Saturday, November 1, 2025

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Di Giminiani, una vita per la Scuola

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su Di Giminiani, una vita per la Scuola

Ormai quest’anno festeggia i suoi sessantacinque anni il professor Giuseppe Di Giminiani, fondatore e attualmente dirigente scolastico di ben due scuole, una a Bergamo e una a Grottammare (provincia di Ascoli Piceno), che è anche il suo paese d’origine.

Si presenta come un uomo alto, leggermente in sovrappeso, ma con un carattere forte e deciso, dettato dagli ormai trent’anni di insegnamento. Incuriosito dalla sua storia, ho provato a chiedere direttamente all’interessato curiosità di cui forse, e sottolineo forse, non tutti sono a conoscenza. Ecco cosa ne è risultato.

Perché ha pensato di aprire la scuola?

Perché ho capito che l’organizzazione scolastica stava subendo un cambiamento: non vi erano più i sistemi educativi dei miei tempi, gli insegnanti non erano più quelli di una volta e volevo creare un complesso in cui ci fossero sia insegnanti di un certo spessore che affidabilità sulla preparazione data, perché poter scegliere gli insegnanti e valutarne le competenze credo sia un obbiettivo raggiungibile e raggiunto.

Quindi crede che la scuola di oggi ormai non sia più valida?

Non dico questo, soltanto che le scuole non sono più quelle di un tempo.

E riguardo alla scuola di Grottammare?

Questa di Bergamo ormai ha la sua tradizione trentennale, quella di Grottammare ha dieci anni, ma anche lì si iniziano a raccogliere i frutti. Quest’anno ci sono stati cento iscritti nelle varie classi, quindi significa che il significato delle scuole medie soprattutto ha raggiunto la gente. Comunque su tutti i tre ordini d’istruzione abbiamo avuto un “boom” di iscrizioni

Cosa pensa dell’andamento della scuola in generale?

Ormai le famiglie sono troppo protettive, ma sono contento perché i ragazzi hanno capito che per frequentare la scuola bisogna rispettare le regole ed essere disciplinati.

Secondo lei, riferendomi a Grottammare, questa scuola piace?

Chiaro, la scuola si sta facendo un nome, sicuramente non come il Locatelli di Bergamo, che ha ormai 30 anni, ma è un buon risultato.

Ha altri progetti in serbo?

Il mio progetto attuale è aprire una scuola media, quindi poi si vedrà; ad ogni modo mi piacerebbe aprire anche una scuola elementare.

Quindi se le medie dovessero procedere bene progetterà anche la scuola elementare?

È chiaro, forse tra qualche anno. Perché penso che l’istruzione, come quella di Grottammare, funzioni molto di più se cominci a crescere il ragazzo dalla scuola primaria in avanti.

Cosa pensa invece del convitto?

Il convitto, o meglio  collegio, c’è sempre stato in Italia e lo reputo un metodo di prestigio; chiaramente non ci sono più quelli gestiti dagli organi ecclesiastici, comunque penso che sia necessario soprattutto per il cambiamento delle famiglie, che si sono allargate, divise, e questo porta molti squilibri in famiglia che il convitto cerca di risolvere offrendo ai ragazzi un ambiente sicuro. Ai miei tempi le famiglie separate erano rarissime, come mosche bianche, ora il 50 per cento delle famiglie è separato e il resto.. non ne parliamo…

Si occupa di altro oltre che della scuola?

Ho dedicato tutta la mia vita alla scuola, quasi ventiquattro ore al giorno: prima facevo anche un po’ di sport, ma ora niente. La scuola è stata l’obbiettivo principale della mia vita, sono anche arrivato a trascurare la famiglia perché passavo tutto il giorno a scuola e non si può essere onnipresenti; per fortuna i miei ragazzi sono cresciuti bene grazie alla madre, con grandi valori e con grandi virtù. Entrambi si sono realizzati. Il mio prossimo obbiettivo è diventare nonno.

Roberto Scalvini, 2 A Scientifico

 

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Scuola media “Locatelli”, è innovazione

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Scuola media “Locatelli”, è innovazione

L’Istituto Aeronautico, il liceo Scientifico aeronautico, poi pochi anni fa il liceo Coreutico, senza trascurare Grottammare e il Quadriennale. E ora il professor Giuseppe Di Giminiani ha messo in atto un nuovo grande e ambizioso progetto: la realizzazione della scuola secondaria di primo grado “Antonio Locatelli”.

Com’è nata l’idea di realizzare una nuova scuola media a Bergamo?

Ormai operativa da dieci anni nella sede di Grottammare, la scuola media ha riscontrato un notevole successo. Essendoci, a mio modesto giudizio, alcune carenze nel sistema scolastico delle scuole secondarie di primo grado, ho pensato di realizzare un piano di studi che potesse coprire vari ambiti della conoscenza, non sempre trattati. Ho deciso ad esempio di inserire un’ora di latino a settimana che, sull’arco dei tre anni, equivale a un anno di scuola superiore di secondo grado. Il mio obiettivo è quello di creare continuità tra la scuola media e la scuola superiore di secondo grado, così da consentire agli alunni di affrontare, in modo meno difficoltoso, questo passaggio che per alcuni può rappresentare un vero e proprio ostacolo.

Oltre all’introduzione dell’ora di latino quali sono le altre novità della nuova scuola media?

I più grandi aspetti innovativi riguardano il piano formativo. Ho deciso d’inserire un’ora a settimana di informatica giuridica insegnata dal tenente colonnello della Guardia di Finanza Mario Leone Piccinni, da diversi anni collaboratore dell’Istituto Locatelli e autore di diversi libri sui rischi del web, per introdurre i ragazzi nell’affascinante, ma altrettanto pericoloso, mondo di Internet. Grande importanza viene attribuita all’inglese, allo spagnolo e all’attività sportiva, proponendo per quest’ultima un’ampia gamma di discipline tra le quali il nuoto, la scherma e la danza. Altra materia inserita è teatro e dizione con la quale, oltre all’approfondimento linguistico e all’acquisizione di un nuovo lessico, i ragazzi possono sviluppare la propria creatività. Per quanto riguarda invece la musica il tradizionale flauto è sostituito dal pianoforte. Una novità assoluta è la divisione della cattedra di matematica e  di scienze, dato che credo che sia meglio che il ragazzo apprenda queste materie da professionisti del settore. Dal punto di vista logistico verrà attivato un servizio di scuolabus che condurrà gli alunni al mattino a scuola e, al termine delle lezioni, a casa. A pranzo sarà poi disponibile il servizio mensa. I ragazzi indosseranno una divisa, composta da pantaloni, polo e pullover. Essendo il primo anno, i genitori sceglieranno tra i vari abbinamenti da noi proposti la divisa ufficiale.

Che metodo di studio verrà adottato? 

Punto chiave del nuovo programma didattico è la classe capovolta. Questo approccio metodologico prevede che la ricerca e l’apprendimento delle conoscenze siano individuali: il ragazzo si documenta a casa, sulla base dei materiali proposti dagli insegnanti, e le nozioni acquisite vengono poi rielaborate in classe così da condividere e approfondire il lavoro con i compagni. Questo metodo permette agli alunni d’imparare, sin dalla giovane età, a documentarsi, confrontarsi e a dibattere sui molteplici aspetti che la realtà pone davanti ai loro occhi.

Abbiamo detto che grande importanza sarà data all’inglese. Quale ruolo e quali materie saranno insegnate in questa lingua?

Come nel Liceo e nell’Istituto Tecnico, anche nella scuola media l’inglese rivestirà un ruolo fondamentale nel piano di studi. Le materie insegnate in inglese saranno storia, geografia, scienze, arte, educazione musicale, educazione civica, teatro e dizione.

Anche nella scuola media la tecnologia avrà un importante ruolo nell’attività formativa? 

Certamente. Anche nella media l’iPad verrà utilizzato come mezzo di apprendimento sul quale i ragazzi avranno a disposizione i libri digitali e vari contenuti multimediali. Tutte le aule saranno dotate di lavagne touch screen e di banchi modulari che possono assumere varie configurazioni, dalla postazione singola alla disposizione circolare o a ferro di cavallo.

