Sunday, November 2, 2025

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Insegnamento a distanza, luci e ombre

Posted by admin On Agosto - 31 - 2021 Commenti disabilitati su Insegnamento a distanza, luci e ombre

Il Coronavirus ha cambiato, da alcuni mesi, la nostra vita quotidiana e anche il nostro modo di fare scuola, che ha dovuto essere reinventato mediante una forma chiamata DAD: didattica a distanza. È stato necessario attivarsi affinché a ogni alunno venisse garantito, anche in tempo di pandemia, il diritto allo studio.

La didattica a distanza consiste nell’effettuare lezioni via web, registrate o in diretta, da parte dei docenti verso gli alunni, ognuno nella propria abitazione. Questo per evitare assembramenti e rispettare le misure restrittive per prevenire i contagi. Questo nuovo modo di fare lezione ha evidenziato aspetti positivi e negativi da parte di entrambe le figure coinvolte.

Un aspetto positivo per tutti è stata la sicurezza, il non essere esposti a fonti di possibile contagio. Avere la possibilità di rimanere tra le mura domestiche, in un ambiente familiare e confortevole, senza dover soggiornare ad esempio in convitto, lontano da casa.

Un aspetto negativo invece è stata, ad esempio, la mancanza saltuaria di connessione a Internet, con la difficoltà a capire o farsi capire in caso di segnale debole o assente. Altro aspetto negativo, soprattutto, è stata poi l’impossibilità di stabilire un contatto umano tra le due parti, importantissimo per una relazione vera, per crescere e maturare come persone.

A volte, con la DAD, ci si trova a dover parlare e relazionarsi con il tablet, dove non tutti sono visibili. Per un professore, costretto a fare lezione a una classe senza sapere chi partecipi e chi no, deve essere frustrante. Un insegnante, senza avere il controllo diretto sui suoi studenti, non ha la certezza di quanto possano essere realmente preparati in caso di verifiche o interrogazioni.

La DAD ci ha però aiutato a mantenere il rispetto per gli orari, le regole per prendere la parola, a rimanere impegnati a fare qualcosa anche se costretti a stare in casa. Per i più sfortunati tuttavia, con fratelli e genitori impegnati su altri dispositivi, c’è stata la difficoltà aggiuntiva di trovare uno spazio in casa solo per sé, senza essere disturbati. Un altro punto debole è stata la difficoltà a mantenere a lungo l’attenzione. Rispetto a una lezione normale in presenza, è più difficile rimanere concentrati. È possibile inoltre che possano subentrare disturbi, sia negli studenti che negli insegnanti, dovuti a una sovraesposizione ai dispositivi, come mal di testa o disturbi alla vista.

La DAD è stata preziosa per trasmettere i contenuti delle diverse materie, ma fare scuola non significa solo imparare qualcosa: la scuola è un mondo fatto di gesti, risate, battute divertenti, condivisione di momenti come un pranzo, un intervallo, un viaggio in autobus. Tutte cose che potremo ricordare quando saremo grandi e che una DAD non potrà mai sostituire.

Lorenzo Cerretti, 2 A Tecnico

 

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Vaccinarsi è un dovere

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Vaccinarsi è un dovere

Oggi uno dei temi più ricorrenti nei telegiornali e sui giornali è il vaccino contro il Covid-19. Eppure, da alcuni anni, vi è una accesa battaglia sul fronte dei vaccini, poiché alcuni genitori non vogliono vaccinare i figli.

Per quanto il governo, tramite il decreto vaccini, abbia aumentato il numero di vaccinazioni obbligatorie portandole da 4 a 10, vi sono ancora infatti alcuni gruppi di persone che manifestano contro questa imposizione; tra di loro vi sono gruppi di genitori che si rifiutano, appunto, di far vaccinare i propri figli e non si accontentano di esprimere il loro dissenso solo a parole.

Questi gruppi vengono comunemente e generalmente chiamati “No Vax”: a favore della loro campagna e delle loro idee, i manifestanti presentano varie motivazioni, tra cui la presenza di materiale infettivo all’interno dei vaccini. Oltre a ciò, i No Vax  ritengono che molti bambini, che sono stati vaccinati, abbiano  poi avuto seri problemi di salute. Ovviamente c’è anche chi sostiene le numerose teorie complottistiche oppure chi crede che alcune malattie non siano affatto dannose oppure ancora che siano scomparse.

Parlando del Covid-19, la maggior parte delle persone spera in un vaccino, e possibilmente lo attende anche in tempi veloci, eppure anche per questa patologia alcuni sostengono che il virus non esista , che i vaccini non servano a nulla e, soprattutto, che la sperimentazione dei vaccini serva per inserire particelle che reagiscono con il 5G.

La maggior parte delle persone è per fortuna contraria a queste idee, ritenendo giusto vaccinare se stessi e anche i propri figli, poiché è il miglior modo che abbiamo per difenderci dalle malattie.

Se non si è vaccinati, anche le malattie che sembrano più banali possono arrivare a uccidere: e a questo molti non pensano affatto. Inoltre, proprio grazie alle vaccinazioni, alcune malattie possono essere debellate (come è successo con il vaiolo ad esempio, che tanti morti ha fatto). Soprattutto, oltre che a proteggere noi stessi, vaccinarsi ci permette di proteggere anche gli altri.

Per quanto mi riguarda, ritengo che sia corretto vaccinarsi, e credo che le motivazioni dei No Vax siano assolutamente campate in aria. Senza contare che non vi è alcuna prova che vi siano bambini la cui salute sia  stata danneggiata dai vaccini, ritengo che non vaccinarsi sia irrispettoso nei confronti delle altre persone, poiché in questo modo vengono esposte al rischio di essere contagiate.

Inoltre, se fosse vero che il Covid-19 non esiste, tutte le persone morte in questi mesi da chi o da cosa sarebbero state uccise? E, soprattutto, in che modo sarebbe stato possibile ottenere così tanti morti o portare a termine tanti omicidi senza essere scoperti? E ancora: per quale motivo si sarebbe dovuta creare questa messa in scena a livello globale? La spiegazione dei complottisti è semplice: arricchire le case farmaceutiche.

Allora io mi chiedo: se proprio è necessario, non sarebbe più semplice rilasciare un virus già conosciuto in una zona ristretta, in modo da avere già un vaccino collaudato e pronto da vendere? Come ho già detto, queste argomentazioni sono del tutto insensate e prive di logica. Secondo me tutti dovrebbero invece rispettare le leggi riguardanti i vaccini: vaccinandosi e facendo vaccinare i propri figli. Sicuramente rimarrà sempre chi si rifiuterà di seguire i consigli e le leggi, ma con un popolo completamente vaccinato penso che molti problemi sanitari che tuttora abbiamo scomparirebbero, e sarebbe meglio per tutti.

Diego Caloni, 2 A Tecnico

 

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Covid? A loss of million jobs

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Covid? A loss of million jobs

The severe decline in air traffic caused by the Covid-19 pandemic, followed by a slow recovery, will result in a loss of up to 46 million jobs normally supported by aviation worldwide: this is what emerges from new data of the field recently published from the Air Transport Action Group (Atag), an organization of experts of the field based in Geneva.

Under normal circumstances, aviation and tourism linked to it support 87.7 million jobs worldwide. Over 11 million seats are used by the sector itself: airlines, airports, civil aerospace manufacturers and air traffic management.

The near-total closure of the system for several months, and the hiccup reopening mean for the organization that air travel will not return to pre-Covid levels until 2024.

“With the expectation of seeing less than half of the passenger traffic this year compared to what we did in 2019, says the Executive Director of the Air Transport Action Group, We know that many jobs in air transport and the wider aviation industry are at risk. Some companies are already making tough decisions, with many colleagues affected by the recession”.

Stefano Macchia, 5 A Scientifico

 

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Storia di una rivolta mancata

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Storia di una rivolta mancata

14 giugno 3050 a.C.

da qualche parte nella remota terra di Sumer

Caro diario,

tutte le storia antiche sono scritte nelle stelle; incido questa, invece, su una tavola d’argilla e la dedico a te che mi ascolti sempre, a te che sei lo strumento più prezioso che possiedo, ma anche a tutti i posteri che verranno, perché possano rimembrare i tempi in cui noi scribi impugnavamo le redini della società.

Il nostro lavoro è sempre apparso, agli occhi del popolo, un lavoro semplice, destinato a coloro che non erano in grado di lavorare la terra come i contadini. Siamo spesso stati etichettati come i contenitori del grano delle nostre Ziggurat, siamo i ladri, i traditori… La nostra città è sempre stata una delle più deboli, i nobili e il sovrano nuotano nel lusso e nell’ozio, i miei colleghi scribi non portano mai a termine il loro lavoro come dovrebbero, tanto che a volte penso di essere l’unico con un po’ di buon senso.

Oggi, per esempio, io ed un mio collega, Kashir, avremmo dovuto riscuotere le tasse dal popolo ma, come sempre, lui non si è presentato e ho dovuto svolgere il lavoro anche al posto suo. Per ogni persona che passava, il mio senso di colpa aumentava, ogni shekels che riscuotevo era un pezzo di pane in meno per ogni uomo, donna, bambino.

Ogni persona che versava la tassa mi lanciava occhiatacce fulminanti, ma non solo, anche insulti; a volte occorreva l’intervento delle guardie perché certe discussioni sfociavano in veri e propri conflitti. Ero stufo ed esausto, non sopportavo più questa situazione, era il caso che qualcuno facesse qualcosa: la popolazione era stanca e di sicuro mi avrebbe appoggiato, ma avevo bisogno di un capo, così decisi di parlare con il sovrano. Avrei fatto un ultimo tentativo per cercare di farlo ragionare, così dopo aver assolto ai miei ultimi incarichi di contabilità, andai a parlargli.

Il sovrano non era molto sveglio e nemmeno molto intelligente, per questo credevo di avere una possibilità, ma mi sbagliavo: dopo mezz’ora di interminabili discorsi, il sovrano mi disse di smetterla con queste sciocchezze e di continuare con il mio lavoro e di non preoccuparmi di questi affari. Io rimasi spiazzato e disgustato dalle sue parole: egli sosteneva che il problema non fosse la nobiltà o lui stesso, ma del popolo che non riusciva a produrre più viveri.

Pensai che non c’era nessun’altra soluzione se non una rivolta: cercai in tutti i modi di farmi ascoltare, di farlo ragionare, ma lui non mi degnava nemmeno della sua attenzione, sembrava addirittura infastidito dalla mia presenza. Decisi di andarmene e di organizzare una rivolta, e in quel momento il popolo si divise in due parti: coloro che sostenevano il sovrano e ritenevano che la forza degli dei si sarebbe scagliata su di noi se avessimo provato a spodestarlo, e coloro che invece sostenevano la causa. Così la decisione fu presa: al calar del sole avremmo rovesciato il potere.

Ma le cose non andarono come previsto: una spia del sovrano scoprì il nostro piano e fece arrestare e giustiziare tutti gli oppositori. Ed eccoci arrivati alla fine della storia.

È così che il potere assoluto opera, censura e zittisce tutti coloro che si oppongo alla tirannia, ricorrendo al più brutale e ingiusto dei metodi, l’esecuzione. Per questo scrivo questa testimonianza, per far sentire la voce della ragione e dell’innocenza.

Intanto, aspetto paziente la fine della mia vita terrena e prego la dea della giustizia, affinché emetta la giusta sentenza.

Dacca Remus.

Vasil Georgiev Dimov, 1 A Quadriennale

 

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Caligola e Nerone: chi erano davvero?

