di Lorenzo Leoni, 3A Ls –
Siamo a maggio, la scuola sta giungendo al termine e, con un po’ di amarezza, è andata in stampa anche l’ultima edizione del “Corriere dell’Aeronautico”. Pertanto, abbiamo deciso di congedarci con i fuochi d’artificio, realizzando un’intervista esclusiva a un professore un po’ speciale: padre Renzo Zambotti.
Quest’anno è necessario riconoscere il tiro andato a segno del preside poiché non poteva scegliere persona più idonea all’insegnamento della religione cristiana, fondamentale per la crescita interiore di noi adolescenti: lui che, al termine del terzo anno di teologia, venne esortato dai suoi superiori a lavorare nel carcere di Bologna.
Non sono molti gli istituti bergamaschi che possono vantare un insegnante così ricco spiritualmente e che ha avuto l’opportunità di assistere uomini deboli sotto tanti profili; quindi, l’intervista si è focalizzata su questa esperienza.
Padre Renzo spiega di aver scelto quella via per tre precise motivazioni: la necessità di testimoniare l’amore di Dio verso i più piccoli d’animo, la certezza che la pace del mondo parta dai più poveri e la convinzione che una società si possa definire “civile” quando si fa carico delle persone in difficoltà.
Tuttavia, come è possibile avvicinare a sé uomini che sembrano incapaci di amare? I buoni propositi non bastano, pertanto il frate si avvaleva di un metodo “made by Renzo”, basato sul principio “corpo-cuore-testa”: donare il proprio tempo gratuitamente e nella capacità di comprendere la differenza tra il bene e il male.
Ma quale può essere stata la sua più grande soddisfazione al termine di tale missione, che lo ha allontanato dalla sua famiglia e lo ha inserito in un contesto che non tutti sono in grado di accettare? La risposta è un po’ inaspettata, perché Padre Renzo ci ha raccontato questo: “Inizialmente pensavo di essere io ad aiutare il prossimo ma, con il tempo, ho imparato a pregare, a credere, ad amare e a vedere la realtà con gli occhi di Dio”. Il frate si è soffermato altresì su quanto l’esperienza vissuta sia ancora viva nel suo cuore e infine ha voluto spendere qualche parola sulla propria permanenza in Africa.
Una esperienza forte, che ci ha descritto per filo e per segno: la vita in missione, le emozioni che ha provato nel vivere in una civiltà dove la fame è all’ordine del giorno, l’acqua scarseggia e si muore per un semplice raffreddore: “Ho avuto difficoltà a integrarmi inizialmente – ha spiegato il professore – Infatti mi risultava difficile dialogare con uomini dediti a una cultura così radicalmente diversa da quella occidentale. Ciononostante, vi erano valori condivisi come l’amore e il rispetto reciproco che mi hanno permesso di diffondere il messaggio di salvezza cristiano”.
Padre Renzo è un esempio per la società e noi tutti dobbiamo alzarci e applaudire un uomo che desidera donare all’umanità un futuro straripante di speranza e felicità.