Sunday, November 2, 2025

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Nel sisma, esperienza bella ma amara

Posted by admin On Giugno - 27 - 2017 Commenti disabilitati su Nel sisma, esperienza bella ma amara

Ho avuto l’onore di andare a Coppito, una cittadina Abruzzese vicino a L’Aquila colpita dal terremoto nel 2009, e ora sono qui che sto facendo quello che solitamente sono solito fare per sfogarmi. Sto scrivendo con una certa rabbia mentre guardo attorno a me uno scenario che mi lascia attonito. Voglio capire meglio la situazione. Vedo disagio ovunque. Parlo così con la gente per conoscerne le storie.

La gente del posto La gente è seccata dalle troppe promesse non mantenute. Promesse che provengono dai potenti. Quelle persone che dicono sempre “Vi siamo vicini” e che comandano l’Italia soltanto con impegni che, regolarmente, non vengono mantenuti. I classici politici, che cercano di ingraziarsi il popolo andando in visita alle zone disagiate e issando bandiere a mezz’asta in segno di rispetto. Come è successo per il terremoto di Amatrice. Hanno pure il coraggio di dichiarare lutto nazionale e un minuto di silenzio a un certo orario, dopo aver mangiato e lucrato su questa gente.

La situazione Non credevo, prima, che a distanza di diversi anni la situazione potesse essere ancora come se il disastro fosse appena successo. In una città dovrebbero esserci case e negozi, la vita dovrebbe scorrere liberamente. Ma qui no.

Vedo anziani che abitano nei tendoni nonostante l’età avanzata e giovani ragazzi  che non possono vivere appieno i migliori anni della loro vita. Senza contare le persone disabili costrette a superare innumerevoli barriere architettoniche presenti nei campi-tenda. Sono tutti cittadini italiani imbrogliati. Persone del nostro stesso popolo, che dovrebbero essere tutelate e supportate con una certa priorità. Ma non se ne parla neppure. Loro valgono meno del vil denaro. Valgono meno della bella vita che i potenti devono condurre e dei guadagni delle false agenzie che si occupano di una raccolta fondi molto discutibile.

Questa disgrazia, non so se lo sapete, è usata tuttora a scopo di lucro da alcune di queste agenzie. Sono venuto a conoscenza di notizie che mi hanno lasciato senza fiato. Una tra queste, mi ha fatto particolarmente ribrezzo. Tutti i fondi raccolti dopo l’accaduto (che ammontano a 6,5 milioni di euro) non sono mai stati consegnati a queste popolazioni o utilizzati  per la ricostruzione dei servizi di questi luoghi. Ma vi dirò di più. Non si sa neppure se arriveranno. Questa somma è lì, ferma nella tesoriera dello Stato e sembra che una parte di quel denaro sia già stata consumata. Non se ne conosce però il motivo. È un mistero.

Volontario della Protezione Civile Passo la mattinata come volontario a fianco della Protezione Civile che, ancora oggi, si occupa di questa gente per quanto riguarda il servizio mensa e il mantenimento delle strutture mobili. Per la maggior parte sono volontari.

Vedo alcuni scenari degni del migliore film horror di Alfred Hitchcock. Non riesco a togliermi dalla mente certe immagini che non saprei nemmeno come descrivere. Anziani che si svegliavano e sui cui volti si legge un’espressione malinconica e triste, mamme che allattano e figli che piangono. Il tutto in un tendone grigio. Come quelli che si usano nei circhi per le bestie.

Anche se la protezione civile mi dà alcuni incarichi, i più semplici, la mattinata non mi passa più. Non sono a mio agio. Mi sento un pesce fuor d’acqua. È come in un mondo parallelo, triste e ansioso. Dentro di me c’è qualcosa che non va.

Non sto bene con me stesso e mi piange il cuore. Sono tristissimo, ma sto zitto e lavoro. In una situazione del genere voglio soltanto aiutare.  Voi come vi comportereste?

Lentamente arriva il momento del desinare e gli addetti forniscono pasti caldi alla povera gente che ha perso tutto. I cibi non hanno un aspetto invitante perché sono cucinati su larga scala e sono contenuti in piatti di plastica.

Il culmine della mia rabbia lo raggiungo quando vedo i vecchi  che mangiano con posate di plastica. Costretti a tagliare grandi pezzi di carne nonostante le difficoltà di masticazione per evitare di rompere questi strumenti.

Una riflessione amara A seguito di questo episodio mi prende odio verso lo Stato e verso  tutti coloro che non si interessano di questi problemi e che si occupano di altri, come per esempio l’immigrazione. Mi chiedo perché l’Italia sia uno dei pochi stati in cui il suo popolo vale meno di quello straniero, vale meno del guadagno e di tante altre cose. Ricordo che ci dicono si tratti di una democrazia, ovvero che il potere è nelle mani del popolo. Almeno per la maggior parte. Mi sbaglio?

La mia mente compie una breve, ma intensa, carrellata storica. Quel paesaggio così disastrato mi ricorda i racconti della guerra che mi vengono spesso narrati. Certo, la situazione non è preoccupante quanto una guerra, però per me, che sono una persona che considera questo come un grande oltraggio nei confronti degli italiani, le due cose si possono mettere a confronto.

Il racconto e l’orgoglio Finisco di mangiare a fatica e riprendo a lavorare. Terminato il mio turno, subentra al mio posto un altro volontario di cui non ricordo il nome. Non abbiamo nulla in comune, tranne la voglia di fare del bene. Nel pomeriggio, forse più verso sera, mi reco nel tendone principale, quello in cui vengono organizzati giochi di gruppo. Carte e carambola per gli adulti e attività ricreative con gli animatori per i più piccoli.

Ho così modo di parlare e discutere con varie persone del posto. Una di queste, in particolare, mi lascia un segno che non si cicatrizzerà mai. È un anziano di novantadue anni. Un reduce di guerra. Fidatevi, questo di esperienze negative ne ha vissute parecchie. Lui all’epoca era nella Repubblica di Salò. Passiamo il pomeriggio a parlare. O meglio: io ascolto ciò che lui ha da dirmi. Inizia raccontandomi con nostalgia della sua gioventù, mi racconta dell’arruolamento e delle esperienze passate al fronte. Io sono impietrito. Inizia poi a parlare dell’argomento terremoto, tematica a cui sono molto interessato. Questa è la parte che mi lascia veramente un profondo segno.

Riprende il ragionamento con una frase che non posso non riportare. Dice: “Ho lottato e rischiato la vita centinaia di volte per difendere il territorio che più amo e continuo a amare, e ora guarda come sono combinato! Quello a cui io tengo maggiormente mi ha abbandonato! Ho fatto tanti sacrifici per cosa? Per essere vittima di un governo di imbecilli, crudeli e menefreghisti! Ma non me ne pento, almeno io per qualcosa ho lottato, soddisfazione che loro non potranno mai avere”. Al tuonare di queste parole, la mia testa va in black-out. Ha ragione. Sono perfettamente d’accordo. Non so cosa dire. Per mia fortuna è lui a portare avanti il ragionamento.

Prosegue narrandomi la loro vita nei campi-tenda, gli ostacoli con cui ogni giorno hanno a che fare gli anziani come lui e il modo in cui sono soliti passare il tempo. Mi dice che questi campi sono belli soltanto da fuori, quando si vedono nelle fotografie o nei servizi dei vari TG. Dentro sono un inferno.

La comprensione Solo ora capisco cosa vuole davvero dire con quelle affermazioni. Vuole colpevolizzare anche i mezzi di informazione di massa che, da sempre, fanno vedere quello che pare a loro. Scoprendo le cose “comode” e oscurando quelle “scomode”. Secondo lui, l’unico modo per scoprire la verità è andare sul posto. Anche su questo ha ragione. Io ne sono testimone.

