Credo che la parola “razzismo” non stia per forza a indicare l’odio di un popolo verso un altro, ma semplicemente la credenza di una persona nell’esistenza delle “razze”.
Esistono le etnie, naturalmente: una persona del Nord Europa è di etnia differente rispetto a un congolese, non solo per l’aspetto fisico, ma ovviamente anche – per alcuni aspetti – genetico: la pelle scura del congolese è dovuta a una maggiore concentrazione di melanina e a geni diversi, non certo a un sintomo di inferiorità.
Siamo noi uomini poi che trasformiamo le differenze in un pretesto per giudicare, la discriminazione razziale, che è tanto grave quanto diffusa.
Per le diverse abitudini e culture, spesso tendiamo a insultare le persone perché ci sembra che un modo di fare diverso dal nostro sia sbagliato. Ma avendo storie e ideologie diverse, è inevitabile che un popolo affronti una questione in modo diverso da un altro; ciò non giustifica le brutalità a cui abbiamo assistito nel corso della storia. E che nonostante tutto proseguono.
Come si può fermare un’abitudine che prosegue da migliaia di anni?
Molti, soprattutto ragazzi, oggi sono molto discriminatori nei confronti degli altri, ma credo che per questo non li si possa incolpare: è comune tra i ragazzi insultare e giudicare anche chi è simile a ognuno di loro.
Il vero problema sono gli uomini con potere, che sono convinti di essere migliori degli altri, che pensano che bianco sia meglio di nero.
Un po’ come se il colore della pelle bastasse a giustificare l’omicidio di migliaia di persone.
Eleonora Arfini, 2 A Scientifico