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Caligola e Nerone: chi erano davvero?

Numerose sono le pagine che compongono il grande libro della Storia e ognuna di esse porta con sé le memorie di antiche popolazioni: i loro segreti, gli ideali che li muovevano, le ombre più buie della loro storia, le innovazioni che donarono alle generazioni successive e, soprattutto, le storie degli uomini che le guidarono attraverso i tortuosi sentieri del destino portandoli, per un motivo o per l’altro, a essere ricordati dai posteri.

In questo tomo ricolmo di verità e menzogne in egual misura, molte facciate sono occupate dal ricordo dell’impero più grande fra tutti: l’Impero Romano. Talmente esteso che sulle sue terre mai tramontava il Sole, grandioso quanto controverso, civilizzatore e oppressore al tempo stesso, talmente magnifico che gli Dei stessi non  osarono porvi limite in durata ed estensione.

Nel corso della sua lunga vita, al suo comando si susseguirono molti uomini degni di potersi fregiare del titolo di imperatore. Essi furono coloro che guidarono le legioni romane alla conquista di nuove terre, che eressero monumenti talmente eleganti e sontuosi da fare invidia alle costruzioni dell’Olimpo stesso, che permisero la fioritura delle arti, un fiore fino ad allora giovane e umile che crebbe a dismisura diventando raffinato e stupendo, tanto che le muse stesse lo usarono per adornare le fluenti chiome.

Ma a queste luminose figure si accostarono anche le tenebre di altri individui, vili e sanguinari, che passarono alla storia non per le grandi imprese ma per i comportamenti immorali, folli e cruenti che caratterizzarono il loro regno.

Fra costoro, due sono i nomi che portano con sé un alone di tenebra talmente scura e cupa che persino l’eterna notte dell’Ade impallidisce al loro confronto: Caligola e Nerone.

Basta udire il nome del primo perché nella nostra mente appaia l’immagine del Senato di Roma affollato di funzionari con gli occhi sgranati dallo stupore e lo sguardo fisso verso il centro della sala dove l’imperatore pone una corona d’alloro sul capo del proprio cavallo, nominandolo senatore al pari dei presenti.

Il nome del secondo evoca parimenti una scena inverosimile, ma ancora più brutale e scioccante della precedente: la notte illuminata a giorno dall’incendio che divora l’Urbe, le fiamme divampano e stringono nel loro mortale abbraccio monumenti, costruzioni, uomini… mentre su un colle, una losca figura avvolta dalle tenebre, ammira la catastrofe accompagnandola con la triste e cupa melodia della sua cetra, le cui note, diffondendosi nel cielo notturno, sembrano quasi incitar le fiamme a divampare ancor più violentemente.

Questo almeno è ciò che riportano le fonti filo-senatorie, le uniche disponibili dato che all’epoca gli unici in possesso delle capacità necessarie per scrivere e interpretare i fatti erano gli appartenenti alle classi aristocratiche, i quali oltretutto consideravano la produzione storiografica una naturale prosecuzione della carriera politica, laddove il sopraggiungere della vecchiaia impediva all’uomo di dedicarsi attivamente alla politica.

Tuttavia la realtà dei fatti è molto distante da ciò che abbiamo studiato attraverso le informazioni forniteci dal Senato.

Infatti basta pensare al nome dell’imperatore Caligola, il cui vero nome era Caio Giulio Cesare Germanico, per trovare una prova dell’amore che il popolo e l’esercito provavano per lui. Difatti “Caligola” era un amorevole soprannome affibbiatogli dai legionari delle truppe di Germania di cui suo padre era il comandante.  Siccome il piccolo Caio aveva trascorso la prima infanzia nel loro accampamento, era diventato la mascotte dello legionari ed essi vi si erano affezionati a tal punto da volerlo vestire come se fosse un piccolo soldato e dunque gli avevano fabbricato delle calzature militari (che in latino si chiamano caligae) in miniatura (caligulae sarebbe dunque il diminutivo)

Ancora prima di diventare imperatore Caligola affrontò numerosi lutti, tra cui quello del padre Germanico e dei fratelli maggiori, perciò passò gran parte della propria giovinezza nascosto nella casa di sua nonna Antonia, di modo da essere al sicuro da un eventuale congiura dell’imperatore Tiberio, responsabile della morte di buona parte della sua famiglia.

Una volta salito al potere, però, la sorte non gli arrise: difatti poco tempo dopo la sua nomina venne colto da un malore che lo portò a un passo dalla morte e mentre Caligola veniva corteggiato da Thanatos i senatori, desiderosi di recuperare il potere e il prestigio perso dall’ascesa di Augusto, progettarono una congiura al fine di detronizzarlo. Tuttavia Caio inaspettatamente sopravvisse alla malattia e, venuto a conoscenza della congiura, condannò e fece giustiziare tutti i senatori coinvolti: purtroppo però da questo momento Caligola vivrà costantemente nel terrore delle congiure organizzate a suo danno.

In seguito a questo evento l’imperatore si allontanò sempre più dal Senato, ormai corrotto e avido di potere, preferendo avvicinarsi ai ceti subalterni per cui attuò varie riforme rivolte al miglioramento dei giochi, per cui la plebe stravedeva. Il Senato non accettò la politica filo-popolare attuata da Caio, che tuttavia non smise mai di schierarsi dalla parte del popolo arrivando persino al punto di condurre un’arringa diffamatoria nei confronti dei senatori, in cui li accusava di essere corrotti, avidi e immorali. Fu proprio da questa arringa che nacque il pettegolezzo dell’elezione a senatore del cavallo di Caligola. Fatto che, se contestualizzato correttamente, non tradisce più alcun segno di follia.

Il rapporto fra imperatore e Senato continuò a incrinarsi finché i patres non riuscirono ad attuare una congiura ai danni di Caio, che infatti venne assassinato nel 41 dopo Cristo nei pressi del teatro. Tredici anni più tardi divenne imperatore Nerone, figlio della sorella di Caligola. L’imperatore attuò  una politica filo-popolare attraverso una riforma monetaria volta a svalutare il solidum aureum, moneta utilizzata dai ceti aristocratici, e a incrementare invece il potere d’acquisto del solidum argenteum, moneta utilizzata dai ceti subalterni. Con questo provvedimento di natura economico-finanziaria, l’imperatore si attirò le ire della classe dirigente.

Inoltre, sempre allo scopo di diminuire le diseguaglianze sociali, Nerone elargì grosse somme di denaro alla plebe per fornirle i mezzi necessari per migliorare le proprie condizioni di vita.

Eppure, nonostante il grande impegno da parte di Nerone per far prosperare Roma e i suoi abitanti, il Senato, corrotto e insensibile al problema della disuguaglianza sociale, non riuscì ad apprezzare le riforme da lui attuate. Infatti, alla morte dell’imperatore, il Senato proseguì nella demonizzazione della sua figura come precedentemente fece per Caligola, arrivando persino a incolparlo di aver incendiato Roma e di aver comprato i terreni carbonizzati per espandere i giardini della propria domus mentre sappiamo che gli incendi erano invece molto frequenti nell’Urbe e che Nerone acquistò i terreni per evitare ai fittavoli una grossa perdita finanziaria giacché  tali terreni si sarebbero svalutati.

Conoscendo la verità su questi due imperatori rimasti vittime della storiografia, i dubbi iniziano ad assalire la mente: ci si chiede per quale motivo l’immagine di questi due uomini, colpevoli di aver tentato di migliorare le condizioni di vita del proprio popolo senza prestare attenzione a coloro che già conducevano una vita agiata, sia stata traviata e demonizzata fino a farci credere che siano stati dei mostri. Alla luce di una più attenta rilettura dei fatti storici, Caligola e Nerone non risultano più essere degli “imperatori mostri”, ma divengono l’esempio perfetto di vittime della “mostruosità del potere”. Nonostante essi possedessero il potere assoluto e lo abbiano utilizzato per il bene del popolo, tuttavia divennero il bersaglio del disprezzo dei nobili, che scrissero poi la storia e infangarono la memoria dei due imperatori.

Gioele Valesini, Federico Vavassori, 2 A Quadriennale

 

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Leggere è vivere mille volte

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Leggere è vivere mille volte

C’è sempre bisogno di un rifugio nella vita, qualcosa che permetta di evadere dalla realtà e dal mondo circostante. Le pagine di un libro sono sempre state questo rifugio, come se fossero un’ancora di salvezza, sempre e comunque. I libri fanno questo, ti salvano. “Un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso”: Daniel Pennac aveva ragione con queste parole e io l’ho capito tanto tempo fa, da quando mi sono cimentata nella lettura di ogni genere di libro. La lettura può fare qualsiasi cosa.

Un libro ti può portare a vivere un’altra storia, diversa dalla tua, un’altra vita; ti può portare in un altro mondo, completamente diverso; ti può portare a vivere un’avventura che magari neanche avresti mai immaginato di vivere. Un libro ti porta in un vortice di emozioni, belle o brutte che siano: può farti piangere o ridere, spaventare o sorridere, emozionare o arrabbiare, le pagine di un libro hanno un potere straordinario, possono farti credere in qualsiasi cosa.

Per me hanno sempre rappresentato la luce che da lontano si vede nel fondo della galleria e manca poco per poter uscire dal buio e tornare sotto il sole o anche sotto la pioggia. Ogni volta che sto male leggo per stare bene, ogni volta che sto bene leggo per continuare a stare bene, ogni volta che mi arrabbio leggo per calmarmi, ogni volta che sono confusa leggo per chiarirmi le idee, ogni volta che vorrei uscire da qualche situazione leggo per trovare una soluzione.

Io non parlo del fatto che tutte le risposte siano contenute in un libro, ma del fatto che qualsiasi libro possa liberare la mente anche solo con una storia, con delle parole e delle frasi, con le emozioni che si provano. Ti può portare a espandere il confine della tua immaginazione, può portarti ovunque. Leggere non solo accresce la conoscenza, non solo è un modo per apprendere, ma è anche qualsiasi cosa una persona voglia che sia. Leggere porta alla cultura e all’educazione, ma anche alle emozioni, ai sentimenti, all’immaginazione; leggere può far apprendere tante cose, non solo sul piano culturale, ma anche su quello morale.

Porta a vivere vite diverse, con sofferenze diverse, problemi diversi, motivi diversi, idee diverse, anime diverse. “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”: aveva forse torto, Umberto Eco, con questa frase? Chiunque ha la risposta a questa domanda.

Leggere istruisce e fa pensare, leggere è qualcosa di fondamentale. Vivere una vita diversa dalla mia, vivere altri problemi, emozioni o sentimenti, è qualcosa a cui non si può rinunciare e l’unico modo per farlo è leggere. La lettura ci salva da situazioni in cui niente e nessuno avrebbe potuto intervenire, ci salva dalle delusioni di ogni giorno, persino dalle offese.

Io sono cresciuta tra i libri, come se fossero il mio unico mondo, e persino ora non so come sarebbe la mia vita senza un buon libro da leggere. Ma in realtà non voglio pensarci: i libri ormai sono una parte di me, una parte troppo importante e significativa per poterla lasciare andare.