Finalmente, tra discussioni e racconti, arriva la sera. Sono stanchissimo. Il mio cervello ha bisogno di un po’ di riposo. Dopo aver salutato e ringraziato molte delle persone presenti nel campo, mi sposto all’hotel in cui alloggio.

Era ed è tuttora un albergo tipico della zona. Uno di quelli con i muri totalmente bianchi a causa della calce. Un edificio che alla sola vista fa dimenticare la realtà conosciuta precedentemente. Ma non nel mio caso. Io sono frastornato e arrabbiato.

All’entrata noto un gruppo di turisti italiani che ridono e scherzano guardando le fotografie fatte. Penso che quelle persone non abbiano ben chiaro il concetto che sta alla base del viaggiare. Fare turismo non è soltanto fare foto e video, ma, secondo me, consiste nell’andare a conoscere le realtà del nostro Paese. Conoscere le persone che lo abitano.

È necessario che i cittadini comincino a uscire dagli schemi  se si vuole veramente avere una conoscenza a tutto tondo e essere consapevoli delle condizioni in cui versa il nostro bel Paese.

Io, per esempio, turismo l’ho fatto veramente.

Non ho solo visto luoghi da cartolina, ma ho anche conosciuto storie da film di persone vere. Storie strappalacrime ma narrate da persone che le hanno vissute davvero. Ho visto scenari che, alla mia età, per molti, è meglio non vedere. Ma sono felicissimo così. Ho conosciuto un’altra realtà che prima non pensavo nemmeno esistesse.

Terminato il mio pensiero, su una panchina davanti al residence in cui alloggio, mi reco in camera per riposare. Mi sdraio sul letto; ma non riesco a dormire. Ho bisogno di sfogarmi.

Inizio a scrivere. Un’esperienza bella e vera.

Federico Martini, 2 A Ls

 

 

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Ernest Simoni, in carcere per e con Fede

Posted by admin On Giugno - 27 - 2017 Commenti disabilitati su Ernest Simoni, in carcere per e con Fede

Don Ernest è stato arrestato nel 1963: 28 anni di carcere duro e lavori forzati. Nel 2014 il Papa lo incontra e nel 2016 lo fa cardinale. Incontrare il cardinale Ernest Simoni, 88 anni, l’unico sacerdote ancora vivente che sia sopravvissuto ai lager dell’Albania comunista e dunque testimone della persecuzione del regime di Enver Hoxha, è una grazia. Don Ernest è un martire vivente, accusato di propaganda della fede contro il popolo e le autorità comuniste. La sua vita ha qualcosa di straordinario.

Don Ernest, cosa vuol dire essere cardinale, per lei, dopo 28 anni di carcere e una vita da sacerdote?

Sono stato ordinato nel 1963 quindi ho quasi 60 anni di sacerdozio. La nomina a cardinale è stata una notizia improvvisa, appresa seguendo l’Angelus del Papa mentre ero a Pistoia. Poco tempo prima ero stato ospite a Assisi alla Giornata Mondiale di preghiera per la Pace, a cui ha partecipato papa Francesco. In quell’occasione, mi hanno offerto a pranzo un posto preciso in una sala di 1000 persone. Dietro di me c’erano ambasciatori, cardinali, prelati. Quando è arrivato il Papa ho capito che si sarebbe seduto accanto a me con alla sua destra il Patriarca ecumenico ortodosso Bartolomeo. Ma la ragione vera di così tanto onore l’ho scoperta solo quando ho appreso della nomina a cardinale, poco tempo dopo.

In quel carcere le fu possibile amare i propri nemici?

Gesù ci ha detto “come hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”. Cristo è con tutti coloro che credono, lo amano, lo seguono, si mortificano per Lui. Noi dobbiamo amare i nemici, questo ci chiede Cristo. Io penso spesso di essermi salvato dalla condanna a morte proprio per questa ragione, per aver amato i nemici.

Padre Ernest, come viveva la fede durante la detenzione?

Ai lavori forzati, sia in miniera sia nelle fogne, pregavo ogni giorno. Gesù era vivo con me, con gli altri detenuti, dove ci trovavamo, nelle opere con cui gli rendevamo testimonianza. Si recitava il rosario tre volte al giorno per salvare noi stessi e l’umanità con noi, mortificandoci. “Con la penitenza è la preghiera potette godere la pace”, ha detto la Vergine Maria a Fatima: noi in carcere abbiamo sperimentato uno stato di pace. Ma questo vale anche oggi: pregare la Madonna per salvare ogni uomo.

Negli anni del lager come ha vissuto il ministero di prete?

Il Signore mi ha aiutato a celebrare la messa in latino. Spremevo l’uva in un bicchiere e potevo cuocere un po’ di pane nei piccolissimi fornelli che avevamo nel campo. Piangevo io e piangevano quelli che partecipavano alla Messa. Anche i detenuti mussulmani.

C’erano dunque anche musulmani nel campo con lei?

C’erano professori che erano stati arrestati. Piangevano e mi aiutavano a celebrare, portandomi l’uva. Credevano in Dio, secondo la loro religione. In quegli anni ho pure confessato, mi sono impegnato per riconciliare e per aiutare spiritualmente le persone, perché si vivevano momenti molto difficili. Anche davanti alla morte. In quelle miniere di pietre e di rame, ai lavori forzati, eravamo in 600: bastava la caduta di qualche masso e ci sarebbero stati dei morti. Inoltre le condizioni di vita erano estreme. Alla fine siamo usciti tutti sani e salvi. Abbiamo bevuto acqua piena di solfati, proveniente dai campi limitrofi, eppure a nessuno di noi è accaduto qualcosa. Eravamo protetti da Cristo. I guardiani non volevano avvelenarci, ma le miniere erano pericolose, sorgevano in una zona malsana, c’erano vapori che uscivano dai tunnel. Erano veleni che respiravamo, eppure siamo usciti tutti vivi da lì. Il Signore ci ha protetti.

Dopo 18 anni è uscito per un breve periodo. E poi?

Dopo 18 anni sono stato liberato, ma ricondannato di nuovo perché mi consideravano “nemico giurato”. “Ti impiccheremo se celebrerai messa o farai altre attività con i cattolici”, mi dissero. Ma quando fui condannato a lavorare nelle fogne e nei canali, di notte mi misi a disposizione per svolgere diversi servizi. Celebravo nelle fogne, ho confessato e ho distribuito la comunione, una volta ho celebrato una messa con 180 persone. Se il partito comunista l’avesse saputo mi avrebbe fatto impiccare

Poi è arrivato il 1991 con la libertà di culto. Come ha vissuto l’evento?

Nei giorni precedenti fui chiamato dalla polizia segreta. Rimasi per 5 ore, la mia famiglia temeva che mi avessero arrestato ancora. Poi mi venne comunicato dal comandante che si volevano aprire le chiese e che i poliziotti si sarebbero messi a disposizione per garantire la libertà di culto. Per me fu un miracolo! Mi chiesero di firmare un documento per questo, ma io dissi che ero un semplice prete, dovevano rivolgersi al Vaticano per un accordo ufficiale.

Lei voleva l’ufficialità, senza il Papa non c’è Chiesa…

Infatti ho fatto così e il 4 novembre 1991, nell’ufficialità confermata dalla Santa Sede, si poterono riaprire le chiese: venne la polizia a proteggere i fedeli, nel caso ci fossero state delle intemperanze, ma non ci fu bisogno. Fu un miracolo: pensate che da noi bastava semplicemente fare il segno della croce per ricevere una pena di 10 anni di carcere!