Riccardo Bernocchi, 5 B Scientifico 

 

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Prof Catalano e la realtà della Fisica

Posted by admin On Gennaio - 5 - 2018 Commenti disabilitati su Prof Catalano e la realtà della Fisica

Da quattro anni scolastici a questa parte il nostro laboratorio di Fisica è rinato, grazie all’impegno e alla passione del nostro stimato professore Ferdinando Catalano. È facile trovarlo a scuola immerso nei suoi esperimenti, fra i quali spicca una sua creazione, la Galleria del Vento.

Ma andiamo ad analizzare nello specifico l’attività di laboratorio in cui è impegnato il nostro docente parlando direttamente con lui.

Come è nata la sua passione per il laboratorio?

La mia è una passione nata tra i banchi dell’università, facoltà di fisica, ma è stata determinante anche la mia esperienza di lavoro, durata ben quattordici anni, presso un’azienda bergamasca che produce apparecchiature scientifiche per i laboratori scolastici. Per me fare una scoperta significa anche trovare un modo nuovo e originale di osservare un fenomeno, magari anche già arcinoto.

Bisogna fare i conti però tra la passione e il programma scolastico, le ristrettezze e i limiti di tempo dettati dalla scuola italiana.

Bisogna capire un concetto: l’attività di laboratorio non è un intermezzo, magari anche divertente, tra due lezioni teoriche. Piuttosto è fare fisica in modo concreto partendo dall’osservazione di un fenomeno, effettuando le misure, formulando ipotesi e poi verificandole sul campo. Questa è la strada maestra del metodo sperimentale indicataci da Galileo Galilei circa 400 anni fa.

Ma questa passione l’ha portata a fare esperimenti particolari. Quali sono i preferiti e quali i più “strani”, se così possiamo definirli?

Ne ho costruiti tantissimi: la pallina magica “addomesticata”, che fa impazzire gli osservatori; la bilancia di Cavendish elettro meccanica; la piattaforma rotante per l’effetto Coriolis e molte molte altre. Ad un certo punto mi sono detto beh, in un istituto aeronautico non può certo mancare una apparecchiatura che spieghi la fisica del volo e così, pezzo dopo pezzo e con l’aiuto di alcuni studenti, sono arrivato anche a costruire una mini galleria del vento computerizzata.

In che maniera è stata computerizzata?

Al profilo alare sono stati praticati alcuni fori sopra e sotto l’ala: questi fori consentono di rilevare la pressione dinamica nella parte superiore e inferiore di quella superficie e inviarla al computer. Dopodiché un software dedicato permette, praticamente in tempo reale, di visualizzare su un grafico sia le due pressioni distinte sia la loro differenza.

Si vociferava che lei volesse creare una galleria del vento di dimensioni reali. Questo progetto andrà mai in porto o è stato sostituito da altri esperimenti?

Per ragioni di spazi e di costi ho preferito rinunciare a una galleria del vento di dimensioni reali, e dedicarmi invece al progetto “Massa della terra”. Grazie alla collaborazione di alcuni studenti e dei loro genitori abbiamo infatti realizzato una bilancia di Cavendish sofisticatissima e dotata di accorgimenti originali per il blocco e lo sblocco dell’equipaggio mobile.

La misura ottenuta (la costante G, cioè quella di gravitazione universale) nel nostro laboratorio con questo strumento, di quanto si discosta dal valore misurato da Cavendish, risalente al lontano 1798?

La differenza è dell’ordine del 4 per cento circa. In pratica siamo sulla seconda cifra decimale. Stiamo parlando di un valore assoluto che si calcola in centomiliardesimi, quindi di una notevole precisione.

Quale è il valore aggiunto dato da questi esperimenti alla formazione degli alunni sul piano della didattica?

Su questo piano otteniamo per gli studenti l’acquisizione di una mentalità sperimentale secondo il percorso Galileiano: vale a dire camminare dall’esperimento fino alla legge.

E sul piano più strettamente formativo?

Sul piano formativo questo metodo produce una grande motivazione e raffina il carattere degli studenti, perché – non lo si dimentichi – si impara anche e soprattutto quando un esperimento non riesce.

Ha già in mente qualche altro esperimento particolarmente innovativo per il futuro?

“Claro que si”, ma sarà una sorpresa “esagerata”.

Guido Pedone, 4 B Scientifico

 

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UniBG: qualità, varietà e opportunità

Posted by admin On Agosto - 10 - 2017 Commenti disabilitati su UniBG: qualità, varietà e opportunità

Dal liceo all’Università la distanza è breve, in tutti i sensi. Abbiamo incontrato il professor Marco Lazzari, prorettore delegato all’orientamento dell’Università degli Studi di Bergamo, che ci ha accompagnato alla scoperta dell’Ateneo, tra le sedi di Città Alta, Dalmine e via dei Caniana, che sono vere e proprie rampe di lancio sia per la propria formazione con opportunità di stage in aziende del territorio, sia per la scoperta del mondo, con scambi aperti con università tra America, Australia, Russia, Cina ed Europa.

Buongiorno professor Lazzari, ci può sintetizzare l’offerta formativa dell’Università di Bergamo?

Per l’ambito umanistico abbiamo corsi di Filosofia, Scienze della Comunicazione, Lingue e Lettere, che dallo scorso anno ha anche un nuovo curriculum in Moda, Arte, Design e Cultura Visiva. Per l’area delle scienze sociali invece ci sono percorsi nell’ambito delle Scienze dell’educazione e Psicologia e il nuovo corso in Scienze della Formazione Primaria, che forma insegnanti della scuola dell’infanzia e primaria. A questi si aggiungono corsi di laurea di Giurisprudenza e di Diritto per l’impresa nazionale e internazionale, di Economia ed Economia aziendale, e cinque diversi corsi di laurea in Ingegneria in stretto contatto con il mondo dell’impresa bergamasco e internazionale, tra cui l’ultima nata, la laurea in Ingegneria delle tecnologie per la salute.

Quali sono i vantaggi di studiare in UniBg?

Studiare a Bergamo unisce tutti gli aspetti di frequentare corsi di alta qualità sotto casa, senza l’impegno economico di una vita fuorisede, ma avendo la possibilità di fare esperienze internazionali. Trascorrere periodi all’estero infatti facilita l’ingresso nel mondo del lavoro: abbiamo contatti e convenzioni ovunque, sia per studio, che per tirocini e supportiamo i soggiorni all’estero dei nostri studenti sia integrando le borse di studio Erasmus, sia offrendo nostre borse di studio per i tirocinanti.

Quali sono i legami e le opportunità con il mondo del lavoro sul territorio bergamasco?

La nostra università si trova in un distretto che ha retto meglio di altri alla crisi e abbiamo ottime relazioni con le aziende, un plus sia per la ricerca, sia per le opportunità di tirocinio e di lavoro. Questo ci permette di attivare numerosissimi tirocini – nel 2016 ne abbiamo organizzati più di 2500 – e consente ai nostri laureati di trovare lavoro con facilità.

Cifre sull’impiego post laurea degli studenti UniBg?

I dati delle rilevazioni del Consorzio AlmaLaurea dicono che i laureati della nostra università sono tra quelli che trovano più facilmente impiego e nella grande maggioranza dei casi si tratta di un impiego che è coerente con gli studi fatti. A 5 anni dalla magistrale, lavora il 90% dei nostri ex studenti, contro una media nazionale del 78%. Ormai più di un terzo degli studenti arriva da triennali seguite fuori Bergamo ed è comune tra questi studenti l’opinione di aver cambiato in meglio.

Cosa ha in programma l’Università di Bergamo per i futuri studenti?

Per gli studenti che stanno ora concludendo la quarta classe, nella seconda metà di giugno abbiamo in programma una scuola estiva di due settimane: incontri, lezioni e laboratori sul tema dell’imparare a imparare per ragazzi meritevoli segnalati dalle scuole in risposta a un nostro bando che stiamo diffondendo. A chi conclude il percorso sarà riconosciuto un esame da tre crediti formativi se si iscriverà da noi. E poi avremo le consuete iniziative di supporto alle future matricole, sia attraverso la sezione Futuri studenti del nostro sito, sia con la consulenza messa a disposizione dall’Ufficio orientamento, dalla Segreteria studenti e dai Dipartimenti.

