Sunday, November 2, 2025

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Lettera alle donne

Posted by admin On Aprile - 10 - 2020 Commenti disabilitati su Lettera alle donne

Care donne del mondo, vi scrivo questa lettera perché voglio parlarvi. Anche io sono una donna. Non so se posso definirmi tale, dato che ho da poco compiuto i 15 anni, però mi sento una di voi. Sono italiana. Vivo in Lombardia, in un paesino di montagna dove ci si conosce tutti, proprio come si racconta nei film. Nonostante io viva in un posticino un po’ sperduto, vado a scuola a Bergamo, perché il mio sogno più grande è diventare un pilota delle frecce tricolori. Mi piacerebbe tantissimo sorvolare i cieli di tutto il mondo con la bandiera italiana e, soprattutto, essere l’orgoglio della mia nazione.

Mi definiscono una ragazza determinata e con le idee ben chiare in testa, e forse proprio per questo ho deciso di scrivere a tutte voi. Ho 15 anni, è vero, ma credo di aver vissuto più di alcune di voi. Quest’estate ho viaggiato in lungo e in largo da sola e mi sono resa conto che ho proprio una bella vita. La vita che dovrebbero poter avere tutte le donne. È così ingiusto che in certi posti del mondo il sesso femminile non possa comportarsi come gli pare e piace. È ingiusto che molte di voi in questo momento non possano leggere questa lettera solo perché, dove vivono, le donne non possono leggere i giornali o, ancora peggio, in quel paese non ci sia libertà di stampa.

Mi rivolgo soprattutto a voi, donne dell’Oriente. A voi che vivete molte volte violazioni dei diritti. A voi che siete obbligate a sposarvi giovanissime, quando a quell’età io pensavo solo a giocare e divertirmi con i miei amici. Mi rivolgo a voi che non potete lavorare, a voi che non avete la possibilità di votare e a tutte quelle di voi a cui non sono concesse le cose più semplici, come uscire di casa oppure vestirvi quando volete. La vita è una sola, dovete viverla come volete. Non fatevi ostacolare da nessuno e soprattutto fate sì che nessuno vi impedisca di vivere come vi pare. Vivere da sottomesse non è vita. La vita si può definire tale quando si ha la libertà di prendere le decisioni.

Fatevi sentire. Ribellatevi, se il modo in cui si rivolgono a voi non vi piace. Fate capire a quei vermi che vi trattano come oggetti che voi siete persone. Siete donne, fatevi trattare come tali: non lottate per essere trattate come uomini, lottate per essere trattate da donne. Perché noi non siamo come gli uomini, noi siamo diverse; come mai, sennò, saremmo due generi diversi? La donna è indispensabile alla sopravvivenza del genere umano, senza di noi l’essere umano si sarebbe estinto alla prima generazione. Siamo indispensabili, è vero, ma non dobbiamo sentirci superiori rispetto all’uomo: anche senza di lui non avremmo avuto futuro. Entrambi abbiamo compiti diversi, ma senza l’altro nessuno dei due sopravviverebbe.

Mi rivolgo anche voi che siete state abusate. Non abbiate paura di denunciare quello che è successo. Non vergognatevi. E se quel verme, o quei vermi, che hanno fatto su di voi qualcosa che non volevate, vi dicono che nessuno vi crederà, oppure che faranno del male alla vostra famiglia, non credetegli. Raccontate ciò che vi hanno fatto a qualcuno, non tenete il segreto dentro di voi. Ma più di tutto andate dalla polizia: denunciate ciò che vi è successo, per far sì che colui che ha abusato di voi la paghi. Non dico di vendicarsi, se lo faceste vi comportereste proprio come lui. Io dico di farlo mettere in prigione, per fargli capire la gravità di ciò che ha fatto. Se questo succede, però, non sentitevi vittime. Mai fare la parte della vittima, perché in questo modo lui ha raggiunto il suo scopo: ti ha fatta sentire inferiore e quindi debole e, di conseguenza, sottomettibile un’altra volta. Facciamo capire a questi uomini che abusano di noi che non ci abbassiamo. Facciamogli capire che noi siamo esseri umani, con sentimenti e emozioni. Quando qualcuno si avvicina, non abbiate paura a urlare. Fatelo con tutta la forza che potete. Gridate, per far sì che qualcun altro vi possa sentire e aiutare. Se neanche gridare funziona, allora iniziate a usare gli arti. Tirate calci, pugni, sberle. E se non funziona usate i denti: fate tutto ciò che è nelle vostre capacità per far sì che nessuno vi tocchi senza il vostro consenso.

Il corpo è sacro, è la cosa più intima che possiede una persona: non deve essere maneggiato a piacere. Io dico NO, a questa violenza. Io mi oppongo ai costanti sfruttamenti che le donne devono subire. Diciamo NO, a questi uomini che trattano le donne come oggetti di propria proprietà. Non è possibile che, nel ventunesimo secolo, le ragazze della mia età debbano avere paura a girare da sole perché non si sa mai che qualche uomo possa far loro del male.

Ma soprattutto mi rivolgo a tutte quelle donne che subiscono violenza in casa, a tutte voi che venite sfruttate o, ancora peggio, picchiate dai vostri mariti. Non è così che si deve comportare un uomo con la propria moglie. Un uomo deve rendere felice la propria donna, farla sentire importante: farle capire che lui, senza lei, non potrebbe essere la stessa persona; lui, senza lei, non riuscirebbe a vivere felice. Perché è questo che si prova quando si ama una persona e si è amati: non si può fare a meno di quella persona. Mi piacerebbe che tutte le donne avessero la forza di dire NO. Di rifiutarsi, di fronte a certe situazioni. Di avere la forza di stare da sole, piuttosto che stare con uomo che ti fa stare male. Di avere la forza di non sposare un uomo a cui non si vuole bene solo per far felice la famiglia.

Se le donne avessero un po’ di autostima in più le cose potrebbero cambiare, potrebbero non farsi più trattare come stracci da cucina. So che può non sembrare semplice, ma c’è sempre qualcuno pronto ad aiutare le persone, soprattutto le donne in difficoltà, e spero che, in futuro, aumentino sempre di più. Spero che da questa mia lettera tutte voi troviate il coraggio di ribellarvi e che queste mie poche parole possano farvi capire cosa è veramente importante.

Viola Ghitti, 2 A Scientifico

 

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Un racconto dal futuro

Posted by admin On Aprile - 10 - 2020 Commenti disabilitati su Un racconto dal futuro

“Mi chiamo Farah. Ho sedici anni e frequento il terzo anno di scuola specializzata. Corre il 2400, il primo anno del venticinquesimo secolo. Io sono nata nel 2384, l’anno dei cambiamenti. Ovviamente non sono vissuta negli anni prima, ma ho visto gli ologrammi dei miei genitori ed era una vita migliore, a parer mio. Prima di quell’anno si poteva uscire tranquillamente di casa. Le persone potevano passeggiare, con la mascherina per non respirare l’aria inquinata, ma si poteva uscire. Nel 2384, invece, le Nazioni Unite hanno capito che l’inquinamento era troppo alto e il tasso di mortalità stava superando il limite massimo. Se non avessero imposto leggi che vietavano di respirare l’aria inquinata, la popolazione non sarebbe sopravvissuta e l’uomo sarebbe solo un ricordo, come le galline, le mucche e i maiali. Gli altri animali sono sopravvissuti, ma in minima parte. Vivono in ambienti protetti, le galline si sono estinte definitivamente nel 2287. In quegli anni l’inquinamento era a livelli inimmaginabili, perché sono stati i famosi anni del progresso. Si è iniziato a viaggiare tra galassie grazie alla scoperta della velocità di curvatura e quindi si sono sviluppate molte fabbriche per la costruzione delle navicelle e dei razzi. Quando le galline si sono estinte c’è stata un grandissima crisi. La gente mangiava le uova di gallina e quando non ci sono più state non sapevano cosa fare. Gli scienziati del gusto le hanno prodotte artificialmente, ma costava troppo, così dopo pochi mesi è cessata. Si sono sostituite con le uova d’oca, che mangiamo anche oggi. A me non piacciono molto, ma mamma le usa per cucinare i dolci oppure per impannare la carne di cavallo.

Vent’anni dopo, cioè nel 2307, si sono estinte le mucche. La scomparsa dei bovini è stata meno grave, perché la carne di mucca era poco diffusa. Il problema più grande è stato il latte. Tutti lo bevevano e da un momento all’altro non c’era più. Si è iniziato a promuovere il latte di capra, che bevo anche io tutte le mattine. Qualche anno più tardi si sono estinti anche i maiali. Questa è stato l’estinzione che si è sentita di meno a livello mondiale. La sua carne si mangiava solo in Europa, dove è stata sostituita con quella di cavallo.

Nel 2384 sono stati costruite le strade sotterranee. Ogni abitazione ha l’ascensore che scende di circa duecento metri e raggiunge la metropolitana o le strade. È così che i miei genitori vanno al lavoro e io a scuola. Le leggi impongono anche che si può stare fuori dalla propria abitazione dalle 8 alle 21. Se qualcuno non è in casa prima o dopo quegli orari viene arrestato.                                                                                             La scuola inizia alle 8,30. Quando studiavano i miei genitori la scuola era diversa. Ma anche l’istruzione, come molte altre cose, è stata rivoluzionata nel 2384. In quell’anno il governo ha deciso che gli alunni non avrebbero più studiato tutte le materie scolastiche. Ovvero, lo avrebbero fatto in  minima parte fino a dodici anni, avrebbero sostenuto un test e da quel momento sarebbero stati istruiti e specializzati sono in alcune materie in un certo campo. Per questo la scuola per i ragazzi dai dodici ai vent’anni si chiama Scuola Specializzata. Per gli altri si chiama Generica: quando la si frequenta si sta in dormitori con i propri compagni e si torna a casa solo nel fine settimana. Così si ha più tempo per studiare, mentre quando si torna a casa si può stare tranquillamente con i genitori.

