Sunday, November 2, 2025

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Violenza sui deboli, serve attenzione

Posted by admin On Agosto - 27 - 2018 Commenti disabilitati su Violenza sui deboli, serve attenzione

È incredibile a che punto si sia arrivati. Gli interventi e le soluzioni riguardanti il bullismo sono inefficaci e, in ogni caso, non abbastanza sostanziosi. Non è possibile che un genitore debba mandare il proprio figlio a scuola o da qualsiasi altra parte col timore che venga preso di mira e “bullizzato” da bambini o ragazzi che compiono atti di violenza morale per sentirsi più forti verso i più deboli. Tutto questo perché? Perché si è omosessuali? Perché non si è magri e “fisicati” come altri? Perché non si fa quello che fa il resto del gruppo? Perché e, soprattutto, c’è una soluzione a tutte questi comportamenti violenti?

Secondo gli psicologi si tratta di una vera e propria emergenza, che può essere combattuta a partire dall’intervento a scuola. È proprio così, bisognerebbe stabilire un programma di prevenzione del bullismo in tutte le scuole, facendo in modo che abbiano uno psicologo di riferimento da cui i ragazzi possono recarsi in caso di problemi. Anche i genitori devono stare attenti, hanno il compito di accorgersi se sta succedendo qualcosa al proprio figlio.

Bisogna soprattutto stare attenti al cyberbullismo, che è causa della maggior parte dei suicidi adolescenziali. Ma come fa un genitore ad accorgersi se il proprio figlio è vittima di cyberbullismo? Deve stare attento agli atteggiamenti del figlio: se utilizza troppo internet, se chiude le finestre aperte sul computer quando si entra in camera, se si rifiuta di usare internet, se ha comportamenti diversi dal solito, se ha disturbi del sonno e dell’alimentazione,  se invia molto spesso compiti svolti e se si ricevono chiamate frequenti da scuola per farsi portare a casa etc.. In questi casi il figlio potrebbe essere soggetto a cyberbullismo. Genitori state attenti! Che si inizi a lavorare sotto l’aspetto scolastico e al controllo degli atteggiamenti quotidiani del figlio per contrastare questa ingiustificabile forma di violenza.

Stefano Macchia, 2 A Scientifico

 

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Libertà: importante trovare equilibrio

Posted by admin On Agosto - 27 - 2018 Commenti disabilitati su Libertà: importante trovare equilibrio

Libertà è una parola che piace a tutti: chi non ama decidere ed esprimersi senza essere costretto da altri? Ciascuno di noi vorrebbe poter sempre agire liberamente, ma non funziona proprio così.

Per esempio, i ragazzi adolescenti di oggi pensano spesso di essere grandi e di aver raggiunto la maturità completa. In realtà questa non è assolutamente la verità.

I genitori, d’altro canto, devono saper concedere la giusta libertà ai propri figli, ma non è così semplice farlo. Esistono almeno due categorie di genitori: la prima ritiene che, a 14-15 anni, i figli non possano ancora uscire da soli con gli amici, anche solo per fare un giro, senza aver dato loro tutte le informazioni del caso (luogo, amici, orari, eccetera), mentre la seconda lascia i propri figli agire e prendere le decisioni in modo quasi completamente autonomo.

Ci sono genitori più permissivi di altri. Ne è un esempio quello di consentire ai figli adolescenti di andare in discoteca la sera da soli e questi, come se non ci fosse un domani, credendosi adulti e responsabili, se ne approfittano ubriacandosi e fumando, rovinando così la libertà concessa loro. Purtroppo, a volte, l’esagerato permissivismo porta a scelte sbagliate e a comportamenti scorretti.

Analizzando i figli, si scopre che anche in questo caso esistono più categorie: quelli che fanno le cose di nascosto (per esempio tatuaggi, piercing, amicizie e luoghi differenti a quelle notti alla famiglia, eccetera), altri che invece conducono una vita alla luce del sole, condividendo con i genitori le proprie scelte in virtù del rispetto e della sincerità. Questa differenza è sicuramente dovuta al tipo di rapporto che esiste in famiglia.

È comunque bello che genitori e figli siano tutti diversi, altrimenti che mondo sarebbe? Monotono, no? Ciò non toglie il fatto che, se ottenuta la giusta libertà, i figli non debbano mancare di rispetto o imbrogliare i genitori. Alla base di ogni rapporto, in questo caso tra genitori e figli, deve esserci la sincerità che sfocia poi nella fiducia reciproca: ecco come conquistarsi a libertà! Perciò, genitori, date il peso giusto alla parola libertà e, ragazzi, cercate di accontentarvi un po’ di più di quanto concessovi. Come per ogni cosa, l’equilibrio è la giusta soluzione.

Giulia Zanella, 2 A Scientifico

 

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Vecchia Guardia: mito che non s’arrende

Posted by admin On Agosto - 27 - 2018 Commenti disabilitati su Vecchia Guardia: mito che non s’arrende

La Guardia Imperiale: uno tra i più famosi corpi militari della storia. È stata creata nel 1804 da Napoleone Bonaparte e trae la sua origine dalla Guardia dell’Assemblea Nazionale, nata il 20 giugno 1789, che prese poi il nome di Granatieri della Gendarmeria nel 1792. Nel 1795 cambiò ancora il nome in Granatieri della Convenzione e poi in Guardia del Direttorio. La sua denominazione mutò, per l’ennesima volta, in Guardia Consolare dopo l’ascesa di Napoleone come Console e, infine, in Guardia Imperiale.

Durante la sua storia la Guardia aumentò il numero dei suoi effettivi: dalla Battaglia di Marengo (1800), dove vennero impiegati 2.100 uomini, si passò ai 56.000 della campagna di Russia (1812) per raggiungere i 112.500 uomini nel 1814. La Guardia Imperiale, oltre a comprendere fanti, era costituita da cavalieri, artiglieri, marinai e genieri, divisa per anzianità in Vecchia Guardia, Guardia di Mezzo e Nuova Guardia.

La Vecchia Guardia era l’unità di spicco della Grande Armata napoleonica e le sue truppe erano veterani che avevano combattuto da tre a cinque campagne militari. I Granatieri a piedi della Guardia Imperiale rappresentavano il fulcro di questa unità ed erano composti dagli uomini più anziani ed esperti dell’intero esercito francese. Il 15 aprile 1806 il primo reggimento Granatieri a piedi venne affiancato da un secondo reggimento, i Cacciatori a piedi, e il 13 settembre del 1810 venne istituito un terzo reggimento composto dai Granatieri della Guardia Reale Olandese. Un quarto reggimento venne reclutato il 9 maggio 1815, ma, dopo poco, venne sciolto. Vi era inoltre un reggimento di Granatieri a cavallo a cui si era poi unito uno squadrone di Mamelucchi (truppe arabe a cavallo), reparti di artiglieri, di Marina e del Genio. Successivamente si aggiunsero un reggimento di Dragoni (uomini a cavallo armati di spada, pistole e moschetto) e due di Lancieri.

