Non ha vinto un concorso, bensì una sfida contro i propri limiti, allenandosi per superare prove fisiche, studiando per superare test teorici e classificandosi tra i primi venti vincitori del concorso, in una posizione di tutto rispetto.
È stato così che quest’anno la mia classe ha perso un alunno, Giacomo Trezzi: ci ha lasciati per frequentare la Scuola Navale Militare “Francesco Morosini” di Venezia. Ho la fortuna di essere rimasto in contatto con lui, di sentirlo praticamente ogni fine settimana, e di sapere come si trova lontano da noi, in un mondo totalmente diverso dal nostro e dalla nostra concezione di adolescenza.
Come ti trovi?
(Ride) Beh, tutto sommato mi trovo bene: sto conoscendo i miei compagni di corso, sono quasi tutti del sud d’Italia. I primi giorni sono stati i più duri dato che sono entrato in una realtà nuova, nemmeno lontanamente vicina a quella del “Locatelli”, ma ora mi trovo bene: ci sono alcuni dei miei compagni di corso che mi stanno particolarmente simpatici, altri meno.
Come si articola la tua giornata?
Tutte le mattine alle sei e mezza suona la tromba: dobbiamo alzarci, fare il cubo con le lenzuola, andare in bagno, che fortunatamente ho in camera, per poi tornare in camera e fare il letto, sempre se il cubo è stato fatto a dovere. Dobbiamo poi scendere per essere inquadrati, messi in una specie di formazione: i superiori ci controllano l’uniforme e controllano se la barba è stata fatta e soprattutto se gli anfibi sono stati lucidati, poi ci portano a far colazione.
E lo studio?
Dalle otto all’una abbiamo lezione. Subito dopo veniamo inquadrati per andare a pranzo. Al pomeriggio di solito facciamo compiti o sport: una particolarità è la molta attività fisica che siamo tenuti a svolgere; io ho fatto solo pallavolo per ora, ma alcuni miei compagni di corso hanno fatto una specie di canottaggio, molto simile al modo di remare dei gondolieri. Alla fine di ogni allenamento, di qualunque tipo sia, ci fanno “pompare” con una serie interminabile di piegamenti sulle braccia. Prima di cena abbiamo due ore di studio e il tempo per lavarci. Dopo cena abbiamo circa due ore in cui possiamo parlare o finire di studiare, dato che in camera non ci è permesso farlo se non in casi eccezionali. Verso le dieci ci viene ordinato di andare in camera, lasciando i cellulari in un’apposita cassetta se ci è stato permesso di usarli. Alle dieci e mezza abbiamo l’ordine del silenzio: non potremmo nemmeno parlare tra noi una volta in camera.
In quanti siete in camera?
Per ora siamo in quattro in uno spazio molto piccolo, ma per fortuna l’inquadramento militare ci obbliga a tenere molto ordine e quindi ci stiamo bene.
Qual è stato il cambiamento che più ti ha colpito?
Beh, di certo la libertà che avevo al convitto del “Locatelli”: poter salire in camera quando volevo, non essere obbligato a determinati ritmi e non dover essere sempre perfetto, sia nella divisa che nella persona. Poi un po’ mi mancate anche voi.
Consigli di provare a entrare nelle scuole militari?
Se si vuole diventare militari è un’esperienza da provare, anche solo per la fase concorsuale: è importante sapere come funzionano la storia delle graduatorie e il concorso in sé, dato che sono concetti che prima o poi un aspirante militare deve affrontare. La stessa scuola militare ovviamente prepara per l’accademia e per la vita da soldato. Bisogna essere seriamente motivati però, altrimenti non ha molto senso provarci. Per ora sto vivendo un’esperienza difficile quanto affascinante, che giustamente consiglio ma non a tutti: se qualcuno aspira all’accademia deve assaggiare questo mondo e una scuola militare è il migliore dei modi per farlo.
Alessandro Donina, 3 A Scientifico