Una delle prime azioni di repressione che vengono compiute all’instaurarsi di una dittatura è il rogo dei libri.
Nel 1933, tre mesi dopo l’ascesa al potere in Germania di Adolf Hitler, si organizzano una serie di Bücherverbrennungen, roghi di libri in cui viene principalmente bruciata la possibilità delle persone di pensare e di formulare le proprie idee basandosi sui testi giusti.
I nazisti, in particolare Paul Joseph Goebbels, affermano che “il futuro uomo tedesco non sarà uomo di libri, ma piuttosto un uomo di carattere ed è in tale prospettiva e con tale scopo che vogliamo educarvi”.
Ecco, questo vietare alle persone di crearsi idee proprie è ciò che io credo l’inizio di ciò che chiamiamo totalitarismo dittatoriale. Penso che sia proprio questa la causa dello svolgersi della storia.
Possiamo inserire in questo discorso il “mito della caverna” di Platone, o almeno una parte. Se quelle persone nella caverna fossero gli abitanti della Germania nazista, la catena che li limita sarebbe il sistema architettato dal Führer e il muro che sono costrette a guardare costantemente sarebbe la propaganda, la nuova scolarizzazione. E ad averli costretti dentro una caverna senza che vedano come è fuori è stato proprio il rogo dei libri.
Bambini abituati fin da piccoli, nella scuola, per le strade, a seguire una certa ideologia cresceranno credendo che sia tutto una normalità e le loro idee saranno manipolate dal sistema dittatoriale.
Successivamente al 1945, dopo il processo di Norimberga, e più precisamente nel 1961, dopo il processo di Otto Adolf Eichmann, architetto della soluzione finale, troviamo una scrittrice e filosofa ebrea che era riuscita a fuggire alle persecuzioni, senza però riuscire a scappare dalle angosce di dover osservare gli avvenimenti dall’America. Questa donna, Hannah Arendt, che assiste al processo, rimane scioccata dalla facilità con cui Eichmann insiste nel protestare.
“Egli affermava di non aver mai potuto e voluto fare nulla di sua spontanea volontà. Di non avere avuto mai nessuna intenzione, non importa di che tipo fosse, se buona o cattiva, perché aveva solamente obbedito agli ordini”, ci racconta la scrittrice.
La Arendt dice poi che tutto questo è causato, e a sua volta causa, “la banalità del male” (tra l’altro titolo del suo libro, ndr).
Io non ho ancora letto questo libro, quindi non so se lei, anzi se io sto per dire le stesse cose che lei sostiene. Comunque io penso che la causa del male sia, in questo caso, la mancanza di idee proprie, facilmente acquisibili dalla lettura dei libri giusti. Preciso “in questo caso” poiché sappiamo che invece i serial killer più “capaci”, per così dire, sono quelli con una mente diabolica, pazienti e soprattutto molto informati e intelligenti).
Qui la mancanza dei libri giusti, e anche di persone con diverse idee, è ciò che rende le persone macchine. E intendo certo chi viene portato nei campi di concentramento, ma dico gli stessi capi nazisti che, come Eichmann, all’arrivo della resa dei conti, pensano di poter tranquillamente giustificare la morte di sedici milioni di persone con 5 parole: “Ho solo obbedito agli ordini”.
Eleonora Arfini, 2 A Scientifico