Quando si frequenta la Specializzata, invece, si torna a casa ogni giorno per passare tempo con i propri genitori, perché quando si termina ci viene assegnato un lavoro e non si sa se si rivedranno mai più i propri genitori: l’impiego potrebbe essere su un altro pianeta o in un’altra galassia.

La Scuola Specializzata ha quattro diverse specializzazioni. Magistrale è la scuola che prepara i futuri professori ed è a numero chiuso: ogni anno prendono quattro nuovi ragazzi. Scientifica prepara i futuri scienziati: per accedere bisogna superare un test difficilissimo, ma nonostante questo molti ragazzi ne fanno parte. Ingegneria prepara gli ingegneri: è la specializzazione più diffusa, perché chi non ha doti speciali diventa ingegnere, data l’ampia richiesta. L’ultima specializzazione è quella che faccio io, Aeronautica. È un lavoro molto richiesto al giorno d’oggi, ma non sono tanti gli iscritti perché chi fa questo lavoro si sposta in continuazione.

La mia scuola è molto accogliente. Si sviluppa su cinque piani: al primo ci sono i vari ascensori, la bacheca con gli avvisi e le macchinette che controllano se siamo presenti. Si tratta delle macchine Misura Impronta: bisogna inserirci il braccio fino a far visionare il tatuaggio personale, in modo da registrare la nostra presenza. Ogni bambino, quando nasce, viene marchiato con un segno, diverso tra tutti, per essere riconosciuto. Mia mamma mi ha spiegato che il mio tatuaggio simula le onde del mare, che io non ho mai visto. Al secondo piano della scuola ci sono i simulatori dei razzi: qui ci esercitiamo per quando toccherà a noi pilotarne uno. È molto complicato, soprattutto quando si aziona il motore di curvatura perché la velocità supera quella della luce. Al terzo piano ci sono le aule dove studiamo con gli ologrammi dei professori: ognuno di noi ha il proprio banco, di colore blu, sul quale prende appunti ed esegue gli esercizi che i professori dettano. Prendiamo appunti su schermi di colore nero, che poi possiamo portare a casa per studiare la lezione. I banchi sono piccoli, dato che siamo tanti ragazzi.

Le aule sono cinque, come le materie: ogni materia ha una sua aula per essere attrezzata al meglio. La materia che mi piace di più è Astrofisica: studiamo le distanze nello spazio e calcoli e algoritmi che fanno sì che possiamo esplorarlo. La classe è verde, con schermi alle pareti che illustrano le principali formule della materia.  Quella che odio, invece, è Chimica: studiare la composizione degli altri pianeti è noiosissimo. Anche l’aula non è molto accogliente: è rossa, il colore che mi piace di meno, e dipinta con i pianeti del sistema solare.

Studiamo anche Matematica, che mi piace abbastanza, dato che ultimamente stiamo facendo le funzioni e non mi piacciono molto. Ai muri della classe ci sono schermi sui quali appaiono gli esercizi che dobbiamo svolgere. Un’altra materia importante che studiamo sono le Lingue Antiche: ora sulla Terra parliamo tutti la stessa lingua, ma una volta non era così. Mi chiedo spesso come facessero a comunicare tra di loro gli antichi. Studiamo questa materia perché a bordo dei razzi le scritte sono nelle lingue antiche, dato che gli scienziati non hanno mai smesso di usarle. Per stare in tema l’aula è attrezzata di piccoli dizionari di ogni lingua antica e dipinta con scritte in diverse lingue. Dell’ultima materia non ho mai capito l’importanza: si tratta di Meccanica e Progettazione. Se ci sono gli Ingegneri che progettano i razzi, perché dovremmo studiare anche noi questa materia? Nonostante non capisca l’importanza, la materia mi piace, come anche l’aula: ci sono molti motori in miniatura, che mi piacciono da impazzire.

Al quarto piano c’è la palestra dove facciamo gli allenamenti. Dato che noi saremo i futuri astronauti dobbiamo essere pronti fisicamente per gli sforzi che dovremo sopportare, perciò ogni giorno ci alleniamo duramente tre ore. Il professore prepara un piano giornaliero per ognuno di noi, che dobbiamo seguire alla lettera. All’ultimo piano c’è il planetario: ci andiamo per studiare le stelle e i pianeti. È un’attività che mi fa impazzire, soprattutto perché il planetario è dotato di poltrone su cui sdraiarsi e in questo modo abbiamo piccoli attimi in cui rilassarci. A scuola non ci sono i veri professori, abbiamo i loro ologrammi, perché in questo modo possono trasmettere in tante scuole, in modo che una minima parte della popolazione venga impiegata in questo lavoro. Ogni Scuola Specializzata, ovviamente, ha professori diversi. I nostri sono otto, uno per ogni attività che svolgiamo.

Ogni Scuola Specializzata deve organizzare delle uscite d’istruzione, per mostrare ai ragazzi quello che imparano a scuola. Il primo anno siamo andati a vedere una base di lancio dei razzi spaziali. L’anno scorso siamo andati a bordo di un razzo e gli istruttori ci hanno fatto vedere come si aziona e come va pilotato. Noi pensavamo di saperlo fare, dato che a scuola ci esercitiamo con i simulatori, ma non è la stessa cosa. Quando sei lì, a bordo, devi avere la mente lucida e ragionare intelligentemente, sennò potrebbe finire male. Tra il terzo, il quarto e il quinto anno c’è un’unica gita: andare in missione a bordo di un razzo, con gli astronauti. Le classi vengono divise in gruppi di quattro persone e, un mese alla volta, vengono mandati nello spazio. Il mio gruppo è stato scelto per primo.

Ed è proprio dal razzo che vi sto parlando. Oggi è il ventesimo giorno che siamo nello spazio, tra cinque giorni faremo ritorno sulla Terra. Prima della partenza abbiamo passato due settimane nel centro di addestramento. La prima è stata la più intensa: ogni mattina ci svegliavano alle cinque, ci vestivamo, facevamo colazione e andavamo in palestra. Qui rimanevamo fino all’una, quando avevamo mezz’ora per pranzare. All’una e mezza dovevamo essere di nuovo in palestra, dove ci allenavamo fino alle sette di sera, quando andavamo a cena e poi in camera a dormire. La settimana successiva abbiamo fatto gli esami psicologici: volevano testare se eravamo pronti per stare venticinque giorni nello spazio, sapendo di essere fuori da tutto e lontano da tutti. I test sono stati divertentissimi, questo ha mostrato che io sono veramente portata per diventare un’astronauta. Il test più divertente è stato il primo: hanno rinchiuso ognuno di noi quattro in una stanza diversa, dove ci hanno lasciato da soli. Avevamo una brocca di acqua da mezzo litro e due barrette proteiche: dovevamo resistere dodici ore cercando di usare al meglio le provviste che avevamo. Il secondo giorno ci hanno fatto fare la stessa cosa, ma eravamo tutti insieme, con la stessa quantità di cibo. Volevano capire chi dei quattro aveva lo spirito da leader e chi invece sarebbe stato controllato. Come pensavo, sono stata io il leader e Jonathan, Luca e Aisha, i miei compagni, hanno seguito i miei ordini alla lettera. Al termine delle dodici ore avevamo ancora un po’ di acqua, questo sta a significare che ho fatto bene il mio lavoro.

Finalmente il giorno tanto atteso è arrivato: il giorno della partenza. Ero emozionatissima, non stavo più nella pelle. Quella notte non sono riuscita a dormire, così sono stata sveglia ad ammirare le stelle e i pianeti, immaginando quali avremmo visto da vicino o visitato.

Quando siamo saliti a bordo del razzo ci siamo seduti, abbiamo allacciato le cinture e poi è partito il conto alla rovescia. In quel momento dentro di me è scattato qualcosa: tutto il mio corpo è diventato inaspettatamente calmo. C’è stata una scossa gigantesca e ho sentito caldo. Fino ai confini dall’atmosfera abbiamo viaggiato lentamente, poi il capo spedizione ha attivato la velocità di curvatura e tutto è cambiato. Il mio corpo si è ancorato al sedile, come se ci fosse una colla super potente che mi teneva attaccata. Fuori dai finestrini tutto è diventato blu e dopo un po’ verde. Ero felice, soddisfatta e soprattutto piena di energie. Sentivo la pancia vuota, come quando si va sulle montagne russe, ma mi piaceva. Dopo poco abbiamo spento la velocità di curvatura, perché stavamo per atterrare su un satellite. Non siamo scesi dal razzo, siamo rimasti a bordo e abbiamo osservato la superficie. Era grigia, piena di crateri. Il giorno che mi è piaciuto di più è stato il terzo: siamo usciti dalla nostra galassia e abbiamo visto la Via Lattea: è bellissima. Abbiamo capito qual era il braccio di Orione, ma è stato impossibile individuare la Terra.

Il viaggio nello spazio è una cosa che, secondo me, tutti dovrebbero provare almeno una volta nella vita, perché noi sulla Terra ci crediamo importanti, ma non è vero. Quando si è nel nulla e si vede la vastità di quello che ci circonda si capisce che è impossibile essere gli unici esseri viventi. Anche se non sono ancora stati scoperti altri segni di vita si scopriranno, perché è ovvio che ci siano. Sono contentissima del lavoro che farò da grande e soprattutto di essermi avventurata in quest’esperienza che ricorderò per sempre, perché tornerò ancora nello spazio, ma la prima volta non si dimentica mai.”

