In convitto la cena è un momento di condivisione e di unione dove ognuno parla della propria giornata, si ride e si scherza. Già dai tempi antichi la cena (coena) aveva assunto questa connotazione particolare.
Ci si sedeva a tavola, o meglio sul triclinium all’epoca dei romani, alle 16 e iniziavano a giungere gli ospiti. Gli abiti erano eleganti e, accompagnati da musiche, danze e canti, i festeggiamenti si protraevano fino all’alba. Inizialmente tutto si svolgeva nell’atrio ma, con l’ingrandirsi delle case, nacque la stanza da pranzo, che è poi arrivata fino ai nostri tempi. Anche da noi in Convitto.
Al tempo la coena era un rito molto complesso: gli ospiti erano annunciati dai nomenclator, i servitori cambiavano le tovaglie a ogni portata e vi era addirittura un numero perfetto di commensali! Nove o multipli di nove fino a un totale di trentasei commensali, disposti ciascuno secondo un ordine ben preciso.
Ogni banchetto, simile alle nostre tavolate, eleggeva un sovrintendente, detto triclini arca, che aveva il compito di scegliere i vini e, in aggiunta, anche decidere la proporzione da utilizzare tra vino e acqua.
Vi erano prima gli antipasti, poi le primae mensae e le secondae mensae. Oggi tutto questo ha subito una grossa evoluzione, ma i valori fondamentali non sono stati tralasciati: ecco perché ancora adesso la cena in convitto è soprattutto un momento di incontro tra tutti noi studenti.
Matteo Bevilacqua, 1B Ls