La tipica uniforme di questa unità era composta da indumenti bianchi, una giubba blu scuro con risvolti sul petto e passamani bianchi, polsini e risvolti delle falde rossi, mentre il colbacco era decorato con un fregio di rame di un’aquila coronata, un pennacchio rosso e cordini bianchi. Tutti i bottoni della divisa erano in ottone ed erano decorati con l’aquila imperiale.

Nel 1806 venne istituita la Guardia di Mezzo che, anche se godeva di fama minore rispetto alla Vecchia Guardia, dimostrò in varie battaglie il proprio valore. L’unità era divisa in Fucilieri-Granatieri della Guardia Imperiale (creati nel 1807, sciolti nel 1814 e ricostituiti l’anno dopo), Fucilieri-Cacciatori della Guardia Imperiale (istituiti nel 1806, spesso a fianco dei fucilieri, sciolti nel 1814) e Marinai della Guardia Imperiale (nati nel 1803 con il compito di essere l’equipaggio del vascello che, nella pianificata invasione dell’Inghilterra, avrebbe dovuto portare Napoleone sull’isola). Napoleone definì questi ultimi l’unità più versatile dell’esercito francese, potendo essere impiegati come marinai, fanti o artiglieri.

Nel 1809 venne costituita la Nuova Guardia, composta da soldati che avevano combattuto almeno una campagna e dalle migliori reclute dell’anno, suddivisi in 9 reggimenti.

Appartenere alla Guardia Imperiale, oltre a essere motivo di orgoglio per i suoi soldati, portava anche vantaggi sia economici (i salari erano più alti rispetto al resto dell’esercito), sia sul campo di battaglia (gli equipaggiamenti erano migliori e le razioni speciali).

Anche se la Guardia rappresentava la punta di diamante dell’esercito napoleonico, l’Imperatore la utilizzò solo in caso di necessità e, in molte battaglie, venne tenuta nelle retrovie come riserva. Nonostante questo la fama della Guardia Imperiale non calò mai e non fu intaccata neanche nell’ultima grande battaglia di Napoleone: Waterloo. Secondo alcune testimonianze, mentre gran parte dell’esercito francese si stava ritirando, alcuni reggimenti della Vecchia Guardia, con avvolta l’asta della loro bandiera in un tessuto nero a simboleggiare che non si sarebbero mai arresi, rimasero in formazione sul campo di battaglia. Quando gli inglesi intimarono la resa ai francesi, il generale Pièrre Jacques Étienne, barone dell’Impero e successivamente visconte di Cambronne, rispose: “La Garde Impériale meurt et ne se rend pas!” (“La Guardia Imperiale muore, ma non si arrende!”). Dopo aver intimato la resa altre due volte gli inglesi decisero di attaccare. Fu un massacro per entrambi gli schieramenti. Il mito della Vecchia Guardia non tramontò con la sua fine: il suo nome rimase sinonimo di valore, determinazione e onore.

Riccardo Bernocchi, 4 B Scientifico

 

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La crisi? Serve una politica diversa

Posted by admin On Agosto - 27 - 2018 Commenti disabilitati su La crisi? Serve una politica diversa

È cominciato tutto nel 2007. Prima di quell’anno nessuno poteva immaginare che la più grande crisi economica della storia moderna stesse arrivando. Solo pochi economisti lo avevano intuito. Nei mesi caldi del 2007 la crisi americana dovuta a mutui poco affidabili è esplosa e ha portato alla chiusura molte banche, tra cui la Goldman Sachs.

In qualche mese la crisi è arrivata anche in Europa e entro il 2008 si era estesa a tutto il pianeta. A quel punto si è innescata una reazione a catena: il primo ostacolo è stato la crisi di fiducia nei mercati, considerati poco affidabili; poi l’enorme inflazione mondiale che ha causato l’aumento dei prezzi delle materie prime. Nel giro di 2 anni il P.I.L di molti paesi, specie occidentali, è crollato: molti stati europei, dopo una piccola e breve ripresa nel 2011, hanno dovuto fare i conti con numerosi debiti. Il rischio di crollo di questi paesi è stato evitato soltanto grazie a ingenti prestiti dalla B.C.E e da numerosi paesi dell’Eurozona.

Se la storia di questa enorme crisi racconta di problematiche dovute all’alta finanza, le ripercussioni sociali e politiche sulle popolazioni europee e mondiali sono state fortissime: a fare i conti con la crisi sono state in particolar modo le classi sociali già di partenza più deboli. La disoccupazione poi non è aumentata solo per i licenziamenti dell’ultimo biennio, ma anche per la difficoltà dei giovani nel trovare un lavoro stabile.

Per la prima volta dal dopoguerra molti si sono trovati prospettive di vita e di crescita decisamente inferiori a quelle della generazione precedente: le difficoltà a trovare un lavoro e mantenerlo si ripercuotono nella vita di tutti i giorni, mettendo il giovane nell’impossibilità di trovare casa, di costruirsi una famiglia e di contribuire all’economia.

La popolazione mondiale si trova ad affrontare una crisi decisamente superiore a quella del ’29, senza alcun tipo di aiuto da parte dello Stato che avrebbe potuto ridurne gli effetti. Va detto che questa mancanza non è solo una scelta obbligata economica, ma anche una scelta politica perché la scomparsa di uno stato sociale è una strada intrapresa da molte nazioni europee ben prima della crisi. Se si fosse attuata una politica diversa o se si riuscisse ad attuare una serie di misure basate sull’aiuto dello Stato alle imprese e alle famiglie, l’intera economia potrebbe trarne beneficio.

Stefano Macchia, 2 A Scientifico

 

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La felicità è in tutti noi, basta trovarla

Posted by admin On Agosto - 27 - 2018 Commenti disabilitati su La felicità è in tutti noi, basta trovarla

“Sono davvero felice?”. È una domanda che ci poniamo molto spesso: ci chiediamo se stiamo bene, se siamo felici… Ma cos’è la felicità?  E dove la possiamo trovare?

