Sunday, November 2, 2025

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Stem cells: an incredible power for all

Posted by admin On Giugno - 17 - 2017 Commenti disabilitati su Stem cells: an incredible power for all

Imagine to be born as a machine: you would be able to do anything you want, and if some parts of you break, you’d be able to replace it with a spare part.

Unfortunately, you are a human being, and you cannot replace parts of your body with some new ones as a machine does. Or can you?

Nobody knows that it is possible to generate new organs, that will be 100% compatibles with your body. This thanks to something that everyone has since he was born: the umbilical cord, or better the stem cells of the umbilical cord. These special cells have incredible power: they are like supercells, able to create any type of tissues, like the epithelial or the muscular ones, so we can create new organs to use as substitutes of others that could be affected or damaged.

This would be possible for you, if you still had your own umbilical cord. Unfortunately, the doctor you met when you were born threw it away, in a common rubbish can. This happens to umbilical cords all over the world every day, and it is an incredible waste of resources. Now the good news comes: it is possible to save the umbilical cords of the newborns, and it is very easy.

During the pregnancy the parents have to choose to safe  it and when the labour time will come, the father will call the agency specialized that, thanks to a 24H out of 24H service, will come to the hospital and will take some samples.

It is a totally safe procedure, and neither the mother or the baby will get hurt. This because the blood, which contains the stem cells, is taken from the umbilical cord once the child is born. Once taken, the samples will be carried to the agency, where will be put in cryopreservation, which means to a temperature of about -150°C. So they are frozen and will be defrosted in the hour of need. This is incredibly helpful, because, thanks to these stem cells, scientists are able to treat more that 80 pathologies, including common blood diseases like leukaemia and anaemia.

All this is fantastic, but there is one, little big problem. In Italy, private agencies of this kind are forbidden, they don’t exist. There are only public centres, where the umbilical cords can be collected and used by everybody. The stem cells are compatible only with the biological owner and his immediate family, while there is very little chance to find stem cells that are compatible with your body.

Fortunately, near countries like England, Switzerland and the best in Europe, San Marino, have private agency, where you can keep the umbilical cords of your sons and daughters, and furthermore, the price is very cheap! The keeping costs about 2000 euros for  20 years! Now that you have all the necessary information, it’s up to you: will you save your children’s life with this simple and cheap gesture?

Riccardo De Biasi, 3 A Ls

 

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A scuola con poesia: versi a confronto

Posted by admin On Giugno - 17 - 2017 Commenti disabilitati su A scuola con poesia: versi a confronto

In questo secondo periodo scolastico abbiamo affrontato il tema della poesia, cercando di capire come attraverso lo studio della stessa potevamo comprenderla nella sua forza di espressione. È stata per noi un’esperienza interessante perché ci ha messo in contatto con un mondo quasi sconosciuto, ma soprattutto non banale, per comprendere ed esprimere le nostre emozioni e i nostri sentimenti. Ci abbiamo provato…

Giulia Kaur, 2 A Tecnico

Il vulcano

Arrabbiato esplode il vulcano,

minaccia la città sottostante:

si disperdeva la gente urlando

sotto la bava di lava bruciante,

le onde della pazzia cavalcando,

il divino disperata implorando:

però il fuoco inghiottiva l’umano.

Eric Pipero, 2 A Tecnico

 

Neve

Scende lenta sulle fredde colline

e imbianca le montagne vicine;

gli animali sono in letargo

perché di cibo ne hanno un cargo:

ciò sarà in inverno una scorta.

Nella neve c’è una gatta morta,

forse per il freddo o per la fame;

rintanati non vogliono morire:

l’inverno tutto fa scomparire.

Nicolò Melzani , 2 A Tecnico

 

Il tuo Cuore è rosso

come il mio Amore

In una notte d’estate vidi lei:

era la stella più luminosa

così forte da pensarla ogni ora.

Non so se era lei o una rosa,

rossa come il tuo cuore,

rossa come il mio amore,

così forte che senza il tuo valore

non proverei tanto grande amore.

Lorenzo Conca, 2 A Tecnico

 

Lirica minima in endecasillabi

Il tuono d’ una tempesta s’udì

Provenire da un cielo pieno d’ira

Quando un profondo blu nel ciel s’aprì.

Una raffica di vento soffiò.

E il ciel dalle nuvole liberò

Un ribrezzo pel gelo mi colpì

Ma quel blu il cuor di gioia mi riempì

Theodor Leonard Paval, 2 A Tecnico

 

Poesia

Se pur son spugna, roccia sarò

Io son gatto ma leone diventerò

Ho trovato amore nell’odio ricevuto

Non mi sono mai perso,

ma ora mi sono trovato.

Giovanni Calà, 2 A Tecnico

 

Guardo il cielo e penso a te

Guardo il cielo e penso a te

da quando mi hai abbandonato

ripenso al vuoto che hai lasciato

ricordo i momenti insieme passati

a vivere felici ed appassionati

Guardo il cielo e ripenso a te

ti rivedo sorridere nei sogni miei

certa che con te ovunque andrei

ma ricostruire  impossibile  è ormai

e solo un dolce ricordo resterai.

Ines Rini, 2 A Tecnico

 

Dispersa nel vento

Le nostre mani sono come nodi

distese su queste lenzuola.

Con indosso solo la camiciola

ce ne stiamo assai comodi.

Mentre l’alba aggraziata

penetra incerta nelle tende,

sui nostri giovani visi splende

la sua dolce luce velata.

Ubriachi del sentimento profondo

ce ne stiamo abbracciati stretti

e ciò acceca gli aspetti

furibondi del mondo.

Io vulnerabile delle mie paure

a te di fianco sto sdraiata,

mentre con brama aggraziata

ne ammiri le minime sfumature.

Ne sono innamorata persa

di questa scorrevole vita

che sfugge via tra le dita

e che nel vento viene dispersa.

Aurora Zanotti, 2 A Tecnico

 

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I Modà e Passione Maledetta

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su I Modà e Passione Maledetta

Passione Maledetta 2.0 – Modà (Ultrasuoni)

Dopo il quadruplo disco di platino con Passione Maledetta, i Modà sono tornati anche nel 2016 con il 2.0: dieci nuovi pezzi. Questo album non è in vendita singolarmente, bensì si trova in un cofanetto che comprende il nuovo disco, il precedente Passione Maledetta, più due DVD che racchiudono il concerto di San Siro dello scorso giugno con contenuti speciali.