Chiara Di Rubba, 2 A Scientifico

 

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Monopattini e regole

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Monopattini e regole

Quante volte ci è capitato negli ultimi tempi, anche fuori da scuola, di veder passare qualche ragazzo (o meno ragazzo) a bordo di un monopattino elettrico: c’è chi lo usa per andare a lavorare, chi per andare a scuola, chi invece ci ha fatto addirittura un viaggio. Ebbene sì, lo Youtuber Jacopo D’Alesio (in arte Jakidale) ha percorso più di seicento chilometri da Milano a Roma a bordo di un monopattino elettrico appositamente modificato per essere il più comodo possibile. Dotato di una seconda batteria di ricambio, ha percorso circa settanta chilometri al giorno, passando per Bologna e Firenze.

L’obiettivo dell’influencer era di documentare e condividere sul suo canale da più di un milione di iscritti il proprio viaggio, così da sensibilizzare i propri fan sull’argomento della mobilità elettrica.

Tutti i media tradizionali si sono attivati: testate giornalistiche come il Corriere della Sera o Milano Today hanno riportato la sua avventura, mentre il TG5 ha sfruttato l’avvenimento per parlare di mobilità elettrica.

Questa sensibilizzazione è dovuta al fatto che le leggi in vigore sono chiare ma alle volte troppo restrittive. Tra tutte le norme, quelle relative alla velocità sono tra le più difficili da rispettare: nei centri abitati si può circolare a  una velocità massima di 6 km orari. Entro tale limite, molti conducenti si trovano in difficoltà a condurre il proprio mezzo. In caso di infrazione, però, le multe vanno dai 100 ai 400 euro, in base a quanto grave è la trasgressione.

Inoltre, al giorno d’oggi, molte persone preferiscono utilizzare mezzi canonici anziché questi nuovi metodi di spostamento, nonostante in alcuni casi siano quasi più convenienti dei classici ciclomotori che circolano per le nostre città.

La versatilità, la leggerezza e la possibilità di portare, ad esempio, il proprio monopattino all’interno dei mezzi pubblici per grandi spostamenti o all’interno di edifici scolastici o lavorativi rendono questi veicoli estremamente comodi. Attenzione però al fatto che, sotto numerosi aspetti, sono molto simili alle bicilette da un punto di vista legislativo: devono quindi circolare sulle piste ciclabili qualora presenti, è necessario indossare un casco se si è minorenni e, di sera, è importante avere luci anteriori e posteriori e anche un apposito giubbino catarifrangente. Inoltre, come per ogni mezzo in Italia, questi mezzi non possono essere autocostruiti ma devono essere acquistati da un venditore autorizzato e certificato. Non solo: dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) anche rispettare il resto del traffico (intendendo auto ma anche pedoni) adeguandosi al codice della strada e viaggiando a velocità adeguata; in più dovrebbero (e di nuovo il condizionale è di rigore) rispettare gli spazi pubblici ed essere parcheggiati in modo da non essere di intralcio a nessuno. In effetti capita spesso di vederli sfrecciare a velocità folli, con rischio per tutti, e di vederli parcheggiati (soprattutto in questo caso quelli a noleggio) in ogni angolo possibile, marciapiedi compresi, con ovvio intralcio alla circolazione.

Con la loro enorme autonomia, la loro comodità e la possibilità di utilizzarli in ogni zona della città, a oggi sono tra i mezzi che in futuro entreranno sicuramente nelle case della maggior parte delle persone.

Alessandro Donina, 5 A Scientifico

 

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Electric car market is growing

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Electric car market is growing

To keep up with the times, almost all car manufacturers have built their first electric vehicle. In fact, it now seems to be a fact: the electric car market is growing and is becoming increasingly popular all over the world.

According to the latest data, it seems that in Italy there has been a boom in the purchase of cars with zero emissions. In September 2020, compared to the same period last year, in our country there was an increase in sales of electric cars of 225.3%.

In first place as a unit sold, the French car manufacturer of Renault, which, since January, has sold as many as 3,440 electric cars of the Zoe model. The month of September sees as the undisputed protagonist the Tesla Model 3, with 880 registrations. Immediately after, the Renault Zoe was confirmed with 676 registrations and, following the Nissan Leaf and the Volkswagen ID.3 with a sale of 297 and 270 units respectively sold. Not bad also for the Peugeot 2-208, with 141 units sold, for the Mini Cooper SE, of which 108 registrations are recorded and 100 for the Opel Corsa E.

This exponential increase in sales of electric cars, which was recorded in the last period, is due to some factors. In addition to the many incentives that have driven customers to buy a zero-emission vehicle, to encourage this type of choice, has been a larger number of electric charging columns installed in recent months and a proposal of electric models, by car manufacturers, ever wider. So, it seems to be a long time ago that electric cars were not appreciated especially for their low autonomy.

The first cars that showed a first substantial change, were those produced since the new millennium, such as the Mitsubishi i-Miev or the two French Peugeot iOn and Citroën C-Zero.

Now most of the car manufacturers, to avoid meeting the anti-pollution laws that could negatively affect their market, are trying to look to the future with a view that focuses all on electric cars and zero emissions. Obviously, a greater production of electric models, implies a progressive decrease of the price of the vehicles even if, at least for the moment, are the few Houses that introduce on the market electric cars to a price inferior of 30.000 euros. However, both Volkswagen, Seat and Skoda have updated their price lists with cars that cost between 23,750 and 22,300 euros. In this regard, the new Dacia Spring Electric, which will be on the market in 2021, is the most anticipated electric car because it will have a very low price.

Stefano Macchia, 5 A Scientifico

 

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L’Apolli XI una bugia?

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su L’Apolli XI una bugia?

Lo sbarco sulla Luna del 1969  è stato uno degli avvenimenti più importanti della storia. Sono stati gli americani Neil Armstrong e Buzz Aldrin, con il programma Apollo XI, a fare il primo passo sulla Luna, ma c’è chi ancora sostiene che tutta l’operazione di allunaggio sia stata invece girata in un set cinematografico per vincere la concorrenza con la Russia nel campo tecnologico e nella corsa allo spazio.

I complottisti hanno fondato le loro affermazioni su alcuni “errori” nelle fotografie, di cui gli ingegneri della NASA non si sarebbero accorti, mentre altri ritengono che le foto siano state modificate in laboratorio. Però se le foto fossero state scattate in appositi set cinematografici, non vi sarebbe stato alcun bisogno di ritoccarle in seguito, ma sarebbe bastato farne delle altre. C’è da dire che è vero che le foto sono state ritoccate, ma solo una volta ritornati sulla Terra e allo scopo di migliorarle per poi mostrarle a tutto il mondo. Infatti, le foto originali non sono andate perse: è ancora possibile vederle on-line. Sempre dalle foto, si nota la bandiera sventolare, ma questo sarebbe stato impossibile, perché sulla Luna non c’è vento. Ma nessuno tra scienziati, ingegneri e astronauti ha mai sostenuto che quella bandiera si stesse muovendo: semplicemente, quando è stata scattata la foto, la bandiera non era stata completamente distesa, ma era rimasta immobile dopo che l’astronauta aveva lasciato la mano.

Un altro elemento che ha fatto insospettire i complottisti è stato che le ombre di Armstrong e di Aldrin non fossero parallele: questo secondo loro era la prova che nello studio vi erano più fonti di luce artificiale, ma i sostenitori di questa tesi non hanno badato al fatto che il fenomeno avviene anche sulla Terra, quando il sole è basso. Inoltre l’effetto potrebbe essere stato incrementato da una distorsione dell’immagine, a causa della tecnologia del tempo. Loro, però, hanno cercato ogni minimo dettaglio che potesse mostrare la messa in scena e sono arrivati persino a sostenere la presenza di una lettera “C” su uno dei massi: in realtà quella “C” è probabilmente un detrito che si era depositato durante la copia, infatti non compare nessuna lettera sulla foto originale.

Tutte le riprese sono state effettuate nello spazio, mancano fenomeni evidenti sulla Terra: la polvere, all’avvicinamento del Rover, schizza in tutte le direzioni formando dei cerchi, non delle nubi come sarebbe accaduto se fossero stati sulla Terra, e la tecnologia del 1969 non permetteva di modificare con certi effetti foto e video, quindi i video sono stati davvero girati sulla Luna, anche perché  ricreare il vuoto sulla Terra in uno spazio chiuso come un set cinematografico e addestrare anche i membri del set a operare in un certo modo sarebbe stato comunque molto difficile, costoso e avrebbe richiesto troppo tempo.  Nelle foto, inoltre, non vi sono evidenti tracce delle orme degli astronauti o delle ruote del Rover, ma solo perché sulla Luna vi è un sottile strato di polvere, che non permette di lasciare buchi profondi, inoltre il veicolo era già di suo molto leggero e spesso per curvare era sollevato dagli astronauti stessi.

I complottisti hanno anche identificato il regista della messa in scena in Stanley Kubrick, che sarebbe stato contattato dal governo degli Stati Uniti per la sua esperienza nelle riprese con effetti fantascientifici. Un esempio è 2001: Odissea nello spazio. Il regista è noto proprio per la sua cura nei dettagli, quindi sembra strano che abbia commesso errori così tanto importanti nelle riprese, a meno che l’abbia fatto volontariamente. In effetti sono stati identificati dei “messaggi nascosti” nel film The Shining, sempre di Kubrick, con cui sembra avrebbe voluto comunicare al mondo la falsità dell’allunaggio, non potendone parlare chiaramente.

La più grande domanda che rimane è come, seguendo le teorie dei complottisti, la NASA avrebbe potuto organizzare un progetto dal costo così grande, con il coinvolgimento di migliaia di persone semplicemente per un set cinematografico, e come avrebbe potuto assicurarsi che nessuno avrebbe mai denunciato la bugia dell’accaduto.

A mio parere, negare l’allunaggio non significa solo mettere in discussione una tappa epocale della storia, ma soprattutto sminuire il lavoro di decine di migliaia di tecnici, scienziati, ingegneri che hanno dedicato la loro vita e tutte le loro conoscenze a questo grande progetto, che ad alcuni è costato anche la vita, come all’equipaggio di Apollo I, morto  a causa di un incendio in cabina. Personalmente credo che Neil e Buzz siano andati veramente sulla Luna; sarebbe stato troppo difficile mantenere il segreto e, se fosse stato come affermano i complottisti, che per la maggior parte sono inesperti e si basano solo su particolari di alcune immagini che come abbiamo visto prima sono stati ampliamente chiariti, non mi spiego come mai non ci sia ancora una indicazione tecnica e scientifica che affermi senza ombra di dubbio che sia stata tutta una messa in scena.

Ettore Colpani, 2 A Tecnico

 

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Social, utili e pericolosi

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Social, utili e pericolosi

I social network si possono definire come delle piattaforme digitali che permettono lo scambio di informazioni tra diverse persone nell’arco di un piccolissimo periodo di tempo: al giorno d’oggi tutti partecipano ad almeno un social, indifferentemente dalla fascia di età a cui si appartiene.

Secondo diverse statistiche, attualmente il social network più famoso e con il maggior numero di account registrati è Facebook, da poco diventato proprietario anche di Instagram e WhatsApp, entrambe piattaforme estremamente adoperate da moltissimi utenti in tutto quanto il mondo.

I social vennero creati verso la fine degli anni Novanta, ma iniziarono a raggiungere un notevole successo a partire dai primi anni Duemila, anche se la vera piattaforma digitale definibile come social network è la “Six Degrees”, nata nel 1997, che divenne molto popolare verso il 2003. Non è però considerato il primo social network della storia: infatti molti storici considerano il romano Marco Tullio Cicerone come il precursore: Cicerone infatti raccoglieva informazioni attraverso i messaggeri provenienti o in arrivo a Roma, venivano diffuse su tavolette di cera, rotoli di papiro o altro, successivamente copiati e fissati sui muri romani, proprio così come si fa oggi, con un parallelo un po’ azzardato, sulla bacheca di Facebook.