E dopo cosa avvenne in Albania?

Celebravo le messe in campagna e nei villaggi. Andai in udienza dal Santo Padre Giovanni Paolo II. Lì ricevetti il permesso di celebrare fino a cinque messe al giorno viste le necessità della gente. Ma spesso ne celebravo anche sette. Il popolo correva per incontrare i sacerdoti, la gente era assetata di Dio.

Guido Junior Maria Pedone, 3 B Ls

 

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Giornalismo: mai omertà, sempre verità

Posted by admin On Giugno - 27 - 2017 Commenti disabilitati su Giornalismo: mai omertà, sempre verità

Le premiazioni per il Corriere a Chianciano con Alboscuole e a Cesena con l’Ordine Nazionale dei Giornalisti italiani L’incontro con i professionisti Federica Angeli e Paolo Borrometi, da tempo sotto scorta per il loro lavoro d’inchiesta

L’attesa è stata lunga e molto stressante, tuttavia il giorno tanto desiderato dal “Corriere dell’Aeronautico” è finalmente arrivato. Gli scorsi 11 e 12 aprile, infatti, una rappresentanza del nostro giornalino si è recata a Cesena per ritirare il  premio per la vittoria del concorso Fare il Giornale nelle Scuole indetto dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei Giornalisti e promosso dal Ministero dell’Istruzione.

Proprio negli stessi giorni – uno scherzetto del destino – avremmo dovuto anche ritirare in realtà un altro premio: il nostro giornale, infatti, per il secondo anno consecutivo ha vinto anche il premio nazionale Giornalista per 1 giorno indetto dall’Associazione nazionale Giornalismo Scolastico (Alboscuole) a Chianciano Segue dalla prima

Terme: una soddisfazione in più, ma che ha costretto a fare una scelta tra le due cerimonie di premiazione.

Alla fine la scelta è caduta su Cesena. La cerimonia di premiazione lì si è tenuta nel palazzetto dello sport, e non sono mancati gli interventi di illustri personaggi come il sindaco Paolo Lucchi e il presidente facente funzioni dell’Ordine dei giornalisti Santino Franchina. Costoro hanno voluto soffermarsi non solo sull’importanza della divulgazione di notizie in quanto strumento capace di promuovere con efficacia la libera espressione di idee e pensieri, ma anche “sul fascino e sulle difficoltà della professione giornalistica”.

Anche il ministro dell’istruzione Valeria Fedeli sarebbe dovuta essere presente alla manifestazione, ma un improvviso impegno politico non le ha permesso di allontanarsi da Roma: ha quindi fatto pervenire un suo messaggio di saluto e augurio a tutti concorrenti.

Al concorso hanno partecipato oltre 1000 giornalini, tuttavia a Cesena sono state premiate solo 75 testate, 25 per ogni ordine di scuola; una grande soddisfazione quindi per il nostro trimestrale. A tutti sono stati consegnati un attestato di merito e una medaglia, simbolo di un successo che è stato frutto di tanta dedizione, di tanta passione e, ovviamente, anche di un pizzico di fantasia.

Un grazie particolare va al prof. Tiziano Tista che da anni stimola i giornalisti del “Corriere dell’Aeronautico” a dare il meglio di sé, favorendo l’espressione delle loro potenzialità.

Dopo la cerimonia l’Ordine ha offerto una cena deliziosa a base di lasagne e fuselli di pollo nel piccolo ma grazioso Teatro Verdi, opera di fine Ottocento recentemente restaurata dall’architetto Sanzio Castagnoli.

Il giorno successivo, inoltre, il teatro è stato anche sede di un forum interessante. Il momento di confronto, moderato dalla giornalista RAI Maria Pia Farinella, ha visto intervenire Federica Angeli e Paolo Borrometi, entrambi giornalisti sotto scorta da anni per le loro inchieste sulla criminalità organizzata.

La prima è stata minacciata dai clan della costa laziale per i suoi articoli relativi alla presenza della malavita nella gestione degli impianti balneari. Il secondo, invece, è sotto protezione da due anni e mezzo a seguito di un tentativo d’incendio della sua abitazione; Borrometi ha dato inizio a un’inchiesta sul nesso tra la mafia e i centri commerciali siciliani.

Ambedue hanno ribadito la necessità di non piegarsi all’omertà e di “alzare la voce” affinché l’Italia possa sperare in un futuro caratterizzato dalla correttezza e dalla libera espressione.

Dopo un rapido pranzo in un tipico ristorante del centro, la giornata è proseguita con la visita guidata alla Biblioteca Malatestiana,  una delle poche biblioteche orizzontali ancora esistenti al mondo; i lavori di teologia e di natura scientifica che conserva al suo interno hanno un’importanza tale che dal 2005 è riconosciuta come patrimonio mondiale dell’Unesco.

La gita, infine, si è conclusa con il viaggio di ritorno in treno, sul quale abbiamo avuto la possibilità di scambiare quattro chiacchiere con Diego Abatantuono, rinomato attore italiano.

Non c’era miglior modo possibile per terminare una due giorni lontana da Bergamo che non solo ha visto il nostro giornalino trionfare sul piano nazionale, ma ci ha anche permesso di interiorizzare nuovi valori e nuove nozioni che non vediamo l’ora di esprimere nei prossimi articoli.

Lorenzo Leoni, 5 A Ls

 

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Libertà, bene così delicato e difficile

Posted by admin On Giugno - 27 - 2017 Commenti disabilitati su Libertà, bene così delicato e difficile

Il concetto di libertà è molto soggettivo. Una semplice parola che, in realtà, ha un grandissimo valore. Per alcuni significa poter fare tutto ciò che si vuole,  riuscire a raggiungere i propri obiettivi, non curarsi del giudizio degli altri, mentre per altri significa anche solo poter vedere il cielo o i propri cari.

Libertà è stare bene con sé stessi ma soprattutto rispettare gli altri; questa è la base di tutto. Libertà e rispetto sono i due valori fondamentali per vivere serenamente con gli altri e con sé stessi.  Se si limita la libertà degli altri, automaticamente manca il rispetto e, viceversa, se manca il rispetto la libertà viene limitata. È un circolo vizioso. È nota a tutti la condizione di vita di moltissime persone a cui la libertà è stata sottratta da uomini prepotenti e avidi. Questi ultimi a loro volta sono però schiavi di qualcuno, o meglio, qualcosa: il denaro.

Uomini accecati dalla sete di soldi e potere che si insidia nell’animo e lo rende malvagio. Per queste persone vittime dei soprusi altrui la libertà può essere anche solo poter vedere un filo di luce filtrare da un foro in un muro.

La libertà però non riguarda solo un ambito fisico, ma anche psicologico. A tutti sarà capitato almeno una volta nella vita di osservare gli uccelli librarsi nell’aria e desiderare di poter volare lontano da una quotidianità che ci sta stretta, che ci limita.

La libertà non è misurabile. Per alcuni basta poco per sentirsi liberi, ad altri non basta mai. Ciò la rende un sentimento intrinseco nell’anima dell’uomo, che ci viene trasmesso in varia misura sin da piccoli e che cresce o diminuisce in base alla vita che ci si trova a dover condurre. Tuttavia, anche se si dice che siamo noi gli artefici del nostro futuro, credo che spesso ci troviamo in una vita che non vorremmo e da cui è molto difficile (se non quasi impossibile) uscire.