Il tema principale è sempre l’amore, questa volta con molte varianti: per esempio posizionata nona nella tracklist troviamo “Mamma dice sempre”, una canzone che ci dà dentro, più energica rispetto al resto dell’album (composto principalmente da chitarre acustiche e pianoforti), il cui testo è un dialogo che instaura un figlio con la madre. È una canzone sugli incidenti stradali, e Kekko mette in risalto con la sua interpretazione quanto il figlio sia pentito di non aver ascoltato le raccomandazioni della madre prima di guidare. Troviamo poi “L’ultima mano”, al secondo posto in tracklist, che accenna al gioco d’azzardo. Non è quindi la solita minestra di testi d’amore, è un amore pratico, terreno, non soltanto poetico.

È stato lanciato col pezzo più radiofonico dell’album, “Piove Ormai Da Tre Giorni”, per il resto è composto da poche hit (una di queste è “Lontano da tutto”), un album più intimo, più cantautorale rispetto ai lavori più recenti.

Non sembra scritto nel 2016, infatti la band anziché puntare a un sound commerciale ha deciso di staccare con dieci nuovi pezzi che tornino indietro di qualche anno.

Qui si tocca il passato, dal “Ti Amo Veramente” del 2004 a “Sala D’Attesa”, a differenza della radiofonicità di “Gioia” piuttosto che dell’album più venduto “Viva i Romantici”.  Alla fine è sempre il sound Modà, su quello non ci piove, neanche da tre giorni.

Matteo Francesco Bonanno, 4 A Tecnico

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Baustelle, sound unico di immagini

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Baustelle, sound unico di immagini

L’AMORE E LA VIOLENZA

Baustelle (Warner Music Italy)

Non ascoltavo un disco così da tempo, e devo confessare che neanche conoscevo i Baustelle prima d’ora. Il loro ultimo lavoro, uscito lo scorso 13 gennaio s’intitola “L’amore e la violenza”. Inizialmente, prima di ascoltare un album, in genere si scopre quale sia la sua copertina, ed è lì che immaginai il tipo di sound che sarei andato ad ascoltare.

Ormai si vedono solo copertine “fighettine”, dove il soggetto della foto diventano gli effetti speciali, e il cantante annega sempre di più, assorbito da questa valanga di pixel colorati messi giù a caso per attirare l’attenzione dell’ascoltatore. Non è quello che ho visto con la copertina di questo disco. Tramite questa cover sono riuscito benissimo a collegare l’arte visiva all’arte temporale: un po’ come accade nei videoclip e, che sia chiaro, non parlo di quelli in cui si vede il cantante che cammina per strada e canta fissando l’obiettivo della fotocamera per tutto il filmato, ma dove tramite le immagini e i loro colori (arte visiva) riesco ad attribuirci una musica (arte temporale). Se vogliamo farla più breve è come se la musica si guardasse allo specchio, e all’interno di questo possiamo vedere quella sola immagine. Perché alla fine la musica genera immagini e immagini generano musica: questo concetto in tanti oggi lo stanno tralasciando.

Non però i Baustelle. È un disco che può indirizzare la musica italiana verso una nuova direzione, non tanto per la sua particolarità, ma più per la sua unicità. È un sound che tocca gli anni ’70, pieno di contaminazioni (chiaro lo zampino di Battiato in un paio di tracce): oggi viene etichettato come “indie”. Il primo singolo, anche il più radiofonico, si chiama “Amanda Lear”, al terzo posto nella tracklist.

I Baustelle sono tutto questo, e un album del genere non può farlo nessun’altro. Lo consiglio a tutti quelli che vorrebbero ascoltare un genere che sia fuori dall’ordinario, qualcosa di vintage, se vogliamo chiamarlo così, che risulti allo stesso tempo fresco e moderno. Quindi questo disco ha quell’elemento essenziale che deve essere la base di ogni disco, cioè una vera e propria identità.

Matteo Francesco Bonanno, 4 A Tecnico

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Causa evitabile, ma uccide ancora

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Causa evitabile, ma uccide ancora

Al giorno d’oggi il fumo è ancora considerato una delle cause di morte più incisiva. Infatti il fumo di sigarette,  passivo o attivo, è classificato come cancerogeno per l’uomo, a causa di alcune sostanze presenti nelle sigarette, dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Il tabagismo è una malattia, lo afferma anche l’Oms nella decima revisione della classificazione internazionale delle malattie, includendo la dipendenza da tabacco nella lista dei disturbi legati all’uso di sostanze farmacologiche, e come tale deve essere trattata.

Il fumo è considerato uno dei fattori che più favoriscono l’insorgere di alcune malattie estremamente pericolose, come il cancro all’apparato respiratorio e cardio-vascolare. Inoltre nei Paesi più sviluppati è considerato come prima causa di morte evitabile.

Secondo alcuni studi in Italia il tabagismo causa circa 80.000 morti: morti, cerchiamo di ricordarlo, per una causa “evitabile”.

Enrico Barin, 3B Ls

 

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Immigrati: davvero non c’è soluzione?

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Immigrati: davvero non c’è soluzione?

Perché il problema come sempre è l’ignoranza, la disinformazione che porta agli sbagli. Continuiamo a correre in soccorso di coloro che abbandonano le coste del “continente nero” con nulla in tasca ma migliaia di sogni nella testa: chi mosso da disperazione, chi in fuga dalla guerra, chi con un proprio “american dream”.

Loro cercano salvezza verso le nostre coste. Centinaia di migliaia di persone dedicano la loro vita per potersi pagare un biglietto, un posto su un barcone per poter raggiungere la Sicilia o la Grecia con la speranza di raggiungere ed esaudire desideri di una vita, che a noi sembrano banali, ma che per loro sono quasi inimmaginabili, come per esempio una casa propria, un lavoro, condizioni di vita umane.

Se arrivano, appena toccata terra si renderanno conto che i sogni erano tutte fantasticherie.

Saranno raccolti in centri che li tratteranno come merce, per denaro: lì loro non sono persone, ma solo i mezzi per ricevere agevolazioni statali.

Tutto potrebbe cambiare, potremmo far cessare gran parte di questi sbarchi clandestini informandoli, smentendo i loro sogni sul nostro Paese, per poterli però realizzare nel loro.

Se tutto ciò che desiderano, se tutto ciò per cui sono spinti a solcare quelle paurose e, ormai, sanguinose acque lo portassimo noi da loro? Se migliorassimo noi le loro condizioni di vita, non sarebbe meglio?