I social sono considerati il mezzo più veloce, economico ed efficace per condividere informazioni sulla superficie terrestre, anche se nascondono molti segreti: infatti tutte quante le tue ricerche, i tuoi comportamenti e tutto ciò che posti non viene solo tracciato per sempre, ma anche analizzato; tutti servizi perciò sono in un certo senso a pagamento, e la valuta sono proprio le tue informazioni principali.

Un ex dipendente di Google, responsabile dei social affiliati alla società, ha dimostrato come le grandi aziende raccolgano un grande quantitativo di informazioni per far creare da ingegneri esperti schemi sempre più precisi e, vendendo la tua “attenzione”, cerchino di farti rimanere il più attivo possibile: “Se non devi pagare per un servizio –  ha detto – vuol dire che allora la merce sei tu”; questa è classificabile come una specie di scienza, che intende mandarti su una via già indirizzata e programmata o farti seguire un cambiamento senza che tu te ne accorga, sfruttando così la psicologia, studiata attraverso i dati acquisiti; essa viene infatti definita: “the gradual, slight, imperceptible change in your own behaviour and perception that is the product”, che tradotto significa “il graduale, impercettibile cambiamento nel tuo comportamento e nella tua percezione è il prodotto”.

Negli ultimi anni i social si sono dimostrati  molto pericolosi e fonte di atti infami che si dimostrano talvolta illegali per la società, e che hanno portato a innumerevoli casi di cyberbullismo e revenge-porn, tanto che ora è stato bloccato legalmente alle persone di una fascia di età sostanzialmente bassa l’accesso alla piattaforma.  I social infatti possono nuocere notevolmente agli adolescenti stessi, loro consumatori per eccellenza, aumentando il tasso della popolazione affetta da depressione, che, nei peggiori dei casi, per lo più quando vittima appunto di cyberbullismo o revenge-porn, tenta addirittura il suicidio.

Con questo si può chiaramente affermare che i social network sono tanto utili quanto pericolosi e che, solo se tutti gli utenti adottassero un’etica comune, queste piattaforme diventerebbero più sicure.

Pierpaolo Barchiesi, 2 A Scientifico

 

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Adolescenza, bella e difficile

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Adolescenza, bella e difficile

L’adolescenza è quel periodo della vita da cui passano tutti, che va dai dodici anni fino ai diciott’anni circa. Questo periodo penso che sia il più importante della vita: il periodo in cui si cambia, il periodo in cui si matura, il periodo in cui si cresce, il periodo in cui ci si identifica, anche se durante l’adolescenza è parecchio difficile identificarsi ed è proprio quel momento in cui si diventerà le persone che saremo per tutto il resto della nostra vita, dove non saremo più dei bambini ma inizieremo a essere degli adulti. L’adolescenza è il periodo del cambiamento. Potrebbe essere la parte più bella della nostra vita oppure la più brutta, ma questo varia da persona a persona.

Secondo me l’adolescenza è uno dei periodi più belli: è il periodo in cui si fanno le prime esperienze, dove probabilmente si faranno delle cose alle spalle dei genitori, dove ci sono delle amicizie davvero importarti che spesso ci aiutano a superare “crolli emotivi” e che si spera durino per molto tempo. Però non sempre è così, non si passano sempre e solo dei bei momenti durante l’adolescenza, ci sono alcune persone che magari cadono in depressione e questo può succedere per svariati motivi: che sia per il fatto che si fanno molti complessi, che sia per insicurezza personale, che sia per il fatto che si sentono sempre giudicati, che sia per bullismo o altrettanti motivi o problemi che un adolescente può avere e che a parer mio non devono essere sottovalutati e trascurati. Questo poiché potrebbero ritornare in futuro e, nel peggiore dei casi, si potrebbe andare incontro  a cose anche molto spiacevoli e tristi.

Secondo me la cosa più importante di questo periodo sono le amicizie: l’amicizia è qualcosa in cui ci si può “chiudere” nei momenti più tristi; passare del tempo con gli amici può aiutare a dimenticare per un po’ di tempo cose che ci intristiscono e alla quali magari si pensa gran parte del tempo. Mentre sei con i tuoi amici cerchi di non pensare alle cose negative, ma esclusivamente a sfogarti e a divertirti, cerchi di “chiuderti in una bolla felice” dalla quale lasci fuori le “preoccupazioni” e cerchi di essere sereno.

Cosa fondamentale, è importante circondarsi di persone vere (o almeno lo si spera), di persone sulle quali poter sempre contare e con cui magari confidarsi fidatamente; persone con le quali sfogarsi quando qualcosa va male, perché alla fine quello che passiamo noi lo passano contemporaneamente anche i nostri amici e proprio per questo ci si supporta a vicenda e ci si dà consigli su cosa magari sia meglio fare o evitare di fare. Cosa da non escludere sono gli eventuali litigi che possono derivare da fraintendimenti e che spesso fortificano sempre di più le amicizie, ma non è comunque una cosa molto piacevole litigare con gli amici, specie se più cari.

Un’altra cosa molto spiacevole che succede durante l’adolescenza sono le continue faide con i genitori, i continui litigi che possono derivare da pessimi atteggiamenti e mancanza di rispetto nei loro confronti, perché giustamente non sempre ci lasciano fare proprio quello che vogliamo, perché magari facciamo cose sbagliate, o perché magari non ci lasciano uscire o tornare a casa quando vogliamo noi.

Insomma, l’adolescenza è un periodo di alti e bassi: è un periodo difficile anche perché dobbiamo iniziare a costruirci un futuro, ma è anche il periodo che ricorderemo per sempre, che racconteremo ai nostri figli, magari con più maturità e consapevolezza di ciò che si è fatto e possibilmente senza fargli ripetere i nostri eventuali errori.

Per concludere, credo sia importante vivere la propria adolescenza, sicuramente con molte cose ancora da scoprire e imparare, maturando sempre di più e cercando di non abbattersi al primo ostacolo e di andare sempre avanti con la testa alta.

Giorgia Soccio, 2 A Tecnico

 

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La libertà di amare

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su La libertà di amare

Una certa percentuale della popolazione italiana è omosessuale, cioè fa parte della comunità LGBTQ+, e ancora oggi le persone giudicano e discriminano solo per il gusto e il piacere personale. Essere omosessuali in Italia è ancora oggi una realtà difficile, perché capita sempre qualcuno che deride. Si parla di pura omofobia, paura di diventare omosessuali, e odio verso coloro che fanno parte di questa comunità, arrivando anche a bullismo omofobico e violenze inaccettabili. In alcuni posti di questo nostro mondo così moderno, ancora oggi far parte di questa comunità vuol dire essere criminalizzati e perfino perseguitati. Ora vi chiedo, perché? Perché delle normalissime persone devono avere il dito puntato contro solamente perché amano chi e cosa vogliono amare e sono felici così? Perché sottrarre la felicità a qualcuno solo per il proprio piacere e per il proprio pensiero ristretto? Già per loro è difficile scoprirsi per quello che sono, poi devono riuscire a dirlo agli amici e alla famiglia, sperando di non trovare sguardi o parole cattivi, di disapprovazione o di incomprensione. Dovrebbero pensare ad accettarsi per quello che sono, ma l’unica cosa a cui invece possono pensare è che là fuori nessuno li accetta e supporta. Il loro percorso è difficile e spesso si ritrovano a dover restare in silenzio, magari, davanti una famiglia omofoba, che automaticamente non accetterà mai l’idea di avere un figlio o una figlia omosessuali oppure bisessuali, transessuali, transessuali, asessuali, demisessuali, eccetera: e quel silenzio obbligato non è più accettabile oggi. Siamo nel 2020 e ancora non si lascia la libertà a una persona di amare ciò che vuole, che siano maschi o femmine poco importa. Non dovrebbe importare a nessuno se qualcuno preferisce le donne, gli uomini o entrambi, purché questa persona sia felice. Perché alla fine ciò che importa è essere felici, in pace con se stessi, e se qualcuno prova a rompere questo tuo mondo, forse è perché non sopporta l’idea di vederti sorridere nonostante tutto, nonostante soprattutto e a dispetto del suo vuoto interiore. L’amore sboccia tra persone, non tra sessi. Perché quindi porsi dei limiti?

Viviana Romina Lupascu, 2 A Tecnico

 

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Razzismo? Ignoranza e paura

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Razzismo? Ignoranza e paura

Uno dei problemi di cui si è sentito parlare di più nell’ultimo periodo, ovvero da fine maggio a oggi (anche a causa della frizzante campagna elettorale negli Stati Uniti) riguarda la morte di George Floyd e tutte le conseguenti manifestazioni avvenute non solo negli Usa ma anche in tutto il resto del mondo. Grazie ai social network il video della morte di quest’uomo di colore ha fatto il giro del mondo in pochissimo tempo: si vede che il poliziotto mette il ginocchio sopra la gola di Floyd, che muore poiché non riesce più a respirare.

Questo è solo uno dei casi di abuso di potere della polizia su persone di colore, ed è stato anche quello che in piena pandemia ha  dato il via a migliaia di manifestazioni in tutto il mondo. Durante tutte le manifestazioni è tornato alla ribalta il movimento attivista internazionale creato dalla comunità afroamericana che lotta da moltissimi anni contro il razzismo: il nome di questo gruppo è “Black lives metter” ovvero “le vite dei neri contano”, e ha spopolato sui social network e sui moltissimi cartelloni usati durante le manifestazioni contro il governo statunitense. Poche settimane fa in America è successo un altro caso di abuso di potere, in cui dei poliziotti hanno sparato otto colpi di pistola a un uomo davanti ai suoi figli, lasciandolo paralizzato, cosa davvero straziante.

Ovviamente queste cose non succedono solo oltreoceano, ma episodi di abuso di potere e razzismo si vivono tutti i giorni anche in Italia, data la mentalità retrograda e di chiusura che persiste nel nostro Paese. Ad esempio durante la notte tra il 5 e il 6 settembre è avvenuto l’omicidio del giovane di 21 anni di nome Willy Monteiro: è successo a Colleferro, il ragazzo era di origine capoverdiana ed è morto in una rissa per difendere l’amico in modo pacifico. È stato picchiato a morte non da persone, ma da animali che, secondo il mio modesto parere, dovrebbero essere messi in carcere per poi buttare via la chiave.

Dopo aver ucciso il ragazzo, cosa hanno fatto? Se ne sono andati come se la vita di quest’ultimo non fosse nulla di importante; uno dei famigliari degli assassini ha avuto il coraggio di dire che era solo un immigrato, chiara dimostrazione di mancanza di etica morale e di una società in declino e non capace di accettare una persona con la pelle più scura.

Ma se fosse stato il contrario e invece di quattro persone bianche a picchiare un ragazzo di colore fossero state quattro persone nere contro uno bianco? Cosa sarebbe successo? Letteralmente il finimondo, per come sono ancora viste le persone nere in Italia. Auguro una pena severa a questi animali, però è anche vero che siamo in Italia: tramite vari processi e riduzioni di pena, nelle quali non mi voglio addentrare molto poiché non di mia competenza, queste persone potranno essere libere nuovamente nel giro di pochi anni, segno di sconfitta nei confronti di quello che hanno subito i genitori del ragazzo ma anche di tutto il Paese.