Francesca Ferraro, 2 B Ls

 

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Se sparisse Wiki? Analisi di un mondo

Posted by admin On Giugno - 27 - 2017 Commenti disabilitati su Se sparisse Wiki? Analisi di un mondo

È finito il mondo! Peggio: è scomparsa Wikipedia. La notizia non ha nessun briciolo di verità. Ma prima o poi potrebbe succedere e cosa accadrebbe se sparisse la più grande enciclopedia online?

Per la prima volta nel 2011, per una protesta di legge sulle intercettazioni, la versione italiana si è auto censurata provocando il terrore di molti studenti italiani. La legge è stata poi  “ammorbidita”, e il sito ha continuato a sfornare voci.

Grazie ai suoi 20 milioni di articoli scritti in 282 lingue diverse, Wikipedia rappresenta l’enciclopedia “vivente” più fornita del globo. Chiunque, in ogni paese del mondo vi può accedere gratuitamente per consultare le sue informazioni aggiornate di continuo, quasi in tempo reale.

Si tratta di un prodotto open source, di un’enciclopedia liberamente modificabile. Ovviamente non tutti possono integrare voci esistenti o crearne di nuove: per farlo bisogna farsi conoscere e dimostrare di essere attendibili.

Ma non tutto è rosa e fiori. In molti possono mettere le mani nel manuale e modificarne il contenuto e, dunque, non sempre si riesce a controllare nel modo dovuto un flusso così intenso e variegato di informazioni. Il risultato è che tra le innumerevoli notizie veritiere se ne celano altre sbagliate.

Per moderare i danni, gli operatori  hanno introdotto regole precise, come l’indicazione delle fonti, oppure alcuni banner che avvertono della mancanza di collegamenti precisi o che indicano addirittura come quest’ultimi siano contraddittori. Ciononostante, queste avvertenze non bastano a convincere i tantissimi che visitano il sito. Esiste però una cura. Proviamo a far finta che Wikipedia non ci sia più.

Del resto mamma e papà non sono “nativi” del web, eppure se la cavavano bene. Come facevano?  Si recavano in biblioteca, che è un luogo di ritrovo: ognuno l’ha vissuta e utilizzata in maniera diversa, le sue stanze stracolme di libri hanno rappresentato per le generazioni passate un punto fermo per parecchi anni, dal liceo all’università. L’avvento di Internet e degli e-book le ha sottratto questo primato, anche se in molti ancora rimpiangono il silenzio interrotto dai bisbigli che si percepiva in ogni suo angolo, e quel senso di pace e serenità che dominava tra gli scaffali polverosi, ma ai quali si era comunque legati da un affetto difficile da descrivere.

Elvira Bellicini, 2 A Ls

 

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Droghe leggere: sempre dannose

Posted by admin On Giugno - 27 - 2017 Commenti disabilitati su Droghe leggere: sempre dannose

Nel 2015 un gruppo di deputati ha proposto la legalizzazione della Cannabis. “Il parlamento ha due possibilità: rendersi ancora complice o assumersi finalmente la responsabilità di una discussione seria su una legge di buon senso come quella di legalizzare la Cannabis”, ha detto Riccardo Magi, di Radicali Italiani.

Buon senso? Gli effetti delle droghe, leggere o pesanti che siano, sono enormi, perché il sistema nervoso viene danneggiato.

Non è di buon senso, perché i giovani fanno già uso di tabacco e alcool: vogliamo davvero permettere a maggiorenni di coltivare piante di marijuana con a casa un bambino o un minorenne?

Il Colorado ha legalizzato la marijuana nel 2012: i ricoveri in ospedale di tossicodipendenti sono raddoppiati e il numero delle vittime è aumentato del 62 per cento.

Non è di buon senso perché non è vero che, come alcuni dicono, lo Stato ci guadagnerebbe. Basti pensare ai soldi per sorvegliarne produzione e  controllo, perché si aprirebbe un mercato nero destinato agli esclusi, i minorenni.

Non è di buon senso perché solo con questo proibizionismo i consumatori di marijuana sono diminuiti del 25 pe cento, e solo così continueranno a diminuire. Renderla più disponibile aumenterebbe il consumo, un ragionamento abbastanza lineare, direi.

Scopo ricreativo o no, la marijuana crea dipendenza e, a lungo andare, si possono salutare per sempre la concentrazione, la registrazione mentale e la memoria. Ma per i più ambiziosi si può anche arrivare al traguardo di allucinazioni, illusioni, perdita del senso dell’identità personale o autoriconoscimento.

Approvare tutto questo è una manovra di buon senso?

Lisa Merlo, 2 A Ls

 

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Corriere: un gioco che appassiona

Posted by admin On Giugno - 27 - 2017 Commenti disabilitati su Corriere: un gioco che appassiona

Siamo giunti alla fine.

Oltre che alla fine di questo numero, alla fine delle edizioni di quest’anno e alla fine di quest’anno scolastico, io sono quasi giunta anche alla fine del mio percorso all’Aeronautico.

Fra poco più di un mese concluderò il mio viaggio in questa scuola, ma posso dire che un pezzo del mio cuore rimarrà sempre al Locatelli, ma non solo: un importante pezzo rimarrà anche al mio amato Corriere, che mi ha sempre accompagnata durante questi anni.

Ho iniziato a collaborare con il Corriere nell’ormai lontano 2013, nei panni di una piccola fotografa in erba: non ne volevo sapere di scrivere, mi vergognavo. L’anno successivo però il professor Tista ha iniziato a chiedermi di scrivere qualche articolo: all’inizio ero piuttosto titubante, ma alla fine ho accettato. Così ho iniziato a scrivere.

Passo dopo passo ho aumentato il numero di articoli, ho cominciato a dedicare sempre più tempo alle varie pagine, alle interviste, alle foto.. Era diventata una passione.

Con il tempo sono diventata caporedattrice e, nel 2016, il giornale ha ricevuto il primo riconoscimento a livello nazionale.

Alla luce di ciò invito tutti quanti a recarvi sul sito online del nostro Corriere e di cercare una delle prime edizioni pubblicate: pochissime pagine, grafica base, ma nonostante ciò c’era già un grandissimo impegno da parte dei redattori.

Ora confrontatelo con quello che avete qui, sottomano: venti pagine, numerosi collaboratori, grafica di ottimo livello e sempre un grande impegno.

E adesso, infine, recatevi presso la Segreteria del nostro Istituto: potrete notare i numerosi premi esposti vinti in soli due anni e uno dei quali assegnatoci proprio dall’Ordine Nazionale Dei Giornalisti.

Tutto questo per dirvi che il Corriere è  tra noi, è una realtà vivente, che io ho avuto il privilegio di veder crescere passo dopo passo. Non negate a voi stessi la stessa possibilità che ho avuto io: scrivete ragazzi, scrivete. Non ve ne pentirete.

E vi accorgerete di quanto ne sia valsa la pena quando un domani dovrete salire su un palco, proprio come ho fatto io insieme ad altri, e verrete premiati per tutto il lavoro svolto: sono soddisfazioni che vi rimarranno impresse a vita. Sono occasioni che vi permetteranno di imparare a mettervi in gioco, di abbattere i muri che ognuno si costruisce intorno senza un reale motivo. Occasioni che non dimenticherete mai, perché il Corriere farà sempre parte di voi.

Scrivere vi permetterà di viaggiare, facendo così nuove esperienze di gruppo che non dimenticherete facilmente. Provateci, vedrete che non potrete non darmi ragione.

Continuate questo percorso che io e gli altri vi lasciamo in eredità, perché finché qualcuno continuerà ad amarlo e a scrivere per lui, per il nostro Corriere, allora noi continueremo a vivere con tutti voi. Iniziate per gioco, finirete per passione. Ve lo garantisco.