 

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Intervista allo specchio: i nostri prof

Posted by admin On Giugno - 27 - 2017 Commenti disabilitati su Intervista allo specchio: i nostri prof
Genny Biglioli, 27 aprile

Nome, Cognome, Compleanno

Renzo Zambotti, 13 ottobre

 Inglese e storia (in inglese)

Materie che insegna

Religione

Sì, sin dalle elementari, ma ho anche pensato di fare la psicologa

Ha sempre voluto insegnare dopo gli studi?

No, mi lascio guidare dalla Provvidenza. E sono felice

Perché ti permette di conoscere tante persone, soprattutto giovani, di essere autonomi e creativi

Perché ha scelto di insegnare?

Perché Gesù insegnava e nell’insegnamento si trasmette vita, passione, conoscenza, amore…

Psicologia e pedagogia

Le preferenze:

la materia scolastica

Teologia

L’attentato e molti altri

Il libro

La Bibbia

Daniel Pennac, Marco Malvaldi e altri

L’autore

Fëdor Dostoevskij

Grand Hotel Budapest, Habla con ella

Il film

La battaglia di Hacksaw Ridge

Bossa nova

Genere musicale

Classica

Marisa Monte

Cantante/Musicista

Wolfgang Amadeus Mozart

Viaggi e fotografia

Passatempi

Leggere, studiare, approfondire…

Certo

Ha la stessa voglia di insegnare che aveva all’inizio?

Molta di più

No, per niente

Quando era studente era un/a secchione/a?

Abbastanza

No

Ha bocciato molti studenti nella sua carriera?

No, anche se ogni tanto avrei voluto

Stretta di mano, tono della voce e sguardo

Le prime tre cose che guarda in una persona appena conosciuta

Il cuore, gli occhi e la sua fede

Caparbietà

Il suo punto di forza

Fede

Percepire le negatività di persone o luoghi e non riuscire a gestirle

La sua più grande debolezza

Mi fido troppo del prossimo

Sono onesta e rompiscatole

Un pregio e un difetto

Felicità interiore ed essere sempre di corsa

Non essere riuscita a fare l’università negli Stati Uniti d’America

Qualche rimpianto?

No, grazie a Dio

Fare un’esperienza lavorativa all’estero lunga con la mia famiglia

Un sogno da realizzare?

Vivere ogni giorno della mia vita come se fosse l’ultimo.

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Prof Brugnetti: pensieri e passioni

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Prof Brugnetti: pensieri e passioni

Silvia Brugnetti, docente e ormai da alcuni anni vicepreside della nostra scuola, si racconta a tutto campo, dal lavoro alle passioni.

Quando ha deciso di iniziare a fare questo lavoro?

Ho deciso di fare questo lavoro perché sono figlia di una generazione di insegnanti al femminile, spinta da mia madre. L’anno stesso in cui mi sono laureata, ho vinto il concorso ordinario per reclutamento di docenti. Ho

iniziato quasi per gioco e poi mi sono appassionata. Tant’è che poi ho deciso di abbandonare la mia precedente professione di commercialista per continuare quella di docente.

Cosa le piace dell’insegnamento?

Dell’insegnamento mi piace il rapporto con gli studenti e  contribuire alla loro crescita come cittadini di domani. La mia soddisfazione più grande è proprio quella di trasmettere conoscenze e un insieme di valori.

Col tempo la passione è diminuita?

No, io sono convinta che sia  aumentata. Probabilmente per il fatto che il  mio lavoro è stato proficuo. È un po’ come quando uno studente studia e raccoglie buoni risultati; ciò, dandogli soddisfazione, lo stimola a impegnarsi sempre di più.

Le piace viaggiare? Ci riesce?

Mi piace viaggiare perché viaggiando conosco cose nuove, e io amo la conoscenza. Il viaggiare con la scuola è viaggiare e lavorare e, ovviamente, è molto più impegnativo che viaggiare con la mia famiglia. Però penso di viaggiare più adesso rispetto a quando esercitavo un diverso lavoro.

Cosa le piace fare durante il viaggio?

Nel viaggiare mi godo innanzitutto il viaggio, come momento di socializzazione. E poi trovo che conoscere persone nuove e rispondere alle  domande degli studenti sia molto stimolante. I nostri percorsi come “Saperi e Sapori” sono anche di tipo gastronomico. Sì, esatto, mi piace anche gustare i cibi delle diverse località.

Non ha problemi ad andare in posti nuovi e sperimentare?

No, assolutamente. Potrebbero anche essere posti senza comodità, l’importante è comunque conoscerli, scoprirli e viverci, anche se a volte per un breve periodo di tempo. Poi anch’io preferisco i posti belli e ricchi di comodità, ma non tutti i posti del mondo sono così. È interessante conoscere da vicino gli stili di vita di  persone che noi magari definiamo delinquenti o terzomondisti. Magari la situazione che per noi è disagiata e brutta, per loro invece è quotidiana e ci stanno bene.

Torniamo al suo lavoro. Qualcuno si è mai lamentato per un voto o per un metodo di spiegazione?

Io penso di no, perché i miei voti cercano di essere più oggettivi possibili e sono sempre motivati. Poi per il metodo d’insegnamento non penso, gli studenti mi sembrano soddisfatti; se mai si lamentano a volte della velocità con cui spiego, dovuta al fatto non mi piace dormire sugli argomenti o annoiare le persone ripetendo sempre le stesse cose. Poi, per carità, non tutti hanno gli stessi ritmi di apprendimento: è per quello che chiedo sempre se le mie spiegazioni sono state chiare a conferma che tutti abbiano capito.
E se qualcuno la disturba cosa fa?

Dico che se vuole parlare, lo può fare con me, rispondendo alle mie domande e che poi, ovviamente, gli metto il voto. Ma a volte basta guardare chi disturba per farlo smettere. Questo ha funzionato sempre, anche quando ero studente e guardavo i miei compagni di classe che disturbavano: smettevano. Non è che voglia incutere terrore, però già lo sguardo trasmette disapprovazione.

Si affeziona molto ai suoi studenti?

Io penso di sì, o almeno da parte mia sì, ci tengo come se fossero miei figli. Quindi anche se li sgrido è per il loro bene, non perché sia cattiva o mi diverta, anzi. Non mi sento ricambiata da tutti o, magari, il loro modo di ricambiare è diverso, o tardivo. Mi spiace vedere ragazzi che mettono il broncio, fanno i permalosi o negano il saluto perché sgridati e pensano che io sia cattiva.

Cosa pensa del rapporto genitore-insegnante?

A me piacerebbe avere un rapporto schietto con i genitori, perché alla fine siamo co-educatori, e questi ragazzi sono il risultato dell’educazione che hanno ricevuto sia dai genitori che dai docenti. Se noi remiamo da una parte e i genitori remano dall’altra, lo studente si trova disorientato.

Cosa ne pensa della riforma della scuola?

Io penso che la maturità dovrebbe essere una prova complessa per testare tutte le capacità degli studenti in ogni materia del piano di studio. Il fatto che i crediti siano tenuti più in conto è positivo, perché sprona gli studenti a essere costanti e  a impegnarsi durante tutto il percorso di studi quinquennale. Il fatto che per essere ammessi basti la media del sei non è giusto. Così gli studenti possono concentrarsi su materie più semplici, trascurando quelle più difficili che, solitamente, sono proprio quelle di indirizzo. Con questa riforma si semplifica così tanto l’esame da banalizzarlo: a questo punto, piuttosto, penso sia meglio toglierlo.

Sara Lucia Zappulla, 3B Ls

 

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Mazzoleni, da studente a docente

Posted by admin On Maggio - 13 - 2017 Commenti disabilitati su Mazzoleni, da studente a docente

Quindici anni fa era dall’altra parte della barricata, sui banchi degli studenti: ora Manuel Mazzoleni è tornato alle sue origini, ma quel mondo lo deve affrontare e vedere un po’ al contrario. Non più come studente, infatti, ma come insegnate. Lo abbiamo intervistato, per capire le sue emozioni, le sue sensazioni, il suo vissuto e le sue speranze.

Professor Mazzoleni, quando ha frequentato l’Aeronautico?