Noi ci lamentiamo del loro continuo afflusso, ma non cerchiamo soluzioni; cerchiamo al massimo soluzioni al nostro problema, ma non al loro.

Dobbiamo pensare alla causa che porta allo scaturire di tutti questi flussi migratori. Spendiamo milioni per il loro soccorso e sostentamento, ma se li spendessimo per costruire case, pozzi o per cessare guerre non sarebbe forse meglio e più utile?

Marcello Colombi, 3A Ls

 

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When your eyes cross their eyes

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su When your eyes cross their eyes

Imagine this scene:  you are in a place full of people; your eyes cross the eyes of a stranger just for a second, in that moment you stay there, looking to each other, but then you look away as soon as possible.

Have you ever asked yourself why is so embarrassing to look someone else straight in the eyes? Here you can receive some answers.

Scientists at the University of Vincennes in Saint-Denis, France, have proved that the eye contact with other people revives the awareness of our body, so our brain became suddenly more conscious of the feelings that are having place inside us.

The psychologist Matias Baltazar showed to 32 volunteers a series of pictures representing positive and negative situations and asked them to tell the emotions caused by each one.

The 32 people were also connected to a special device that registered the emotive reactions through the hand sweating.

Each positive or negative photo had been preceded by another image of a male or female face: some of these faces stared at the volunteers, others had their gaze looking away.

Researcher discovered that, after the subjects saw the faces which stared at them in the eyes, they showed more effective and accurate descriptions of their physiological reactions to the positive or negative photos.

“Our results show that the body consciousness of an adult becomes more acute when we’re under someone else’s gaze”, says Baltazar. Researchers have proved that the improvement of the feeling description regards only the actions connected to the body consciousness.

This discovery could be useful to stimulate the consciousness in people who have a distorted view of their body as the ones who suffer from anorexia or depressive disorders.

Francesca Ferraro, 2B Ls

 

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Quando ricordare diventa un dovere

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Quando ricordare diventa un dovere

Ricordare. Una delle più belle tra le azioni che un uomo sia in grado di fare. Ricordiamo tutto, o quasi: il primo giorno di scuola, la nostra data di nascita, il nostro primo amore… Qualsiasi cosa riesca a farci provare emozioni la intrappoliamo nella nostra testa, e la teniamo lì, a far polvere fino a quando non decidiamo che è arrivato il momento di rivivere quell’attimo, quell’istante così intenso come se fosse lì, di fronte a noi.

Non sempre questo è possibile. Non sempre la nostra testa ci permette di rivivere quell’attimo. Alcune volte ne dimentichiamo particolari, altre intere sequenze e altre ancora ci ricordiamo solo l’inizio o la fine. Alcuni attimi però ce li ricordiamo tutti. Dall’inizio alla fine. Ogni singolo particolare. Ogni fottuto dettaglio.

Ero lì. Fermo. Non so se era il freddo che mi bloccava, ma non riuscivo a muovermi. Fissavo il letto a pochi centimetri dal mio naso e pensavo. Pensavo a qualunque cosa. La mia famiglia, che non sapevo se fosse morta o viva, il perché mi trovavo lì rinchiuso in una baracca come un animale, il come era potuto succedere.

All’improvviso si spalanca la porta e ci fanno alzare sbraitando parole in tedesco che nemmeno capivo. Mi metto in fila come gli altri e usciamo in modo ordinato e lineare. Ci ispezionano attentamente per vedere se c’è qualcuno di malato, non in grado di lavorare.  Tutti sembriamo essere idonei e quindi ci mandano alle nostre postazioni.

Devo percorrere un po’ di strada per arrivare al mio impiego. Sulla mia destra vedo il grosso edificio dal quale esce giorno dopo giorno sempre più fumo, senza mai fermarsi un istante. Tutto mi sembra come gli altri giorni. Solita sveglia, solta camminata, solito lavoro.

Di fronte a me, in procinto di entrare nel cortile del grosso edificio fumante, vedo un gruppo di bambini. Mi si stringe il cuore. Loro si guardano, giocano, riempiono l’aria di quella loro così pura e candida risata, completamente ignari di quello che sta succedendo. Li  guardo ormai varcato il cancello allontanarsi piano piano, mano nella mano con un soldato tedesco, avvicinarsi sempre di più alla cortina di fumo che separa il regno dei vivi e quello dei morti.

Uno però era rimasto indietro, se lo erano perso.

Si avvicina e mi chiama. Io mi fermo nonostante le minacce della guardia che mi stava scortando. Il bambino mi consegna un bambolotto e mi chiede se lo posso portare a suo padre. Io gli chiedo dove posso trovarlo, ma lui non me lo sa dire. Si mette a piangere.

Allora decido di mentire. Gli prendo il bambolotto e gli prometto che su papa l’avrebbe ricevuto. Intanto di corsa stava arrivando una guardia per recuperare il bambino rimasto indietro. Gli consegna alcune caramelle e lo convince a seguirlo per andare a “giocare”.

Il bambino mi chiede se ho voglia di andare a giocare con lui. Io lo guardo. Il cuore mi si riempie di compassione, tristezza, rabbia.

Incomincio a piangere silenziosamente e tra un singhiozzo e l’altro gli dico che l’avrei raggiunto poco più tardi. Lui mi guarda con uno sguardo innocente e mi annuisce quasi entusiasta. Lo vedo allontanarsi. Ha superato anche lui la cortina di fumo. Con gli occhi gonfi per le lacrime guardo il fumo alto nel cielo. Mi sembra di vedere una sua sagoma. Vengo trascinato a forza a lavorare.

Ti devo una partita piccolo amico mio.

Ludovico Zaccaria, 4A Ls

 

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History&World: storia, che passione

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su History&World: storia, che passione

La storia scolastica non è una materia particolarmente affascinante per gli studenti. Spesso la conoscenza che ne abbiamo si limita a semplici nozioni su guerre, battaglie e avvenimenti di cui abbiamo una visione vuota, artificiale.

Poi però ci sono anche gli studenti per cui la storia è una passione, e le passioni c’è chi le coltiva fino in fondo. Un esempio è Riccardo Bernocchi, alunno del nostro istituto, nella classe 3B Liceo, che di questa passione ha fatto anche un progetto per l’alternanza scuola/lavoro.