Per concludere voglio fare un ringraziamento davvero sentito al carissimo prof Tiziano Tista, che durante questi anni si è armato di tanta pazienza per gestire questo grande e fantastico progetto e che continua a portarlo avanti nel migliore dei modi, perché il cuore del Corriere è proprio lui. Lo ringrazio soprattutto per avermi fatto scoprire il fantastico mondo della scrittura e per avermi dato la possibilità di crescere insieme al Corriere in questi cinque anni.

Quindi grazie di cuore Aeronautico, grazie preside Di Giminiani, grazie Corriere e grazie prof Tista: rimarrete sempre tutti quanti nel mio cuore.

Un abbraccio,

Ortensia Delia, 5 A Ls

 

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Le staminali, le più utili per curare

Posted by admin On Giugno - 17 - 2017 Commenti disabilitati su Le staminali, le più utili per curare

Le cellule staminali sono alcune tra le cellule più utili per l’organismo e anche per la cura di malattie degenerative tramite un particolare processo chiamato differenziamento cellulare.

Queste cellule, grazie alla loro particolare capacità, vengono studiate da parte di molti ricercatori, posso essere estratte da diversi liquidi e tessuti del nostro corpo, come per esempio midollo osseo, cordone ombelicale, placenta e perfino dal sangue.

I genitori decidono di donare questo sangue perché può essere indispensabile per la cura di alcune gravi patologie genetiche oppure per conservarlo al fine di poter essere donato in caso di necessità a un bambino malato.

Dopo questa estrazione le cellule vengono conservate in banche situate in strutture pubbliche: dato che non tutti gli ospedali italiani hanno una loro struttura di conservazione dedicata a queste cellule, fungono semplicemente da centri di raccolta, che poi spediranno il materiale alle strutture attrezzate.

In Italia, attualmente, in base al decreto ministeriale del 18 novembre 2009 è invece vietata la conservazione di sangue estratto dal cordone ombelicale presso strutture o organizzazioni private.

All’estero, diversamente che in Italia, il cordone può anche essere conservato in banche private: lì viene mantenuto sotto il nome del bambino, e non anonimamente come in Italia. Questo cordone quindi è di sua proprietà e potrà essere scongelato in caso servisse allo stesso bambino o a un suo familiare compatibile.

Marcello Colombi, 3 A Ls

 

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Stem cells: an incredible power for all

Posted by admin On Giugno - 17 - 2017 Commenti disabilitati su Stem cells: an incredible power for all

Imagine to be born as a machine: you would be able to do anything you want, and if some parts of you break, you’d be able to replace it with a spare part.

Unfortunately, you are a human being, and you cannot replace parts of your body with some new ones as a machine does. Or can you?

Nobody knows that it is possible to generate new organs, that will be 100% compatibles with your body. This thanks to something that everyone has since he was born: the umbilical cord, or better the stem cells of the umbilical cord. These special cells have incredible power: they are like supercells, able to create any type of tissues, like the epithelial or the muscular ones, so we can create new organs to use as substitutes of others that could be affected or damaged.

This would be possible for you, if you still had your own umbilical cord. Unfortunately, the doctor you met when you were born threw it away, in a common rubbish can. This happens to umbilical cords all over the world every day, and it is an incredible waste of resources. Now the good news comes: it is possible to save the umbilical cords of the newborns, and it is very easy.

During the pregnancy the parents have to choose to safe  it and when the labour time will come, the father will call the agency specialized that, thanks to a 24H out of 24H service, will come to the hospital and will take some samples.

It is a totally safe procedure, and neither the mother or the baby will get hurt. This because the blood, which contains the stem cells, is taken from the umbilical cord once the child is born. Once taken, the samples will be carried to the agency, where will be put in cryopreservation, which means to a temperature of about -150°C. So they are frozen and will be defrosted in the hour of need. This is incredibly helpful, because, thanks to these stem cells, scientists are able to treat more that 80 pathologies, including common blood diseases like leukaemia and anaemia.

All this is fantastic, but there is one, little big problem. In Italy, private agencies of this kind are forbidden, they don’t exist. There are only public centres, where the umbilical cords can be collected and used by everybody. The stem cells are compatible only with the biological owner and his immediate family, while there is very little chance to find stem cells that are compatible with your body.

Fortunately, near countries like England, Switzerland and the best in Europe, San Marino, have private agency, where you can keep the umbilical cords of your sons and daughters, and furthermore, the price is very cheap! The keeping costs about 2000 euros for  20 years! Now that you have all the necessary information, it’s up to you: will you save your children’s life with this simple and cheap gesture?

Riccardo De Biasi, 3 A Ls

 

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A scuola con poesia: versi a confronto

Posted by admin On Giugno - 17 - 2017 Commenti disabilitati su A scuola con poesia: versi a confronto

In questo secondo periodo scolastico abbiamo affrontato il tema della poesia, cercando di capire come attraverso lo studio della stessa potevamo comprenderla nella sua forza di espressione. È stata per noi un’esperienza interessante perché ci ha messo in contatto con un mondo quasi sconosciuto, ma soprattutto non banale, per comprendere ed esprimere le nostre emozioni e i nostri sentimenti. Ci abbiamo provato…

Giulia Kaur, 2 A Tecnico

Il vulcano

Arrabbiato esplode il vulcano,

minaccia la città sottostante:

si disperdeva la gente urlando

sotto la bava di lava bruciante,

le onde della pazzia cavalcando,

il divino disperata implorando:

però il fuoco inghiottiva l’umano.

Eric Pipero, 2 A Tecnico

 

Neve

Scende lenta sulle fredde colline

e imbianca le montagne vicine;

gli animali sono in letargo

perché di cibo ne hanno un cargo:

ciò sarà in inverno una scorta.

Nella neve c’è una gatta morta,

forse per il freddo o per la fame;

rintanati non vogliono morire:

l’inverno tutto fa scomparire.

Nicolò Melzani , 2 A Tecnico

 

Il tuo Cuore è rosso

come il mio Amore

In una notte d’estate vidi lei:

era la stella più luminosa

così forte da pensarla ogni ora.

Non so se era lei o una rosa,

rossa come il tuo cuore,

rossa come il mio amore,

così forte che senza il tuo valore

non proverei tanto grande amore.

Lorenzo Conca, 2 A Tecnico

 

Lirica minima in endecasillabi

Il tuono d’ una tempesta s’udì

Provenire da un cielo pieno d’ira

Quando un profondo blu nel ciel s’aprì.

Una raffica di vento soffiò.

E il ciel dalle nuvole liberò

Un ribrezzo pel gelo mi colpì

Ma quel blu il cuor di gioia mi riempì

Theodor Leonard Paval, 2 A Tecnico

 

Poesia

Se pur son spugna, roccia sarò

Io son gatto ma leone diventerò

Ho trovato amore nell’odio ricevuto

Non mi sono mai perso,

ma ora mi sono trovato.

Giovanni Calà, 2 A Tecnico

 

Guardo il cielo e penso a te

Guardo il cielo e penso a te

da quando mi hai abbandonato

ripenso al vuoto che hai lasciato

ricordo i momenti insieme passati

a vivere felici ed appassionati

Guardo il cielo e ripenso a te

ti rivedo sorridere nei sogni miei

certa che con te ovunque andrei

ma ricostruire  impossibile  è ormai

e solo un dolce ricordo resterai.

Ines Rini, 2 A Tecnico

 

Dispersa nel vento

Le nostre mani sono come nodi

distese su queste lenzuola.

Con indosso solo la camiciola

ce ne stiamo assai comodi.