Dal 1996 al 2001

Com’è stata la sua esperienza da studente? Come mai ha scelto questa scuola?

È stata una bella esperienza perché ho intrapreso un percorso che mi piaceva e, come la maggior parte degli studenti di questa scuola, sognavo di fare il pilota. alla fine mi sono però innamorato della meteorologia ed ora eccomi qui.

Ha frequentato l’Istituto Tecnico?

Sì, quando frequentavo questa scuola non c’era ancora il Liceo Scientifico. Eravamo solo due sezioni del tecnico.

Dopo la maturità che percorso ha intrapreso?

Mi sono iscritto all’università e mi sono laureato in fisica dell’atmosfera, facendo la tesi presso la Epson Meteo. Dal 2008 ho iniziato a lavorare nel centro meteorologico 3Bmeteo, dove tutt’ora lavoro come meteorologo.

Lavorare nel mondo meteorologico era un suo sogno o è stata una passione subentrata successivamente?

Questa passione è nata proprio mentre frequentavo il Locatelli. Durante le lezioni di meteorologia mi sono appassionato a questa materia grazie al Maggiore Angelo Romito, che mi ha trasmesso la passione per questa materia.

Come è nata l’idea di tornare nella sua vecchia scuola con il ruolo di insegnante?

È nata casualmente, grazie ad una collaborazione dell’Istituto Locatelli con 3Bmeteo per gli studenti che rientrano nel progetto dell’alternanza scuola-lavoro.

Preferisce il ruolo di studente o di insegnante?

Sono entrambe esperienze che arricchiscono molto, ma non preferisco l’una all’altra, perché sono totalmente differenti e ognuna è speciale a modo suo. Da studente la scuola rappresenta quel percorso che ti porta a diventare un uomo, da insegnante vedi le cose con occhio diverso e apprezzi il poter trasmettere la tua esperienza ai ragazzi.

Come sono state le prime lezioni da docente?

Le prime lezioni erano strane, perché sei inevitabilmente portato a rivivere il tuo percorso da studente. Poi però diventa anche quello un mestiere da vivere con normalità.

Se potesse tornare indietro rifarebbe questo percorso? 

Sì, lo rifarei senza esitazioni perché è un percorso che mi ha dato grandi soddisfazioni.

Ha avuto qualche difficoltà?

Le uniche difficoltà che ho avuto le ho riscontrate al primo anno di università, per recuperare alcune lacune che avevo nelle materie scientifiche.

Quali progetti ha per il futuro?

Per il momento non ho altri progetti in cantiere perché ho già una vita lavorativa piuttosto completa, per il momento non avrei del tempo da dedicare ad altri progetti.

Qual è la cosa che più le piace del suo lavoro?

Lavorare con il futuro. Mi piace poter prevedere e sapere in anticipo quello che succederà, svegliandomi la mattina dopo e constatare che avevo ragione.

Vuole condividere qualcosa con gli studenti?

Vorrei condividere la mia passione per la meteorologia e trasmetterla anche a loro. Quando chiedo agli studenti cosa vorrebbero fare del loro futuro la risposta più diffusa è quella del pilota, nessuno mi dice che vorrebbe fare il meteorologo. In un futuro vorrei sentirmi dire da un alunno che vorrebbe intraprendere un percorso nella meteorologia: sarebbe una grande soddisfazione, perché significherebbe che sarei riuscito a farlo innamorare della meteorologia..

Ortensia Delia, 5A Ls

 

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RSF retrocede l’Italia: discutibile

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su RSF retrocede l’Italia: discutibile

Cinquanta giornalisti sotto protezione. Due sotto processo per aver diffuso informazioni riservate. Questi i numeri citati da Reporter Senza Frontiere in una statistica a livello mondiale sulla libertà di stampa e relativi all’Italia: si tratta di una classifica che viene aggiornata ogni anno. Quest’anno siamo risultati settantasettesimi su centottanta. Quattro posizioni peggio rispetto allo scorso anno, quando siamo crollati di circa venti posti. Ma informandoci a dovere scopriamo una classifica stesa in modo poco trasparente  e per nulla obiettivo. La percezione del singolo è messa in primo piano e questo di certo non avvantaggia noi, eternamente critici e forse troppo poco patrioti. Davanti all’Italia troviamo Paesi come El Salvador, Benin, Burkina Faso, che le premesse per superarci oggettivamente non le hanno. Abbiamo chiesto qualche chiarimento al giornalista e professore nella nostra scuola Tiziano Tista.

La classifica di Reporter Senza Frontiere dà molto peso alla percezione del singolo.

Sì, e questo la rende particolarmente soggettiva. L’Italia è in una posizione medio-bassa non certo perché ci sia una vera mancanza di libertà. Abbiamo da sempre pluralità e di solito chi è schierato lo dichiara o lo fa capire bene: basti pensare al TG4 di Emilio Fede che è sempre stato particolarmente schierato, ma non in modo subdolo. Questo può portare a una percezione a volte sbagliata, che può far pensare a giornalisti obbligati a dire o tacere. In Italia in realtà, c’è anche una particolarità che è l’Ordine dei Giornalisti, ovvero un albo professionale che dà garanzie sugli appartenenti. Sostanzialmente attesta requisiti e regole, tra cui la deontologia professionale, in cui la libertà è ai primi posti.

Ai primi posti della classifica ci sono Paesi che non sono noti per essere particolarmente democratici, come El Salvador. Un tasso di omicidi tra i più alti al mondo, uno ogni mille abitanti (in Italia cento volte meno): eppure risulta cinquantottesimo.

Ho notato nella graduatoria di questo report che i Paesi in cui c’è un governo “forte”, o addirittura una dittatura, sono tendenzialmente più in alto. Di solito in questi casi succede che il potere è molto accentrato e, nell’esempio di El Salvador, il giornalista “libero” si concentra di più sulla cronaca, fatti come gli omicidi o altro. Qui nessuno di solito interferisce: i problemi possono nascere quando, in questi Stati, si “tocca” la politica, oppure l’economia. È su questi argomenti che solitamente arriva la censura.

Nel punteggio dell’Italia ha influito anche il caso Vatileaks 2?

Potrebbe. Qui torniamo alla deontologia professionale, senza entrare nel merito del caso specifico. Ci sono informazioni, in senso generale, che per quanto meritino di essere scritte non si possono pubblicare. Mettiamo il caso di un furto. Se a commetterlo è una persona qualsiasi posso decidere se pubblicare nome e cognome: in Italia e in quasi tutto il mondo il diritto di cronaca, cioè del giornalista di scrivere, ha la meglio su quello alla privacy. Devo pubblicarli “per forza” se il ladro è un personaggio conosciuto. Ma se si tratta di un furto per fame, il nome del ladro può non far più parte della notizia. Bisogna chiedersi, alla fine, quanto ciò che si scrive invade la sfera intima. Vatileaks può anche essere invasivo della privacy. Del Papa o di chi altri non importa. È comunque un caso sul filo del rasoio: la scelta se scrivere o meno e se punire o meno dipende rispettivamente da giornalista a giornalista e da Paese a Paese.

Gianluigi Nuzzi (uno dei giornalisti sotto processo per Vatileaks 2, ndr) ha sempre precisato che le informazioni sono state ottenute da funzionari che ne avevano il pieno accesso.

Il lavoro del giornalista è cacciare informazioni e i documenti sono informazioni oltre che prove. Rubare documenti è un reato, ma chiaramente se sento una conversazione o leggo un documento anche se non indirizzato a me non ho commesso alcun reato. Pubblicare o meno quello che scopro è una scelta mia: aver saputo la notizia da qualcuno che la conosceva lecitamente non influisce.

Ci sono poi dai 30 ai 50 giornalisti, in Italia, messi sotto protezione. La notizia è stata riportata in una inchiesta di “Repubblica” qualche mese fa.

Qui non si tratta di libertà di stampa. Stiamo parlando di inchieste che per qualcuno sono scomode, e per le quali quindi si cerca di mettere a tacere chi le porta avanti. Qui è sempre la parte “cattiva” che minaccia.

“Charlie Hebdo” e Vatileaks: due casi recenti e diversi tra loro. Quanto pesano in termini di libertà di stampa?