Tutti rendono conto che definire con parole precise cosa sia la felicità è difficile. È un’emozione, una sensazione che rende soddisfatti e fa  stare bene, ci fa sentire in pace con noi stessi ed è qualcosa di cui l’uomo è sempre alla ricerca. La soddisfazione è una sensazione che si può ricondurre alla felicità, nonostante siano due cose parecchio diverse: la prima è infatti qualcosa che si ottiene con il tempo ed è duratura, mentre la felicità è qualcosa che ti coglie all’improvviso, non sai bene quando arriverà e non sai quanto durerà. Ed è questa sua presenza un po’ repentina e improvvisa che la rende ancora più desiderabile.

Molti si sono incamminati alla ricerca della felicità, ma le strade sono diverse da individuo a individuo. Ma una cosa comune nella maggior parte dei percorsi si è trovata: la fatica per raggiungerla. Infatti non è una cosa che si ottiene subito, ma ,anzi, la maggior parte delle volte che noi percorriamo un percorso cercando di raggiungerla, ci rendiamo poi conto che non è la strada giusta, accorgendoci che la felicità si può trovare anche in cose molto più piccole e semplici.

Sono molti i filosofi e gli intellettuali che si sono cimentati a trovare un senso alla felicità, a capire cosa fosse, da cosa provenisse e come raggiungerla. Una definizione molto  comune è che “la felicità è lo stato d’animo positivo di chi ritiene soddisfatti tutti i propri desideri”, e c’è perfino chi la riconduce all’amore.

In effetti l’amore è un desiderio, una passione, che se trovato può rendere davvero felici. Ma non è l’unica fonte di felicità: anche solo il veder realizzare un qualcosa rende felici. Il passare un pomeriggio con gli amici, o da soli a casa con la propria serie tv preferita… Insomma le fonti della felicità sono infinite e cambiano da individuo ad individuo. Sta a noi trovare le nostre fonti e viverle al meglio.

Ma io credo, senza stare a citare tutti i diversi pensieri  (perché sono davvero tanti) dei vari filosofi, che la felicità sia uno stile di vita. La felicità è fare quello che fa stare bene, è essere in pace con gli altri e, soprattutto, con se stessi. È trovare armonia in ogni nostra singola azione.

La felicità è in ognuno di noi, basta saperla trovare.

Marianna Ruggeri, 2 B Scientifico

 

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Positivo e negativo: timidezza da capire

Posted by admin On Agosto - 27 - 2018 Commenti disabilitati su Positivo e negativo: timidezza da capire

La timidezza è una caratteristica dell’uomo e, anche se in proporzioni diverse, è presente in tutti gli individui.

Come per tutte le cose, sarebbe ottimale avere un giusto equilibrio di timidezza e spavalderia o sicurezza in sé. Infatti l’eccesso di una delle due cose porta ad atteggiamenti non consoni alla società. Troppa timidezza crea una bolla che ci separa dall’interazione con altri individui, mentre troppa spavalderia porta all’arroganza e a non essere apprezzati dagli altri per questa sconveniente caratteristica. Inoltre la troppa sicurezza in ciò che si fa è come un paraocchi quando qualcuno cerca di farci capire un nostro sbaglio.

Il giusto equilibrio fra le due cose, però, porta ad avere un individuo cosciente delle sue azioni, che sa distinguere quando è opportuno comportarsi in certi modi o in altri e che riconosce i suoi errori e impara da questi.

La timidezza e la sicurezza in sé hanno equilibri differenti in momenti, contesti e azioni differenti. Infatti un uomo può avere comportamenti non consoni alle buone norme quando si trova in una situazione in cui non conosce nessuno e non ha paura di eventuali conseguenze e essere al contempo molto timido in presenza di qualche suo conoscente o viceversa. Come ho detto tutto dipende dalle circostanze e dal carattere di ogni individuo. Dico questo in base alle mie esperienze e alle situazioni in cui mi sono trovato a chiudermi in me stesso per la timidezza o a esplodere come una bomba a orologeria per l’arroganza.

Sono molte le differenti casistiche in cui può avvenire l’una o l’altra cosa, e qui non c’è né spazio né tempo per elencarle tutte, ma posso dire che in molte situazioni è meglio osare ed essere un po’ spavaldi che non ritirarsi per la paura o la timidezza e rimandare gli avvenimenti. Sempre però riflettendo sull’etica e la moralità delle proprie azioni.

La timidezza può essere vista anche come la semplice paura di fare butta figura, come quando gli attori durante uno spettacolo si trovano sul palco davanti a centinaia di persone e devono farsi coraggio per superare il timore di mostrarsi male: timore che si traduce in timidezza. Infatti in molti, a causa della soggezione, parlano con un tono troppo basso per essere udito dal pubblico.

Ma la timidezza non ha solo lati negativi. Ci permette di ragionare prima di compiere azioni sconsiderate e, nelle relazioni con altre persone, può essere un ostacolo sì, ma al contempo ci permette di scegliere di interagire con le persone che ci sembrano più affidabili o simpatiche e non con quelle che invece non ci ispirano molta fiducia.

Ciò permette la creazione di una cerchia di amici ristretta ma affidabile. Come si dice: pochi ma buoni.

Simone Cairola, 2 A Scientifico

 

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Quando i pregiudizi cancellano i giudizi

Posted by admin On Agosto - 27 - 2018 Commenti disabilitati su Quando i pregiudizi cancellano i giudizi

Troppe volte ci capita di cadere in errate prevalutazioni: alcune persone sembrano simpatiche e altre meno e da ciò iniziamo a comportarci in un modo o in un altro.

Nella maggior parte dei casi, però, questi pregiudizi sono totalmente opposti a quello che poi si mostra essere la realtà. Sono infatti loro che ci portano ad avere una mentalità chiusa, a rigettare ogni nuova proposta e, magari, anche ad allontanare nuove possibili amicizie.

Purtroppo la parte di mente che assegna caratteristiche a qualcosa o qualcuno determinandole con il solo sguardo – ma a volte basta sentire un nome –  è autonoma e incontrollabile: nessuno può decidere come gli sembra una persona, è il nostro cervello che ci guida. È un po’ come una questione di compatibilità che il nostro ammasso di neuroni e sinapsi decide indipendentemente, senza la consapevolezza della realtà.

Pertanto dobbiamo imparare a convivere con questi pregiudizi, tanto “involontari” quanto lo è per noi respirare nel sonno. La massima attenzione quindi la dobbiamo prestare invece al nostro comportamento, per non cadere in false supposizioni che potrebbero indurci ad atti incauti; perché un conto è avere un pregiudizio su qualcuno, un altro è basarsi totalmente su quello per descrivere quella persona.