A parere mio il razzismo oggigiorno  è una forma di ignoranza: non si può vivere nel 2020 ancora con il pensiero che, dato che ci sono persone con una religione o con un colore di pelle diverso dal nostro, o che hanno un ceto sociale, culturale o economico inferiore alla media, debbano venire per forza screditate o denigrate.

Secondo me le persone dovrebbero essere più aperte nei confronti del prossimo e della persona straniera. Molto spesso, le persone che arrivano da altri Paesi,  lo fanno perché sono state meno fortunate di noi, cambiano Paese per avere una vita migliore, per avere un lavoro migliore e per garantire ai figli un futuro migliore.

Io credo che la chiusura mentale di certe persone derivi solo dal fatto che abbiano paura di trovare persone straniere superiori a loro stesse e quindi c’è tutto questo disprezzo per gli stranieri.

Le persone hanno paura del diverso, ma cos’è il diverso? In base a cosa si può decidere di dire che una persona sia diversa da un’altra? Oppure che una persona sia superiore a un’altra? Non ci si può categorizzare, non si può stabilire uno standard di diversità, bisogna cancellare questi stereotipi di persone: se non si ha lo stesso colore di pelle non significa che si sia diversi, poiché tutti dovremmo avere gli stessi diritti e doveri.

Si possono avere delle caratteristiche che ci rendono unici, ma il colore della pelle non può renderci diversi.

Giorgia Soccio, 2 A Tecnico

 

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Sensibilizziamo contro la discriminazione

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Sensibilizziamo contro la discriminazione

La discriminazione è un tipo di comportamento che distingue le persone in base a un giudizio o una classificazione. Nel mondo di oggi ci sono molte discriminazioni e ci sono perfino dei gruppi che si formano tra i discriminati. All’interno di questi  si creano spesso altri gruppi più piccoli.

Un discriminatore di solito ha una mentalità chiusa: ciò non vuol dire che non sia intelligente, ma che è fermamente convinto che le sue idee siano quelle giuste. Le discriminazioni più conosciute sono il razzismo, l’omofobia, la transfobia e, in quest’ultimo periodo, si parla anche della eterofobia.

Il razzismo è la discriminazione basata sulla razza: chiamiamo razzismo gli atti che una persona fa contro un’altra che non possiede il suo stesso colore di pelle; a giugno ad esempio è nato movimento chiamato “black Lives metter” (BLM) per protesta contro la morte di George Floyd,  uomo di colore, causata da un poliziotto bianco.

L’omofobia è la paura degli omosessuali, gay e lesbiche; gli omofobi spesso usano la religione per dare una giustificazione al loro comportamento, ossia che Dio ha creato l’uomo e la donna perché si completassero, e ciò non comprende che due uomini o due donne possano stare assieme.

La transfobia è la discriminazione delle persone transessuali, cioè persone che non si identificano nel loro genere biologico, ma sentono di appartenere a un altro genere. L’associazione che è contro queste discriminazioni per l’orientamento sessuale e per la libertà di pensiero è l’LGBTQ+ (lesbian, gay, bisex, transeexual, queer e il + sta significare tutti gli altri orientamenti tipo i pansessuali o i demisessuali)

Ora che in Italia sta approdando la legge contro le discriminazioni, oltre alla razza anche per l’orientamento sessuale, è saltata fuori una nuova tematica: nell’organizzazione LGBTQ+ sarebbero discriminati gli eterosessuali. Questa eterofobia, all’inizio, è emersa come protesta contro la legge, invece poi, indagando, si è rivelata una cosa vera e molto brutta per tutti i supporter etero del LGBTQ+.

Bisogna sensibilizzare la gente su queste tematiche, perché le discriminazioni fanno parte della vita quotidiana di tutti noi, in modo maggiore o minore, ma ci sono sempre e spesso non ce ne rendiamo conto.

Sabrina Maffezzoni, 2 A Tecnico

 

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La normalità fa per tutti, non per me

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su La normalità fa per tutti, non per me

di Viola Ghitti*

Era un ragazzo comune. Occhi e capelli color nocciola, anche se i capelli tendevano al cioccolato. Un cioccolato di quelli buoni. Di quelli amarissimi ma buoni. Di quelli che un crac e ti innamori. Un cioccolato che lui adorava. Che avrebbe scambiato per qualsiasi altra cosa. Ma lasciate che vi spieghi la sua storia.

Era nato in una famiglia che mi piacerebbe definire speciale. Ho avuto la fortuna di conoscere i suoi genitori qualche anno fa e devo dire che sono davvero persone fantastiche. Nulla di particolare. Nessun dottorato. Nessuna laurea o impieghi super prestigiosi. Lui faceva il camionista: girava per l’Europa con il suo camion, un Mercedes Actros rosso fiammante di cui andava fierissimo e che non l’aveva mai lasciato a piedi. Neppure quando, nel bel mezzo dei boschi danesi, aveva bucato un copertone e la città più vicina si trovava a 20 km. Trasportava lamiere di ferro che ogni tanto, come aveva detto lui, “non stavano proprio al loro posto”.

Lei invece era un’infermiera. Curare le persone, per lei, era la gioia più grande. Quando i suoi pazienti soffrivano stava male pure lei. Come quando in ospedale era arrivato un ragazzo che, dopo essere caduto in moto, aveva avuto un’amnesia e non ricordava come si chiamasse né da dove venisse. Le era rincresciuto così tanto che, al posto di tornare a casa, aveva preferito rimanere al lavoro e fargli compagnia.

Ricordo ancora che, quando mi avevano aperto la porta di casa, mi era sembrato di entrare in un mondo surreale. I muri luccicavano come il castello di un mondo nascosto, un mondo di principesse e gnomi. Sulla destra c’era il divano, rosa confetto. Poco più avanti il tavolo color lillà e sulla sinistra la cucina di marmo con inserti “glitterosi”. Sopra la televisione, un quadro raffigurava Biancaneve mentre addentava la mela e sotto c’era scritto: “Pensa, prima di agire, se non vuoi finire come Biancaneve”. C’era un quadro di questo tipo anche dietro il divano, dove Belle ballava con il Mostro. La frase questa volta era: “Lascia perdere le apparenze, guarda più a fondo e troverai qualcosa di speciale”.

Le camere da letto erano una favola, nel vero senso della parola. Quella padronale aveva un letto matrimoniale a forma di castello: ai lati c’erano due torri e per accedervi due piccole scale, una da un lato e una dall’altro. La camera di Alessandro era, se si può dire, più normale. Il colore dominante era il rosso: armadi rossi, scrivania rossa, lampada rossa. Pure il letto era rosso, ma quello era il punto forte della stanza. Immagino che il mio amato adorasse il film “Cars”, perché il suo letto aveva la forma di Saetta McQueen. Tutti hanno qualche segreto, ma non immaginavo che quello di Ale fosse di dormire, letteralmente, all’interno di un’auto.

Qualunque cosa state pensando, azzerate i vostri pensieri, perché quella casa, anche se strana, era davvero qualcosa di speciale. Avete presente quando entrate in una stanza e vi sentite, in qualche modo, accolti? Ecco, la casa di Ale era la casa più accogliente in cui fossi mai entrata. Ogni singolo dettaglio rendeva l’ospite parte di quel piccolo capolavoro. Ed è bello essere coinvolti in qualche cosa.

Come qualunque altro ragazzo che fosse nato in una casa così era cresciuto con l’idea di vivere in una favola. “Ale alla scoperta dei pianeti con la principessa Lucilla” l’aveva intitolata quando, a cinque anni, aveva dato un bacio alla sua amica Lucilla e aveva deciso che sarebbero diventati principe e principessa, avrebbero rubato un razzo alla NASA e poi sarebbero andati alla conquista dei pianeti intorno alla Terra. Nessuno gli credeva quando raccontava la storia del suo futuro da principe alla scoperta di nuove terre, così con il passare degli anni la favola era diventata un segreto. Un segreto da tenere nascosto più della sua amata cioccolata. Anche la sua casa era diventata un luogo da nascondere a tutti i costi. Non voleva che i suoi coetanei vedessero chi fosse in realtà. A scuola si comportava come gli altri, si confondeva con la massa. Era suo intento risultare uguale agli altri per non sembrare di non essere come si mostrava. Era a casa che lui era davvero se stesso. Lì, spesso, si travestiva da principe azzurro e correva per il corridoio con una spada in mano. Alcuni giorni si travestivano anche i suoi genitori e insieme inscenavano la scena principale di alcuni dei loro film Disney preferiti.

Cercava di convincersi che non si vergognava di essere ciò che era, ma sotto sotto aveva una paura immensa di rivelare al mondo la sua vera anima da principe delle favole. Credulone, l’avrebbe chiamato qualcuno. Fesso, gli avrebbero detto altri. Sfigato. Nerd. Bambinone.  Sognava i suoi compagni di classe che, quando era alla cattedra per un’interrogazione, gli tiravano i pomodori. Sognava i suoi amici che lo attendevano sotto casa con una pistola in mano e gli intimavano di spararsi. Sognava la sua morosa (l’amore per Lucilla era finito presto, ma il titolo non era cambiato) che scopriva chi era veramente e lo buttava giù dalla finestra del suo appartamento all’ottantesimo piano.

Ma il sogno più comune era quello in cui i suoi genitori gli rivelavano che in realtà la storia della favola era tutta un’invenzione e lui era un ragazzo come tutti gli altri, con una vita comune e nessun futuro principesco. L’idea che la sua più antica e fondata convinzione fosse in realtà una bugia lo tormentava. Era diventata la sua fissazione numero uno. Se per Amleto era “Essere o non essere?”, per Socrate la ricerca della verità e per Putin quella di essere avvelenato, quella di Ale era di vivere in una finta favola, proprio come in “Truman Show”.

E poi era arrivato il giorno in cui Cassandra, la sua principessa, si era presentata a casa sua per fargli una sorpresa. Era domenica e avevano pranzano in giardino, travestiti da gnomi. Erano i primi giorni di primavera ed era tradizione che diventassero gnomi per inaugurare la nuova stagione. Dopo mangiato raccoglievano i fiori dal giardino e poi se li lanciavano, inaugurando la prima battaglia di fiori di questo mondo. Erano sdraiati sull’erba ad assorbire l’energia del sole, quando Cassandra aveva suonato al campanello, così Ale era andato ad aprire. Quando l’aveva visto si era messa a gridare. I suoi genitori, sentendo le grida, erano corsi da lui per vedere cosa stesse succedendo ed era davvero scoppiato il finimondo. “Ma che siete, pazzi?” aveva chiesto lei. Aveva chiesto ad Ale di non chiamarla più e non farsi più vedere, perché non voleva avere niente a che fare con i matti. Lui aveva cercato di convincerla che i pazzi erano i suoi genitori, non lui. “Io sono normale, sono loro che credono di vivere in una favola Disney” aveva gridato. L’aveva detto talmente forte da farsi sentire da loro, i diretti interessati. Quando Ale era tornato in casa e aveva visto i loro visi corrugati dalle lacrime si era sentito come nei suoi sogni, solo che lui non era quello preso di mira, ma il bullo. Però era andato in camera. Non gli aveva parlato. Non voleva parlargli. La sua mente era piena di domande: Cassandra se n’è andata per sempre? Siamo davvero dei pazzi? Sono anche io come i miei genitori o lo sembro solo perché sono nato qui?

Ed erano queste le domande che si porgeva quando l’ho conosciuto. Esattamente cinque mesi fa. Ci siamo conosciuti a New Orleans, la città degli artisti. “The crazies’ city” l’ha chiamata lui la prima volta che mi ha rivolto la parola. Io facevo la barista per pagarmi l’alloggio negli USA e lui era in viaggio per lavoro. Aveva trovato questo impiego retribuito abbastanza bene e aveva preso il primo aereo per gli States. Poi avevamo scoperto che provenivamo dalla stessa zona.