Mentre l’alba aggraziata

penetra incerta nelle tende,

sui nostri giovani visi splende

la sua dolce luce velata.

Ubriachi del sentimento profondo

ce ne stiamo abbracciati stretti

e ciò acceca gli aspetti

furibondi del mondo.

Io vulnerabile delle mie paure

a te di fianco sto sdraiata,

mentre con brama aggraziata

ne ammiri le minime sfumature.

Ne sono innamorata persa

di questa scorrevole vita

che sfugge via tra le dita

e che nel vento viene dispersa.

Aurora Zanotti, 2 A Tecnico

 

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Bonanno: “Di te non mi scorderò”

Posted by admin On Giugno - 17 - 2017 Commenti disabilitati su Bonanno: “Di te non mi scorderò”

Il genere è l’elettropop, il titolo “Di te non mi scorderò”, ed è il primo singolo di Matteo Francesco Bonanno, di 4A Tecnico, uscito il 31 marzo 2017.

“Ho scritto questo pezzo a fine 2015. Ho realizzato la pre-produzione da solo per poi collaborare per la produzione finale con Alessandro Cavagna, giovane produttore, stravolgendo completamente il pezzo, puntando a un sound internazionale e del tutto nuovo per il mercato discografico italiano. Sono uno che ama la novità, anche perché in musica non esistono standard da rispettare: la creatività sta al centro. Con questo pezzo ho voluto mettere in risalto la reazione di un essere umano di fronte a un ricordo che fa male. Si può notare quindi il contrasto fra una parte che vuole distruggere il ricordo e un’altra che invece vuole farne tesoro per ricostruirsi, per rinascere.

“Devo moltissimo alla mia famiglia, soprattutto a mio padre, che è la persona che crede in me più di chiunque altro, e…riesce a sopportarmi e a insegnarmi qualcosa quando gli confido le mie paranoie quotidiane. A volte mi chiudo e non riusciamo a capirci per certe cose, è vero, ma finiamo sempre per perdonarci a vicenda: il trucco sono gli spaghetti con tonno funghi e peperoncino e li fa davvero buonissimi”.

La difficoltà maggiore è stata la realizzazione del video: “Ho scritto la sceneggiatura e l’ho girato insieme a Daniel Taino, un mio caro amico, un mago col drone. Dovevamo trovare inquadrature soddisfacenti dando un nesso logico a tutte le clip e i dettagli presenti nel videoclip”. Il risultato? “Su Spotify abbiamo superato i 9.000 ascolti e su Youtube siamo a oltre 5.000 visualizzazioni. Sto scrivendo e stiamo lavorando al prossimo singolo che penso uscirà il prossimo autunno. Poi ho in mente di incidere un disco…sì, sto già pensando anche a quello”.

 

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I Modà e Passione Maledetta

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su I Modà e Passione Maledetta

Passione Maledetta 2.0 – Modà (Ultrasuoni)

Dopo il quadruplo disco di platino con Passione Maledetta, i Modà sono tornati anche nel 2016 con il 2.0: dieci nuovi pezzi. Questo album non è in vendita singolarmente, bensì si trova in un cofanetto che comprende il nuovo disco, il precedente Passione Maledetta, più due DVD che racchiudono il concerto di San Siro dello scorso giugno con contenuti speciali.

Il tema principale è sempre l’amore, questa volta con molte varianti: per esempio posizionata nona nella tracklist troviamo “Mamma dice sempre”, una canzone che ci dà dentro, più energica rispetto al resto dell’album (composto principalmente da chitarre acustiche e pianoforti), il cui testo è un dialogo che instaura un figlio con la madre. È una canzone sugli incidenti stradali, e Kekko mette in risalto con la sua interpretazione quanto il figlio sia pentito di non aver ascoltato le raccomandazioni della madre prima di guidare. Troviamo poi “L’ultima mano”, al secondo posto in tracklist, che accenna al gioco d’azzardo. Non è quindi la solita minestra di testi d’amore, è un amore pratico, terreno, non soltanto poetico.

È stato lanciato col pezzo più radiofonico dell’album, “Piove Ormai Da Tre Giorni”, per il resto è composto da poche hit (una di queste è “Lontano da tutto”), un album più intimo, più cantautorale rispetto ai lavori più recenti.

Non sembra scritto nel 2016, infatti la band anziché puntare a un sound commerciale ha deciso di staccare con dieci nuovi pezzi che tornino indietro di qualche anno.

Qui si tocca il passato, dal “Ti Amo Veramente” del 2004 a “Sala D’Attesa”, a differenza della radiofonicità di “Gioia” piuttosto che dell’album più venduto “Viva i Romantici”.  Alla fine è sempre il sound Modà, su quello non ci piove, neanche da tre giorni.

Matteo Francesco Bonanno, 4 A Tecnico

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Baustelle, sound unico di immagini

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Baustelle, sound unico di immagini

L’AMORE E LA VIOLENZA

Baustelle (Warner Music Italy)

Non ascoltavo un disco così da tempo, e devo confessare che neanche conoscevo i Baustelle prima d’ora. Il loro ultimo lavoro, uscito lo scorso 13 gennaio s’intitola “L’amore e la violenza”. Inizialmente, prima di ascoltare un album, in genere si scopre quale sia la sua copertina, ed è lì che immaginai il tipo di sound che sarei andato ad ascoltare.

Ormai si vedono solo copertine “fighettine”, dove il soggetto della foto diventano gli effetti speciali, e il cantante annega sempre di più, assorbito da questa valanga di pixel colorati messi giù a caso per attirare l’attenzione dell’ascoltatore. Non è quello che ho visto con la copertina di questo disco. Tramite questa cover sono riuscito benissimo a collegare l’arte visiva all’arte temporale: un po’ come accade nei videoclip e, che sia chiaro, non parlo di quelli in cui si vede il cantante che cammina per strada e canta fissando l’obiettivo della fotocamera per tutto il filmato, ma dove tramite le immagini e i loro colori (arte visiva) riesco ad attribuirci una musica (arte temporale). Se vogliamo farla più breve è come se la musica si guardasse allo specchio, e all’interno di questo possiamo vedere quella sola immagine. Perché alla fine la musica genera immagini e immagini generano musica: questo concetto in tanti oggi lo stanno tralasciando.

Non però i Baustelle. È un disco che può indirizzare la musica italiana verso una nuova direzione, non tanto per la sua particolarità, ma più per la sua unicità. È un sound che tocca gli anni ’70, pieno di contaminazioni (chiaro lo zampino di Battiato in un paio di tracce): oggi viene etichettato come “indie”. Il primo singolo, anche il più radiofonico, si chiama “Amanda Lear”, al terzo posto nella tracklist.

I Baustelle sono tutto questo, e un album del genere non può farlo nessun’altro. Lo consiglio a tutti quelli che vorrebbero ascoltare un genere che sia fuori dall’ordinario, qualcosa di vintage, se vogliamo chiamarlo così, che risulti allo stesso tempo fresco e moderno. Quindi questo disco ha quell’elemento essenziale che deve essere la base di ogni disco, cioè una vera e propria identità.

Matteo Francesco Bonanno, 4 A Tecnico

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Immigrati: davvero non c’è soluzione?

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Immigrati: davvero non c’è soluzione?

Perché il problema come sempre è l’ignoranza, la disinformazione che porta agli sbagli. Continuiamo a correre in soccorso di coloro che abbandonano le coste del “continente nero” con nulla in tasca ma migliaia di sogni nella testa: chi mosso da disperazione, chi in fuga dalla guerra, chi con un proprio “american dream”.