La distinzione è giusta. Un conto è finire nel mirino di qualcuno, e quindi essere messo sotto protezione. Un altro è fare satira, come quella di “Charlie Hebdo”, altro ancora è riferire e scrivere i segreti di uno Stato o di una personalità. Qui non si tratta più solo di libertà di stampa: si tratta di capire dove inizia la libertà altrui e capire che non tutto ciò che si sa è una notizia.

Ha mai avuto esperienze di intimidazioni verso colleghi o lei?

Sì, alcune. In particolare verso colleghi, ma un paio anche nei miei confronti.

Ad esempio?

Io mi occupo di cronaca giudiziaria, dove di solito c’è un torto e qualcuno che lo commette: nessuno ama che si scriva in negativo di sé. Fortunatamente tutti si sono fermati alle parole. Poi capita anche che scrivendo correttamente si arrivi all’estremo opposto e di ricevere ringraziamenti anche dai protagonisti in “negativo” di queste notizie.

Lei considera questo una limitazione?

No, nulla mi è mai stato impedito fisicamente.

Matteo Bevilacqua, 2B Ls

 

 

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In aula con passione: la prof Impellizzeri

Posted by admin On Marzo - 29 - 2016 Commenti disabilitati su In aula con passione: la prof Impellizzeri

Quaranta anni di professione e, dopo la pensione, di nuovo a insegnare: è la storia della professoressa Antonella Impellizzeri, che abbiamo intervistato per capire le ragioni della sua passione.

Quando ha deciso di diventare professoressa?

Ho deciso di fare questo lavoro quando frequentavo il liceo classico, poiché mi sono innamorata delle materie umanistiche. Oggi comunque i tempi sono cambiati, ma non rinnego il fatto di aver preso questa decisione.

Se dovesse scegliere ora, deciderebbe comunque di diventare professoressa?

Se avessi dovuto prendere la decisione oggi sarei stata molto combattuta: non avrei cambiato idea poiché ho ancora una forte passione per le mie materie. Avrei preso un’altra strada se avessi pensato alla vita pratica. Sia per questioni di carattere economico sia perché la scuola non è più la stessa.

Se avesse deciso di cambiare lavoro cosa avrebbe fatto?

Avrei fatto medicina. La trovo molto bella, è una passione che coltivo nel privato. Mi piace documentarmi riguardo a questo ambito e anche prendermi cura delle persone.

Le è mai successo che qualcuno si sia lamentato del suo metodo di insegnamento?

No, non ho mai avuto problemi. Anche perché durante le mie lezioni cerco di coinvolgere molto i miei studenti. Non ho mai avuto contestazioni neanche riguardo alle interrogazioni, poiché spiego sempre le motivazioni dei voti che do.

Le è mai successo che studenti le abbiano impedito di svolgere la lezione, poiché disturbavano?

No, non mi è mai successo. Normalmente riesco a tenere l’attenzione, anche perché non uso il libro, se non per leggere passi d’autore, perciò gli alunni sono obbligati a prendere appunti. Inoltre durante le interrogazioni, coinvolgo loro e le uso come strumento per ampliare l’argomento.

Cosa fa se qualche ragazzo la disturba?

Cerco di responsabilizzarlo, facendogli capire che sta disturbando, anche alle volte alzando la voce.

Ha mai “beccato” studenti a copiare?

Sì, mi è successo anche se raramente.

Come si è comportata con loro?

Ovviamente ci sono state conseguenze nel momento in cui ho dovuto votare la verifica, questo ha portato anche al pentimento dello studente.

La sua passione per il lavoro è diminuita da quando ha iniziato rispetto a ora?

La passione per il contenuto non è cambiata. È diminuita un po’ la passione per l’insegnamento, dato che ricevo molte delusioni. Intendo dire che c’è molta differenza fra quanto do io ai miei studenti e il loro rendimento. Mi spendo molto in classe e dall’altra parte non ricevo abbastanza e resto delusa.

Qual è il suo argomento preferito da spiegare?

Ho una passione per tutti gli argomenti, ma in particolare per “Padre Dante”. Devo dire che ho anche le competenze per spiegarlo, poiché l’ho studiato molto; inoltre lo considero una fonte inesauribile di attualità.

Si affeziona molto ai suoi studenti?

Purtroppo sì, molto.

Perché dice purtroppo?

Purtroppo perché io do fiducia e affetto ai miei studenti, in cambio vorrei che gli studenti avessero un buon rendimento. Non voglio che i miei studenti approfittino dei miei buoni propositi. Comunque bisogna dire che mantengo ottimi rapporti con alcuni miei studenti che ora si sono anche laureati.

Cosa ha fatto prima di venire qui?

Mi sono laureata in Lettere Antiche. Ho insegnato sia in licei classici, che scientifici. Sono venuta qua solo ora che sono in pensione, e questa è un’ulteriore dimostrazione della mia passione per l’insegnamento. Sono entrata in pensione nel 2012; dopo 40 anni di carriera sono ancora qua a insegnare.

È meglio la nostra scuola o quelle in cui ha insegnato prima?

Bisogna distinguere le scuole statali da questa. Nello stato ci sono dinamiche rigorose, o meglio questo accadeva anni fa. Ora c’è un po’ un tracollo, sia per via delle riforme, sia per il cambiamento da parte degli studenti. Qui ci troviamo in un mondo più piccolo, è come se fosse una famiglia, mi trovo bene qui. La differenza con il passato è data soprattutto da come gli studenti si approcciano con la scuola, il loro rigore e partecipazione. Questo tracollo è dato, secondo me, soprattutto dall’uso maldestro della tecnologia. Per esempio: quando do da fare una versione ci sono due opzioni: ora puoi farla o copiarla da internet, in passato non si poteva far altro che eseguire gli esercizi. Questo fa in modo che il cervello non si metta in moto e perciò si atrofizza. Un altro esempio è che prima per fare una ricerca bisognava fare un collage di più fonti; ora invece si cerca su internet e si trovano le informazioni già pronte. Quando insegnavo negli anni ’80 c’erano classi in cui era un piacere fare lezione: erano in grado di capire da soli.

Cosa pensa del rapporto genitore insegnante?

Molti genitori collaborano con gli insegnanti per la crescita dei figli. Alcuni invece vedono nei professori gli antagonisti. Ci deve essere una fiducia reciproca fra scuola e famiglia. Ognuno deve rispettare il proprio ruolo e ambito. L’insegnante partecipa alla crescita culturale e sociale del ragazzo, il genitore invece lo educa e gli insegna come comportarsi nel privato. Il voto negativo non è una punizione, è un modo per far crescere l’alunno grazie a una presa di coscienza. Non amo i genitori che influiscono sulla didattica criticando il professore. Il professore deve fare il professore, il genitore deve fare il genitore, l’alunno deve fare l’alunno. Concludo con questo esempio: io non posso andare a casa di un mio alunno e dire alla madre che non va bene il metodo che usa per lavare i panni. Al contrario, nonostante i ruoli diversificati, tutti si credono insegnanti.

Sara Lucia Zappulla, 2B Ls

 

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Epinati: in Inghilterra da studente

Posted by admin On Dicembre - 2 - 2015 Commenti disabilitati su Epinati: in Inghilterra da studente

Una vera e propria vacanza all’estero o una sessione estiva di studio per potenziare le proprie competenze linguistiche in inglese? Il dubbio è lecito e viene spontaneo, sentendo i toni entusiastici di Margherita Epinati, docente di storia dell’arte all’Istituto Aeronautico “Locatelli”, mentre racconta del periodo passato, quest’estate nel sud dell’Inghilterra e, più esattamente, a Bath. Si tratta di una cittadina molto viva e ricca di cultura, dove si possono trovare appunto i “bagni” di epoca romana da cui prende il nome (bath in inglese significa appunto bagno); oltre tutto proprio qui si trova anche la casa della famosa scrittrice inglese Jane Austen.

“L’esperienza è stata molto entusiasmante – racconta la nostra docente – Ho frequentato una scuola accademica, dove seguivo le lezioni rigorosamente tutte in lingua inglese, con professori ovviamente madrelingua”. Lezioni in inglese, ma multietniche, come tiene a precisare: “I miei compagni di studi provenivano da svariate nazioni: dalla Russia, dalla Spagna, dalla Cina e dal Giappone, ma la maggior parte arrivavano comunque dall’Asia”. Terminata la frequentazione delle lezioni, per ottenere la certificazione relativa, dovrà ora sostenere un esame finale in Italia.

