Alpinista, politico, scrittore, eroe dell’aria, amante dell’avventura: un uomo tre volte medaglia d’oro
La nostra scuola porta il nome di uno dei più noti piloti italiani, Antonio Locatelli, famoso soprattutto per la transvolata sopra le Ande, oltre che per altre imprese memorabili. Chi è però davvero Antonio Locatelli? Perché è così famoso, perché così importante per la storia dell’aviazione italiana? Perché tante scuole, strade, piazze sono intitolate a lui?
L’aviatore nasce nella nostra città, Bergamo, cento anni prima di noi alunni, nel 1895, quando non esistevano ancora gli aerei. Dopo essersi diplomato in materie tecniche, viene assunto dall’Ansaldo a Genova, in Liguria. Lì, oltre a lavorare, continua a praticare tutte le sue innumerevoli passioni, tra cui l’alpinismo, nata già negli anni precedenti, raggiungendo le cime del Cervino, del Monte Rosa e dell’Adamello.
Agli inizi del 1915 il primo passo per incidere il suo nome nella storia dell’aviazione: quell’anno ottiene il brevetto pilota a Malpensa e, scoppiata la Prima Guerra Mondiale, vi partecipa subito, scalando i gradi militari in pochi mesi (alla sua morte aveva il grado di maggiore). Inizia il conflitto ai comandi prima di aerei da ricognizione, passando poi sui caccia e sui bombardieri.
L’impresa sicuramente più illustre a cui partecipa è il volo su Vienna con Gabriele D’Annunzio, il 9 agosto 1918, per lanciare volantini sulla capitale dell’Impero Austro-Ungarico.
A settembre dello stesso anno, mentre è in volo su Fiume, è costretto a un atterraggio di emergenza, viene catturato e imprigionato. Un mese dopo, però, riesce a evadere travestito da soldato austriaco e con falsi documenti. Tutte le sue imprese, al termine della guerra, gli fanno assegnare la medaglia di bronzo al valor militare, che poi viene addirittura commutata in oro.
L’anno successivo il suo spirito libero lo porta a sorvolare le Ande in solitaria sul suo SVA, partendo dall’Argentina e atterrando a Valparaìso, in Cile, dopo un volo di sette ore ad una quota di seimila metri con trentacinque gradi sotto zero: il tutto in un’epoca in cui ancora non esistevano cabine pressurizzate, riscaldamento e altre comodità simili, mentre la velocità massima si aggirava sui 200 km/h. Tutte cose che rendono l’impresa del pilota bergamasco ancora più eccezionale.
Nel 1920, congedato dal servizio militare, aderisce al fascismo, organizzando le squadre d’azione nel Bergamasco. Il suo spirito avventuriero si manifesta (un’altra volta!) nel 1923, quando armato di un biglietto di terza classe parte per un giro del mondo documentato da fotografie, taccuini, una collezione di oggetti e diverse raccolte di cartoline. In quegli anni l’eroe dell’aria si appassiona anche alla penna e collabora come redattore per il “Corriere della Sera” e la “Rivista di Bergamo”, senza mai dimenticare le sue attività di alpinista (anche come presidente del CAI di Bergamo) e pilota civile.
Nel 1924 torna la voglia di avventura, ancora una volta al freddo e tra i ghiacci, ma invece di sorvolare montagne, preferisce il Polo Nord, traversando il tratto di mare tra Islanda e Groenlandia a bordo di un idrovolante bimotore Dornier-Wal in alluminio (la maggior parte degli aerei dell’epoca era invece in legno e tela). Arrivato quasi a destinazione, incappa in un fronte di nebbia e perciò preferisce ammarare, ma il mare si ingrossa e gli impedisce di ripartire, cosicché è costretto a passare quattro notti in mare prima che l’incrociatore americano Richmond lo tragga in salvo.
Dal 1924 al 1928 vive la sua altra grande passione, la politica: è deputato, ponendo la sua attenzione – manco a dirlo – sul settore aeronautico.
Nonostante la sua fede fascista, non esita ad avanzare critiche nel 1926 alla Regia Aeronautica (nel frattempo diventata una forza armata indipendente) denunciando gli aerei ormai antiquati, la scarsezza dei piloti, ma soprattutto l’incapacità dei vertici.
Nel 1932 torna per un breve periodo in Aeronautica, ma i due anni successivi è podestà della città di Bergamo, per poi rientrare definitivamente in aviazione nel 1935.
Con l’avvio della campagna in Etiopia, Locatelli torna attivo e partecipa come volontario: vola a bordo di ricognitori partendo dalla Somalia (altra colonia italiana dell’epoca).
Nel giugno 1936 Locatelli deve portare a termine una missione diplomatica in quel contesto, che si rivelerà essere il suo ultimo impegno: accettare la sottomissione di un capo tribù per poi preparare una base adatta per avio-sbarchi. Giunto in zona con due Caproni 133 e un Ro.1 non riesce a contattarlo, quindi i militari decidono di accamparsi in attesa. Durante la notte del 27 giugno 1936 l’avamposto viene però attaccato da ribelli abissini che uccidono quasi tutti i membri della spedizione, incluso il pilota. Dopo quest’azione viene decorato con un’altra medaglia d’oro; poco dopo se ne aggiunse una terza alla memoria, rendendolo l’unico militare dell’Aeronautica a essere insignito per tre volte della più alta onorificenza.
Federico Toller, 2B Ls