Loro cercano salvezza verso le nostre coste. Centinaia di migliaia di persone dedicano la loro vita per potersi pagare un biglietto, un posto su un barcone per poter raggiungere la Sicilia o la Grecia con la speranza di raggiungere ed esaudire desideri di una vita, che a noi sembrano banali, ma che per loro sono quasi inimmaginabili, come per esempio una casa propria, un lavoro, condizioni di vita umane.

Se arrivano, appena toccata terra si renderanno conto che i sogni erano tutte fantasticherie.

Saranno raccolti in centri che li tratteranno come merce, per denaro: lì loro non sono persone, ma solo i mezzi per ricevere agevolazioni statali.

Tutto potrebbe cambiare, potremmo far cessare gran parte di questi sbarchi clandestini informandoli, smentendo i loro sogni sul nostro Paese, per poterli però realizzare nel loro.

Se tutto ciò che desiderano, se tutto ciò per cui sono spinti a solcare quelle paurose e, ormai, sanguinose acque lo portassimo noi da loro? Se migliorassimo noi le loro condizioni di vita, non sarebbe meglio?

Noi ci lamentiamo del loro continuo afflusso, ma non cerchiamo soluzioni; cerchiamo al massimo soluzioni al nostro problema, ma non al loro.

Dobbiamo pensare alla causa che porta allo scaturire di tutti questi flussi migratori. Spendiamo milioni per il loro soccorso e sostentamento, ma se li spendessimo per costruire case, pozzi o per cessare guerre non sarebbe forse meglio e più utile?

Marcello Colombi, 3A Ls

 

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When your eyes cross their eyes

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su When your eyes cross their eyes

Imagine this scene:  you are in a place full of people; your eyes cross the eyes of a stranger just for a second, in that moment you stay there, looking to each other, but then you look away as soon as possible.

Have you ever asked yourself why is so embarrassing to look someone else straight in the eyes? Here you can receive some answers.

Scientists at the University of Vincennes in Saint-Denis, France, have proved that the eye contact with other people revives the awareness of our body, so our brain became suddenly more conscious of the feelings that are having place inside us.

The psychologist Matias Baltazar showed to 32 volunteers a series of pictures representing positive and negative situations and asked them to tell the emotions caused by each one.

The 32 people were also connected to a special device that registered the emotive reactions through the hand sweating.

Each positive or negative photo had been preceded by another image of a male or female face: some of these faces stared at the volunteers, others had their gaze looking away.

Researcher discovered that, after the subjects saw the faces which stared at them in the eyes, they showed more effective and accurate descriptions of their physiological reactions to the positive or negative photos.

“Our results show that the body consciousness of an adult becomes more acute when we’re under someone else’s gaze”, says Baltazar. Researchers have proved that the improvement of the feeling description regards only the actions connected to the body consciousness.

This discovery could be useful to stimulate the consciousness in people who have a distorted view of their body as the ones who suffer from anorexia or depressive disorders.

Francesca Ferraro, 2B Ls

 

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Quando ricordare diventa un dovere

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Quando ricordare diventa un dovere

Ricordare. Una delle più belle tra le azioni che un uomo sia in grado di fare. Ricordiamo tutto, o quasi: il primo giorno di scuola, la nostra data di nascita, il nostro primo amore… Qualsiasi cosa riesca a farci provare emozioni la intrappoliamo nella nostra testa, e la teniamo lì, a far polvere fino a quando non decidiamo che è arrivato il momento di rivivere quell’attimo, quell’istante così intenso come se fosse lì, di fronte a noi.

Non sempre questo è possibile. Non sempre la nostra testa ci permette di rivivere quell’attimo. Alcune volte ne dimentichiamo particolari, altre intere sequenze e altre ancora ci ricordiamo solo l’inizio o la fine. Alcuni attimi però ce li ricordiamo tutti. Dall’inizio alla fine. Ogni singolo particolare. Ogni fottuto dettaglio.

Ero lì. Fermo. Non so se era il freddo che mi bloccava, ma non riuscivo a muovermi. Fissavo il letto a pochi centimetri dal mio naso e pensavo. Pensavo a qualunque cosa. La mia famiglia, che non sapevo se fosse morta o viva, il perché mi trovavo lì rinchiuso in una baracca come un animale, il come era potuto succedere.

All’improvviso si spalanca la porta e ci fanno alzare sbraitando parole in tedesco che nemmeno capivo. Mi metto in fila come gli altri e usciamo in modo ordinato e lineare. Ci ispezionano attentamente per vedere se c’è qualcuno di malato, non in grado di lavorare.  Tutti sembriamo essere idonei e quindi ci mandano alle nostre postazioni.

Devo percorrere un po’ di strada per arrivare al mio impiego. Sulla mia destra vedo il grosso edificio dal quale esce giorno dopo giorno sempre più fumo, senza mai fermarsi un istante. Tutto mi sembra come gli altri giorni. Solita sveglia, solta camminata, solito lavoro.

Di fronte a me, in procinto di entrare nel cortile del grosso edificio fumante, vedo un gruppo di bambini. Mi si stringe il cuore. Loro si guardano, giocano, riempiono l’aria di quella loro così pura e candida risata, completamente ignari di quello che sta succedendo. Li  guardo ormai varcato il cancello allontanarsi piano piano, mano nella mano con un soldato tedesco, avvicinarsi sempre di più alla cortina di fumo che separa il regno dei vivi e quello dei morti.

Uno però era rimasto indietro, se lo erano perso.

Si avvicina e mi chiama. Io mi fermo nonostante le minacce della guardia che mi stava scortando. Il bambino mi consegna un bambolotto e mi chiede se lo posso portare a suo padre. Io gli chiedo dove posso trovarlo, ma lui non me lo sa dire. Si mette a piangere.

Allora decido di mentire. Gli prendo il bambolotto e gli prometto che su papa l’avrebbe ricevuto. Intanto di corsa stava arrivando una guardia per recuperare il bambino rimasto indietro. Gli consegna alcune caramelle e lo convince a seguirlo per andare a “giocare”.

Il bambino mi chiede se ho voglia di andare a giocare con lui. Io lo guardo. Il cuore mi si riempie di compassione, tristezza, rabbia.

Incomincio a piangere silenziosamente e tra un singhiozzo e l’altro gli dico che l’avrei raggiunto poco più tardi. Lui mi guarda con uno sguardo innocente e mi annuisce quasi entusiasta. Lo vedo allontanarsi. Ha superato anche lui la cortina di fumo. Con gli occhi gonfi per le lacrime guardo il fumo alto nel cielo. Mi sembra di vedere una sua sagoma. Vengo trascinato a forza a lavorare.

Ti devo una partita piccolo amico mio.

Ludovico Zaccaria, 4A Ls

 

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History&World: storia, che passione

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su History&World: storia, che passione

La storia scolastica non è una materia particolarmente affascinante per gli studenti. Spesso la conoscenza che ne abbiamo si limita a semplici nozioni su guerre, battaglie e avvenimenti di cui abbiamo una visione vuota, artificiale.

Poi però ci sono anche gli studenti per cui la storia è una passione, e le passioni c’è chi le coltiva fino in fondo. Un esempio è Riccardo Bernocchi, alunno del nostro istituto, nella classe 3B Liceo, che di questa passione ha fatto anche un progetto per l’alternanza scuola/lavoro.

La sua passione per la storia nasce già da piccolo, poi è cresciuta fino a trasformarla in un canale YouTube prima, una rivista stampata in proprio poi.