Convivere coi pregiudizi non è semplice, ma ancor di meno lo è imparare a non farsene influenzare. E riguardo a ciò le possibilità non sono molte. Una prima opzione è cercare di evitarli, rimanere indifferente con tutti fino a che non si entri in contatto con le vittime della tua mente e provare definitivamente la veridicità di quel tuo pregiudizio.

La seconda opzione, la più aggressiva per me, è provare ogni tuo pregiudizio errato: confutarli, combatterli e, qualora dovessero risultare corretti, avranno avuto ragione loro. Eventualità che si presenterà comunque molto raramente, a meno che non siate telepatici.

Quindi, la prossima volta che ti verrà presentata o descritta una persona, stai attento ai tuoi pensieri: i pregiudizi sono inevitabili. Ma tenta di conoscerla più a fondo e decidere poi.

Giacomo Trezzi, 2 A Scientifico

 

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Vivere o morire? Album introspettivo

Posted by admin On Agosto - 27 - 2018 Commenti disabilitati su Vivere o morire? Album introspettivo

“Vivere o Morire” Motta (Sugar)

“Vivere o Morire” è l’ultimo album del cantautore Francesco Motta, uscito il 6 aprile 2018. Rispetto al suo precedente lavoro di due anni fa, “La Fine Dei Vent’Anni” (che era anche il suo primo da solista dopo aver cantato nei Criminal Jokers), non c’è alla produzione Riccardo Senigallia, ma lui stesso con Taketo Gohara, uno dei migliori sound engineer al momento in Italia, e se prima appunto si trattava della fine dei vent’anni ora la scrittura risente di un uomo che è cresciuto, un pensiero la cui evoluzione è durata trent’anni.

Lui stesso si definisce “un giovane cresciuto”: ebbene sì, vivere o morire? Motta ha scelto di vivere, e questo disco è una risposta a tutti i perché de “La Fine Dei Vent’Anni”.

È un album quindi molto introspettivo, senza filtri, con un potenziale comunicativo altissimo: racconta degli angoli di vita senza tratti fiabeschi.

E per quanto faccia per certi versi inquietudine dalla copertina e dalla sua voce amara, sporca, Motta ha una delle voci più dolci che io conosca. Dentro quell’amarezza si legge una sensibilità inaudita. Un’amarezza talmente dolce che crea qualcosa di inesprimibile.

Il futuro dell’Alternative per me è più chiaro e delineato rispetto a qualsiasi altro genere o sottogenere elettronico del momento. In qualche modo quest’ultimo costringe a stare in determinati limiti, mette dei paletti.

Perché nella musica è fondamentale la libertà, e questo è un album libero.

Se prendiamo ad esempio la prima traccia “Ed È Quasi Come Essere Felice”, con la sua durata (quasi di cinque minuti, cosa che non troveremo mai in un album mainstream) fa da preludio, come se fosse una boccata d’aria prima di un’immersione, per prepararsi ad ammirare il fondale e risalire lentamente per respirare un’aria nuova.

Matteo Francesco Buonanno, 5 A Tecnico

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CRLN: un album ipnotico, che sussurra

Posted by admin On Agosto - 27 - 2018 Commenti disabilitati su CRLN: un album ipnotico, che sussurra

“Precipitazioni”  CRLN (Macro Beats) 

Si scrive CRLN, si legge Caroline. L’ho scoperta pochi mesi fa, anche se avevo già letto in precedenza una sua intervista per redbull.com nella sezione musica. La ragazza è parecchio interessante, mi attira parecchio la sua personalità e l’intenzione del suo album “Precipitazioni”.

All’interno ci sono dieci brani tutti prodotti da Gheesa e Macro Marco, un producer hip-hop validissimo (nonché fondatore della sua etichetta), che si è lasciato trascinare verso un mondo alternative rimanendo nel suo mood hip-hop, con una spolverata di trap. È un disco ipnotico, di quelli che vanno ascoltati in silenzio, magari in macchina mentre piove.

“Precipitazioni” ha un filo conduttore: la voce. È spesso accompagnata da una chitarra acustica messa proprio davanti, magnetica, che tiene per mano e allo stesso tempo sostiene la voce di Caroline dandole peso e profondità, oppure da un beat e dei cori che fanno andare da un’altra parte.

La musica di CRLN ci fa capire che non è necessaria una considerevole dinamicità nell’interpretazione vocale, che non c’è bisogno per forza di bisbigli nella strofa e urli nel ritornello, per comunicare. Lei mantiene sempre quell’intensità che, per quanto sia statica o “sempre uguale” (come ho sentito dire), riesce a sussurrarci ciò che vuole dirci trasformando la canzone, tramite un testo abbastanza ricercato, in un dialogo fra lei e l’ascoltatore.

Se si ascolta con attenzione, in tanti possono rivedersi nelle parole di Caroline.

Vedo molto in questo album, era qualcosa che (almeno completamente in italiano) non avevo mai sentito.

Matteo Francesco Buonanno, 5 A Tecnico

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Due o 4 tempi? Scelta di stile

Posted by admin On Luglio - 11 - 2018 Commenti disabilitati su Due o 4 tempi? Scelta di stile

Al giorno d’oggi il mercato motociclistico diretto ai giovani è diviso in due principali categorie di interesse, che presentano motori completamente diversi per funzioni e costruzione. Parliamo del 2 tempi e del 4 tempi: i primi sono motori più potenti e reattivi, che a parità di cilindrata presentano il doppio dei cavalli in quanto a ogni ciclo del pistone la candela produce una scintilla che fa esplodere il combustibile. Naturalmente questo comporta un consumo di carburante molto più elevato e una maggiore “precarietà”, in quanto ogni componente del motore è sottoposto a una forza e a uno stress molto più alti.

Al contrario i motori a quattro tempi producono uno scoppio ogni due cicli, in quanto il pistone risale a vuoto dopo ogni scintilla, per aiutare la fuoriuscita dei gas di scarico. Di conseguenza le caratteristiche di questo tipo di motore sono diametralmente opposte a quelle elencate per il blocco due tempi.

Come può dunque un ragazzo scegliere il motore più adatto? A mio parere la scelta deve essere orientata principalmente dall’utilizzo che si vuol fare del mezzo. Per capirci: un motore a due tempi permette una velocità e una ripresa molto più elevate, regala molte più emozioni grazie al suo suono, a discapito dei consumi e della sicurezza in viaggio. Al contrario il motore a quattro tempi non ha bisogno di una cura e un’attenzione così articolate come l’altro tipo, e permette viaggi molto più lunghi con consumi quasi irrisori.

La scelta è alla fine basata sull’emozione che si vuol provare e deve provenire dal cuore.