Viola Ghitti, 2 A Scientifico

 

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Ezio Bosso, incontro con la musica

Posted by admin On Aprile - 10 - 2020 Commenti disabilitati su Ezio Bosso, incontro con la musica

Una vita dedicata alla musica e poi puff… l’inizio di una malattia neuro degenerativa che rende sofferenza la tua più grande passione, il tuo grande amore.

È questa la storia di Ezio Bosso, quarantottenne Torinese, noto pianista e direttore d’orchestra. Nella sua vita ha collaborato con le più grandi orchestre a livello internazionale. Sul suo curriculum compaiono voci come primo direttore d’orchestra sinfonica RAI, svariati dischi incisi da solista e migliaia di concerti in tutto il mondo alle spalle.

Si presenta alla conferenza, nella sede di Cremona Fiere durante la “Festa della Musica”, sulla sedia a rotelle che lo contraddistingue, accompagnato da sua madre e dal suo cagnolino, con un abbigliamento che lo fa sembrare un metallaro anni ’70: jeans rotti, giacca di pelle e guanti da biker con centinaia di borchie sono solo alcuni degli elementi particolari della personalità di questo direttore d’orchestra dall’immenso carisma.

Una persona molto difficile e dura con se stessa, determinata a non arrendersi alla sua malattia, ma consapevole che prima o poi ne sarà totalmente succube. Apre la conferenza con una frase piuttosto particolare e al tempo stesso struggente, accompagnata da un filo di rabbia e da parecchie lacrime: “Io non suono più, ma non è che non suono perché non voglio, non suono perché non posso. Aldilà del dolore fisico che provo quando trasformo le note in suoni, quel che mi fa più male è che io sia considerato solo per la malattia che ho e non per la mia bravura. La gente viene ai miei concerti e si commuove per come suono solo perché ci sono io che sto male, questa è la verità, e non mi va di essere uno spettacolo commovente in quanto triste. Ho altro da dare alla musica, è troppo il mio rispetto verso di lei. Ed è proprio in questa occasione, per il motivo appena spiegato, che voglio implorare tutte le trasmissioni televisive a non invitarmi più a suonare. Se davvero mi volete bene non fatelo”.

L’applauso in sala dopo la sua affermazione sarebbe stato degno di una prima della Scala ed Ezio, in breve tempo, rientra in se stesso e ha portato avanti la conferenza, che trattava della musica per pianoforte di Beethoven e dei suoi impegni da direttore. “Chiedermi quale sia il mio compositore preferito sarebbe come chiedere a un bambino piccolo quale dei due genitori preferisce. È una risposta impossibile per me da dare. Posso solo dire che l’autore che più mi ha dato in termini di ispirazione musicale e al quale mi aggrappo nei momenti di difficoltà è Ludwig van. Beethoven, senza alcun dubbio”.

Dopo un’ora e mezza di monologo, piena di passione ed eseguito con non poca difficoltà a causa della malattia che non gli permette di parlare correttamente, arriva il momento della premiazione. Ricevutolo dal direttore di Rai Tre, Ezio solleva il premio televisivo, a testimonianza che anche in televisione il mondo della musica classica riesce ad attirare l’attenzione dei più facendo record di share.

L’umore di Ezio però rimane alto per poco tempo. Appena svanita l’effimera felicità dovuta al momento della premiazione ritorna a parlare di quanto detesti parlare in pubblico. È seduto su una sedia di plastica ed è molto nervoso. Essendo neuro diverso, sul suo volto i segni del nervosismo si percepiscono a prima vista. Smorfie continue che sembrano quasi tic rovinano il suo volto. Arriva poi il momento delle domande: Ezio è teso, dice che non sopporta questo tipo di cose.

Non riesco a fare a meno però di porgli un quesito. Quando alzo la mano per fare la domanda lui mi guarda, con uno sguardo che era un misto fra ansia e nervoso. Decide comunque di ascoltarmi, è una persona molto disponibile. Soltanto quando capisce che la mia è semplicemente una curiosità puramente teorica riguardante il minuetto 21 in C maggiore del grande Beethoven un sorriso compare sul suo volto. Si aspettava che gli chiedessi della sua malattia e di com’è cambiato il suo modo di suonare nel corso del tempo. Mi risponde felicissimo e con l’entusiasmo tipico di chi ama ciò che fa.

Terminata la conferenza mi fermo nella sala assieme ad Ezio e  Mario Caroli, noto flautista a livello mondiale, con il quale condivido un legame di parentela, e aiuto il pianista a rimettersi sulla sedia a rotelle. Sono le 13, la fame è tanta. Assieme a Caroli e Bosso mi reco al ristorante ed è proprio in questo luogo che conosco la parte più umana del pianista. Una vita guidata da un fantastico pensiero filosofico che lo rende la persona che è.

Nonostante la grande sfortuna, dice di essere felicissimo della sua vita, estremamente ricca di soddisfazioni e di emozioni. Ricorda i tempi in cui la malattia non era altro che un brutto pensiero che non lo riguardava, quando portava i capelli lunghi e poteva permettersi di fare ore e ore di concerti da solista o da direttore. “Qualsiasi cosa possa accadere al mio corpo non potrà mai fermare la mia sete di musica. Non smetterò mai di vivere della sua essenza, cambierà solo il modo in cui la faccio. Questa è una promessa.”

Federico Martini, 5 A Scientifico

 

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Il flop economico

Posted by admin On Aprile - 10 - 2020 Commenti disabilitati su Il flop economico

La crisi attuale non è una crisi di passaggio: riguarda non solo il mercato dei titoli di borsa, ma il mercato globale. Tanti la paragonano alla crisi del ’29, detta la grande depressione: non hanno tutti i torti, perché come detto questa crisi non riguarda solo la borsa ma tutto il mercato di produzione; e gli effetti della crisi del ’29 durarono fino al decennio successivo, tanto che all’inizio della seconda guerra mondiale l’America era appena uscita quasi totalmente da questa grande crisi.

Come la grande depressione, anche questa crisi di oggi è scoppiata a New York, più precisamente a Wall Street subito dopo il fallimento della banca americana multimilionaria Lehman & Brothers. Il suo fallimento fece crollare il mercato azionario, le borse di tutto il mondo caddero in poco tempo grazie alla globalizzazione e a causa della connessione tra i mercati finanziari internazionali, quindi le sue ripercussioni si avvertirono molto velocemente in tutto il globo. Quanto basta per temere un lungo periodo di crisi e quindi di recessione economica, il che significa sacrifici e difficoltà economiche per miliardi di persone e milioni di famiglie.

Anche l’Italia è stata colpita da questa crisi? Ebbene la risposta è sì, anche se siamo riuscita ad “attutire il colpo” paradossalmente proprio grazie alla nostra arretratezza economica: ma questo solo nel settore degli investimenti in borsa, dove in Italia le banche sono i “sovrani”, altrettanto non si può dire nel settore delle piccole, medie imprese, dove il lavoro è sceso notevolmente e in certi casi anche sparito totalmente.

Le crisi nel mondo non sono una cosa nuova, ma si ripetono continuamente; sono in qualsiasi forma, sia finanziare che non, ma torniamo sulla retta via: ogni crisi ha una soluzione, e grazie al progetto New Deal, emanato dal presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt si è riuscito a “ridurre i danni” della grande depressione.

Per la crisi del 2008 non è mai stato attivato un vero piano di recupero su scala globale dei paesi colpiti da codesta crisi, ma ogni paese ha dovuto adottare alcune proprie “misure” per cercare di ristabilire l’economia interna.

Gli effetti di questa devastante crisi segneranno una cicatrice incancellabile dall’economia moderna.

Xavier Salvini, 2 C Tecnico

 

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Formule E, guida sporca ma green

Posted by admin On Aprile - 10 - 2020 Commenti disabilitati su Formule E, guida sporca ma green

Da anni lo sviluppo di automobili stradali deriva dall’esperienza nelle corse automobilistiche delle case produttrici: pensiamo come un’utilitaria del giorno d’oggi sia molto più veloce di un’auto da Formula 1 degli anni Cinquanta.

Oggi nel mondo delle auto da corsa si tentano di sviluppare soprattutto l’aerodinamica e la tecnologia ibrida: le massime categorie, come le LMP 1 (Le Mans Prototype, le auto da corsa endurance) e le Formula 1, utilizzano motori classici a combustibile solitamente turbo alimentati abbinati a motori elettrici. Lo scopo non è solo lo sviluppo di una tecnologia che permetta di sfruttare energia elettrica ed energia generata dalla combustione, ma trovare un modo di diminuire al minimo la dispersione di energia e aumentarne il recupero.

Per quanto riguarda lo sfruttamento dei motori elettrici nelle automobili, un campionato in particolare sta studiando profondamente l’implemento della sola energia elettrica: la Formula E.

Questo campionato rientra nei campionati Formula, ovvero monoposto a guida centrale dalle ruote scoperte. L’idea nasce nel 2011, quando il presidente della FIA Jean Todt propone di creare una categoria dedicate solo alle automobili elettriche che dovevano correre in circuiti cittadini. Nel 2012 l’ex pilota di Formula 1 Luca di Grassi diventa primo pilota collaudatore. Qualche mese dopo vengono ordinate ben 42 autovetture. Dopo numerosi test viene finalmente dato il via al primo campionato, nella stagione 2014-2015. Nella prima stagione le vetture erano tutte identiche tra loro, ma a partire dalla seconda stagione cambio, motore e inverter vengono fabbricati dai team stessi, differenziando così le varie monoposto.