La sua passione per la storia nasce già da piccolo, poi è cresciuta fino a trasformarla in un canale YouTube prima, una rivista stampata in proprio poi.

Il progetto si chiama “History & World” e nasce nel dicembre 2015 con la pubblicazione su YouTube di un video relativo alla Battaglia delle Ardenne. Poi, col tempo, i video sono aumentati e migliorati, fino ad arrivare a ottobre 2016 con la pubblicazione della prima rivista. Il gennaio successivo è la volta del secondo numero: “Del resto i tempi di scrittura, correzione e stampa sono lunghi – spiega – ma le ore che impiego sono valide per l’alternanza scuola-lavoro”.

La rivista “History and World” è stata presentata il 20 gennaio a un circolo culturale in Città Alta. “È stata accolta bene”, commenta con modestia.

L’autore confessa: “Il mio periodo storico preferito è la Seconda Guerra Mondiale, ma cerco di sempre spaziare il più possibile negli argomenti.” Per ora gli articoli per ciascun numero della rivista sono tre.

“La lettera di apertura serve a instaurare un rapporto di amicizia col lettore – specifica Bernocchi – Il primo articolo può parlare di un tema anche non prettamente storico”.

Nel primo numero si trattava delle Colonne d’Ercole, poi Napoleone, ma in futuro potrebbe essere anche un tema artistico, sempre con un aggancio alla storia. Segue un articolo centrale a carattere storico: “Anche se – puntualizza –  l’articolo sul Kursk del secondo numero è ancora tra storia e cronaca. L’affondamento è avvenuto nel 2000”.

Il tutto è reso leggero da immagini (anche l’impaginazione è curata dall’autore) e curiosità.

La rivista si chiude con una “graduatoria” di personaggi o eventi storici: “Nel primo numero ho trattato gli imperi più grandi della storia, nel secondo gli strateghi più astuti”. Gli argomenti sono pochi ma mirati: “I miei obbiettivi sono due. Il primo è quello di far conoscere al lettore fatti che non conosce e che spesso non rientrano nei programmi scolastici di storia. Il secondo è quello di far riflettere sugli argomenti trattati”.

Matteo Bevilacqua, 3B Ls

 

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Leningrado, 900 giorni di assedio

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Leningrado, 900 giorni di assedio

L’illusione nazista di una vittoria contro l’ex capitale degli Zar stroncata dall’accanita resistenza russa e dal gelido inverno del 1941 Quarantacinque tonnellate di cibo al giorno e l’unione della cittadinanza portano due anni dopo alla liberazione dalla prigionia

Già dall’agosto del 1941, quella che era stata la capitale dello Zar con il nome di San Pietroburgo era stretta dalla morsa tedesca: sull’altro fronte però oltre un milione di persone presero parte alla difesa di Leningrado. Vennero costruite trincee, buche e fosse anticarro.

I tedeschi ritenevano che la città, sotto bombardamento aereo e terrestre perenne, non sarebbe durata a lungo, ma né il comandante militare di Leningrado, Kliment Efremovič Vorošilov, né la popolazione, erano intenzionati a capitolare così facilmente di fronte all’attacco nazista.

Quando le divisioni tedesche cominciarono a penetrare nei sobborghi della città, si resero conto che la conquista di Leningrado avrebbe comportato sia un grande impiego di mezzi, sia una grande quantità di tempo.

Alla difesa di Leningrado presero parte anche più di 400.000 donne che si sostituirono agli uomini non solo nelle fabbriche in genere, ma anche nella costruzione di apparati difensivi. Convinto che Leningrado non avesse più alcuna possibilità di resistere, Hitler affermò “Leningrado cadrà da sola, come un frutto maturo” e lanciò il grosso delle truppe tedesche contro Mosca.

L’inverno del ’41 fu molto rigido e i russi, per inviare provviste e materiale alla città, utilizzarono alcuni grandi aeroplani. Questi aerei riuscirono a portare nella città assediata 45 tonnellate di viveri al giorno. Venne creato anche un corridoio sul lago Ladoga, grazie al quale i camion russi poterono rifornire la città.

Anche i tedeschi, però, dovettero combattere contro la fame e il freddo. La guerra lampo, punto di forza dell’esercito nazista, era diventata una guerra di posizione contro due nemici: i russi, arroccati nelle rovine della città, e l’inverno, che congelava i mezzi e uccideva migliaia di soldati.

Stalin ordinò a Georgij Konstantinovič Zukov, il più grande generale dell’Armata Rossa anche se spesso da lui contrastato, di continuare la difesa della città: fu proprio lui a organizzare le truppe sovietiche e a permettere la resistenza della città, nonostante la sproporzione tra le forze. Riuscì a tal punto, grazie anche alle condizioni climatiche, che nel 1943 furono i tedeschi a trovarsi assediati dall’Armata Rossa.

I Russi tra il ’43 e il ’44 spazzarono via i tedeschi dalla zona di Leningrado. Per questo successo Zukov ottenne il grado di Maresciallo dell’Unione Sovietica dallo stesso Stalin.

Dopo 900 giorni d’assedio, finalmente il cielo sulla città non era attraversato da bombardieri e da granate: l’assedio di Leningrado era finito.

Riccardo Bernocchi, 3B Ls

 

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Journalism: free and true information

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Journalism: free and true information

I was asked to write an article based on whatever I wanted. I’ve been thinking for very long time, trying to search something to write about, something interesting and objective because this kind of writing has to capture the attention of each single reader.

Then I realised that it is impossible to treat an argument or to report a fact without being subjective, without modifying sources in the way they best serve us. For this reason I want to write about the power that journalists have and how easily they condition our minds.

We are continuously circled by news, articles and information that we read on papers and on the Internet or that we listen on TV. We firmly believe in what they say and we ignore that who writes the articles doesn’t do it for the pleasure of writing, but for money and success.

They can exploit situations (even dramatic ones) to get the best scoop or the last minute’s news. We never know what’s going on in the world in a totally true way because the facts are filtered, magnified and sometimes also invented.

If something is not sure it’s possible to make it certain, a journalist can destroy the reputation of a person and hide information (as the presence of more than 400 wars around the world).

For example, the earthquake that a few months ago killed 300 people, destroyed cities and let thousands of inhabitants homeless in the centre of Italy is a catastrophe and is used by TV’s talk-shows to get more audience, journalists take advantages of it for their interest.

I think that it’s their job and it’s normal trying to write something that everyone can appreciate, but knowledge and information should be free and true.