Davide Lazzaroni, 2 B Scientifico

 

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The first space car

Posted by admin On Luglio - 11 - 2018 Commenti disabilitati su The first space car

Here’s the first “space car”: the brand-new Midnight Cherry Tesla Roadster, an electric car from Tesla Motors. It will be the first payload of the Falcon Heavy, world’s most powerful rocket from SpaceX. The launch is scheduled in January at the Kennedy Space Center, Florida.

Elon Musk, owner of both Tesla Motors and SpaceX, twitted the news declaring that the car will reach Mars while playing “Space Oddity” from David Bowie. The Falcon Heavy is made of three Falcon 9 in parallel (Falcon 9 is the rocket currently used by the company to ship satellites in space and supplies to the International Space Station). As Falcon 9 has 9 engines, the Heavy is powered by 27 kerosene-oxygen engines. “The thrust is going to be impressive”, pointed up Musk, “anything could happen.”. Due to its composite structure a failure of the Falcon Heavy has already been taken in count. During the last days the rocket has been carried to the launch pad for a first engine ignition test. If it will be successful the official liftoff may happen before the end of January. The launching has been designed so that both the boosters (basically the two side rockets) and the main stage will come back on Earth in three different locations. Next, they will be reconditioned and reused.

The boosters should re-enter approximately near the coasts of Florida while the main stage should land on a floating platform in the middle of the Atlantic Ocean.

Falcon Heavy itself measures 70 meters and weighs about 1,4 million kilograms when fully loaded. According to the project it can ship 64 tons in low-orbit around Earth and 17 tons towards deep space. If the plan will succeed SpaceX could finally start trips to the Moon and Mars.

Alessandro Ferrari, 5 A Scientifico

 

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Youth in Iceland

Posted by admin On Luglio - 11 - 2018 Commenti disabilitati su Youth in Iceland

È stata intitolata “Youth in Iceland” la rivoluzione culturale che, grazie a un mix di divieti, coinvolgimento in attività sportive e creative e stretto lavoro tra scuola e genitori, ha fatto sì che in meno di 20 anni (dal 1998 al 2016) si riducesse dal 48% al 5% il numero di adolescenti a stretto contatto con sostanze dannose.

Il progetto inizia nel 1992 in Islanda, ma nasce a New York da una tesi di dottorato di tale Harvey Milkman, che ha concluso che l’utilizzo di droghe e alcol deriva prevalentemente dai problemi nella gestione dello stress. È stato condotto un sondaggio in Islanda tra adolescenti di età compresa tra i 15 e i 16 anni e i risultati sono stati sconvolgenti: il 25% dei ragazzi fumava ogni giorno e il 40% si era ubriacato meno di un mese prima. Dal sondaggio è emerso anche un altro aspetto: i ragazzi che praticavano sport o altre attività avevano un buon rapporto con scuola e genitori ed erano meno propensi all’assunzione di alcol e droghe.

Per realizzare il progetto, il governo islandese ha imposto alcune leggi e divieti molto severi: ad esempio è stata vietata la pubblicità di alcol e fumo, la vendita di sigarette ai minori di 18 anni e di alcol ai minori di 20. inoltre è stata adottata una stretta collaborazione tra scuola e famiglia, con la proposta di sempre più attività sportive e artistiche che tenessero i ragazzi occupati nel tempo libero, ed è stato infine imposto un “coprifuoco” per i ragazzi tra i 13 e i 16 anni alle 22 nel periodo invernale e alle 24 in quello estivo.

Il progetto ha ottenuto risultati clamorosi e l’Islanda è passata dall’essere lo stato col maggior numero di consumatori di droghe a essere quello con gli adolescenti più “puliti” d’Europa.

Questo progetto potrebbe essere una svolta per le nuove generazioni europee, se solo applicato: non sembra però essere condiviso dagli altri stati europei, dato che “Youth in Europe” esiste solo in pochissime singole città europee.

Gaia Bassi, 2 B Scientifico

 

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Sikhs and sikhism: from Punjab

Posted by admin On Luglio - 11 - 2018 Commenti disabilitati su Sikhs and sikhism: from Punjab

Sikhism is a religion that originated in Punjab, India at the end of the 15th century. This religion is based on the sacred scriptures contained in the holy book named “Guru Granth Sahib”; Granth is an hindi word which means book. Sikhism is based on the spiritual teachings of ten Guru and teaches that God last forever. God can’t be seen, has no body, he has created the universe and also can destroy it or keep it running, and spreads his thought by ten Gurus.

A Sikh temple is called Gurudwara that means house of Guru. Mainly the Gurudwara has 4 doors, which are called the door of peace, the door of livelihood, the door of learning and the door of grace; when a person enters in a Gurudwara his head must be covered, he must remove his shoes and sit on the floor as all the other people. The Guru Granth Sahib is positioned in an upper level to demonstrate his higher spirituality.

In the Sikh temple there is also an open mess to everyone and at the end anyone can eat for free.The most important festival is “Vaisakhi” held on the 13th or 14th April. In 1699 the nine Guru, Guru Gobind Singh laid down the foundation of the “Panth Khalsa” (or Sikh community) by baptizing Sikh warriors, to defend  religious freedoms. The baptism consists in the administration of a mix of water and sugar, stirred with a double-edged sword in an iron bowl; this is called “Amrit” and this ceremony is accompanied with recitation. Guru Gobind Singh also introduced a new surname that is Singh (lion) for men and Kaur for women. This was done to fight the cast system and also because in the Sikhism all people are equal.

A baptized Sikh must carry 5 symbols the so called 5 K: Kesh (uncut hair) symbolises the membership of the group, uncut hair symbolises adoption of simple life and denial of pride in one’s appearance and also because hair are a part of God creation so you shouldn’t cut it; Kara (steel bracelet) is a symbol of restraint and gently; Kachera (special underwear) is a symbol of chastity; Kanga (wooden comb) symbolises a clean mind and body and also a duty is to keep the hair clean and combed at least twice a day; Kirpan (sword) is for self defence.

Baldev Singh, 4 B Tecnico

 

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Do we have to legalize cannabis?

Posted by admin On Luglio - 11 - 2018 Commenti disabilitati su Do we have to legalize cannabis?

Do we have to legalize Cannabis? Is smoking a joint as dangerous as everyone says? Or should it be a positive thing? Let’s try to understand the answer in the following lines. There are many ways of thinking about this argument, but many people observed that there are more positive opinions than negative ones.