Il “weekend” di gara si svolge in linea di massima in realtà in una sola giornata, per ridurre al minimo l’impatto sulla città, ma alcune volte sono necessari fino a due giorni. Le gare hanno una durata di 45 minuti, a cui va sommato un giro allo scadere del tempo.

Le autovetture hanno una potenza di 200 kW, tranne per alcuni piloti privilegiati dal FanBoost o che utilizzano l’Attack Mode. Il FanBoost è un aumento di kW che viene dato ai cinque piloti più votati online dai fans mentre l’Attack Mode è una modalità che permette ai piloti di incrementare la potenza della loro vettura di 25 kW, attraversando una zona della pista fuori traiettoria.

Molti spettatori di motorsport screditano questa categoria per la sua natura elettrica. Personalmente penso che la categoria sia coinvolgente come la “classe regina”, la Formula 1: nel campionato di Formula E i piloti hanno uno stile di guida molto particolare, oserei dire “sporco”, che porta a numerosi scontri tra le autovetture che rendono imprevedibile e eccitante ogni corsa; quei 45 minuti di corsa sono più esaltanti ed emozionanti di molte corse di Formula 1, anche se non si tifa un team o un pilota in particolare. Inoltre, in questo periodo nel quale tutti sono attenti alla salvaguardia dell’ambiente, guardare una di queste gare può essere un piacere anche per un’attivista come Greta Thunberg, no?

Alessandro Donina, 4 A Scientifico

 

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Di Giminiani, una vita per la Scuola

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su Di Giminiani, una vita per la Scuola

Ormai quest’anno festeggia i suoi sessantacinque anni il professor Giuseppe Di Giminiani, fondatore e attualmente dirigente scolastico di ben due scuole, una a Bergamo e una a Grottammare (provincia di Ascoli Piceno), che è anche il suo paese d’origine.

Si presenta come un uomo alto, leggermente in sovrappeso, ma con un carattere forte e deciso, dettato dagli ormai trent’anni di insegnamento. Incuriosito dalla sua storia, ho provato a chiedere direttamente all’interessato curiosità di cui forse, e sottolineo forse, non tutti sono a conoscenza. Ecco cosa ne è risultato.

Perché ha pensato di aprire la scuola?

Perché ho capito che l’organizzazione scolastica stava subendo un cambiamento: non vi erano più i sistemi educativi dei miei tempi, gli insegnanti non erano più quelli di una volta e volevo creare un complesso in cui ci fossero sia insegnanti di un certo spessore che affidabilità sulla preparazione data, perché poter scegliere gli insegnanti e valutarne le competenze credo sia un obbiettivo raggiungibile e raggiunto.

Quindi crede che la scuola di oggi ormai non sia più valida?

Non dico questo, soltanto che le scuole non sono più quelle di un tempo.

E riguardo alla scuola di Grottammare?

Questa di Bergamo ormai ha la sua tradizione trentennale, quella di Grottammare ha dieci anni, ma anche lì si iniziano a raccogliere i frutti. Quest’anno ci sono stati cento iscritti nelle varie classi, quindi significa che il significato delle scuole medie soprattutto ha raggiunto la gente. Comunque su tutti i tre ordini d’istruzione abbiamo avuto un “boom” di iscrizioni

Cosa pensa dell’andamento della scuola in generale?

Ormai le famiglie sono troppo protettive, ma sono contento perché i ragazzi hanno capito che per frequentare la scuola bisogna rispettare le regole ed essere disciplinati.

Secondo lei, riferendomi a Grottammare, questa scuola piace?

Chiaro, la scuola si sta facendo un nome, sicuramente non come il Locatelli di Bergamo, che ha ormai 30 anni, ma è un buon risultato.

Ha altri progetti in serbo?

Il mio progetto attuale è aprire una scuola media, quindi poi si vedrà; ad ogni modo mi piacerebbe aprire anche una scuola elementare.

Quindi se le medie dovessero procedere bene progetterà anche la scuola elementare?

È chiaro, forse tra qualche anno. Perché penso che l’istruzione, come quella di Grottammare, funzioni molto di più se cominci a crescere il ragazzo dalla scuola primaria in avanti.

Cosa pensa invece del convitto?

Il convitto, o meglio  collegio, c’è sempre stato in Italia e lo reputo un metodo di prestigio; chiaramente non ci sono più quelli gestiti dagli organi ecclesiastici, comunque penso che sia necessario soprattutto per il cambiamento delle famiglie, che si sono allargate, divise, e questo porta molti squilibri in famiglia che il convitto cerca di risolvere offrendo ai ragazzi un ambiente sicuro. Ai miei tempi le famiglie separate erano rarissime, come mosche bianche, ora il 50 per cento delle famiglie è separato e il resto.. non ne parliamo…

Si occupa di altro oltre che della scuola?

Ho dedicato tutta la mia vita alla scuola, quasi ventiquattro ore al giorno: prima facevo anche un po’ di sport, ma ora niente. La scuola è stata l’obbiettivo principale della mia vita, sono anche arrivato a trascurare la famiglia perché passavo tutto il giorno a scuola e non si può essere onnipresenti; per fortuna i miei ragazzi sono cresciuti bene grazie alla madre, con grandi valori e con grandi virtù. Entrambi si sono realizzati. Il mio prossimo obbiettivo è diventare nonno.

Roberto Scalvini, 2 A Scientifico

 

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Intervista al Corriere dell’Aeronautico

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su Intervista al Corriere dell’Aeronautico

Otto anni di scrittura sono arrivati, con questo numero del Corriere dell’Aeronautico, al termine: ventidue numeri del giornale scolastico (il primo anno è uscito un solo numero, il nostro numero zero potremmo dire), cresciuti poco per volta. E a questo traguardo, festeggiato con 11 premi a livello nazionale, abbiamo voluto dedicare un’intervista speciale alle nostre pagine preferite.

Caro Corriere dell’Aeronautico, eccoci qui: compi otto anni, 22 uscite. Un bel risultato.

Certo, certo. Ma io punto a raddoppiare, a triplicare e, perché no, anche di più.

Non è un progetto un po’ ambizioso?

Certo che lo è, ma si deve sempre puntare a traguardi ambiziosi e dare il massimo per raggiungerli. Poi la vita decide per noi, certo, e tante volte ci si deve fermare, ma l’importante è guardare avanti, inseguire il sogno.

E tu il sogno lo insegui.

Non solo lo inseguo: gli do la caccia! Pensa solo a quanto sono cresciuto negli anni. Quando sono nato ero quasi un giocattolo: poche pagine, giusto una manciata, e per di più in formato minuscolo. Quattro pagine stavano comode su un foglio A4, in fronte retro. Oggi quelle pagine son o grandi un po’ più del doppio e ne ho venti.

Non c’è che dire, i tuoi numeri parlano da soli.

Non sono solo i numeri a parlare: guarda anche i nomi. Sulle mie pagine trovi decine di nomi diversi di studenti: del Tecnico, dello Scientifico, del Coreutico. Mi manca ancora il Quadriennale, ma è solo agli inizi, ho buone speranze!. Alcuni nomi sono tornati spesso, alcuni solo una volta, ma tutti hanno lasciato un’impronta speciale sulla mia carta.

È vero. E a proposito parliamo dei testi: temi ricorrenti? Più importanti? Come li scegli?

Non li scelgo. Chi scrive decide di cosa vuol parlarmi: esperienze, pensieri, riflessioni, attualità, racconti, giochi di parole. Oggi sono in italiano, inglese e (poco, ancora troppo poco) spagnolo, qualche anno fa c’era pure una specie di latino. Temi importanti? I miei scrittori e le loro emozioni.

E i premi? Una bella soddisfazione.

Undici in quattro anni: tre con l’Ordine dei Giornalisti, quattro a “Giornalista per 1 giorno”, con Alboscuole, due con “Penne Sconosciute” e due col concorso “Il Miglior Giornalino Scolastico” di Manocalzati (Avellino). Soddisfazioni? Sì: vogliono dire che sono letto, che i miei scrittori convincono. Vogliono dire soprattutto che cresco e che i miei scrittori maturano. Che qualcuno crede in me.

Un desiderio?

Scrivete! Sempre, tanto.

 

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Coreutico: Grand Soirée de la Dance

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su Coreutico: Grand Soirée de la Dance

The last few months are very intense for the Liceo Coreutico because they are full of rehearsals in preparation of the two shows dated May 17th and May 28th. First of all, in order to create a show that includes all the studied dance styles, it is necessary to agree on a very precise schedule. With the artistic director Carla Fracci, the dance technique teachers have chosen to divide the show in two parts, respectively: Suite by Don Quixote of classic dance and character dance and Vivaldi’s Overture for contemporary dance choreographies. 

Don Quixote is one of the most famous ballet and character dance, it is studied and realized in the major theatres by the most prestigious companies. The plot is based on the Spanish novel written by Miguel de Cervantes, Don Quixote of La Mancha, and it tells the story of a rich man, Gamache, who tries in vain to marry the beautiful Kitri in love with Basilio. Kitri and Basilio decide to escape and organize a party in a cave, where, however, Kitri’s father manages to find them. Basilio pretends to be on his deathbed and he wants to marry Kitri as his last wish. Her father, moved by the boy’s condition, decides to agree, but once the two are married, Basilio gets up again, proud of his deception, and everyone celebrates dancing.