Al di là dello studio, la professoressa Epinati ha fatto molte esperienze positive: “Ho provato ad esempio l’opportunità di condividere la stanza con persone di cultura diversa e dover comunicare per forza con loro in lingua inglese, l’unica in comune che ci permetteva di capirci”.

Un po’ meno gratificante forse l’impatto col cibo inglese che, come risaputo, non sarebbe il top, ma nemmeno – puntualizza lei – da buttare: “Cucinate dagli inglesi le loro pietanze sono tutto un altro discorso”.

L’esperienza è sicuramente da ripetere, ma la cosa che l’ha colpita di più è stata la varietà di culture presenti con cui si è dovuta confrontare parlando in lingua inglese, oltre al fatto di ritornare studente

Durante il fine settimana la professoressa ha visitato varie città vicino a Bath e, una volta finito il corso, si è fermata per visitare altre regioni, come la Cornovaglia e il Galles.

Marco Ravani, 3A Ls

 

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A lezione con l’ètoile Fracci

Posted by admin On Dicembre - 2 - 2015 Commenti disabilitati su A lezione con l’ètoile Fracci

Era il 23 ottobre quando, per la prima volta, le ragazze del liceo coreutico hanno incontrato la più grande e intramontabile icona della danza classica, Carla Fracci.

Come tutti i giorni sono arrivate a scuola e, alle 8,05, le lezioni sono iniziate: ma i professori si sono accorti che dentro ognuna di loro c’era qualcosa di strano, da una parte quell’immensa voglia di ballare ma dall’altra anche quell’angoscia di sbagliare, di non essere adeguate, di non essere all’altezza.

Le ragazze erano tesissime: i visi, le espressioni e i comportamenti facevano trasparire le loro emozioni, le ansie e le paure. E infatti, le ragazze della classe seconda, prima del loro incontro con Carla Fracci, per cercare di smorzare un po’ la grande tensione, si sono anche confrontate con quelle più grandi per sapere come fosse andata la loro lezione e quali correzioni avesse fatto.

Una volta preparato trucco e parrucco, le ragazze sono entrate in sala per riscaldarsi, fare stretching e rilassarsi prima di quella che si profilava come un’intensa lezione.

Quando l’Etoile è entrata, in sala si è creata una situazione di imbarazzo ma nello stesso tempo di felicità e incredulità: tutte le ragazze sono rimaste in posa fissando stupefatte e disorientate l’icona della danza classica e, ancora tremanti, hanno iniziato la lezione durante la quale Carla Fracci correggeva e faceva vedere a livello pratico il giusto movimento, dando consigli alle allieve che sono rimaste colpite dal fascino e dall’eleganza con cui lei mostrava i passi. Al termine della lezione, le allieve del Liceo Coreutico e l’insegnante, lusingate di aver svolto un lezione di danza con Carla Fracci, hanno concluso la giornata compiaciute e soddisfatte.

Un venerdì che sembrava essere un giorno qualunque si era trasformato poi in una giornata indimenticabile, densa di emozioni. Alcune altre allieve hanno raccontato al quotidiano L’Eco di Bergamo: “Quasi non credevamo ai nostri occhi: Carla Fracci in persona che ci faceva lezione. E non standosene seduta a guardare, magari anche con un certo distacco. Anzi. Non ha perso un solo esercizio, un solo passo e ci ha seguito in tutto e per tutto”. La stessa ballerina, intervistata dal quotidiano locale dopo una delle lezioni alle ragazze del Coreutico, ha dichiarato: “Questo liceo potrebbe diventare una sorta di “vivaio” di giovani talenti. Vivaio da cui partire per dare vita a una compagnia di danza, naturalmente legata al teatro Donizetti”.

Beatrice Limonta, Andrea Valongo, 2A Lc

 

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Fracci al Coreutico: esperienza di vita

Posted by admin On Giugno - 8 - 2015 Commenti disabilitati su Fracci al Coreutico: esperienza di vita

È ormai da qualche anno che l’Istituto Locatelli ha avviato anche l’indirizzo Coreutico: l’arte della Danza inserita nella scuola, per imparare e affinare le proprie tecniche e capacità sotto la guida di abili insegnanti, tra i quali ora si aggiunge anche Carla Fracci,  ballerina di fama internazionale, che assume così la direzione artistica del liceo Coreutico e sarà presente in sede ogni settimana. Ma cosa vuol dire essere una ballerina?

L’utilizzo della parola ballerina spesso viene associato a qualcosa di superficiale, semplice e a volte squallido. Questa passione, invece, è considerata uno degli impegni più dignitosi e faticosi al mondo: ci si deve dedicare tutta la vita, giorno dopo giorno, partendo da quando si è bambini.

Il lavoro dei danzatori inizia solitamente davanti a immense pareti di specchi che li accompagnano durante il loro percorso. Questa implacabile e intensa esposizione quotidiana ha un forte effetto su quella che si definisce la propria immagine di sé; al contrario di quanto credono in molti, tanto tempo passato a ispezionarsi allo specchio non favorisce il narcisismo o la vanità: i danzatori si osservano con uno sguardo allenato a essere critico, competitivo e comparativo.

Fare la ballerina nella maggior parte dei casi è ritenuto semplice, approssimativo soprattutto durante le esibizioni, mentre è espressa leggerezza, delicatezza, si giudica il lavoro compiuto; solo pochi comprendono. In realtà dietro le quinte si nasconde un mondo composto da energia, movimento, forza, impegno ma soprattutto sacrificio. Attraverso la danza si sviluppa la bellezza del corpo, si ingentilisce l’animo e si acquisiscono armonia ed eleganza interiore ed esteriore. Purtroppo ancora oggi, in Italia, la danza non è considerata da tutti un’arte vera e propria: questo per la scarsa informazione che anche la televisione non contribuisce a fornire.

L’impegno è fondamentale per chi segue quest’arte, poiché senza di esso non si raggiunge alcun risultato. Il sacrificio è implicito nel percorso di ogni aspirante danzatore, che deve porre la passione davanti a molte cose nella propria vita: il divertimento, il tempo per gli amici e a volte la famiglia. Il termine “sacrificio” non implica malumore o fatica: per chi danza è un bisogno e i bisogni non pesano. Ogni ballerino deve sapere trovare dentro sé la gioia, il motivo per cui continuare e mantenere vivo questo senso di felicità e appagamento nel corso del tempo: può nascere da un piccolo progresso, da una coreografia che si riesce far propria o più semplicemente da come si esterna il proprio amore e la propria dedizione per quest’arte.

Se si riesce a coltivare e custodire la gioia che si ha dentro, si è anche capaci di trasmetterla al prossimo, non solo sul palco ma anche nella vita di tutti i giorni; la danza libera molte emozioni e “comunicare” è la parola chiave nella vita di ogni artista.

Chiara Salvi, 4A Liceo Coreutico

 

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Un personaggio speciale: padre Zambotti

Posted by admin On Giugno - 8 - 2015 Commenti disabilitati su Un personaggio speciale: padre Zambotti

di Lorenzo Leoni, 3A Ls – 

Siamo a maggio, la scuola sta giungendo al termine e, con un po’ di amarezza, è andata in stampa anche l’ultima edizione del “Corriere dell’Aeronautico”. Pertanto, abbiamo deciso di congedarci con i fuochi d’artificio, realizzando un’intervista esclusiva a un professore un po’ speciale: padre Renzo Zambotti.

Quest’anno è necessario riconoscere il tiro andato a segno del preside poiché non poteva scegliere persona più idonea all’insegnamento della religione cristiana, fondamentale per la crescita interiore di noi adolescenti: lui che, al termine del terzo anno di teologia, venne esortato dai suoi superiori a lavorare nel carcere di Bologna.

Non sono molti gli istituti bergamaschi che possono vantare un insegnante così ricco spiritualmente e che ha avuto l’opportunità di assistere uomini deboli sotto tanti profili; quindi, l’intervista si è focalizzata su questa esperienza.