Why not? Which are the arguments that should not premise the legalization? They are few, let’s see them. The legalization should promote the development of dangerous habits, even if lot of people has the habits to use Marijuana now a day: in fact in Italy 4 millions of people on 60,8 millions smokes weed. It’s even proved that this drug increases the probability to acquire dangerous illnesses as cancer or less dangerous ones as nausea, vomiting, anorexia, cachexia and spasticity. These last ones are illnesses/effects stabilized by scientific studies, apart from cancer, because the researches are being conduced yet. Then there are other effects but less serious as allergies, inflammation, infections, epilepsy, depression, bipolar disorders, etc. For example the actor Michael J. Fox used a lot of drugs among which weed; now a day he is fighting the hardest battle of his life versus the heaviest and most destructive illness that causes tremors, rigidity, slowness in movements and difficulties of various kinds: the Parkinson, that almost certainly was contracted by him due to the drugs. Then there is the last but not less important argument against the legalization that correspond to a possible profitable deal for mafia associations that control an important percentage of the distribution of the drugs in Italy.

Why yes? Now let’s go to the arguments that agree with the legalization… The first one is the greater control of the distribution and so the percentage of minors smokers of cannabis would be lower. Than there is the most discussed argument: cannabis as therapeutic purpose. They say that the cannabis helps to leave the habits of smoking cigarettes or drinking alcohol, they say that it could be a benefit after a chemotherapy treatment to, but all this hasn’t  totally been ascertained yet. The legalization could be seen as contrast versus the many criminal associations that work on the distribution of the drugs. An other argument that agree with the legalization is the born of an economic sector that now a day in Italy doesn’t exist yet. The legalization could be a benefit even because it would lead our state to have an annual source of income that reaches about 10 billion euros.

Stefano Macchia, 2 A Scientifico

 

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Bitcoin: il futuro o un errore?

Posted by admin On Luglio - 11 - 2018 Commenti disabilitati su Bitcoin: il futuro o un errore?

Il Bitcoin è una moneta elettronica creata nel 2009 da un anonimo, conosciuto con lo pseudonimo di Satoshi Nakamoto. A differenza delle valute e fisiche convenzionali, il Bitcoin è caratterizzato da un sistema decentralizzato; infatti non è presente un ente che ne regoli la valuta: quest’ultima è determinata dal rapporto tra domanda e offerta.

Il Bitcoin sfrutta un database distribuito sulla rete di internet per tenere traccia delle transazioni tra gli utenti che sono visibili in tempo reale in diversi siti.

Ogni utente può possedere un portafoglio e un numero illimitato di copie di chiavi, composte da una chiave pubblica e una privata.

Le chiavi pubbliche sono utilizzate come punto di ricezione o invio di monete, mentre quelle private appongono una firma digitale alla valuta. Le chiavi pubbliche non contengono le informazioni personali del proprietario.

In una transazione l’utente 1 aggiunge a una determinata somma di denaro la chiave pubblica dell’utente 2, insieme alla propria chiave privata, che verrà verificata durante il trasferimento. Questo procedimento impedisce all’utente di riappropriarsi dei Bitcoin che hanno ormai cambiato proprietà. Tuttavia se si dovesse perdere la chiave privata, cancellandola, il portafoglio con il denaro al suo interno verrà considerato perso e non potrà in alcun modo essere recuperato.

Per ottenere Bitcoin si può utilizzare il processo detto “mining”, cioè si dona la potenza di calcolo dei propri dispositivi quali pc, smartphone o tablet  per contribuire alla creazione, alla distribuzione e alla sicurezza dei Bitcoin. Circa sei volte all’ora la rete distribuisce a caso una somma di Bitcoin ai contribuenti: la somma varia in base alla quantità di potenza di calcolo che viene offerta.

Il Bitcoin al giorno d’oggi non solo può essere scambiato con servizi via internet ma, in determinati casi, anche con beni materiali. Ad esempio, l’università di Nicosia (Cipro) accetta Bitcoin come metodo di pagamento per le tasse universitarie; nella città di Zugo, in Svizzera, vengono utilizzati i Bitcoin per il pagamento di servizi pubblici quali sanità e trasporti.

Purtroppo il Bitcoin ha difetti non indifferenti: viene anche utilizzato come moneta nel Deepweb, dove viene scambiato con sostanze stupefacenti, armi, materiale pedopornografico e altri servizi illegali.

A causa della sua decentralizzazione e del meccanismo di scambio peer to peer, cioè in cui il cliente può essere anche servente, diventa impossibile l’intromissione degli enti governativi o privati e, perciò, il controllo della diffusione del Bitcoin.

Questa situazione è aggravata dal fatto che il Bitcoin segue il cosiddetto schema Ponzi, cioè un programma di vendita fraudolento che promette ingenti guadagni alle vittime a condizione che reclutino nuovi investitori.

L’anonimato della valuta ne compromette quindi la sicurezza e la trasparenza verso il cliente, che non ha garanzie che gli verranno restituiti i soldi investiti.

Mentre dibattito sulla legalità del Bitcoin si svolge, il suo valore continua ad aumentare: nei primi anni della sua realizzazione un Bitcoin corrispondeva a circa 35 dollari statunitensi, entro il 2013 il valore è salito 400 dollari e poco tempo fa era circa 18.000 dollari. Qualcuno ha previsto che entro la fine del 2018 il Bitcoin potrebbe raggiungere il valore di 50.000 dollari. Si stima anche che il numero di Bitcoin prodotti si fermerà nel 2033 a circa 2,1 milioni, causando così un aumento di valore spropositato, con i relativi pro e contro.

Michele Bramati, 2 B Scientifico

 

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Il business contro il gusto del videogioco

Posted by admin On Luglio - 11 - 2018 Commenti disabilitati su Il business contro il gusto del videogioco

In questi anni i ragazzi hanno sempre più apprezzato i videogiochi: alcuni di loro si sono addirittura innamorati di questo passatempo, tanto da preferire un’ora passata davanti alla consolle piuttosto che un’ora con i propri amici al parco.

Gli sviluppatori di questi giochi hanno notato questo incremento di giocatori e hanno deciso di creare una nuova branca dello sport, chiamata E-sport. Questa nuova disciplina consiste in vere e proprie sfide e campionati a livello internazionale, per decretare chi sia il più forte nel controllare un avatar all’interno del videogioco.

Queste sfide inizialmente non hanno riscosso molto successo, ma con il passare del tempo sempre più squadre si sono iscritte a questi tornei. Quello che ha spinto sempre più team a iscriversi è stato senza alcun dubbio il montepremi messo in palio per chi riesce a vincere questi campionati.

Prendiamo l’esempio di “Rainbow Six: Siege”, un gioco di tattica militare creato dalla Ubisoft: anche questo gioco ha una sua lega composta da numerose squadre che si fronteggiano ogni anno per raggiungere il titolo di Migliore.