Vivaldi’s Overture was conceived and created by  Mrs. Ottolenghi on Vivaldi symphonies, it begins with the choreography “Primavera d’autunno” which serves as an introduction to the four seasons. Its peculiarity is to have colours games because of the costumes; it expresses joy and harmonic movements developed as to create a varied and serene environment. “Primavera”, performed by 2ALC wants to express lightness, delicacy, rebirth through the colours of the wide skirts they wear, symbol of spring.  “Estate” performed by 5LC at the conclusion of the fifth school years is rich of energy, descents and climbs, falls and recoveries, jumps, in perfect synchrony.

“Autunno” is interpreted by 3ALC and 4ALC and it is made of jumps, continuous movements and gestures, motions suspended just like the falling leaves, floating. Finally “Inverno” dance by the entire Liceo Coreutico which concludes the picture as a sort of summary of the previous seasons. This piece has the peculiarity of containing moments where movements and gestures have been invented by the students; it is a set of sensations and emotions that escape early.

Preparing a show so vast and important is not simple, it requires a lot of constant study, extra hours to find perfection, months of commitment and concentration, as well as team spirit! We hope to show you all this, we invite you to our shows on May 17 at the Casino of San Pellegrino Terme and on May 28 at the Creberg Theatre.

Romina Benvenuti, 5 A Coreutico

 

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UN: alternanza negli States e in Italia

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su UN: alternanza negli States e in Italia

Anche quest’anno la nostra scuola ha avviato il programma di alternanza scuola-lavoro con United Network e i progetti proposti, questa volta, sono molteplici, sia internazionali  che su suolo nazionale.

Le esperienze fatte quest’anno sono state differenti da quelle dell’anno scorso, con progetti più impegnativi per i “Senior Delegates”, mentre per gli altri è stato possibile fare nuove esperienze. Questi progetti infatti sono poco conosciuti sul territorio nazionale e sono ancora oggi esperienze un po’ di nicchia in Europa: proprio per questo, mostrano come la nostra scuola, da sempre attenta anche alla formazione extrascolastica degli allievi, sia un polo d’avanguardia, tanto da essere la scuola di riferimento nella bergamasca dell’associazione che le organizza.

I delegati recatisi New York (classi terze e quarte), hanno vissuto esperienze che li hanno introdotti al mondo della diplomazia e delle relazioni internazionali, mentre i ragazzi andati a San Francisco (classi quarte e quinte) hanno avuto anche la possibilità di vivere in stretto contatto con ragazze e ragazzi di culture diverse e hanno potuto scambiare con loro opinioni e idee sugli argomenti più disparati. Alcuni ragazzi, che hanno preferito rimanere in Italia, hanno potuto vivere comunque esperienze stimolanti e formative, che hanno ottenuto l’obiettivo di portare i partecipanti a interrogarsi su tematiche anche mai affrontate prima.

La vita di commissione, ovunque, ha fatto vivere a tutti noi momenti di allegria insieme a molti altri studenti di tutto il mondo e ci ha fatto crescere, dimostrandoci che il rapporto con persone di altre culture è sempre formativo e sviluppa in noi uno spirito critico vero.

Guido Pedone, 5 B Scientifico

 

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A lezione con Bankitalia

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su A lezione con Bankitalia

Il 15 marzo 2019 le classi 1 A liceo scientifico quadriennale e 3 A tecnico hanno partecipato a una conferenza tenuta dalla  dottoressa Sansonetti e dai dottori Della Paolera e Betti, funzionari della Banca d’Italia, sulla moneta, la sua storia e il suo sviluppo.

I relatori hanno parlato della storia della moneta, che deriva dall’arte del baratto, cioè la cessione di una merce in cambio di un’altra. Oltre alla difficoltà di incontrare qualcuno in possesso del bene desiderato, che accettasse di cederlo in cambio del bene offerto, non tutte le merci potevano essere trasportate e conservate a lungo; da qui l’esigenza di semplificare i rapporti e le operazioni di scambio introducendo uno strumento di pagamento alternativo: la moneta appunto. Le prime forme di moneta erano particolari merci: generalmente veniva usato il bestiame, largamente disponibile e necessario per soddisfare le esigenze alimentari. Il bestiame, in latino “pecus”, da cui pecunia, fu per molto tempo “moneta naturale” o pre-moneta e l’unità pre-monetaria era quindi il capo di bestiame, il “caput”, da cui deriva la parola capitale.

Poi arrivarono le monete costituite da metalli preziosi, da cui derivarono poi le banconote, nome derivato dalle cosiddette “note del banco”, che dichiaravano l’entità dei valori lasciati in deposito dagli orafi e che contenevano la promessa della loro restituzione. Questo sistema di pagamento nel tempo diede vita all’attività degli orafi-banchieri e ai vari strumenti di credito, che annullavano i rischi e i costi del trasporto del metallo prezioso. Questo nuovo sistema di pagamento risultò efficiente e comodo e la ‘cartamoneta’ divenne la principale forma di pagamento.

La società si è ulteriormente evoluta, sono nate la banche e dal 1 gennaio 2002  l’euro ha sostituito in 12 Stati membri dell’Unione Europea le rispettive valute nazionali. Le banconote che circolano nei paesi aderenti all’euro sono emesse dalle singole Banche Centrali Nazionali (BCN) su indicazioni della BCE (Banca Centrale Europea). Le BCN hanno il compito di produrre e gestire le banconote, tutelarne l’integrità, di promuovere la ricerca e la sicurezza dei materiali di produzione, di conservarle evitando il logoramento e  di contrastare la falsificazione.

Le banconote in euro sono dotate di caratteristiche di sicurezza che aiutano i cittadini a verificarne immediatamente l’autenticità. Toccandole si potranno verificare gli elementi in rilievo; guardandole in controluce sarà possibile vedere il filo di sicurezza che le attraversa, il disegno del portale o della finestra e, nella nuova serie, anche il volto di Europa (dea greca alla quale UE si è ispirata), oltre al numero, che ne rappresenta il valore, riprodotto in filigrana sulla banda bianca. Sulle banconote è, inoltre, presente la cifra che produce l’effetto di una luce che si sposta in senso verticale passando dal verde smeraldo al blu scuro.

Il 2 maggio 2013 nell’Eurozona è stata introdotta la seconda serie di banconote denominata “Europa”: la BCE ha deciso di escludere la banconota da 500 dalla nuova serie e la grafica è stata curata da Reinhold Gersetter.

Oltre alla moneta cartacea, esistono altri strumenti di pagamento, come gli assegni, i bonifici bancari, gli addebiti diretti SEPA, carte di credito, debito o prepagate.

I ragazzi delle due classi sono rimasti molto soddisfatti della conferenza, perché hanno approfondito le loro conoscenze; inoltre a ogni alunno è stato dato un libretto intitolato “La moneta” in modo da poter rileggere e ripassare in ogni momento le nozioni acquisite.

Laila Benkhalqui, 3 A Tecnico

 

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Gita a Firenze, per imparare divertendosi

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su Gita a Firenze, per imparare divertendosi

Le gite scolastiche sono da sempre lo strumento educativo più apprezzato dagli studenti. Gli insegnanti e i giovani considerano però queste uscite in maniera diversa, proprio per il ruolo che hanno nella comunità scolastica: per i primi è parte integrante del programma di studi, per i secondi un momento di svago. In realtà la gita è momento di socializzazione e apprendimento insieme, un raccogliere informazioni reso più gradevole dalla lontananza dai banchi.

Il 27 febbraio le seconde dell’Istituto Aeronautico Locatelli sono andate in gita in Toscana. A Firenze subito ho sentito una sensazione di curiosità per questa città che non avevo mai visitato, ma su cui avevo molte aspettative per i racconti di chi già c’era stato.

L’hotel era proprio nel centro di questa città così affascinante, che mi ha catturato subito con i suoi negozi e la frenesia dei turisti. La gita si è aperta con una buona pizza in piazza Signoria con le amiche e i turisti che, come noi, iniziavano a visitare e gironzolare per le vie medievali. Poi abbiamo camminato molto, visto molti negozi e cominciato ad assaporare la città, mentre la sera abbiamo gustato piatti tipici.

Il giorno dopo abbiamo raggiunto la base militare di Pisa. Ci hanno fatto vedere un video molto interessante sulla storia della 46ª Brigata Aerea, di stanza lì, poi ci hanno portato alla pista dove siamo saliti nella cabina di pilotaggio di un C-130, un aereo da trasporto militare. Nel pomeriggio abbiamo visitato Pisa e la famosissima piazza dei Miracoli, con la sua torre pendente, mentre il terzo giorno, al mattino, abbiamo visitato bellissimi luoghi di Firenze come piazza Repubblica, Loggia del Porcellino, i palazzi Strozzi, Medici e Pitti e molti altri monumenti; il pomeriggio è stato dedicato allo shopping.

Ultima tappa Lucca, dove mi hanno particolarmente colpito le antiche e gigantesche mura, costruite a scopo difensivo, ma oggi luogo per rilassarsi e godersi momenti di pace e relax proprio come quelle di Bergamo Alta, costruite dai veneziani.

Risultato? In questa bellissima gita ho ammirato l’immenso patrimonio artistico della Toscana, ma anche trascorso con amici e compagni momenti di divertimento e spensieratezza, consolidando quelle amicizie che non hanno il tempo di essere approfondite sui banchi di scuola.

Anna Dossena, 2 A Scientifico

 

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A caccia di droga con le Fiamme Gialle

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su A caccia di droga con le Fiamme Gialle

A febbraio noi ragazzi di prima siamo andati in gita a Genova: è stata un’uscita inaspettata. Il nostro professore di diritto informatico, colonnello Leone Piccinni, è comandante della Guardia di Finanza della città e ha deciso di portarci a vedere L’esito di un’operazione: ci era stato detto che saremmo andati a “vedere la cocaina”. Non eravamo, quindi, molto emozionati, perché pensavamo: “È cocaina, cosa ci sarà di bello?”, e invece la giornata è stata interessante e istruttiva.

