Il 27 gennaio è stato il giorno della Shoah, il giorno della memoria, e in quell’occasione il ministero dell’Istruzione ha organizzato una visita ad Auschwitz in collaborazione con le consulte scolastiche di tutto il territorio italiano. Tra queste anche quella bergamasca, di cui il nostro caro amico Daniele Pinotti è presidente; al suo fianco Mirko Di Matteo, incaricato fotografo e cameraman del viaggio. “Era presente anche il ministro dell’istruzione Stefania Giannini, e ciò vuol dire che l’iniziativa era davvero di grande importanza – racconta Mirko – Il viaggio è stato lungo: da Bergamo siamo partiti il 17 febbraio insieme ai rappresentanti di altre scuole bergamasche, per arrivare a Roma. Da qui abbiamo preso l’aereo per Cracovia”. Ogni partecipante, tra l’altro, si trovava in viaggio con tutto spesato, compreso vitto e alloggio in hotel a 5 stelle (un controsenso, ndr).
“Eravamo circa 300 persone e ho conosciuto tanti bravi ragazzi e ragazze. Nel gruppo erano presenti soci di un circolo ebraico che hanno potuto in più occasioni fornirci la loro esperienza diretta sul campo di concentramento”, spiega Di Matteo.
Dopo aver visitato vari punti di interesse come scuole, giardini e rimasugli di muri che separavo i cittadini “normali” da quelli ebrei, hanno raggiunto i campi di Birkenau e Auschwitz. “Mi ha fatto impressione vedere come la gente ora possa convivere con luoghi che hanno visto atrocità inimmaginabili. Però forse è anche per questo che ora la gente ci convive: perché quelle atrocità oggi non sapremmo nemmeno come figurarcele nella mente”, commenta Mirko.
“Abbiamo girato tra i blocchi di baracche del campo di Birkenau e sapere che sopra la medesima terra hanno camminato quelle persone che avrebbero visto la luce ancora per poco provoca un senso di angoscia opprimente e insopportabile. I forni crematori poi mi hanno lasciato davvero senz’aria nel petto. Da quei camini uscivano le ceneri dei morti”.
Dopo Birkenau è stata la volta di Auschwitz. “I racconti delle camere a gas ti fanno capire che, nel momento in cui il veleno usciva dai bocchettoni, il desiderio di chi si trovava dentro era uno solo: morire in fretta. Eppure l’istinto li spingeva a sopravvivere, a graffiare i muri, ad arrampicarsi ovunque, a spingere i portelloni ermetici in cerca di salvezza fino alla fine. Inutilmente. Quando tutto era finito e le porte si aprivano i bambini erano distesi senza vita sopra tutto il cumulo. Come si può ridurre consapevolmente un uomo così?”, confessa Mirko. Il viaggio comprendeva anche la visita al museo di Auschwitz: montagne di scarpe, indumenti, capelli. La dignità ridotta a uno sguardo, la fisicità ridotta a un numero, il pensiero ridotto alle lacrime.
“Da tutto il viaggio – conclude Mirko – ho capito una cosa: non bisogna dimenticare ciò che lì successe: innanzitutto per mantenere alto il senso comune del valore di una vita, e in secondo luogo per dimostrare che la dignità e la fratellanza hanno vinto sulla paura e l’ingiustizia, perché da quei momenti l’umanità si è tirata in piedi e chi credeva che non avremmo mai ricordato, beh, si sbagliava”.
Davide Della Tratta, 5A Ls




















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