Quaranta anni di professione e, dopo la pensione, di nuovo a insegnare: è la storia della professoressa Antonella Impellizzeri, che abbiamo intervistato per capire le ragioni della sua passione.
Quando ha deciso di diventare professoressa?
Ho deciso di fare questo lavoro quando frequentavo il liceo classico, poiché mi sono innamorata delle materie umanistiche. Oggi comunque i tempi sono cambiati, ma non rinnego il fatto di aver preso questa decisione.
Se dovesse scegliere ora, deciderebbe comunque di diventare professoressa?
Se avessi dovuto prendere la decisione oggi sarei stata molto combattuta: non avrei cambiato idea poiché ho ancora una forte passione per le mie materie. Avrei preso un’altra strada se avessi pensato alla vita pratica. Sia per questioni di carattere economico sia perché la scuola non è più la stessa.
Se avesse deciso di cambiare lavoro cosa avrebbe fatto?
Avrei fatto medicina. La trovo molto bella, è una passione che coltivo nel privato. Mi piace documentarmi riguardo a questo ambito e anche prendermi cura delle persone.
Le è mai successo che qualcuno si sia lamentato del suo metodo di insegnamento?
No, non ho mai avuto problemi. Anche perché durante le mie lezioni cerco di coinvolgere molto i miei studenti. Non ho mai avuto contestazioni neanche riguardo alle interrogazioni, poiché spiego sempre le motivazioni dei voti che do.
Le è mai successo che studenti le abbiano impedito di svolgere la lezione, poiché disturbavano?
No, non mi è mai successo. Normalmente riesco a tenere l’attenzione, anche perché non uso il libro, se non per leggere passi d’autore, perciò gli alunni sono obbligati a prendere appunti. Inoltre durante le interrogazioni, coinvolgo loro e le uso come strumento per ampliare l’argomento.
Cosa fa se qualche ragazzo la disturba?
Cerco di responsabilizzarlo, facendogli capire che sta disturbando, anche alle volte alzando la voce.
Ha mai “beccato” studenti a copiare?
Sì, mi è successo anche se raramente.
Come si è comportata con loro?
Ovviamente ci sono state conseguenze nel momento in cui ho dovuto votare la verifica, questo ha portato anche al pentimento dello studente.
La sua passione per il lavoro è diminuita da quando ha iniziato rispetto a ora?
La passione per il contenuto non è cambiata. È diminuita un po’ la passione per l’insegnamento, dato che ricevo molte delusioni. Intendo dire che c’è molta differenza fra quanto do io ai miei studenti e il loro rendimento. Mi spendo molto in classe e dall’altra parte non ricevo abbastanza e resto delusa.
Qual è il suo argomento preferito da spiegare?
Ho una passione per tutti gli argomenti, ma in particolare per “Padre Dante”. Devo dire che ho anche le competenze per spiegarlo, poiché l’ho studiato molto; inoltre lo considero una fonte inesauribile di attualità.
Si affeziona molto ai suoi studenti?
Purtroppo sì, molto.
Perché dice purtroppo?
Purtroppo perché io do fiducia e affetto ai miei studenti, in cambio vorrei che gli studenti avessero un buon rendimento. Non voglio che i miei studenti approfittino dei miei buoni propositi. Comunque bisogna dire che mantengo ottimi rapporti con alcuni miei studenti che ora si sono anche laureati.
Cosa ha fatto prima di venire qui?
Mi sono laureata in Lettere Antiche. Ho insegnato sia in licei classici, che scientifici. Sono venuta qua solo ora che sono in pensione, e questa è un’ulteriore dimostrazione della mia passione per l’insegnamento. Sono entrata in pensione nel 2012; dopo 40 anni di carriera sono ancora qua a insegnare.
È meglio la nostra scuola o quelle in cui ha insegnato prima?
Bisogna distinguere le scuole statali da questa. Nello stato ci sono dinamiche rigorose, o meglio questo accadeva anni fa. Ora c’è un po’ un tracollo, sia per via delle riforme, sia per il cambiamento da parte degli studenti. Qui ci troviamo in un mondo più piccolo, è come se fosse una famiglia, mi trovo bene qui. La differenza con il passato è data soprattutto da come gli studenti si approcciano con la scuola, il loro rigore e partecipazione. Questo tracollo è dato, secondo me, soprattutto dall’uso maldestro della tecnologia. Per esempio: quando do da fare una versione ci sono due opzioni: ora puoi farla o copiarla da internet, in passato non si poteva far altro che eseguire gli esercizi. Questo fa in modo che il cervello non si metta in moto e perciò si atrofizza. Un altro esempio è che prima per fare una ricerca bisognava fare un collage di più fonti; ora invece si cerca su internet e si trovano le informazioni già pronte. Quando insegnavo negli anni ’80 c’erano classi in cui era un piacere fare lezione: erano in grado di capire da soli.
Cosa pensa del rapporto genitore insegnante?
Molti genitori collaborano con gli insegnanti per la crescita dei figli. Alcuni invece vedono nei professori gli antagonisti. Ci deve essere una fiducia reciproca fra scuola e famiglia. Ognuno deve rispettare il proprio ruolo e ambito. L’insegnante partecipa alla crescita culturale e sociale del ragazzo, il genitore invece lo educa e gli insegna come comportarsi nel privato. Il voto negativo non è una punizione, è un modo per far crescere l’alunno grazie a una presa di coscienza. Non amo i genitori che influiscono sulla didattica criticando il professore. Il professore deve fare il professore, il genitore deve fare il genitore, l’alunno deve fare l’alunno. Concludo con questo esempio: io non posso andare a casa di un mio alunno e dire alla madre che non va bene il metodo che usa per lavare i panni. Al contrario, nonostante i ruoli diversificati, tutti si credono insegnanti.
Sara Lucia Zappulla, 2B Ls