Il primo fatto interessante è stato che, dal casello autostradale alla caserma, siamo stati scortati dalle auto della Finanza. C’è stata una conferenza, dove ci hanno spiegato in breve cosa fanno le Fiamme Gialle e poi dell’indagine, uno dei più grandi sequestri di droga in Italia: quasi 650 chili di cocaina.

La cocaina sequestrata si trovava in caserma e abbiamo potuto vederla: 582 panetti impilati uno sopra l’altro, che coprivano una parte della parete.

Nel pomeriggio siamo andati al porto, dove la squadra Cinofili, con i cani, ha messo in atto una posto di blocco delle auto. Prima di iniziare a fermarle, ci hanno spiegato come funziona il loro lavoro e, soprattutto, cosa fanno e come vengono addestrati i cani. Lì ce n’era solo uno, ma i cani possono avere tre diverse specializzazioni: cani che cercano droga, che cercano tabacco e quelli che cercano denaro.

Noi ci siamo messi da parte e sono iniziati i controlli: nelle prime vetture controlli di routine, senza esiti. Poi il cane ha sentito qualcosa di sospetto e ha iniziato a cercare: i proprietari negavano la, presenza di droga, ma i cinofili, con una sonda con telecamera, hanno trovato un pacchettino sospetto in una presa d’aria sotto il volante. All’interno marijuana. Il conducente è stato arrestato e la sua compagna portata in caserma.

Siamo tutti rimasti affascinati da quello che era successo, perché non succede tutti i giorni di veder arrestare qualcuno. Mi è piaciuta da impazzire quella parte della giornata, perché è stato emozionante vedere come funziona la giustizia.

Viola Ghitti, 1 A Scientifico

 

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Diario di viaggio d’uno studente in gita

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su Diario di viaggio d’uno studente in gita

“Trieste ha un cuore italiano, ha braccia slave e una tavola imbandita venuta dall’Austria” (A. Cazzullo)

Domenica: Redipuglia Noi alunni abbiamo raggiunto il Monte Sei Busi e visitato la Dolina dei Bersaglieri. Il tragitto era caratterizzato da una vegetazione aspra e secca, per via delle rocce calcaree tipiche del carso. La dolina era sede di un posto di primo soccorso del quale si possono visitare i resti, attraversando vari camminamenti costruiti dai soldati nel corso della I Guerra Mondiale e poi restaurati dai volontari di Sentieri di Pace. Talvolta è ancora possibile ritrovare proiettili tra i vari camminamenti. Dopodiché ci siamo spostati al Sacrario dei Centomila, inaugurato il 18 settembre 1938 e costruito per onorare il sacrificio e custodire i corpi di circa 100mila soldati caduti tra il colle dei Sei Busi e il colle di Sant’Elia. La struttura è composta da tre livelli, allegoria della discesa dell’esercito guidato dal proprio comandante dal cielo, per percorrere la Via Eroica. Nel livello più vicino al cielo vi sono tre croci che richiamano la crocifissione di Cristo e dei due ladri.

Aquileia: oggi piccola cittadina, ieri importante porto fluviale romano. Qui sono resti di abitazioni del periodo repubblicano di Roma con parti di mosaici decorativi pavimentali, pozzi e tubazioni, ma la visita è ruotata all’interno del centro storico e principalmente attorno alla Basilica di Santa Maria Assunta, i cui resti più antichi risalgono al IV secolo. L’attuale basilica fu costruita nell’XI secolo e ristrutturata nel XIII, quando è stato terminato il campanile.

Lunedì: Base aeronautica di Rivolto L’appuntamento con la pattuglia acrobatica nazionale era alle 8,30. Ma il tempo inclemente ci ha regalato un primato non voluto: siamo stati l’unico gruppo, da quattro anni a oggi, a non poter assistere all’esibizione dei piloti, soprattutto per le forti e improvvise raffiche di vento e la scarsa visibilità. Nonostante la pioggia e tutto il resto ci è stata mostrata l’area di manutenzione degli aeromobili, spiegando poi i vari tipi di intervento svolti su di essi. In una sala riunioni ci sono state indicate e spiegate le attività che la P.A.N. compie, dalle manifestazioni alle opere di beneficenza. Abbiamo lasciato la base a mezzogiorno, destinazione piazza principale di Trieste, pizzeria.

Trieste: doveva essere una camminata guidata di tre ore, ma il meteo ha colpito ancora, costringendoci a stare in bus. Girando per i quartieri di Trieste abbiamo conosciuto la storia di una città che ha molto da raccontare e dai tanti volti. Abbiamo terminato con la visita alla Basilica di San Giusto, l’edificio cattolico più importante di Trieste. Ciò che m’ha più colpito di questa cattedrale sono le decorazioni con la tecnica del mosaico bizantino.

Martedì: sentiero Rilke e foiba di Basovizza Abbiamo iniziato la giornata dal sentiero più bello e suggestivo del golfo di Trieste, quello che collega i paesi di Sistiana e Duino: ci ha regalato magnifiche vedute, nonostante il tempo ostile e ci ha condotti in un bunker costruito nel corso della I Guerra Mondiale e riutilizzato nella II, composto da due sezioni principali delle quali una si affaccia sul mare, come fosse un balcone. Prima di raggiungere poi la foiba di Basovizza abbiamo fatto una breve escursione alle risorgive del Timavo, un fiume che percorre ben 40 km sottoterra e 90 km totali per tutto il Carso, sfociando vicino Trieste. Poi abbiamo raggiunto la foiba di Basovizza, monumento nazionale. Qui furono gettati numerosi corpi di persone considerate potenzialmente pericolose per i partigiani jugoslavi: la foiba è ricoperta da un blocco di Corten, un acciaio che sembra arrugginito. Nello stesso luogo c’è un blocco di pietra con 97 nomi di militari uccisi dagli jugoslavi.

Risiera di san Sabba: dopo la foiba abbiamo raggiunto un gruppo di edifici costruiti nel 1913, che in origine venivano usati per la pilatura del riso, ma diventati poi un campo di concentramento ed eliminazione durante la II Guerra Mondiale. Qui venivano deportati nemici politici, partigiani e ebrei. Non aveva quelle che vengono comunemente chiamate docce, ma una specie di forno crematorio, originariamente un impianto a caldaia che dava energia al complesso.

Mercoledì: Castello di Miramare Ultima tappa del viaggio d’istruzione: un magnifico castello in stile barocco, costruito tra il 1856 e il 1860 come residenza di Massimiliano d’Asburgo e della moglie Carlotta. Bisogna fare una premessa: Massimiliano era innamorato del mare e delle navi, ed entrò a far parte della marina asburgica come ammiraglio; era però anche appassionato di botanica. Lì, sul golfo di Trieste, univa perfettamente le sue passioni: bonificata la zona, ha dato vita a un giardino di circa 22 ettari dove ha fatto crescere molte piante anche d’Oltreoceano, conosciute durante i suoi viaggi con la nave Novara, ricreata all’interno del castello che, al piano terra, ricorda una nave da esplorazione, dettaglio per dettaglio. Invece il piano superiore, terminato quando stava per diventare imperatore del Messico, è più sfarzoso e ha come colori principali il rosso (potere) e l’oro degli ornamenti (ricchezza). Ciò che m’è rimasto più impresso sono sicuramente i paesaggi che si vedono dalla residenza, dal mare al magnifico parco.

E così è terminata la gita, con una tappa – mondana questa – in un outlet vicino Venezia e un ringraziamento ai prof Valentino Savoldi e Veronica Lattaruli, alle guide e, ultimo ma non meno importante, all’autista “Gianpy”.

Stefano Macchia, 3 A Scientifico

 

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Riflessioni sulla Storia d’oggi

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su Riflessioni sulla Storia d’oggi

In questi anni, in cui ho avuto modo di affrontare e approfondire diversi argomenti storici, ho maturato varie riflessioni sulla Storia e sulla sua concezione. Gli amanti della storia, prima di immergersi nelle ricerche di fatti e avvenimenti, dovrebbero soffermarsi su quale sia il suo valore, la sua importanza per la società, e il suo potere.

Molti di noi, infatti, vedono la storia come un semplice esercizio mnemonico, dove è necessario sapere e ricordare una quantità smisurata di dati inutili, in quanto si tratta di avvenimenti del passato, coperti ormai dalla polvere dei decenni e dei secoli. Queste persone, che nostro malgrado sono molte, cadono in un grave errore e permettono, con la loro indifferenza, il proliferare di tutta una serie di ideologie basate su manipolazioni e distorsioni della Storia.

Si dice spesso, ricordando i latini, che “Historia magistra vitæ” (a storia è maestra di vita). Anche se è teoricamente corretto, in quanto la storia dovrebbe permettere agli uomini di non commettere più gli stessi errori, non esiste probabilmente una frase che descriva una falsità maggiore.

La storia non ha mai insegnato nulla all’uomo, che è sempre guidato da quelle forze che lo animano fin dalla sua comparsa. Si è alla continua ricerca di nuovi sistemi bellici, quando di guerre e massacri ce ne sono stati per migliaia di anni: il più forte cerca sempre di dominare il più debole, vi è una perenne lotta per il potere, l’influenza e la cultura. L’unica cosa che varia è l’equilibrio delle forze, che oscilla e passa nel corso dei secoli in mano a varie popolazioni ed etnie.