Questa lega si chiama Pro League e si disputa tutti gli anni intorno a novembre a San Paolo, in Brasile. I vincitori ricevono come premio ben 240.000 dollari statunitensi per la squadra: e questa vincita è una delle più basse a livello mondiale, visto che in alcuni casi le somme messe in palio dagli organizzatori ammontano anche a oltre mezzo milione di dollari.

La domanda che bisogna porsi a questo punto nasce spontanea: non è che un semplice videogioco, creato inizialmente per far svagare grandi e piccoli, non sia più solo un modo per divertirsi, ma anche un modo per fare business, a costo di perdere il gusto del giocare in gruppo?

Filippo Mondonico, 2 B Scientifico

 

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Il duro costoso lavoro dietro un film

Posted by admin On Luglio - 11 - 2018 Commenti disabilitati su Il duro costoso lavoro dietro un film

Siamo abituati a vedere film sul grande schermo o a casa, o anche in streaming sul computer, ma non ci fermiamo mai a chiederci che tipo di lavoro e quanto ce ne sia dietro alla sua creazione.

Le fasi dello sviluppo di un’opera cinematografica sono principalmente 5cinque: sviluppo, produzione, lavorazione, post produzione e distribuzione.

Durante la fase di sviluppo viene scritta la sceneggiatura, che consiste nella stesura del racconto, nell’ideare i personaggi e una trama e infine scrivere i dialoghi. Viene scelto il budget, ossia la cifra massima che può essere spesa per produrre il film.

Nella seconda fase, produzione, vengono scelti gli attori, dal protagonista fino all’ultima comparsa, e gli attori stessi iniziano a leggere il copione a prendere confidenza coi personaggi che dovranno interpretare, preparandosi anche fisicamente: alcuni grandi attori, che avrebbero dovuto interpretare criminali, hanno passato ad esempio mesi in prigione per prendere confidenza con il tipo di gente che avrebbero dovuto impersonare. Viene poi prodotto un set dove verranno effettuate le riprese, vengono siglati contratti con le aziende che si occuperanno della post-produzione e comprati i diritti della canzone che farà da colonna sonora.

La terza fase, la lavorazione, è la più costosa e quella che segna il punto di non ritorno per i finanziatori: con questa non si può più tornare indietro e il film verrà fatto. Questa fase richiede solo un passaggio, che è però il più importante: è qui infatti che vengono svolte le riprese cinematografiche, che fanno del film ciò che è.

La post-produzione è la fase più lunga: qui avvengono il montaggio, la registrazione delle musiche e degli effetti speciali. Il film viene poi doppiato se necessario o nel caso ci siano per esempio voci fuori campo.

Nella quinta e ultima fase, la distribuzione, il film viene appunto distribuito nelle sale, vengono prodotti i trailer, i bollettini pubblicitari e spot in tv. Avviene la riproduzione fisica delle copie. Alcuni paesi, a differenza dell’Italia, anziché doppiare film, introducono i sottotitoli lasciando la pellicola in lingua originale: lo spettatore può così godersi la produzione apprezzando al massimo la recitazione dell’attore.

Spesso quando guardiamo un film non ci accorgiamo del lavoro e dei soldi spesi per realizzarlo: vediamo solo, come detto, il prodotto finito senza vedere ciò che c’è dietro.

Simone Savoldelli, 2 B Scientifico

 

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Rex, orgoglio e leggenda d’Italia

Posted by admin On Luglio - 11 - 2018 Commenti disabilitati su Rex, orgoglio e leggenda d’Italia

Il 1° agosto 1931, sotto lo sguardo del re d’Italia Vittorio Emanuele III e della regina Elena, madrina della nave, venne varato un nuovo transatlantico, lungo ben 268 metri con un dislocamento di 51.000 tonnellate: il Rex. Prima del varo, un modello di sei metri del nuovo colosso dei mari fece il tour delle principali capitali europee e americane, suscitando grande interesse e scalpore da parte delle altre potenze marinare, come Francia, Inghilterra e Germania, che ritenevano l’Italia non in grado di costruire navi di una simile portata.

Grazie alla presenza sul transatlantico di molti luoghi per lo svago e il divertimento, si diede inizio ai viaggi di piacere: le moderne crociere. La nave era dotata di terme, piscine, sale di lettura, una pedana per la scherma e per il pugilato e persino una galleria coperta per il tiro al bersaglio.

Le camere  più lussuose, con aria condizionata, erano impreziosite da verande private. Oltre alle varie innovazioni nel campo dello svago e del confort, la nave era il fiore all’occhiello dell’ingegneria navale degli anni ’30: la sua prua a bulbo fu una delle prime a essere mai realizzate e, per la forma della carena, i costruttori si ispirarono alle trote.

Il transatlantico venne commissionato dalla Navigazione Generale Italiana e costruito nei cantieri navali Ansaldo di Sestri Ponente. Nel 1932 la Navigazione Generale Italiana fu assorbita dalla compagnia Italia di Navigazione Spa e, di conseguenza, anche il Rex passò sotto la sua proprietà.

Il 27 settembre 1932 il Rex partì per il suo viaggio inaugurale con a bordo 1872 passeggeri.

Durante l’inizio della traversata si verificarono diverse avarie, tra le quali un problema alla centrale elettrica che rese ingovernabile il timone della nave. Per questo motivo il transatlantico fu costretto a sostare per due giorni nel porto di Gibilterra. Alcuni passeggeri, scoraggiati dal pessimo inizio, partirono per la Germania e si imbarcarono su un altro transatlantico: l’Europa. Giunte a Gibilterra le parti di ricambio e riparati i guasti, il Rex salpò per New York dove arrivò il 7 ottobre, battendo sul tempo il transatlantico Europa.

Con questa traversata il Rex vinse il Nastro Azzurro, un ambito premio che veniva conferito alla nave passeggeri che raggiungeva la maggiore velocità media, e quindi il minor tempo, nell’attraversamento dell’Atlantico.

Mentre le navi inglesi, francesi e tedesche, all’inizio del conflitto nel 1939, cessarono le traversate oceaniche, il Rex continuò a operare fino al 1940 quando, con la guerra ormai alle porte, compì la sua ultima traversata. La nave venne ormeggiata nel porto di Genova, ma dopo il bombardamento da parte dei francesi della città, venne spostata a Trieste. Dopo l’8 settembre i tedeschi, che avevano  occupato la penisola, lo trasferirono presso la baia di Capodistria, ma durante il viaggio il transatlantico venne fatto incagliare.

