Il velo islamico, o semplicemente velo, è un copricapo in uso tra le donne musulmane e ne esistono vari tipi, legati soprattutto all’area geografica di provenienza.
Troviamo il burqa per l’Afghanistan, che copre completamente il corpo, compresi viso e occhi, alla cui corrispondenza è presente una piccola retina; lo chador, utilizzato maggiormente in Iran, che copre corpo e spalle sino ai piedi, ma lascia il volto scoperto; il niqab, usato in Arabia Saudita e paesi confinanti, che copre ogni parte del corpo tranne gli occhi; e infine l’hijab, il più comune, che copre solo i capelli.
L’utilizzo del velo è dovuto in particolare all’accentuarsi del fondamentalismo islamico in quanto il testo sacro dei musulmani, il Corano, non ne parla esplicitamente, ma per alcuni lo prescriverebbe.
Sono sorti dibattiti che hanno portato alcuni Paesi come Francia, Svezia e Belgio a vietare l’uso del velo in luoghi pubblici. In Italia, invece, sono presenti ancora discussioni, soprattutto sul suo utilizzo nelle scuole.
A mio parere le donne arabe possono indossare il velo, ma in ambienti privati, mentre in luoghi pubblici dovrebbero evitarlo. Se si seguisse lo stesso ragionamento fatto per il crocefisso, abolito nelle scuole pubbliche italiane per non mettere a disagio i non credenti, non ci dovrebbero essere segni di alcuna confessione, e perciò nemmeno le donne e le bambine islamiche dovrebbe indossare quello che è un segno della loro religione.
Altre persone lo sostengono anche per una questione di integrazione in tutti gli ambiti poiché, ad esempio, nel caso del burqa o del niqab, una persona non identificabile potrebbe intimorire la gente circostante, impedendo così ogni tipo di rapporto.
Gaia Bassi, 2 B Scientifico