E ci eravamo innamorati. Lui di me. Poi io di lui. Però io alla fine dell’estate tornavo in Italia perché dovevo iniziare l’università. Così anche lui aveva deciso di tornare con me. E mi aveva invitato a casa sua a cena.

Ed era allora che ero entrata in quel mondo fiabesco della famiglia Zani. In quel mondo di cui pochi erano a conoscenza, perché non tutti erano in grado di accettare certe cose. In quel mondo fantastico che Alessandro aveva dimenticato fino alla sera in cui non mi aveva conosciuto. Già, perché io mi chiamo Lucilla.

Quella sera aveva capito che la sua vita poteva essere una fiaba oppure no, stava a lui deciderlo. Poteva decidere di uniformarsi al gregge delle persone comuni, oppure seguire la sua anima ed essere un principe che vuole conquistare nuovi pianeti. Ed aveva deciso che la normalità fa per tutti. Ma non per lui. Lui voleva passare le domeniche d’estate in giardino travestito da elfo, perché d’estate ci si veste da elfo. Voleva vestirsi da Babbo Natale il giorno di Natale. Voleva interpretare Richard Madden nel live-action di Cenerentola. E più di tutto voleva trasmettere ai suoi figli queste tradizioni.

Io e Ale abbiamo due figli: Bella e Azzurro. Viviamo in una casetta che sembra quella della strega di “Hansel e Gretel”, senza però la strega. La gente è stranita. Ci evita. Ma sinceramente non mi interessa niente di quello che credono loro. La mia vita era triste, poi tutt’a un tratto sono diventata la principessa di una favola Disney e tutto è diventato più bello. Più rosa.

*Scuola Militare Aeronautica  “Giulio Dohuet” (Firenze)

 

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Covid-19 e insegnamento, manca contatto

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Covid-19 e insegnamento, manca contatto

Didattica ai tempi del Coronavirus: marzo 2020, la regione Lombardia – in accordo col Governo – emana l’ordinanza secondo la quale le scuole devono restare chiuse per contrastare la diffusione del contagio da Covid-19. Il giorno 4 marzo viene ufficializzato dal premier Conte che tutti gli istituti scolastici in Italia, di qualsiasi ordine e grado, resteranno chiusi fino al giorno 15 marzo (termine poi di volta in volta prorogato fino a coprire tutto l’anno, ndr). Le scuole prendono però le dovute misure: dal consegnare compiti agli studenti mediante i portali online, allo svolgimento di vere e proprie lezioni a distanza mediante l’utilizzo di microfoni e telecamere.

Fino a pochi decenni fa una soluzione del genere sarebbe stato impensabile, ora è realtà. L’Istituto Aeronautico Locatelli di Bergamo ha organizzato lezioni a distanza per gli studenti adottando le metodologie scolastiche più avanzate, partendo dagli orari prestabiliti dalle 8 alle 12,50 fino al cambio regolare dei professori nell’arco della giornata. Esattamente come se si stesse affrontando una comunissima giornata scolastica.

Questo sistema a distanza è in fase molto più che sperimentale da ambi i lati, studenti e professori, ma non è difficile immaginare che, in un futuro non molto lontano, le strutture scolastiche verranno sempre meno in virtù dell’impiego della tecnologia per la didattica da casa o a distanza (cosiddetta DAD).

Leggendo le impressioni a caldo degli studenti del settore tecnico della classe 4^ C è emersa una netta spaccatura di pensieri. Da un lato troviamo i più tradizionalisti, quelli che non riuscirebbero a sostituire la struttura scolastica; dall’altro troviamo una fetta di studenti che è entusiasta di questo nuovo metodo di istruzione.

I primi sono legati alla classica modalità scolastica, in quanto riscontrano problematiche nel meeting online, come la sovrapposizione delle voci o la scarsa qualità video data dalla connessione del singolo soggetto.

Gli altri invece fanno notare la comodità di essere in casa senza doversi spostare: basti pensare agli studenti pendolari che sono legati costantemente ai mezzi pubblici. Questo permette di eliminare tempi morti, per poter recuperare ore di studio e di attività extra-scolastiche, per quanto queste ultime siano state limitate a causa delle ordinanze emanate.

Una mancanza comune da entrambi i lati, però, è il contatto e il dialogo fisico con i propri compagni di classe, il che permette di capire come i ragazzi possano essere ancora uniti. Come ogni innovazione che viene introdotta, nei primi utilizzi compaiono i errori e le prime problematiche, che verranno poi risolte col passare del tempo. Ad esempio, per ovviare alla sovrapposizione delle voci basterebbe mettere in modalità “muto” il microfono per poi attivarlo se richiamati all’esercizio dal professore.

A detta del ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, attraverso questo metodo non verranno perse ore di lezione e il giorno di chiusura dell’anno scolastico non verrà posposto.

Il problema sussiste forse maggiormente per gli studenti universitari, i quali vedranno posticipati gli esami nell’arco del periodo estivo. Attendiamo aggiornamenti futuri per quanto riguarda la riapertura degli istituti scolastici.

Savio Perri, 4 C Tecnico

 

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“Poter vedere i miei compagni? Magnifico”

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su “Poter vedere i miei compagni? Magnifico”

“Il Governo chiude le scuole nelle zone colpite dal Coronavirus”. Quando ho sentito questa notizia ero in estasi: finalmente potevo staccare, finalmente potevo smettere di pensare alle verifiche o interrogazioni future, finalmente potevo evitare di stare ore sui libri scolastici, finalmente sono libero ho pensato. Al telegiornale continuavano a parlare di epidemia e di prolungare la chiusura delle scuole ma io ero felice. Ero..

Dopo l’euforia è venuta la noia, poi la solitudine, la mancanza delle voci dei docenti, del rumore della penna che scrive sulla carta, degli scherzi e delle battute dei miei compagni. Loro mi mancano e io voglio uscire.

Poi la notizia della ripresa tramite dirette streaming: mi ha confuso e sorpreso, inizialmente ho pensato che fosse inutile.

“È impossibile connettersi tutti insieme – ho pensato – e poi perché devo sprecare il mio tempo in lezioni che difficilmente capirò?”, ma sbagliavo.

Le videochiamate sono pessime, si vede e si sente male, ma la sola presenza dei miei compagni mi fa riaffiorare i bei momenti passati quando ancora ci incontravamo di persona.

Alla fine penso che queste dirette siano magnifiche: basta che il nostro gruppo classe rimanga connesso fino alla fine del nostro lungo viaggio.

Gabriele Berticelli, 5 B Tecnico

 

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A lezione ma lontani: piacevole scoperta

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su A lezione ma lontani: piacevole scoperta

La risposta all’emergenza. Se ciò che si sta delineando in questi giorni, queste settimane, questi mesi, può sembrare uno scenario per certi versi apocalittico e dai toni esasperati per quella che ci era stata presentata  inizialmente come una semplice influenza, senza alcun dubbio il Covid-19 ha paralizzato la nostra economia e la nostra vita sociale, costringendoci a casa sia dal lavoro che da scuola.

Di fronte a un’emergenza sempre meno locale, che ci coinvolge ormai tutti, ci è parso doveroso sottolineare la tempestività con cui la nostra scuola, l’Istituto Aeronautico “Antonio Locatelli”, ha reagito per cercare di garantire  continuità all’attività didattica.  La soluzione adottata dalla nostra scuola si sostanzia in lezioni online in videoconferenza tra studenti e docenti, tenute nel rispetto dell’orario scolastico e fatte partire già pochi giorni dopo Carnevale, sicuramente in netto anticipo rispetto alla maggioranza delle altre scuole. Naturalmente ci troviamo dinanzi a una modalità di fare scuola fuori dall’ordinario, che ha suscitato non poche perplessità, soprattutto da parte di chi nutre una certa avversità nei confronti della tecnologia.

Abbiamo così deciso – in questi primi giorni di novità e passato il primo periodo di rodaggio – di raccogliere le testimonianze di alcuni studenti della classe 5^ B Tecnico che stanno vivendo questa esperienza e ne sono rimasti positivamente colpiti, pur  facendo parte dell’ondata di scetticismo iniziale.

“Sinceramente, la lettura nella bacheca della scuola del fatto che le lezioni si sarebbero svolte in diretta mi ha un po’ scombussolato: credevo che non sarebbe stato possibile connettere simultaneamente così tanti alunni e professori”,  ha confessato Lorenzo Grassi. “La notizia della ripresa tramite dirette streaming  mi ha confuso e sorpreso. Inizialmente ho pensato che fosse impossibile connettersi tutti insieme e che avrei  sprecato il mio tempo in lezioni che difficilmente avrei capito”, ha concordato con lui Gabriele Berticelli. “All’inizio ero un po’ stranito perché, da quando ho iniziato ad andare a scuola, la casa è sempre stato il mio “paradiso” mentre la scuola il mio “inferno”: quindi poter conciliare i due mondi mi sembrava impossibile”, ha rincarato la dose Davide Ricci Gramitto.

Dalle testimonianze raccolte risulta evidente quanto la soluzione apportata dalla nostra scuola non abbia destato immediatamente la nostra fiducia. Tuttavia… Ecco fin da subito le prime svolte.

“Lunedì 2 marzo alle 9 ho avuto la prima lezione online e, a dire il vero, non è stata così tanto diversa rispetto a quelle svolte in aula”, ha ammesso Federico Girasa. “Devo essere sincero, mai avrei pensato al successo di tale sistema, ma dopo un giorno di “rodaggio”, servito per capire e risolvere piccole problematiche, si è rivelato utile e funzionale”, ha detto Jacopo Colombo. Così anche Giulio Krishan: “È un sistema adatto a tutti, nel senso che non crea difficoltà nel suo uso, dato che bastano due minuti per collegarsi con i compagni stando dietro uno schermo”.

Malgrado l’iniziale scetticismo, una cosa ha veramente sorpreso la gran parte di noi studenti: questo nuovo sistema ha incontrato un favore crescente,  disperdendo via via  le polemiche e incontrando l’approvazione perfino dei prof più “conservatori”, nostalgici della cara e comoda lavagna con cancellino e gessetto! A chi di noi il docente non è apparso  come un nemico in cattedra, col coltello dalla parte del manico, pronto a colpire?

Eppure, adesso, in modo inatteso,  tutto sembra cambiare sotto i nostri occhi, per fare spazio a una persona che ci appare nuova e fa apparire il conoscere un po’ meno obbligato e più  motivato, dando un senso a questa devastante emergenza, che diversamente avrebbe logorato menti e corpi rinchiusi nelle proprie case.

Matteo Minghetti ed Edoardo Pace, 5 B Tecnico

 

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Addio a Ezio Bosso, sempre con la musica

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Addio a Ezio Bosso, sempre con la musica

«Sono un uomo con una disabilità evidente in mezzo a tanti uomini con disabilità che non si vedono». Fu con queste parole che Ezio Bosso, musicista, pianista e direttore d’orchestra, decise di esordire al festival di Sanremo dell’anno 2016. Nato a Torino il 13 settembre 1971 Ezio si innamorò della musica all’età di quattro anni, l’unica disciplina che riusciva a coinvolgerlo a pieno.

Per seguire la sua passione a 16 anni sceglie di andare via di casa e debutta come solista in Francia, ove incontra Ludwig Streicher, contrabbassista dei Wiener Philharmonic.