Nel settembre 1944 il Rex subì un massiccio bombardamento britannico che causò un incendio durato ben quattro giorni. Alla fine della guerra venne valutata la proposta di recuperare il Rex e di riportarlo al suo antico splendore, ma il progetto venne abbandonato.

Tra il 1947 e il 1958 il transatlantico fu smantellato, ma la sua fama rimase viva tanto che una celebre scena del film di Fellini “Amarcord” celebra la famosa nave rendendola il simbolo dell’Italia degli anni ’30.

Riccardo Bernocchi, 4 B Scientifico

Il Nastro Azzurro era un prestigioso riconoscimento che, anche se in modo ufficioso, veniva attribuito alle navi passeggeri che effettuavano nel minor tempo (o con la maggior velocità media) la traversata dell’oceano Atlantico.

In particolare veniva assegnato sia per la tratta dall’Europa agli Stati Uniti (quindi da est verso ovest), più complessa perché era necessario contrastare la corrente del Golfo, sia per la tratta opposta (quindi da ovest verso est), più “facile” perché con la corrente a favore. La regola prevedeva che potessero gareggiare navi regolarmente registrate, adibite a uso passeggeri e postale, con personale professionista e che, durante il viaggio, trasportassero sia posta che passeggeri. Il titolo veniva riconosciuto a patto di battere il record precedente.

La prima assegnazione del riconoscimento risale al 1838, alla nave inglese Sirius, che impiegò dall’Europa agli Stati Uniti 18 giorni, 14 ore e 22 minuti, con una velocità media di 14,88 chilometri orari. Il Rex ha ottenuto il Nastro Azzurro, nonostante alcune avarie iniziali, nel 1933 con il comandante Francesco Tarabotto: il viaggio era durato 4 giorni, 12 ore e 53 minuti, con una velocità media di 53,59 chilometri orari.

L’ultima assegnazione riconosciuta risale al 1952, ma nel 1992 la nave italiana Destriero avrebbe conquistato l’ambito traguardo per l’ultima volta, fissando il record a 58 ore e 34 minuti, con oltre 100 chilometri orari di velocità media: il condizionale è dovuto alla controversia sorta perché non si trattava di una nave passeggeri e la traversata era stata dagli Stati Uniti all’Italia, quindi sulla rotta ovest – est.

 

 

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Fino in Bolivia con la Michielin

Posted by admin On Luglio - 11 - 2018 Commenti disabilitati su Fino in Bolivia con la Michielin

“2640” – Francesca Michielin

(Sony Music)

“2640” è il nuovo album di Francesca Michielin, uscito il 12 gennaio 2018, anticipato dai singoli “Vulcano” quest’estate e “Io non abito al mare” lo scorso novembre.

L’embrione (un embrione bellissimo, tra l’altro, e definirlo tale è parecchio riduttivo) di “di20are” si è sviluppato, è maturato fino a dar vita a “2640”. Quasi tutte le tracce sono state scritte principalmente da lei, eccetto “Tropicale” che vede la collaborazione di Edoardo D’Erme (signor Calcutta), che ha collaborato anche ad altri pezzi del disco, e dell’Autore (e la maiuscola è messa di proposito) Dario Faini. Anche Tommaso Paradiso collabora scrivendo “E se c’era…” insieme a Dario, in sesta posizione nella tracklist.

Francesca cresce, e sta dimostrando di volersi dirigere in quel mondo che oggi viene definito come “indie” (fino ad alcuni anni fa era chiamato Alternative), con una maestoso tappeto elettropop che avvolge il tutto. Questa decisione è evidente anche per aver scelto collaboratori come Calcutta e Cosmo che hanno aggiunto quel pizzico di personalità che ha dato all’album una forma ancora più definita, con testi al di fuori dei canoni tradizionali.

Sarà perché adoro Francesca, sarà perché adoro l’indie pop, ma questo album “spacca”.

Rispetto a “di20are”, il sound è della stessa famiglia: questo grazie alla magistrale produzione di Michele Canova, uno dei migliori in Italia al momento.

Ammetto di non amare il miscuglio inglese-italiano negli album (ancor peggio nelle canzoni), come ad esempio all’inizio di “Comunicare” o “Lava”, che è totalmente in inglese, ma davanti a un disco così bello questo passa nettamente in secondo piano. La mia preferita è “Bolivia”. Un album così, in Bolivia, a occhi chiusi, vi ci porta davvero.

Matteo Francesco Bonanno, 5 A Tecnico

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“Non è detto”: pura energia

Posted by admin On Luglio - 11 - 2018 Commenti disabilitati su “Non è detto”: pura energia

“Non È Detto” – Laura Pausini

(Atlantic/Warner Music)

“Non è detto” è il nuovo singolo di Laura Pausini, uscito il 26 gennaio 2018 e prodotto dalla stessa Laura, scritto insieme a Niccolò Agliardi, Gianluigi Fazio ed Edwyn Roberts. Anticipa l’album “Fatti Sentire” in uscita il prossimo 16 marzo.

Suona pausiniano, non si discosta molto da “Simili”, neanche da “Primavera In Anticipo” del 2008 (disco che ho consumato quando ero bambino).

È un pezzo pieno di energia, in cui l’arrangiamento e la voce si completano alla perfezione: non riesco a immaginarlo cantato da qualcun altro che regga allo stesso modo quest’intensità. Diciamocelo, è un vestito per la Pausini (e se l’è cucito lei stessa), e a una Emma o a una Carmen Consoli non starebbe, andrebbe rimodellato.

Il testo (Agliardi/Pausini) crea una dimensione di abbandono pieno di coraggio. Il coraggio di vedere una realtà spogliata di ogni illusione, concreta, dove il mondo esterno scompare e si rimane da soli, a confronto con la propria vita. Il coraggio di prendere una scelta, il desiderio di cambiare. Tutto avviene senza assumersi colpe o rigettarle su qualcuno. Entrambi hanno sbagliato, ma lei è stanca di tollerare (“sopportarsi con educazione”) un uomo che ha paura, parecchio fragile: ha paura delle conseguenze di una scelta, e lei se ne va per questo, per questa lacuna di determinazione. È ancora innamorata, ma sa che certe cose che non funzionano nel presente in un futuro non potranno cambiare, quindi anziché sopportare tutto ciò decide di andarsene. Lei ammette che la scelta è stata difficile, difatti prima ha esitato per giorni, aveva dei dubbi (“avevo un indirizzo nuovo e un posto per scappare”). Ha un treno verso l’aeroporto e un volo dopo due ore, un volo lasciato con una vaghezza tale da stimolare a vedere oltre, verso una prospettiva piena di luce e positività.

Matteo Francesco Bonanno, 5 A Tecnico

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