Alessia Corti, 3A Coreutico

 

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Obama: which future for him?

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Obama: which future for him?

After 8 years of presidency, on the 20th January 2017, the 44th president of United States Barack Obama, passed his charge to the 45th president Donald Trump. In these 8 years, Barack Obama made many important changes for the American people: for example the ObamaCare which is a US healthcare reform that expands and improves access to care and curbs spending through regulations and taxes. It has helped over 9.9 million US citizens to have new health insurance, and more than 4 percent of all have gotten health insurance for the first time.

In 2013 he incited the US states to increase the minimum salaries to 10.10$ per hour: 18/50 states agreed. He cut taxes creating, saving millions of jobs and helping the raise of car industries after the financial crisis. He also signed a legislation where men and women could be paid equally.

Obama also signed a legislation against the   discrimination of any individual because of his or her sexual orientation or gender identity a federal crime. Obama had a fundamental role in the Paris Agreement, setting with other Countries regulations to limit the Climate changes.

He had also won the Noble prize for peace for have signed the end of the nuclear era in Iran. During these years we had the opportunity to get to know better the Obama’s family made up of Barack Obama, Michelle Obama Robinson, the two daughter Malia and Sasha and their two dogs called Sunny and Bo.

Malia and Sasha have grown up in the White House: in November 2008 they were 8 and 11 years old, now, January 2017 they are 15 and 18. Malia, the older daughter has already finished high school and after a gap year, she’ll attend Harvard University. She wants to be a filmmaker. Sasha, the youngest, has to do other 2 years in high school. Michelle Obama was a very active First Lady promoting physical and mental health: for example in 2013 she launched a campaign named “Let’s move against obesity” especially through young people as kids and redesigned the school’s launch program.

But now…Where are they? Where do they live? What will they do in the near future? Well, American and also international presses already know some facts about their future.

First of all, where did they move to? They moved to the exclusive Washington DC neighborhood of Kalorama, 2 km away from the White House. They chose to stay in a luxurious brick villa of 761 square-meters, with three floors, 9 bedrooms, 8 bathrooms, 2 garages and a huge garden. From the American presses they’ll stay there for two years, until Sasha graduates. This fact made Obama the first president to live in Washington DC after his term (since 1921).

Obama is still younger than the other president at the and of their presidency: he is only 55 years old while his wife is 53. So What will they do? From some interviews they’ve made,  they will have a break, sleeping and relaxing with the family. Then they announced the creation of the Obama foundation that has his headquarters in south Chicago.

With this foundation the Obamas and private citizens will bring all the ideas, beliefs and hopes of American people and they’ll try to transform them into reality. Then they will continue to be part of the “My Brother’s Keeper Alliance” for the  poor Black and Latinos boys. Both Obama and Michelle will write books.

Then there are other possibilities: for example Barack Obama could be a guest speaker thanks to his fame as a great orator. He is a lawyer so he can be also a Supreme Court Lawyer if Trump appoints him, the Senate accepts him and if he wants, of course.

Before he became president he also taught at the University of Chicago so he can also go back and continue teaching.

There are other hypothesis about Barack Obama future but we know for sure that he will be active in  community life.

Celine Polepole, 2B Ls

 

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Buona Scuola, ottimismo e timori

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Buona Scuola, ottimismo e timori

Si discute ormai da molti anni di come la scuola sia slegata dal mondo del lavoro e di come si possano avvicinare.

Per questo la riforma Buona Scuola ha reso obbligatorio un periodo di apprendistato presso delle aziende per gli studenti del terzo e del quarto anno di scuola superiore. Si tratta di 200 ore nei licei e 400 negli istituti tecnici che i ragazzi dovranno trascorrere, durante l’anno scolastico o nel periodo estivo, nelle ditte selezionate dalle scuole.

All’ottimismo del MIUR per questa iniziativa si contrappongono le perplessità di studenti e genitori. Le ansie più grandi riguardano l’effettiva utilità di questo progetto: troppo spesso si hanno casi di ragazzi lasciati in ufficio senza fare niente o al massimo a fotocopiare o classificare faldoni.

Si corre il rischio che nessuno dedichi a loro abbastanza tempo per introdurli in concreto nel mondo del lavoro anche se vi è una rete a tutela dello studente che prevede di non avvalersi più delle aziende “furbette”.

Se imparare un lavoro in duecento ore è alquanto arduo, ci sono almeno due aspetti positivi per gli studenti: l’esperienza integrerà i voti scolastici e potrà apparire sui curriculum.

Per altri aspetti che dovrebbero emergere dagli stage come lo sviluppo di un pensiero critico, la capacità di lavorare all’interno di un gruppo e di trovare soluzioni velocemente ai problemi che di volta i volta si pongono, è tutto da vedere se le famose 200 ore basteranno a conseguire obiettivi tanto alti da non poter essere raggiunti nei cinque anni di scuola superiore.

Lo stage dovrebbe essere vissuto dagli studenti come un’opportunità per sondare nuove prospettive, spesso precluse da un corso di studi molto caratterizzante.

Luca Silini, 2B Ls

 

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Alternanza: da gestire al meglio

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Alternanza: da gestire al meglio

Alternanza scuola-lavoro. Un progetto ambizioso, senza dubbio, abbinare il percorso scolastico a uno lavorativo. Apparentemente potrebbe sembrare un’idea geniale: utilizzare la scuola, parte del suo tempo dedicato all’insegnamento, per introdurre i ragazzi nel mondo del lavoro.

In realtà però se viene organizzato in maniera spiccia e approssimativa, tutto, pure con le migliori intenzioni, risulta confusionario e controproducente.

Le difficoltà.

In effetti la partenza dell’attività di “alternanza scuola-lavoro” è stata in forte ritardo in molti istituti scolastici, solo nel pentamestre, e ciò ha comportato la creazione di una situazione caotica, in cui gli alunni si sono trovati spaesati, non avendo idea di come potersi interfacciare all’ambiente lavorativo, nonché alla burocrazia alle spalle del progetto.

Dall’altra parte i professori coinvolti nel ruolo di tutor, supporto scolastico e intermediari tra le strutture ospitanti e la scuola, qui e in molte altre scuole sono stati in un primo momento, a mio avviso, in un numero troppo esiguo per coprire le esigenze delle classi terze.

Dunque il progetto di alternanza è stato un po’ abbandonato al suo destino, a ricoprire una funzione marginale, obbligatoria per legge, e non è stato visto invece come un’opportunità.