Padre Renzo spiega di aver scelto quella via per tre precise motivazioni: la necessità di testimoniare l’amore di Dio verso i più piccoli d’animo, la certezza che la pace del mondo parta dai più poveri e la convinzione che una società si possa definire “civile” quando si fa carico delle persone in difficoltà.

Tuttavia, come è possibile avvicinare a sé uomini che sembrano incapaci di amare? I buoni propositi non bastano, pertanto il frate si avvaleva di un metodo “made by Renzo”, basato sul principio “corpo-cuore-testa”: donare il proprio tempo gratuitamente e nella capacità di comprendere la differenza tra il bene e il male.

Ma quale può essere stata la sua più grande soddisfazione al termine di tale missione, che lo ha allontanato dalla sua famiglia e lo ha inserito in un contesto che non tutti sono in grado di accettare? La risposta è un po’ inaspettata, perché Padre Renzo ci ha raccontato  questo: “Inizialmente pensavo di essere io ad aiutare il prossimo ma, con il tempo, ho imparato a pregare, a credere, ad amare e a vedere la realtà con gli occhi di Dio”. Il frate si è soffermato altresì su quanto l’esperienza vissuta sia ancora viva nel suo cuore e infine ha voluto spendere qualche parola sulla propria permanenza in Africa.

Una esperienza forte, che ci ha descritto per filo e per segno:  la vita in missione, le emozioni che ha provato nel vivere in una civiltà dove la fame è all’ordine del giorno, l’acqua scarseggia e si muore per un semplice raffreddore: “Ho avuto difficoltà a integrarmi inizialmente –  ha spiegato il professore – Infatti mi risultava difficile dialogare con uomini dediti a una cultura così radicalmente diversa da quella occidentale. Ciononostante, vi erano valori condivisi come l’amore e il rispetto reciproco che mi hanno permesso di diffondere il messaggio di salvezza cristiano”.

Padre Renzo è un esempio per la società e noi tutti dobbiamo alzarci e applaudire un uomo che desidera donare all’umanità un futuro straripante di speranza e felicità.

 

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Padre Reali: “l’uomo della Sindone”

Posted by admin On Giugno - 8 - 2015 Commenti disabilitati su Padre Reali: “l’uomo della Sindone”

Docente, sacerdote, scrittore: e oggi il nostro Marco Tommaso Reali parla  escrive nientemeno che della Sindone. Sacerdote appartenente all’ordine dei domenicani, con licenza e dottorato in Teologia Morale, docente presso l’Istituto Superiore SS. Vitale e Agricola di Bologna e, fino all’anno scorso, a tempo pieno anche al Liceo Scientifico A. Locatelli: non contento ha realizzato “L’uomo della Sindone” (oltre ad altri libri).

Nonostante le sue diverse occupazioni, Padre Tommaso si diletta  infatti nella scrittura di libri: martedì 3 marzo ha presentato proprio l’ultimo nella trasmissione televisiva “Il caffè di Raiuno”; precedentemente il libro era stato presentato al Centro culturale San Bartolomeo di Bergamo, dove è stata proposta una lettura “anatomica e spirituale” della Sindone, ovvero il lenzuolo più studiato di tutti i tempi, dove si ritiene sia stato avvolto il corpo di Cristo in seguito alla sepoltura. Tutto ciò viene narrato evidenziando due eventi che tutti i credenti attendono, ovvero la morte e la resurrezione: come spiega nel suo libro padre Tommaso, la Sindone può aprire un dialogo interiore tra Dio e il diretto interessato, dando inoltre la possibilità di rafforzare o scoprire il credo nella fede Cristiana.
Nonostante siano già stati scritti diversi libri sulla Sindone, padre Reali spiega che attraverso il suo libro vuole sviluppare una ricognizione della Sindone stessa, che non sia solo il racconto della passione e della resurrezione di Gesù, ma che sia anche in grado di toccare la vita di ciascun credente che ama questa reliquia e desidera usufruirne per un cammino interiore, che possa giungere a collegare la storia e gli avvenimenti della vita di Gesù con la propria storia, e tracciare una moderna antropologia spirituale.

Oltre al libro precedentemente citato, padre Reali ha scritto anche “Lo scrigno del viandante” e “Elementi di morale economica”, anch’essi rivolti a un interesse spirituale e cristiano.

Pietro Daminelli, 3A Ls

 

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Insegnare? “Ogni giorno è irripetibile”

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Insegnare? “Ogni giorno è irripetibile”

Fabiana Riva, conosciuta al Locatelli come insegnante di chimica e biologia, non sempre si è dedicata all’istruzione dei più giovani.

Fin dai primi anni di scuola superiore sapeva cosa avrebbe voluto fare nella vita e, con molto studio e parsimonia, ha raggiunto i suoi obiettivi: interessata alle scienze e alle malattie, frequenta il liceo scientifico a Edolo (Brescia), dove la sua passione inizia a crescere fino a concretizzarsi negli studi universitari, con la specializzazione in biologia molecolare e oncologia. Terminati gli studi con ottimi voti inizia a lavorare presso il laboratorio di ricerca dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, dove per tre anni studia il ruolo di alcune popolazioni cellulari nell’eziopatogenesi dei tumori e nella malattia da rigetto del trapianto contro l’ospite (GvHD). Gli studi di queste cellule presenti nel nostro organismo hanno aiutato Fabiana Riva a capire l’insorgenza, la progressione e la metastatizzazione dei tumori, fondamentali nella progettazione di nuove strategie terapeutiche per contrastare la malattia.

Dopo aver raggiunto diversi obiettivi nella ricerca medica, la novità: inizia a insegnare all’Istituto Aeronautico Locatelli; la sua decisione di cambiare lavoro è stata spinta dal desiderio di trasmettere la sua passione per la scienza alle generazioni future, che avranno la possibilità di approfondire gli studi scientifici con l’aiuto delle nuove tecnologie sempre in via di sviluppo.

Nonostante non abbia abbandonato l’idea di tornare in laboratorio, continua la sua carriera d’insegnante, con una motivazione più che valida: “Insegnare è un lavoro unico, ogni giorno è irripetibile; avere a che fare con i ragazzi è un occasione fantastica, perché ogni studente possiede un universo interiore che merita rispetto”.

Pietro Daminelli, 3A Ls

 

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Prof Radice e Singapore: quanti rimpianti

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Prof Radice e Singapore: quanti rimpianti

Paesi esotici? Ne sa qualcosa la professoressa Elena Radice, che può vantare una – anche se breve – permanenza ben oltre i confini italiani: a Singapore, sull’estrema punta meridionale della penisola malese. Si trasferì lì, racconta, a causa del padre che, dirigente di una società di elettronica, doveva sbrigare del lavoro a Singapore e non aveva altra scelta che portare con sé moglie e figlia, di soli 5 anni, vivendo lì per 6 mesi.

La notizia mi ha sconvolto: avevo preparato domande per una persona che avesse vissuto l’esperienza con qualche anno in più sulle spalle (colpa mia, non ero preparato, ndr); per portare a galla qualche altro ricordo le chiedo del suo primo impatto.

La cosa che la colpì all’istante, dice, fu il clima: la temperatura media si aggira sui 30ºC e l’umidità è sempre molto elevata. Tutta colpa dell’Equatore, a soli 152 chilometri di distanza. Il sole può scottare la pelle in pochissimo tempo sebbene le giornate limpide siano rare: è sempre presente qualche nuvoletta che può portare in 10 minuti un potente acquazzone. La pioggia, là, è un’amica ormai, mica come per la Liguria.

Può sembrare strano, ma per la nostra prof il cibo non fu un problema: anzi, afferma di averlo apprezzato più di quello italiano. Il segreto, confessa, “sta nella leggerezza, nei grassi ridotti e nel gusto fresco e deciso”. I suoi cibi preferiti erano i gamberi e la frutta, in particolare mango, cocco, mangosten e rambutan (capisco l’espressione che avete sul volto, ndr).

“La città era davvero pulita”, sottolinea. Esistono numerose leggi per preservare la pulizia: la gomma da masticare è fuorilegge, fumare in luoghi pubblici è vietato; non gettare rifiuti per terra è un classico, non tirare lo sciacquone del water dopo l’utilizzo è un reato. Le multe a riguardo sono salatissime e, almeno nel 1990, la cappa di smog sopra la città era molto ridotta, più di quella milanese.