Riflettendo su quale debba essere il valore della storia, bisogna evidenziare la funzione che essa ha nella nostra società. Da ormai diversi secoli la storia viene vista come la narrazione, rigorosa e dettagliata, degli eventi del passato. Questa concezione, in contrapposizione con quella degli antichi, per i quali la storia era un’opera di alta eloquenza a scopo morale, comporta sia vantaggi sia, in certi casi, gravi svantaggi.

Aspetto di prima importanza, e sicuramente positivo, dell’attuale metodo di fare storia è la tendenza a basarla su fatti concreti e certi, eliminando tutta una serie di aspetti soggettivi. Si tratta però di un’arma a doppio taglio, in quanto diventa facile manipolare determinati aspetti storici. È infatti evidente, soprattutto nella storia nel XX secolo, la presenza di varie versioni su uno stesso argomento, tutte comunque allo stesso modo esposte e basate su fatti e testimonianze. Poiché non possiamo discernere con precisione quali siano gli elementi reali da quelli invece “inventati”, siamo costretti a farci guidare dagli studiosi e dagli storici che dedicano la loro vita allo studio di aspetti del nostro passato.

Anche loro però possono cadere in errore in quanto, per certe questioni, la loro ricerca è ostacolata da stereotipi, segreti nascosti negli archivi delle nazioni o, perfino, andati perduti. Emerge quindi chiara la problematica che riguarda la storia contemporanea, e soprattutto quella del secolo scorso. È infatti assurdo che non vi sia una versione condivisa della storia, ma che esistano, a proposito di certi argomenti, versioni completamente discordanti e in certi casi che affermino due cose opposte.

Sarebbe necessario riscrivere la storia di certi periodi da un punto vista imparziale e ridare al mondo una versione corretta e più dettagliata di alcuni aspetti avvolti ancora in un alone di mistero. Questo però potrebbe causare una grave crisi morale, etica e politica, perché verrebbero messe in luce anche le menzogne che, con anni di divulgazione, sono state accettate come realtà.

Se in questo periodo di crisi vogliamo ritrovare un’unità nazionale e internazionale dobbiamo necessariamente attuare un’opera di revisione della Storia e dare al mondo una visione chiara, limpida e provata dei fatti veramente accaduti. Solo facendo ciò potremo creare una società più unita e stabile.

Riccardo Bernocchi, 5 B Scientifico

 

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Donne: protagoniste o comparse?

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su Donne: protagoniste o comparse?

Nella storia dell’umanità la donna ha sempre ricoperto un ruolo minore rispetto all’uomo: vengono insegnati nomi di grandi re, imperatori, condottieri, ma delle donne si parla ben poco. Ciò perché le società erano costruite intorno agli uomini che riservavano alle donne solo l’accudimento dei figli e della casa. Ma i fatti ci dicono che non sempre è stato così, e che alcune donne sono riuscite a emergere.

L’esempio più lampante è forse Cleopatra, la regina egizia che portò l’impero d’Egitto alla sua fine, grazie a un’alleanza con il romano Marco Antonio, e che venne sconfitta nella battaglia di Azio nel 31 a.C.

Un’altra donna degna di nota è stata Giovanna d’Arco che, durante la guerra dei Cent’anni, ha radunato i francesi rimasti per far fronte agli inglesi, finendo catturata e arsa viva da questi ultimi. Ma la lista non si ferma qui. Nel corso dei secoli si sono susseguite regine, come ad esempio Elisabetta I e Vittoria, scienziate come Marie Curie che nel 1903 ha vinto il premio Nobel per la fisica grazie alla scoperta delle radiazioni e nel 1911 ha vinto quello per la chimica grazie alla sua scoperta del radio e del polonio.

Un’altra donna che ha rivoluzionato la scienza è stata Rita Levi Montalcini, che nel 1951 ha scoperto il fattore di crescita nervoso, una proteina che permette la crescita e la differenziazione delle cellule nervose sensoriali e simpatiche, e per questo ha vinto il Nobel per la medicina nel 1986.

Nella moda troviamo Coco Chanel, che ha iniziato la sua carriera vendendo cappelli da lei disegnati e finendo per rivoluzionare l’intero concetto di eleganza e stile, mentre nella letteratura, una donna degna di nota è stata Jane Austen, che già alla fine del 1700 con i suoi romanzi (Orgoglio e pregiudizio, Emma, Ragione e sentimento) è stata la prima ad affrontare determinate tematiche che sono trattate tutt’oggi. Nel campo dell’aeronautica troviamo invece Amelia Earhart, la prima donna pilota che ha sorvolato in solitaria l’Atlantico e il Pacifico, e che ha avuto un ruolo decisivo nella fondazione di un’organizzazione di donne pilota, “The Ninety Nines”.

Sono solo alcune delle donne più celebri che hanno contribuito a creare la società in cui viviamo, ma, secondo me, la figura femminile non ha ancora acquisito la parità dei ruoli, nonostante dal 1946, con l’estensione del suffragio, la sua posizione nella vita politica italiana sia pari a quella dell’uomo. Nel mondo, infatti, la donna viene ancora vista come “inferiore” all’uomo, indipendentemente dalle leggi che la tutelano, perché lei per prima non si considera alla sua altezza e spesso si svilisce per ottenere consensi o adeguarsi alle circostanze, soprattutto nei paesi più sviluppati.

Rachele Franzini, 2 A Scientifico

 

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L’uomo schiavo delle “cose”

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su L’uomo schiavo delle “cose”

“Nella lotta selvaggia per l’esistenza cerchiamo di avere qualcosa di durevole e perciò ci riempiamo la mente di cose inutili e fatti sperando stupidamente di mantenere la nostra posizione. L’uomo che sa tutto: ecco l’ideale moderno”. Ritrae così Oscar Wilde l’uomo che vive il Decadentismo, ma nonostante più di un centinaio d’anni ci separino, quella che ha dato in “Il ritratto di Dorian Gray” è anche la definizione dell’uomo contemporaneo.

L’unica differenza è che l’ideale moderno è un altro. L’uomo che ha tutto. Il possesso e il consumo sono la nostra massima aspirazione. Ormai nessuno può fare a meno di comprare tutto.

“Vedi la televisione, è tutta lì la questione: guarda, ascolta, inginocchiati, prega. La pubblicità. Non produciamo più niente, non serviamo più a niente, è tutto automatizzato; che cosa ci stiamo a fare allora, siamo dei consumatori Jim. Ok, ok, compri un sacco di roba da bravo cittadino, però se non la compri che cosa succede, se non la compri che cosa sei, ti chiedo, che cosa? Un malato mentale”.

Ventitré anni fa era già iniziato questo consumismo: nel film “L’esercito delle 12 scimmie” c’è questa riflessione. Ma per quanto possiamo dire che sia sbagliato pensare solo al costo delle cose e non al loro valore, siamo anche noi schiavi delle cose.

Tutti facciamo parte della società, del sistema: siamo tutti uguali. Tutti abbiamo una televisione, un telefono, un’auto, e non ne possiamo fare a meno. È stato reso tutto più facile, ci è tutto dovuto, troviamo tutto al supermercato. Siamo tutti pigri.

E ci spaventa chi vive scomodamente, lottando tutti i giorni per vivere o semplicemente non ha un’auto o un telefono. Quindi lo riteniamo strano o matto. Perché quel matto non è integrato nella società, perché non gira con un cellulare in tasca.

Nessuno ci può fare niente, si va avanti si aspetta che qualcun’altro inventi qualche altra cosa inutile, utile alla nostra inutilità. Non riusciamo a distaccarci dalle cose.

Cosa succederebbe se tutto, improvvisamente, la smettesse di funzionare e i supermercati scomparissero insieme a tutta la nostra comodità?

Eleonora Arfini, 2 A Scientifico

 

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Conflitti dimenticati e ipocrisia

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su Conflitti dimenticati e ipocrisia

Ci sono conflitti che hanno segnato il destino degli uomini; ci vengono insegnati, raccontati e vengono commemorati, come le due Guerre Mondiali. Ci sono guerre, però, che sono state dimenticate e che passano inosservate ogni giorno.

Sono scontri in corso ora, di cui nessuno parla, nemmeno i nostri adorati mezzi di comunicazione di massa. Sembrano realtà molto lontane dalla nostra, eppure, secondo i dati raccolti nel 2016, dei 67 stati attualmente impegnati in guerre nove sono Europei. Anche l’Africa, che è molto vicina a noi, è piena di scontri violenti. In effetti il continente africano è proprio il più bellicoso: sono infatti 29 gli stati oggi impegnati in scontri. Tra loro Egitto, Libia, Nigeria, Congo, Somalia. Nelle Americhe sono sei i Paesi interessati, tra cui Venezuela, Brasile, Colombia e Messico. In Asia invece sono 23. In totale il numero di milizie-guerriglieri e gruppi terroristi-separatisti-anarchici coinvolti arriva a 800.

Sono numerosi i fattori che comporta una guerra: terrorismo, fame, paura, morti silenziose… Il silenzio: deve fare più male di una pallottola nel cuore. Anche se i Paesi coinvolti in conflitti sono tanti e alcuni importanti e conosciuti, i mass media non si esprimono: mai un articolo o un servizio.

La verità è che i “forgotten conflicts” non importano alle grandi potenze poiché non sono direttamente coinvolte e perché la maggior parte di questi stati non hanno importanti risorse. È scandaloso che nel XXI secolo questo rimanga un argomento tabù. Incredibile la disinformazione. Incredibile che oggi esistano ricorrenze come “la giornata Mondiale della Pace”; dobbiamo ammetterlo: la nostra è ipocrisia, ignoranza, sovrumana indifferenza, altro che Pax Romana.