Entrando più nel dettaglio, in molte scuole è stato esplicitamente chiesto agli studenti, se possibile, di trovarsi autonomamente una sistemazione, al fine di sbrigare velocemente la pratica, tediosa, dello “stage”.

L’opinione.

Si è venuta perciò a creare una situazione di favoritismo, dannosa per i giovani, che in molti casi hanno fatto ricorso ad amicizie e conoscenze per ritagliarsi un posto comodo e facile ed esaurire le ore di alternanza senza sforzo.

Dal mio punto di vista però, non è corretto agire in questo modo, in quanto si abituano gli adolescenti a una concezione meramente italiana del lavoro: se hai agganci, scali, hai successo, avrai una posizione di vantaggio rispetto a coloro che intraprendono il tuo medesimo “cursus”.

La possibile soluzione.

Cosa secondo me si sarebbe dovuto fare?

Da parte del ministero dell’Istruzione, mettere in condizione le aziende di ospitare gli studenti come se stessero facendo uno stage per un posto da salariato, in modo da obbligarli a ricevere lo stesso trattamento che subirebbe uno stagista ed essere così preparati anche a una esperienza lavorativa nella sede dell’alternanza.

Da parte degli alunni coinvolti, esprimere le proprie preferenze circa l’attività da svolgere, senza fornire alcun dato preciso riguardo la struttura ospitante, che sarebbe poi stata scelta dalla scuola assegnando – in base alle richieste – l’attività per ogni adolescente, garantendo perciò la neutralità del lavoro, non condizionato da conoscenza alcuna.

L’analisi.

Non dico che non sia assolutamente avvenuto, però in un buon numero di casi, troppo elevato per passare inosservato, come già detto, sono stati gli alunni stessi a proporre  e dire dove avrebbero svolto le ore di alternanza.

Il risultato? Duecento o quattrocento ore di lavoro, in base al corso di studi, puramente burocratiche, non atte a imparare un mestiere, ma a fornire al ministero una serie di moduli, un contentino, che induce a credere nella reale utilità dell’iniziativa, ma che in realtà, in queste condizioni, si è rivelata spesso inconsistente, analizzando le attività svolte e le loro modalità e, a tratti, degradante per quanto riguarda il reale e nobile significato del lavoro.

Amedeo Pagnoncelli , 4A Ls

 

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Impaginare? Un’arte

Posted by admin On Maggio - 13 - 2017 Commenti disabilitati su Impaginare? Un’arte

Forse non molti di voi si saranno interessati a questo argomento ma penso sia giusto che lo affrontiate almeno una volta: cercherò di illustrarvi alcune regole base che vi possono aiutare a ottenere un buon risultato finale, dando per scontato che l’argomento  della tesina sia già scelto e ben conosciuto, visto che è su quello che arriva la valutazione. Una piccola nota: la prima di copertina è la pagina del titolo, la seconda di copertina è la pagina successiva, mentre la terza e la quarta di copertina sono le ultime due pagine del vostro lavoro.

Il primo consiglio è di giustificare il testo, non utilizzate l’allineamento sinistro, orribile e antiestetico; inoltre sarebbe l’ideale impostare la sillabazione automatica del testo. Per centrare il testo non utilizzate la barra spaziatrice ma l’apposita funzione.

Il secondo consiglio è di utilizzare un unico font (carattere) per il corpo del testo che magari non sia il classico Times New Roman impostato di default: io personalmente userei un font formale (sarebbe meglio utilizzare font con grazie, come il Garamond o il Linux Libertine, entrambi gratuiti e reperibili online). Per i titoli dei capitoli, sezioni e sottosezioni utilizzerei un font senza grazie (ad esempio il Linux Biolinum). Cerchiamo inoltre di utilizzare tutte le potenzialità del font e quindi utilizziamo le legature del testo (per chi possiede un iMac questa cosa avviene in automatico) e le lettere maiuscole accentate: non scriviamo e’ o E’ che sono davvero molto brutti. Inoltre non superiamo il calibro 12 di grandezza: è davvero antiestetico e, se possiamo, stampiamo fronte e retro (molto più elegante).

Un’altra buona norma è quella di iniziare sempre un nuovo capitolo sulla pagina dispari dunque lasciando eventualmente una pagina bianca: inoltre il numero delle pagine dovrebbero essere a multipli di quattro (soprattutto per chi ha in mente di stampare il suo lavoro in tipografia). La seconda di copertina dovrebbe essere lasciata libera e sulla pagina immediatamente successiva si crea l’indice dove si riportano i capitoli, le sezioni e le sottosezioni (anche qua variamo il corpo: per il capitolo usiamo un grassetto, per la sezione il font normale mentre per le sottosezioni usiamo l’italic). Cercate dunque di suddividere il testo in capitoli, sezioni e sottosezioni per rendere più ordinato e organizzato tutto il vostro lavoro numerando in questo modo: il numero singolo (1) per i capitoli, la numerazione (1.1) per indicare la sezione e infine la (1.1.1) per indicare la sottosezione.

Nel caso in cui si debbano inserire immagini bisognerebbe sempre cercare quelle di migliore definizione e qualità per evitare sgranature. Ogni volta che si inserisce qualcosa nel testo (figure, tabelle, grafici) bisogna sempre mettere una numero (Fig. 1.1, Tab. 2.3) seguito da una breve descrizione: le numerazioni sono indipendenti e dovrebbero seguire il numero di capitolo ed inoltre sarebbe bene citarle almeno una volta nel testo.

Tenete anche a mente queste regole sulla punteggiatura e sulla spaziatura: per prima cosa non usiamo la barra spaziatrice per fare tabulazioni, esiste l’apposito tasto; lo spazio non va prima dei segni di punteggiatura (.,!?) ma ci va dopo; quando si aprono o chiudono le parentesi non si deve lasciare lo spazio e il segno che chiude la frase deve stare dopo la chiusura della parentesi; stesso discorso per le virgolette.

Un altro consiglio è quello di impostare il numero di pagina in basso, alternato a destra o sinistra a seconda che sia pagina dispari o pari; nella prima, seconda, terza e quarta di copertina, nella prima pagina dell’indice, di capitolo e di bibliografia il numero di pagina non va. La numerazione inoltre dovrebbe partire dal primo capitolo e dunque tutto ciò che sta prima dovrebbe, di norma, seguire un’altra numerazione, magari con i numeri romani minuscoli (i, ii, iii, …, xix).

