione strana, vedevo tutto bianco.
È un’esperienza che ha vissuto o è solo frutto della fantasia?
Alcuni sostengono che sia il ricordo di un mio incubo, altri che sia invece una sessione di controllo mentale; questi ultimi collegano il bianco alla deprivazione sensoriale e la segatura finissima di una bambola alle tipiche parole di uno schiavo che ha perso il controllo della

sua personalità: ovvero ciò di cui è stato accusato Anton LaVey, di cui abbiamo già parlato.
Sono appena stata dimessa da una clinica, o meglio, da un ospedale psichiatrico. Il dottor Kris, uno dei miei psichiatri, mi convinse a farmi ricoverare in una clinica psichiatrica, con il nome di Faye Miller. Fui rinchiusa in una stanza e cominciai a piangere e a sbattere le porte in acciaio supplicando di essere liberata, ma più supplicavo e più i medici si convincevano della mia pazzia: mi misero una camicia di forza. A parer loro sono molto malata, e lo sarò per anni. Ora la devo salutare, le racconterò il seguito nella prossima intervista. Arrivederci.
Ortensia Delia, 3A Ls
Un’altra intervista però non ci sarà più. Marilyn Monroe fu trovata morta nella sua stanza la notte fra il 4 ed il 5 agosto del 1962 ed il caso su archiviato in fretta dal coroner Theodore Curphey, con una diagnosi di “probabile suicidio” causata da un’overdose: 47 capsule di Nembutal, pari a tre volte la dose letale.
Eppure la celerità con cui venne archiviato il caso e la mancanza di prove schiaccianti sembrano smentire la probabilità di suicidio: Thomas Noguchi, ovvero colui che si occupò dell’autopsia della Monroe, non trovò nulla di significativo nel suo stomaco, cosa poco spiegabile visto l’elevato numero di capsule ingerite dalla donna; il tossicologo Lionel Grandison firmò il certificato di morte con l’indicazione di suicidio, ma successivamente rivelò di essere stato costretto a firmarlo da Curphey, sebbene la sua vera ipotesi fosse quella di un’iniezione letale.
Per di più il corpo della Monroe fu trovato dal sergente Jack Clemmons in posizione prona, le braccia distese lungo il corpo e le gambe il linea retta: questa posizione fu ritenuta anomala perché le morti per overdose da sonnifero sono caratterizzate da violente convulsioni che lasciano i corpi in posizioni scomposte.
Si sa che Marilyn aveva una relazione con John e Robert Kennedy: voleva però essere sposata, ma di fronte al rifiuto dei due aveva indetto per il 6 agosto una conferenza stampa in cui avrebbe rivelato i segreti della famiglia Kennedy, da lei accuratamente segnati su un taccuino rosso, se Robert non si fosse presentato da lei.
In effetti il 3 agosto furono trovate numerose chiamate senza risposta della donna all’hotel dove si trovava Kennedy, e lui fu fermato dalla polizia per eccesso di velocità a pochi chilometri dalla casa della Monroe la notte del suo presunto suicidio.
Il taccuino rosso non venne invece mai più ritrovato.
Ortensia Delia, 3A Ls