Il musicista austriaco, avendone notato l’innato talento, lo indirizza all’Accademia di Vienna dove Bosso studia contrabbasso, composizione e direzione d’orchestra. Appena uscito dall’Accademia, da contrabbassista, suona in importanti formazioni, tra cui la Chamber Orchestra of Europe di Claudio Abbado. È proprio con questo luminare della musica italiana ed internazionale che nasce una grande amicizia.

È dopo la sua morte che, nel 2017, Ezio diventerà testimonial dell’eredità della sua ultima creatura, l’Associazione Mozart14, nata a Bologna per portare la musica nelle carceri e negli ospedali.

La sua malattia inizia nel 2011, prima una grave neoplasia, poi la malattia neurodegenerativa che in breve lo porterà sulla sedia a rotelle. In questo periodo intensifica l’attività di direttore d’orchestra alla guida dell’organico della Fenice di Venezia e del Comunale di Bologna. Infine crea il suo gruppo di musicisti, la StradivariFestival Chamber Orchestra, poi ribattezzata Europe Philharmonic. Il momento più difficile da sopportare per Ezio arriva però solo di recente. È proprio lo scorso settembre che deve dire addio al pianoforte, le sue dita non rispondono più bene, i dolori a forzarle sui tasti si sono fatti insopportabili. Non voglio parlare della sua data di morte, accettatelo. Ezio Bosso non è mai morto e mai morirà.

Apparentemente inetto per via della malattia con cui era costretto a convivere, il Maestro non ne è mai stato succube. Quell’esile corpo umile, fragile e leggero lo accompagnava solo fino al momento in cui veniva fatto accomodare sul predellino del direttore. Su quello sgabello Bosso si trasformava, indomito dinanzi a tutto e inferiore solo alla musica stessa che dirigeva. La sua umiltà lo ha reso la persona che è stata e di cui tutti ci ricordiamo. Memorabile è la sua frase “alla musica non piace il potere”, che non mancava mai di dire anche davanti alle autorità, per ricordare che di fronte alla grandezza dello spartito tutti quanti noi altro non siamo che esserini minuscoli.

Il suo padre musicale è sempre stato Beethoven, un Esempio che Ezio ha seguito anche per far fronte alla malattia. È qui che si vede il genio. “Quel mezzo busto apparentemente sempre triste”, come lo chiamava sovente, nonostante il disagio della sordità e della solitudine, è riuscito a riportare su carta non solo della musica ma soprattutto delle emozioni da cui tutti devono trarne beneficio. E così anche il maestro.

La malattia è stata per lui sempre e solo un fattore limitante per il fisico, ma di certo non per la mente. La sua, ha detto lui stesso, è sempre voluta essere una musica al servizio del tempo, dimensione parecchio cara al Bosso, anche in certi sensi filosofo, che abbiamo conosciuto.

“La vita – disse il Maestro – è da intendere come una linea retta”. Una linea della quale non si conosce la fine e che è succube dello scorrere dei secondi. Tuttavia, nonostante questo tempo così crudele, ognuno di noi può scegliere come dilatarla a suo piacimento. La tristezza aiuta l’uomo a comprendere se stesso, nei suoi lati più intimi e nascosti e così anche la malattia.

Non mi vergogno a dire che quando ho appreso la notizia della sua scomparsa sono stato molto male, come fosse un famigliare, un amico. Non ho potuto non ricordare le sue parole dette durante una conferenza, cui ho avuto l’onore di assistere.

Un personaggio tanto felice quando fa musica quanto triste e sofferente nella vita di tutti i giorni. I suoi occhi non sono mai gli stessi. Quando dirige sono lucidi, fieri, compiaciuti e pieni di felicità; quando si ferma a riflettere nella vita quotidiana la sua espressione cambia. Le persone a cui lui vuole regalare la musica, fungendo da mezzo, diventano il suo più grande nemico: pur non avendolo detto mai direttamente, si notava guardandolo e sentendo cambiare la sua voce: Ezio soffriva del fatto che il suo amato pubblico lo apprezzasse soprattutto in quanto malato e non per le proprie capacità.

Diciamolo chiaramente, il Maestro non ha commosso tutta Italia per la musica che faceva ma per la sua malattia. Cosa che ha sempre detestato e cercato invano di dimenticare: “Io non so se sono felice o triste, so solo che mi tengo ben stretti i piccoli momenti di vera felicità, della mia infanzia”. Nonostante tutto il dolore che ha provato, la malattia non è mai stata il male più grande che Ezio ha dovuto sopportare.

Cosa c’è di peggio? “Rendermi conto di come alcuni, purtroppo anche cosiddetti colleghi, usino la mia condizione fisica per denigrarmi. La patologia vera è questa. Le disabilità più gravi non si vedono, i veri malati, o i “sani cronici”, come li chiama il mio amico Bergonzoni, sono loro”.

Più volte il musicista ha riflettuto sui miracoli che la musica riesce a compiere. Tutti quanti noi sappiamo sentire, ma solo in pochi sanno ascoltare. La musica ha questo ruolo, renderci consapevoli che dietro al semplice udire c’è una storia: di un’epoca, di una cultura, dell’unione fra individui, della società. Così il sentire si trasforma in ascoltare.

Ora quest’uomo non c’è più fisicamente ma, in quanto umani, sappiamo bene che l’anima non ha bisogno del corpo per vivere in eterno e di certo questa sua purezza non è mai passata inosservata e non verrà mai dimenticata.

Voglio ricordarti così Ezio. Con la bacchetta nella mano destra e con la mano sinistra sul cuore mentre contempli, nonostante le difficoltà, la cosa che ti ha sempre reso libero da tutto e da tutti, ma soprattutto mai solo: la musica. Ciao Ezio.

Federico Martini, 5 A Scientifico

 

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Vita quotidiana ai tempi di Nicea

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Vita quotidiana ai tempi di Nicea

Un vecchio vescovo cristiano del IV sec. spiega al suo giovane nipote le recenti trasformazioni della Chiesa, alle quali ha assistito nel corso della sua lunga vita: le persecuzioni di Diocleziano nel 303 d.C., la carriera sacerdotale ai tempi di Costantino e il Concilio di Nicea nel 325, come vescovo. Racconto in due tempi.

 Basilio (lo zio Vescovo): “Carissimo Paolo colgo l’occasione della tua graditissima visita perché vorrei parlarti della storia della nostra Chiesa, perché se adesso noi cristiani viviamo alla luce del sole il nostro credo, un tempo non era così.”

Paolo (il nipote): “Zio, mi incuriosisce quello che tu mi dici, ma mi tormenta tantissimo per quale motivo non ho mai conosciuto i nonni. Mia madre non me lo ha mai voluto raccontare. Tutte le volte che le ho fatto questa domanda i suoi occhi si rattristano e si riempiono di lacrime.”

“Capisco perfettamente, anche a me provoca grande dolore ripensare a ciò che ha distrutto la nostra famiglia. Ma tu hai già 15 anni e sei abbastanza grande. È giusto che tu conosca la verità che ti ha preceduto e la nostra storia. Paolo, tu sai perché noi siamo cristiani?”

“Sì zio, per dono di Dio”

“E sai perché porti il nome Paolo?”

“Sì zio, perché Paolo (Saulo) era il più colto degli apostoli ed aveva la cittadinanza romana e si prodigò moltissimo, con il suo carattere energico ed appassionato, per diffondere gli insegnamenti di Gesù fra i pagani fino a quando fu perseguitato e morì martire durante l’Impero di Nerone insieme all’apostolo Pietro.”

“Ecco Paolo, è proprio sulla parola ‘perseguitato’ e ‘martire’ che voglio farti riflettere. Vieni qui, sediamoci comodi ad ammirare questo tramonto e ti racconterò ciò che io e tua madre, quando avevamo all’incirca la tua età, abbiamo vissuto insieme a tutta la nostra comunità cristiana.”

“Perseguitato, martire? Cosa vuoi dirmi zio? Pensavo si trattasse di cose lontane da noi ed invece intuisco dal tono della tua voce che tu e mamma ne abbiate un vivo ricordo.”

“Proprio così Paolo… con i nonni vivevamo a Nicomedia una delle più importanti città dell’impero romano che fu scelta da Diocleziano come una delle sue capitali nel nuovo sistema tetrarchico.”

“Tetrarchico? Cosa vuol dire?”

“La tetrarchia fu la forma di governo scelta da Diocleziano e consisteva nella divisione dell’impero in quattro parti. C’erano due Augusti ed ognuno aveva un Cesare. Diocleziano rimaneva comunque Augustus Maximus ed ogni decisione finale spettava solo a lui.”

“Ma perché Diocleziano scelse Nicomedia?”

“Nicomedia era in una posizione strategica, era vicina allo stretto dei Dardanelli e a quello del Bosforo e lui la scelse come sua sede. Diocleziano arricchì molto la città, ricordo che furono costruiti molti templi pagani, c’era un teatro ed un imponente palazzo imperiale con mura e torri. C’erano anche alcune chiese cristiane e la nostra comunità professava la sua fede più o meno liberamente.”

“Cosa intendi con più o meno liberamente?”

“I pagani ci consideravano come dei gruppi isolati e non accettando il nostro credo non capivano le regole delle nostre comunità. Era ancora difficile potersi esprimere alla luce del sole. Noi che avevamo ricevuto il battesimo, simbolo di rinascita alla nuova vita in Cristo, eravamo guidati dai presbiteri, uomini anziani di grande moralità, che predicavano la dottrina. A fianco dei presbiteri c’erano i diaconi che amministravano i beni della comunità ed assistevano i poveri ed i bisognosi. A sorvegliare tutto il vescovo che riconosciuto come successore degli apostoli aveva il compito di vigilare sulle comunità che lo avevano eletto.”

“Mi sembra di capire che eravate ben organizzati, ma come vivevate?”

“Vivevamo come Cristo ci ha insegnato: ogni comunità cristiana svolgeva la sua vita all’insegna della fratellanza. Quando non si poteva andare in chiesa ci riunivamo nelle case per la preghiera in comune e per celebrare l’eucarestia. I nonni, che erano molto attivi all’interno della nostra comunità, tante volte hanno aperto le porte della nostra casa ai fratelli della comunità.”

“Ma se eravate così prodighi nell’aiutare gli altri cosa è successo? Perché prima mi hai chiesto di riflettere sulla parola perseguitato?”

“Caro Paolo, il rivoluzionario messaggio del cristianesimo, che parlava di eguaglianza e salvezza, faceva paura all’impero romano e Diocleziano si sentì minacciato da noi cristiani. Sai Diocleziano mise in atto tante riforme durante il suo impero oltre a quella della tetrarchia.”

“Che tipo di riforme zio?”

“In un primo momento Diocleziano non si preoccupò della presenza di noi cristiani e per prima cosa cercò di rendere più sicuri i confini dell’impero aumentando il numero delle legioni nell’esercito; divise l’esercito in due parti: i limitanei a permanente difesa dei limes e i comitatus, al diretto comando dell’imperatore, che formavano un esercito mobile, posto nelle retrovie e pronto ad intervenire in caso di bisogno. Successivamente, per far fronte alle aumentate spese dell’esercito, si occupò di mettere in atto una riforma economica introducendo: nuove imposte sul reddito di ogni individuo e sui terreni posseduti. Nel 301 d.C. promulgò l’Edictum de pretiis, un calmiere dei prezzi, che imponeva la vendita di ogni merce con un prezzo non più alto rispetto a quello fissato dallo Stato, ma questo provvedimento favorì il ricorso alla borsa nera. Infine per non modificare le entrate dello stato stabilì anche l’ereditarietà dei mestieri obbligando i figli a proseguire il lavoro dei padri. Concluso l’iter politico/amministrativo pensò anche di fare delle riforme in ambito religioso.”