Ma è mai esistita una società non ipocrita? Da sempre l’uomo è così, soprattutto quello potente, cui è riservato il podio nella scala sociale. Si cura solamente del danaro e del suo benessere. Il mondo non è mai cambiato e anche ora, lontano dai nostri occhi e dalle nostre videocamere, c’è qualcosa che non sappiamo – e vogliamo – immaginare: morti, fame e povertà. Eppure anche noi ci siamo passati. Questo però è per noi un ricordo troppo lontano, lontano quanto i Paesi che tutt’ora stanno lottando per la pace.

Camilla Shnitsar, 2 A Scientifico

 

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Aphasia, when you lose your words

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su Aphasia, when you lose your words

The video I would like to review is Aphasia: the disorder that makes you lose your words created by Susan Wortman-Jutt and published by Ted-Ed videos. This video speaks about a little-known language disorder named Aphasia. It can impair all aspects of communication. Anyone can suffer with Aphasia, including children. It is usually caused by a stroke or brain injury with damage to one or more parts of the brain that deal with language.

People with Aphasia do not lose their intelligence. They know what they want to say, but they express themselves in incorrect ways. There are two types of Aphasia: expressive Aphasia (non-fluent) and receptive Aphasia (fluent). People with expressive Aphasia know what to say but they aren’t able to expose it to others.

On the other hand, people affected by receptive Aphasia hear what the interlocutor says but they have difficulty comprehending the speech of others. The human brain has two hemispheres. In 1861, the physician Paul Broca discovered that in most people, the left hemisphere governs language.

Thanks to the postmortem study of a patient’s brain, he discovered a large lesion in the left hemisphere now known as Broca’s area, which is responsible in part for naming objects and coordinating the muscles involved in speech. Behind this area is the Wernicke’s area: responsible for understanding the language.

Fortunately there are other areas that support these two language centres, because Aphasia is caused by injury to one or both of these specialized language areas.

Treatment for someone with aphasia depends on factors such as: age, cause of brain injury, type of aphasia and the position and the size of the brain’s lesion.

I would recommend this video to everyone because everybody should know what Aphasia is. Despite Aphasia is widespread, nobody knows it.

It is very important to know this disease, because if everyone knows it, everyone can help aphasia’s sufferers. In this way aphasia’s sufferers will not be isolated and they will be able to improve themselves.

Elvira Bellicini, 4 A Scientifico

 

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Schiavi: Perito balistico per curiosità

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su Schiavi: Perito balistico per curiosità

Il generale Romano Schiavi, 88 anni, di Rodengo Saiano (Brescia): militare, docente, esperto di armi ed esplosivi, perfino campione del mondo e recordman di tiro con armi d’epoca a Versailles e due volte campione italiano. L’ultimo suo ruolo, però, quello per cui ancora oggi è spesso consultato ed è la sua ragione di vita, è quello del perito balistico. Abbiamo fatto con lui una lunga chiacchierata ed ecco cosa ci ha raccontato.

La cosa più importante – ci ha spiegato – per un perito balistico, non è solo conoscere bene la balistica interna (cioè lo studio del tratto di un proiettile all’interno dell’arma), la balistica esterna (vale a dire lo studio del tratto che il proiettile compie invece all’esterno dell’arma) e la balistica terminale (che è lo studio dell’impatto e di cosa accade dopo al proiettile), ma anche la meccanica in generale, il tipo di munizioni (da cui si riesce a ricavare la tipologia di arma), e lo studio degli armamenti. Infatti il proiettile di un certo tipo di arma si riconosce attraverso la rigatura, che è tracciata nella canna (e che quindi si trasferisce sulla pallottola) per evitare deviazioni di traiettoria o addirittura che il proiettile ruoti su se stesso come una pallina. Si può anche riconoscere grazie alla percussione del proiettile su un qualsiasi corpo.

Il generale Romano Schiavi, basandosi sulle sue esperienze come perito, ricorda il caso delle bombe sul Lago di Garda avvenuto nel 1999: in quell’occasione si era verificato lo sgancio di sei ordigni, a causa della mancanza di carburante, da parte di un F15 statunitense di ritorno da una missione nel Kosovo, dirottato in fase di atterraggio verso l’aeroporto di Ghedi (provincia di Brescia) invece che alla base aeronautica di Aviano (provincia di Pordenone), dove la pista era interrotta.

Il generale era stato chiamato d’urgenza a causa del potenziale pericolo di contaminazione da raggi gamma, potendo essere necessaria la sospensione della balneazione e navigazione nel lago. Tramite le prime indagini svolte e con le informazioni del pilota del caccia americano, aveva saputo che quelle sei bombe erano di due specie: le prime tre a guida radar e le altre a “grappolo”.

Queste ultime bombe erano conosciute molto bene dal generale Schiavi, per via di un bombardamento che aveva ferito il padre durante la II Guerra Mondiale. Si riuscì anche a individuare la posizione delle bombe, ma le indagini si prolungarono per due anni: nel frattempo le montagne di fango presenti sul fondale non avevano permesso un’ispezione accurata e le unità di ricerca americane si erano dovute ritirare, dirottate in Afghanistan. Gli ordigni, quindi, non furono mai trovati.

Tra le centinaia di perizie o consulenze affidate al generale anche quelle sul caso del “Mostro” di Firenze, dove, riprendendo gli accertamenti tralasciati dai colleghi, Romano Schiavi permise di raggiungere la conclusione che non si fosse trattato di un singolo criminale ma di almeno due: questo grazie all’identificazione, tramite i proiettili e la polvere da sparo, di diverse armi appartenenti a diverse epoche.

Anche la perizia della strage di Piazza Loggia a Brescia è un’importante tappa del generale Schiavi: aveva affrontato la questione del colore del fumo dopo l’esplosione, molto discussa tra i testimoni e periti, e la sua ipotesi – che si trattasse di colore bianco – risultò quella corretta.

Ha trattato anche i casi dell’esplosione del padiglione Cattani all’ospedale di Parma, la strage di Torchiera di Pontevico (Brescia), dove era stata massacrata un’intera famiglia.

Nella sua carriera si è occupato di circa 150 casi di omicidio, lavorando anche per l’allora sostituto procuratore della Repubblica, poi giudice, Giovanni Falcone (ucciso in un attentato con la moglie e la sua scorta a Capaci il 23 maggio 1992) e occupandosi anche di morti eccellenti, tra cui fra cui l’uccisione del prefetto di Palermo generale Carlo Alberto Dalla Chiesa (Palermo, 3 settembre 1982).

Ancora oggi resta uno dei migliori periti balistici d’Italia, conosciuto anche in ambito internazionale.

“Sono arrivato a questo grazie alla mia curiosità”, ha spiegato Romano Schiavi, raccontando di come prese coscienza delle proprie potenzialità. Prima con gli studi militari, abbinati alla balistica, in seguito il comando di un reggimento di artiglieria per arrivare al comando dell’ex Arsenale di Brescia, come responsabile della manutenzione degli armamenti. Ai ragazzi eventualmente interessati al suo stesso ambito di studio (che spesso si collega all’Aeronautica), spiega durante il colloquio: “Se avete le doti e qualità per svolgere con passione un lavoro, sarete molto più felici e orgogliosi rispetto alle persone che, con frettolose consulenze, come capita, si “fanno” la Ferrari”.

Ancora oggi, nonostante l’età, il generale Romano Schiavi, viene chiamato per conferenze e manifestazioni. A lui un grazie per la grande disponibilità.

Alberto Julio Grassi, 1 A Scientifico

 

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We are on the Moon, 50 years later

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su We are on the Moon, 50 years later

It’s been 50 years since the first man touched the Moon surface on that day of 1969. Since then other missions succeeded in this task but, after 1972, no one ever touched our satellite again. On the 3 of January, at 2.26 UTC, a Chinese mission, code name Chang’e 4, landed in the Von Karman crater, located in the far side of the Moon. The lander had a special payload onboard: a miniature lander, some scientific equipment to collect samples and, above all, a life form. This time thou, its not a human being, but a bunch of cotton sprouts that, together with other seeds, insect eggs and yeast, were sealed in a 3 kg cylindrical container to recreate an earth like environment. The aim of this experiment was to create a biosphere with the plants producing oxygen to make life possible for the insects that would have produced carbon dioxide to create the photosynthesis. The results would have been pivotal to understand the effect of radiation and low gravity on an ecosystem. Furthermore, these experiments can be taken as a starting point to create an ecosystem during longer space exploration missions, even with human crew. 

These enormous achievements, however, have to wait because the experiment was stopped due to some technical problems. 213 hours after the landing, in fact, temperatures dropped to minus 52°C, because of the so called lunar night. The container, in fact, couldn’t withstand this kind of climate, so the heating system broke and lead to the death of the cotton plant that was growing inside it.

Despite this problem, Chinese scientists claim that the mission was a great success and that the amount of data collected are enough to give us a better understanding of how other life forms react in the harsh environment that is the space. The miniatured rover taken with the lander, also explored an area of the moon completely untouched by any other human vehicle till now and his data will help the next mission planned for this year. The Chinese national space administration (CNSA) claimed that after this success, another mission called Chang’e 5 will be launched this year.

The final aim of the Chinese is to bring a manned mission on the moon surface and possibly build an outpost for stable life on the moon within 2030s. These achievements are made even more astonishing if we think that our species learned to fly only a century ago. Nowadays the scientific discoveries are bringing the human kind to a level of advancement never seen before; we are almost ready to make the big leap anticipated by Armstrong himself. Interstellar travels are slowly becoming reality, and maybe we will soon be ready to cross the last frontier: space.

Matteo Bramati, 5 B Tecnico

 

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