Il progetto si chiama “History & World” e nasce nel dicembre 2015 con la pubblicazione su YouTube di un video relativo alla Battaglia delle Ardenne. Poi, col tempo, i video sono aumentati e migliorati, fino ad arrivare a ottobre 2016 con la pubblicazione della prima rivista. Il gennaio successivo è la volta del secondo numero: “Del resto i tempi di scrittura, correzione e stampa sono lunghi – spiega – ma le ore che impiego sono valide per l’alternanza scuola-lavoro”.

La rivista “History and World” è stata presentata il 20 gennaio a un circolo culturale in Città Alta. “È stata accolta bene”, commenta con modestia.

L’autore confessa: “Il mio periodo storico preferito è la Seconda Guerra Mondiale, ma cerco di sempre spaziare il più possibile negli argomenti.” Per ora gli articoli per ciascun numero della rivista sono tre.

“La lettera di apertura serve a instaurare un rapporto di amicizia col lettore – specifica Bernocchi – Il primo articolo può parlare di un tema anche non prettamente storico”.

Nel primo numero si trattava delle Colonne d’Ercole, poi Napoleone, ma in futuro potrebbe essere anche un tema artistico, sempre con un aggancio alla storia. Segue un articolo centrale a carattere storico: “Anche se – puntualizza –  l’articolo sul Kursk del secondo numero è ancora tra storia e cronaca. L’affondamento è avvenuto nel 2000”.

Il tutto è reso leggero da immagini (anche l’impaginazione è curata dall’autore) e curiosità.

La rivista si chiude con una “graduatoria” di personaggi o eventi storici: “Nel primo numero ho trattato gli imperi più grandi della storia, nel secondo gli strateghi più astuti”. Gli argomenti sono pochi ma mirati: “I miei obbiettivi sono due. Il primo è quello di far conoscere al lettore fatti che non conosce e che spesso non rientrano nei programmi scolastici di storia. Il secondo è quello di far riflettere sugli argomenti trattati”.

Matteo Bevilacqua, 3B Ls

 

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Flamenco: singing, dancing, guitar, beats

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Flamenco: singing, dancing, guitar, beats

Flamenco is an expression of the sorrow of people held on margins of society and culturally oppressed, in it’s early stages flamenco was not put in writing.

The music was passed down from generation to generation orally, there are text on the art form that have been published before 1840. Flamenco took place in Andalucia in the early XV century between groups of Gypsies, Jews, Arabs and Spaniaros.

The flamenco brought a dynamic form of musical expression characterized by performing in a virtuos way.

Pure Flamenco was born with three different cultures and founded the “Cantee Jonoo”, which is considered the main repertoire of Flamenco.

The goal is to create the duende??, the spirit of music that manages to reach all audiences and to touch their hearts. The basic elements of Flamenco are singing (cante), dancing (baile), guitar (toque) and the beats of hands of public (jaleo). Flamenco is concentrated in three cities in Andalucia: Seville, Cadiz and Jerez de la Frontera.

Nora Spreafico, Coreutico

 

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Leningrado, 900 giorni di assedio

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Leningrado, 900 giorni di assedio

L’illusione nazista di una vittoria contro l’ex capitale degli Zar stroncata dall’accanita resistenza russa e dal gelido inverno del 1941 Quarantacinque tonnellate di cibo al giorno e l’unione della cittadinanza portano due anni dopo alla liberazione dalla prigionia

Già dall’agosto del 1941, quella che era stata la capitale dello Zar con il nome di San Pietroburgo era stretta dalla morsa tedesca: sull’altro fronte però oltre un milione di persone presero parte alla difesa di Leningrado. Vennero costruite trincee, buche e fosse anticarro.

I tedeschi ritenevano che la città, sotto bombardamento aereo e terrestre perenne, non sarebbe durata a lungo, ma né il comandante militare di Leningrado, Kliment Efremovič Vorošilov, né la popolazione, erano intenzionati a capitolare così facilmente di fronte all’attacco nazista.

Quando le divisioni tedesche cominciarono a penetrare nei sobborghi della città, si resero conto che la conquista di Leningrado avrebbe comportato sia un grande impiego di mezzi, sia una grande quantità di tempo.

Alla difesa di Leningrado presero parte anche più di 400.000 donne che si sostituirono agli uomini non solo nelle fabbriche in genere, ma anche nella costruzione di apparati difensivi. Convinto che Leningrado non avesse più alcuna possibilità di resistere, Hitler affermò “Leningrado cadrà da sola, come un frutto maturo” e lanciò il grosso delle truppe tedesche contro Mosca.

L’inverno del ’41 fu molto rigido e i russi, per inviare provviste e materiale alla città, utilizzarono alcuni grandi aeroplani. Questi aerei riuscirono a portare nella città assediata 45 tonnellate di viveri al giorno. Venne creato anche un corridoio sul lago Ladoga, grazie al quale i camion russi poterono rifornire la città.

Anche i tedeschi, però, dovettero combattere contro la fame e il freddo. La guerra lampo, punto di forza dell’esercito nazista, era diventata una guerra di posizione contro due nemici: i russi, arroccati nelle rovine della città, e l’inverno, che congelava i mezzi e uccideva migliaia di soldati.

Stalin ordinò a Georgij Konstantinovič Zukov, il più grande generale dell’Armata Rossa anche se spesso da lui contrastato, di continuare la difesa della città: fu proprio lui a organizzare le truppe sovietiche e a permettere la resistenza della città, nonostante la sproporzione tra le forze. Riuscì a tal punto, grazie anche alle condizioni climatiche, che nel 1943 furono i tedeschi a trovarsi assediati dall’Armata Rossa.

I Russi tra il ’43 e il ’44 spazzarono via i tedeschi dalla zona di Leningrado. Per questo successo Zukov ottenne il grado di Maresciallo dell’Unione Sovietica dallo stesso Stalin.

Dopo 900 giorni d’assedio, finalmente il cielo sulla città non era attraversato da bombardieri e da granate: l’assedio di Leningrado era finito.

Riccardo Bernocchi, 3B Ls

 

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Barbarossa: Germania Vs Russia

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Barbarossa: Germania Vs Russia

Era il 22 giugno del 1941: 146 divisioni tedesche erano accalcate sulla frontiera russo-tedesca, un fronte che andava dal Mar Baltico al Mar Nero, pronte a invadere l’URSS. Dopo un’ora di bombardamenti le divisioni passarono la frontiera: aveva inizio l’Operazione Barbarossa.

Tre milioni e mezzo di soldati, 3.300 carri armati, 600 mila mezzi motorizzati, settemila cannoni e 2.770 aerei tedeschi iniziarono la loro avanzata nel territorio russo.

I russi furono colti di sorpresa e questo permise ai tedeschi di catturare gran parte delle truppe presenti al confine. I bombardamenti degli Stuka inflissero pesanti perdite all’aeronautica russa e, dopo solo due giorni, i panzer tedeschi erano penetrati nel territorio russo per oltre 160 Km.

I russi, non riuscendo a fermare le armate tedesche in campo aperto, decisero di rifugiarsi nelle loro città, rendendole delle vere e proprie trappole.

Minsk, Sebastopoli, Mosca, Leningrado, Stalingrado e molte altre città divennero il simbolo della lotta russa per la difesa del sacro suolo della Patria.

I continui e accaniti bombardamenti tedeschi rasero al suolo le città: i cumuli di macerie resero quasi impossibile l’utilizzo dei famigerati panzer tedeschi.

Sotto le macerie, in cunicoli, uomini, donne e bambini combattevano strenuamente.

Saranno proprio queste città a fermare la marea tedesca e a permettere alla Russia di avere, qualche anno dopo, il sopravvento sulle forze tedesche.

Riccardo Bernocchi, 3B Ls

 

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