“Ma perché Diocleziano che era Augusto Massimo volle occuparsi anche della nostra religione?”

“Paolo, il cristianesimo si era diffuso così largamente sia nelle province orientali che in quelle occidentali e soprattutto aveva abbracciato tutti gli strati della società. I nonni mi dicevano che anche la moglie di Diocleziano fosse cristiana! Alcuni cristiani in quel periodo scendevano a patti con lo stato romano, ma molti di noi si sono sempre rifiutati di entrare nell’esercito o di sottomettersi alla disciplina militare ma soprattutto di riconoscere la natura divina dell’imperatore e di fare sacrifici in suo onore. Diocleziano voleva sempre più rafforzare il suo potere.”

“In che modo Diocleziano cercò di rafforzare il suo potere?”

“Poiché molti seguaci della religione pagana, fra cui il Galerio, cesare di Diocleziano, affermavano che noi cristiani stavamo diventando un serio problema per la stabilità e la credibilità dello Stato, Diocleziano, dopo circa quarant’anni di relativa tolleranza, nel 303 iniziò, purtroppo, nuove persecuzioni contro di noi.” 

“Quindi tu e mamma con i nonni avete subito le persecuzioni?”

“Ebbene sì, gli editti di Diocleziano furono davvero pesanti e crudeli. A noi cristiani furono confiscati beni, furono distrutte le poche chiese che c’erano e ci fu vietato di riunirci e di celebrare i nostri riti. Alcuni presbiteri ed anche il nostro vescovo furono addirittura arrestati e molti cristiani furono esclusi dalle cariche pubbliche. La nostra famiglia da sempre aveva accolto in casa i fratelli per la preghiera e continuò a farlo in nome di Cristo e dei suoi insegnamenti. Fu un periodo davvero cruento, scoppiarono tante sommosse, cominciarono ovunque arresti, torture ed uccisioni. Abbiamo assistito a scene violente e abbiamo visto tanto sangue, ma continuavamo a pregare e la fede ci teneva uniti. Un giorno eravamo riuniti nella nostra casa con altri fratelli della comunità e ci fu un’incursione romana. Iniziarono a urlare e rovistare dappertutto ed infine bruciarono i nostri testi sacri, quelli su cui io e tua mamma avevamo imparato a leggere, quei testi a cui i nonni tenevano moltissimo. Davanti le repliche del nonno e la disperazione della nonna che inveiva sui soldati per l’ingiustizia subita, li catturarono entrambi e li portarono via. Io e tua madre rimanemmo da soli e da quel giorno non li abbiamo mai più visti.”  

“Ma non avete più avuto alcuna notizia?”

“Purtroppo no, non abbiamo più saputo nulla anche se abbiamo sempre immaginato cosa sia potuto succedere. Non abbiamo mai avuto la certezza del fatto che siano stati uccisi da quei soldati romani, ma lo abbiamo pensato più volte.”

E cosa avete fatto?”

“All’inizio è stata davvero dura! Si vedevano ogni giorno, per le vie di Nicomedia, scene tremende e tragiche, anche decapitazioni e facilmente ci siamo abbandonati a brutti pensieri.

Poi col tempo, dovevo fare coraggio a tua mamma e, per ad andare avanti, abbiamo scelto di immaginare che i nonni fossero andati in un paese lontano, ed ancora crescendo ci siamo rafforzati nella fede ed abbiamo sempre pensato che, con lo spirito, erano sempre vicini a noi. Gli insegnamenti che i nonni ci avevano dato sono stati fondamentali così come la vicinanza dei fratelli della nostra comunità. Siamo sempre rimasti fedeli ai principi religiosi che avevamo appreso sin da bambini e anche nei momenti più bui non abbiamo mai considerato Diocleziano come un dio. Paolo, fu in quel periodo di grande dolore e preghiera che fui illuminato da Dio. Tutto un giorno mi fu immediatamente chiaro e capii che dovevo adoperarmi per gli altri così come avevano fatto i nonni.”

“Come avete continuato a vivere?”

“Abbiamo sempre pensato che le persecuzioni fossero una prova per noi cristiani ed animati dalla fede in un Dio buono ci siamo trasferiti ad Heraclea da alcuni parenti lontani. Lì abbiamo continuato a vivere da buoni cristiani. La mamma aiutava in casa e ed io iniziai dopo poco la mia carriera sacerdotale.”

“Ma per quanto tempo Diocleziano continuò a perseguitare i cristiani?”

“Le persecuzioni contro i cristiani continuarono per circa 10 anni anche se non raggiunsero lo scopo atteso da Diocleziano che nel 304 d.C. si ritirò. Dopo il suo ritiro si scatenò uno scontro tra Costantino (figlio di Costanzo Cloro che era stato il Cesare di Massimiano) e Massenzio (figlio di Massimiano, l’Augusto d’Oriente) in quanto anche la riforma politica messa in atto da Diocleziano non assicurò il suo successore.

“Ma anche i successori di Diocleziano continuarono a perseguitarci?”

“Già nel 311 avviene un primo fatto di grande importanza: il 30 aprile, a Nicomedia, Galerio pubblica, pochi giorni prima di morire, anche a nome di Costantino e di Licinio, un editto con il quale ha concesso a noi Cristiani la libertà di culto e la riedificazione delle chiese. Molti uomini dell’impero avevano capito che bisognava riconciliarsi, ma molti rimasero ancora contrari al Cristianesimo e fra questi Massimino e Massenzio. Dopo la morte di Galerio si temeva scoppiasse anche una guerra anche tra Massimino e Licinio, ma per fortuna i due augusti trovarono un accordo per dividersi le terre: le province d’Asia e l’Egitto a Massimino e la penisola balcanica a Licinio.”

“E lo scontro tra Costantino e Massenzio?”

“Tra Costantino e Massenzio ci fu invece una vera e propria guerra civile che si concluse con la battaglia sul ponte Milvio nel 312, dalla quale Costantino uscì vittorioso. La battaglia tra Costantino e Massenzio ebbe sia un significato politico che religioso.”

“In che senso ebbe un significato religioso?”

“Costantino aveva ordinato di porre sulle proprie insegne non soltanto le immagini pagane, ma anche una croce, il nostro principale simbolo cristiano. Massenzio aveva combattuto protetto dai soli simboli pagani e aveva perso, mentre Costantino aveva combattuto usando anche i simboli cristiani ed era risultato vincitore.”

“Fu con Costantino che il cristianesimo non fu un problema per l’impero?”

“Proprio così, con Costantino lo stato romano prende atto della funzione sociale della nostra Chiesa e l’editto di Milano emanato nel 313 è un gran passo verso l’affermazione del Cristianesimo”.

“Zio, perché proprio l’editto di Milano fu un gran passo, cosa si decise?”

“Paolo perché l’editto di Milano ha stabilito per il Cristianesimo la stessa libertà di culto prevista per le altre religioni in ogni parte dell’impero, e con questo editto sono finite le persecuzioni contro cristiani. Inoltre l’editto ha previsto che ci fossero restituiti i beni confiscati durante le persecuzioni.”

“Ma perché Costantino sostenne il cristianesimo?”

“Costantino fu illuminato durate il sonno da Dio, che gli apparve suggerendogli di apporre il cristogramma sugli scudi dei soldati. Dopo la vittoria di Ponte Milvio, Costantino si convertì definitivamente al cristianesimo e con la sua politica ci sostenne e ci liberò dalle persecuzioni. Molti sostengono che la sua conversione sia stata guidata anche da motivazioni politiche, ma io lo escludo perché noi cristiani non rappresentavamo la maggioranza all’interno dell’impero e soprattutto perché anche al nostro interno c’erano delle dispute tra i vescovi delle diverse comunità.”

“In che modo Costantino sostenne il cristianesimo?”

“Costantino fu un imperatore prudente e cercò di mantenere un equilibrio fra i vecchi senatori pagani e i cristiani che volle introdurre nella struttura politico – amministrativa dello stato. Costantino è stato un uomo molto abile nel mantenere l’ordine ed ha favorito il Cristianesimo, ha sempre appoggiato la nostra Chiesa e la nostra organizzazione ecclesiastica sfavorendo gli eretici.

“Cosa fece per sfavorire gli eretici?”

“Costantino cercò in diverse occasioni di tutelare l’unità della Chiesa soprattutto quando al suo interno scoppiavano dissidi dovuti ad una diversa interpretazione della dottrina di Gesù. La più grave di queste controversie ebbe origine per opera di Ario, un prete di Alessandria d’Egitto, che rifiutava di credere alla divinità di Cristo. Questa sua teoria venne bollata dalla Chiesa come un’eresia e per discutere dell’argomento, Costantino convocò e presiedette personalmente il primo concilio ecumenico della storia della chiesa.

“Perché Costantino volle convocare addirittura un concilio?”

“Costantino era molto preoccupato che le eresie provocassero una frattura nella cristianità soprattutto in Egitto ma anche in Siria, che erano le aree più delicate del suo impero ed avrebbero potuto imboccare la via dell’indipendenza politica. Costantino aveva ottenuto da poco la riunificazione dell’impero con la sua vittoria contro Licinio del 324 e desiderava anche vedere unita la Chiesa. Certo di riuscire a mettere d’accordo coloro che affermavano la divinità di Cristo e coloro che la negavano convocò il concilio per porre fine ad ogni contrasto.”

“Dove si tenne il concilio?”

“Il concilio si tenne nel 325 a Nicea città non lontana da Nicomedia e da Costantinopoli. Ricordo ancora l’invito ricevuto. Ero incredulo davanti alla convocazione di un concilio universale. Ero da pochissimo stato nominato vescovo e mi toccava partecipare ad una riunione così importante. All’epoca Costantino non si era ancora battezzato ma era convinto nel suo intento di unità della chiesa e cercò di facilitare il più possibile la partecipazione di tutti noi vescovi. Mise a disposizione i servizi delle poste imperiali per il viaggio, e ci offrì anche ospitalità.”

“Zio, com’era l’imperatore?”

“Non lo avevo mai visto fino a quel giorno. Lo avevo più volte immaginato, pensandolo come un uomo buono soprattutto perché scelto da Dio come messaggero di unione. A Nicea si presentò con abiti regali e molto adorni che illuminavano la sua bellezza fisica, ma la cosa che mi colpì particolarmente fu il colore del suo volto e lo sguardo. Era decisamente un timido, o quanto meno in quella circostanza lo era, e le sue guance mostravano il colore di questa timidezza, ma dallo sguardo era facile intuire la bontà del suo animo. Eravamo tutti in piedi ad onorare il suo ingresso ma prima ancora di sedersi ci fece cenno che potevamo subito accomodarci anche noi.”

“Ma Costantino riuscì nel suo intento con il concilio niceno?”

“Si Paolo, al termine del concilio la dottrina ariana venne condannata e bandita e durante il concilio venne composto anche il simbolo niceno, il nostro credo, che è diventato la professione di fede per tutti noi Cristiani.”

“Anche se è stato molto triste venire a conoscenza delle persecuzioni, è stato molto interessante ascoltare le testimonianze di chi come te ha partecipato alla storia, tutto mi appare più chiaro e reale. Grazie zio.

Ruggero Dominici, 2 B Tecnico

 

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