Per impaginare al meglio la vostra tesina avete molte strade. La prima è quella di utilizzare Word o OpenOffice: il primo fa parte della suite a pagamento Microsoft Office mentre il secondo è un programma open-source che può essere scaricato gratuitamente da internet. In entrambi i casi il risultato che si ottiene non è sempre quello che si vorrebbe; soprattutto man mano che le pagine aumentano ci si accorge che diventa sempre più complesso gestirle. La seconda soluzione che propongo è quella dei software desktop publishing: anche qui esistono software proprietari, come Publisher (suite Office), InDesign di Adobe (il mio preferito), QuarkXPress, Pages (solo per utenti Mac), e software open-source come Scribus (l’unico degno di nota). In entrambi i casi il risultato sarà tanto migliore tanto più diventerete pratici del software: fate molte prove e vi consiglio di visionare anche qualche manuale che può esservi utile per le prime volte; alla fine l’esperienza e i trucchi che imparate da soli sono comunque migliori di qualsiasi documento.

La terza via è quella più complicata, ma garantisce risultati davvero eccellenti: sto parlando del software di composizione tipografica LaTeX. Personalmente è quello che preferisco in assoluto: è molto versatile e fa veramente di tutto, l’unico grosso problema è che va imparato. Questo ambiente di lavoro è davvero molto diverso perché ciò che si scrive è un vero e proprio codice sorgente che, una volta compilato, produce un file in output (generalmente in formato pdf). È utilizzato sia in ambiente scientifico che in ambiente umanistico per la sua estrema versatilità. Nel caso in cui vogliate utilizzare questo strumento vi consiglio di leggere bene, dato che la ritengo davvero un buon punto di partenza per imparare, questa guida: www.lorenzopantieri.net/LaTeX_files/ArteLaTeX.pdf.

Concludo ricordandovi ancora una volta che questi aspetti sono “secondari” e che si affrontano generalmente solo quando si è giunti ad un buon punto con gli argomenti che si sono decisi di trattare. Ad ogni modo, se volete maggiori dettagli su InDesign o su LaTex potete scrivermi una e-mail a questo indirizzo: mirko.mondini@studio.unibo.it e sarò ben felice di rispondere ai vostri dubbi. Non mi resta che augurarvi un buon lavoro.

Mirko Mondini, diplomato 2014

 

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Trump vs Clinton: a new era?

Posted by admin On Maggio - 13 - 2017 Commenti disabilitati su Trump vs Clinton: a new era?

Trump vs Clinton: is it a new era for the USA? On Tuesday November the 8th we will know who the next president of United States will be.

A man or a woman will be the ruler of the world to come? The majority of the people doesn’t know who mrs Rodham is, without her husband surname (Clinton) and his presidentship too would have passed unnoticed without the sexual scandal involving him and Monica Lewisky. The former Secretary of State founded his election campaign on immigrants rights, gays marriage, a new plan for social security and social equality, in particular the rights about black women. She wants pure energy with hydroelectric power station or with aeolian deposits, to reduce environmental pollution.

She wants to build also new infrastructures to give home to homeless. Clinton wants also to do a fiscal reform to eliminate the multinationals which move American industries abroad.

Trump is an entrepreneur who wants to reduce debts and deficit that afflicts the USA since 2008 and so he wants to increase workplaces. On the theme of immigration he wants to build a wall on the Mexican boundaries, the elimination of the right of citizenship for the one born in the USA and an economic plan to improve wages and security for all Americans, so he wants to reduce criminality.

About energy he wants to use petrol again because he thinks that the global warming is a good thing. In foreign policy he wants to release the tensions with Russia and China, to avoid any chance to have nuclear power in Iran, to send troops abroad only if necessary and to defeat ISIS once for all.

Both were involved in scandals: Hillary sent, using her mail, 22 top secret documents and so she compromised the national security, while Trump was accused of harassment.

I’m not American and so on Tuesday I won’t vote, but I’d like to ask to all Americans: do you do it for real? Are these people really the best of your country? The ones that represent you? A sexists millionaire and an ex First Lady who even can’t send an e-mail?

Luca Silini, 2B Ls

 

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Ozone Layer depletion: effects

Posted by admin On Maggio - 13 - 2017 Commenti disabilitati su Ozone Layer depletion: effects

First of all, what is Ozone Layer? Ozone layer is a natural sunscreen that protects us from the sun’s damaging ultraviolet radiation.

This sunscreen contains three oxygen atoms. It is constantly being formed and broken down in the stratosphere (that is the atmosphere layer above the troposphere). The destruction of ozone layer is caused by one factor which is Cholorofluorocarbons, found commonly in aerosol cans and released by many electronic appliances like air conditioning.

Ozone layer depletion has consequences on humans, animals and plants. This typically results from higher UV levels reaching us on earth, hurting human (and animal) health; this means that it causes for example skin cancers, sunburns and premature aging of the skin; eye diseases like blindness: UV radiation can damage several parts of the eye, including the lens, cornea and retina.

As I mentioned before, the UV radiations, that pass through the ozone layer hole, can have adverse impacts on agriculture, forestry and natural ecosystems: several of the world’s most important crop species are particularly vulnerable to increased UV, resulting in reduced growth, photosynthesis and flowering. These species include wheat, rice, barley, oats, corn, soybeans, peas, tomatoes, cucumbers, cauliflower, broccoli and carrots.

Also the marine life is involved: in particular, plankton (which are tiny organisms in the surface layer of oceans) are threatened by increased UV radiation. Plankton is really important because is the first vital step in aquatic food chains. This begins as mid-May brings on the onset of winter, the Antarctic stratosphere cools and descends closer to the surface.

The Coriolis effect (caused by the earth’s rotation) sets up a strong westerly circulation around the south pole, forming a rectangle shaped vortex which varies in size from year to year. Australia receives a lot more UV radiation than the UK.

This means that people living in Australia face up to 15% more solar radiation than we do. Over the past few years, extensions of the Antarctica ozone hole have spread as far as parts of Argentina, Chile and the Falkland Islands. For sure you’re asking yourselves if there are solutions to this problem, maybe producing our own ozone gas to replenish what is lost in the stratosphere.

The sun naturally produces ozone with a lot of energy all the time. To do the same thing, we should be looking at using immense energy too, about twice the energy used in the USA.

That is just impossible. So in our daily life we can just do this little but important things: limiting vehicle driving, using eco-friendly house cleaning products, avoiding the use of pesticides, developing stringent regulations for rocket launches and banning the use of dangerous nitrous oxide.

These actions will not solve totally the problem, but they can reduce the velocity of the ozone layer degradation.

Celine Polepole, 2B Ls

 

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Japanese train, always on time

Posted by admin On Maggio - 13 - 2017 Commenti disabilitati su Japanese train, always on time

Probably many of you take the trains every day. In Italy trains are always late or normally they always caused problems to you.

But in Japan is quite different. Rarely trains are late and the seats and the train stations are always cleaned like your grandmother’s house.

Probably the mentality of Japanese people is different from the one of Italian people. Since elementary school Japan classes and toilets are cleaned by the students, so children learn what cleaning means and they learn that cleaning is not easy.

So when they grow up they don’t dirt places. A lot of people use trains to go to work or to school. If the trains don’t work well the nations will not be good.

Mainly in big cities there aren’t a lot of car parks so people moves in general by train or by bus.

Trains must be on time to maintain a good society. Is it possible to became like Japanese society?

Yes, but it depends on us.

Anna Margherita Locatelli,  2B Ls

 

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Swift: a bird that can fly for 10 month

Posted by admin On Maggio - 13 - 2017 Commenti disabilitati su Swift: a bird that can fly for 10 month

Would you spend most of your life walking? Obviously not, but this bird lives in flight. It is called Swift and it is a small European migrator bird that seems to be mold to stay in the air. Its peculiarity? It can fly for 10 months non-stop.

This fact has been confirmed by a research made by the biologist Anders Hendenstrom, from the University of Lund (Sweden). In his studies he used a detector that weights 1.1 grams and includes an accelerometer and a light sensor, used to define the position of the bird during the flight.

He has followed 19 Swifts day and night and he saw that three of them literally never laid on the ground, the others laid rarely and only for a few minute. These birds interrupt the flight just when they have to build their nests and to lay and sit on eggs. The rest of the activities, as sleeping, eating and reproducing, is done in the air.

So how can they sleep if they fly all the time? The answer is easy: they sleep while they are flying. This affirmation is proved by a research that demonstrates that these birds are able to have both a unihemispheric sleep and to maintain the abilities to fly and to orient also in REM phase, a stage of the sleep that involves the complete loss of muscular tone.

This deduction is the result of a study made by Niels Rattenborg of the Max Planck Institute for Ornithology (Germany), who created, with other colleagues, an engine able to monitor the electric activity of birds brain during the flight. The result is that during the day the birds stayed awake, while when the sun went down and they were at a high altitude, they showed in different minutes periods of sleep at slow waves, sometimes in one hemisphere (especially during the flight handlings), other times in both.

The birds have the aerodynamic control also when the brain is totally asleep. From this monitoring the scientists could understand that swings need few minutes of sleep per day (just 42 minutes).

Another fascinating aspect of the life of these birds is that swifts create relationships with a partner that last forever.

During the migration the Swift can lose his partner but at the end of this period the two “overs” find each other and rebuild their abandoned shelter.

Quite busy life, don’t you think so?

Francesca Ferraro, 2B Ls

 

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Bangkok, città viva e da vivere

Posted by admin On Maggio - 13 - 2017 Commenti disabilitati su Bangkok, città viva e da vivere

Si può provare a sperimentare Bangkok al proprio ritmo, ma la città non ve lo permetterà. Essere nella capitale thailandese significa avere tutti i sensi in un costante stato d’assedio. Il caldo e l’umidità ti pestano e schiacciano sul marciapiede fino a quando senti i brividi alle ossa per l’aria condizionata. Il naso è assalito da odori alternati di acqua putrida e carne alla griglia, poi di nuovo cadi sconvolto da una nube di “gas lacrimogeni” diffusi da una padella calda piena di peperoncini.

Essere a Bangkok vuol dire essere in mezzo a contrasti. Strisciano auto di lusso tra grattacieli e centri commerciali scintillanti, treni supersonici e moderni traghetti, eserciti di una fiorente classe media che torna dal lavoro.

In basso, soffoca, nei vecchi autobus, la classe povera, intrappolata nel caldo traffico di questa giungla urbana. A Bangkok i contrasti coesistono, il vecchio e il moderno, il ricco e il povero, l’Occidente e l’Oriente.

Essere a Bangkok è un pugno nella coscienza e, all’ora di pranzo, un pugno nell’intestino. Può essere bello, brutto, piacevole e terribile, e spesso tutte queste sensazioni in un giorno, in un minuto, in un solo secondo.

Bangkok può sopraffarvi o, meglio ancora, lasciatevi sopraffare voi. Vagate tra le stradine della città, la vita notturna, sfrecciate sopra ogni pericolo coi tuk-tuk. Mangiate, per strada o al quarantesimo piano di un’ostile albergo a cinque stelle.

Non vi sentirete mai così vivi e persi come vi potete sentire a Bangkok.

Quello che definisce Bangkok è l’energia. Si percepisce l’impossibile, in una città dove tutto è possibile. Ferrari della mafia giapponese corrono fianco a fianco alle auto della corrotta polizia, scuotendo chiunque essi possano.

Girate l’angolo, e troverete le persone più genuine e ospitali che abbiate mai visto. A volte sembra abbiano un chip, non toccatelo: l’ingenuo si può trasformare in cinico, e vi sputeranno addosso tutto l’odio più sincero che possiate ricevere.

Ma il calore è ancora sotto tutto questo ed è sufficiente un sorriso per strappare al popolo Thai quella corazza che, come una tartaruga spaventata, indossa.

Dodici milioni di persone spingono questa città per andare avanti, per avere una vita migliore di quella dei loro genitori o per dare una vita migliore ai loro figli.

E tutti, dal più ricco al più povero, trovano tempo per mangiare e bere. Vini Bordeaux sono abbinati ai migliori piatti nei ristoranti internazionali; fuori, noci di cocco e birre cinesi siedono accanto a fumanti zuppe.

Bangkok non è per tutti. Quando la città ti ha macinato, quando il caldo e gli odori ti accerchiano in un tubo senza uscita: ecco quando scopri chi sei e se sei capace di gestire questa overdose sensoriale.

Bangkok è un trambusto: tutto quello che puoi cercare di fare è  tenere il passo. E sorridere.

Federico German Escobar, 3B Ls

 

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