La giornata-tipo della prof era di tutto rispetto: potremmo dire, con un termine forse poco elegante, che se la godeva alla grande. Piscina tutti i giorni (tranne quando andava al mare), centri commerciali, parchi botanici e zoo, di cui ricorda in particolare il contatto diretto che poteva avere con gli animali e il rispetto che nutriva la gente nei loro confronti.

Sentita la storia sul rispetto degli animali, però, mi incuriosisco e chiedo della popolazione di quella città. Risponde sicura: “Estremamente educata”. Mi suggerisce che “la multietnicità di Singapore è una componente importante della cultura”: ha sempre attirato una vasta gamma di culture che hanno incrementato il senso civico e il valore della convivenza pacifica. “Purtroppo – dice – dovetti tornare in Italia”, e della spaziosa città rimpiange tutto. Io la rimpiangerei anche solo per i bagni quotidiani.

Della lingua parliamo poco: da bimba quale era non aveva le capacità di esprimersi in inglese, una delle 4 lingue ufficiali insieme al malese, al cinese mandarino e al tamil, lingua tipica dei territori che si affacciano sull’oceano indiano. D’altronde tra bambini ci si capisce, e se si pensa che la prof riuscì, a dir di suo padre, a insegnare la canzoncina “giro giro tondo” ai suoi amichetti stranieri, allora dovremmo preoccuparci. Forse s’è trascinata negli anni la dote innata di capire e farsi capire dai bambini, e tutti sanno che questa è un’arma contro certi studenti.

Davide Della Tratta, 5A Ls

 

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Domenico Di Giminiani: docente e pilota

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Domenico Di Giminiani: docente e pilota

Una vita “spezzata” in due la sua, che lo spinge ad alternarsi tra il volo e l’insegnamento: stiamo parlando di Domenico Di Giminiani, ben conosciuto all’Istituto Locatelli perché “figlio d’arte”, ma che nel suo bagaglio – nonostante la giovane età – porta anche una magnifica esperienza di vita che merita di essere condivisa e conosciuta. Cerchiamo di capirlo con qualche domanda curiosa.

“L’obiettivo più ambizioso è realizzare un sogno”: questo è il motto soltanto di suo padre, il preside Giuseppe Di Giminiani o anche il suo? Lei è riuscito a realizzare il suo sogno?

È assolutamente vero. Porsi un obiettivo è il più grande mezzo di automotivazione, ci sprona a dare il meglio di noi stessi, non solo nel lavoro, anche nei rapporti affettivi. Alcuni dei miei sogni si sono già realizzati, per gli altri bisogna avere pazienza e costanza. Diventiamo grandi attraverso i sogni, ma sono convinto che anche in età adulta non bisogna smettere di sognare.

Da cosa è nata la sua passione per il volo?

Non ho sempre saputo di voler fare il pilota, ma fin da adolescente ero attratto dal brivido, amavo l’adrenalina, la velocità, la precisione. Durante un’esperienza di una settimana a Lisbona ho avuto l’opportunità di provare l’ebbrezza del volo. È stato amore a prima vista e ho avuto la fortuna di poter convertire la mia passione per il volo in lavoro. Un famoso adagio recita: “Scegli un lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno, in tutta la tua vita”. Esercitare una professione appassionante ti consente di vivere ogni giorno con soddisfazione.

Con quali compagnie ha volato successivamente?

Ho volato per una compagnia executive con base in Svizzera per un periodo di 3 anni, il mio primo type rating (passaggio macchine) è stato l’Hawker 1000. Come di consuetudine il primo lavoro è sempre il più traumatico, è un po’ come il primo giorno di scuola. Successivamente sono stato assunto da un’altra compagnia sempre sullo stesso aereo, ma in quest’ultima, per la quale lavoro ancora oggi, il mio cliente è, al tempo stesso, il mio capo. Decidere di volare per un singolo cliente, piuttosto che per una compagnia aerea mi fa sentire più appagato.

Cosa l’ha spinta a diventare anche professore? La voglia di tornare tra i banchi di scuola o la voglia di trasmettere anche ai più giovani la sua passione?

Insegnare è una vera e propria sfida: un bravo docente oltre a essere preparato e competente, deve essere in grado di comunicare, deve conoscere a fondo i suoi studenti, deve instaurare un rapporto di fiducia e di stima, ma soprattutto deve saper sedurre la classe con l’arte del parlare trasmettendo loro le proprie passioni. Questo è quello che cerco di fare con i ragazzi. Ho ancora molto da imparare anche in questo nuovo ruolo, voglio dare il massimo e cercherò di non dimenticare mai cosa si provava a essere seduti tra i banchi.

Una riflessione sul lavoro del pilota?

Accarezzare un sogno è una cosa fantastica e importante per i giovani che vogliono diventare piloti, ma l’istruzione è insostituibile per intraprendere questa carriera. La natura ha disegnato l’uomo per vivere e operare sulla terra e lui ha sviluppato una serie di caratteristiche adatte a questo scopo. Volare è una condizione non naturale per l’uomo. Imparare a volare significa quindi adattarsi a situazioni innaturali spesso in contrasto con l’abituale modo di ragionare a terra.  Per riuscire in questa missione occorrono  passione e determinazione particolarmente forti e continue. È un percorso che inizia tra i banchi della scuola di volo e prosegue nella vita professionale, un volo dopo l’altro.

Un pensiero conclusivo?

Mi piace ancora pensare al mio lavoro, forse un po’ romanticamente, come i pionieri dell’aviazione, per i quali il coraggio valeva molto più della conoscenza, un ”Super Uomo”, poi la concretezza riprende il sopravvento e  continuo a studiare, e a pensare che la sicurezza in volo è ciò che distingue un professionista vero.

Ortensia Delia, 3A Ls

 

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Izzo: le previsioni con passione

Posted by admin On Dicembre - 6 - 2014 Commenti disabilitati su Izzo: le previsioni con passione

Scuola e meteorologia: un accostamento particolare, che forse vale la pena di approfondire. E chi può farlo meglio di Daniele Izzo, professore di Meteorologia al Locatelli e allo stesso tempo metereologo per il Centro Epson? Lo abbiamo intervistato.

Professor Izzo, partiamo dall’inizio: cosa è un meteorologo?

Il meteorologo è quella persona che studia i fenomeni che avvengono all’interno dell’atmosfera. È colui che deve riuscire a capire e a precedere i fenomeni di vario tipo legati al tempo, non quello della clessidra ma bensì il tempo inteso come pioggia, neve, grandine.

Cosa può far sbagliare una previsione?

Tanti fattori. La previsione è alcune volte sbagliata perché l’atmosfera è un sistema complesso e anche il metodo scientifico con cui vengono fatte le previsioni è affetto da errori e da approssimazioni, che non potranno mai essere del tutto eliminate. Se ciò fosse possibile non parleremmo più di previsione, ma di certezza. In più l’atmosfera è un sistema caotico con effetto farfalla: basta una piccola variazione per generare una previsione molto diversa, come appunto il battito di una farfalla, imprevedibile.

Qual è il margine di errore delle previsioni meteo? 

Per una previsione a 24h abbiamo valori di probabilità che si aggirano tra l’80 e il 95%, mentre per quelli relativi a una settimana abbiamo valori che superano il 50% e possono arrivare anche al 70%.

Cosa ne pensa dei siti web che fanno previsioni? Ci si può improvvisare meteorologi?

In Italia purtroppo non esistono leggi che tutelino la professione del meteorologo. Non c’è nemmeno una scuola che abiliti e certifichi la sua professione, tranne quella dell’Aeronautica militare.

Gli albergatori lamentano mancati guadagni per previsioni meteo errate, e si parla di cause per risarcimenti. Esistono i cosiddetti “meteo terroristi”?

Sì, esistono davvero, e ciò accade perché magari non hanno le competenze necessarie. Alcuni siti fanno previsioni anche a 10 giorni prevedendo forti ondate di mal tempo che poi non si verificheranno mai: rendono estremi alcuni fenomeni meteorologici e ciò crea un maggior numero di accessi al sito.

Chiunque abbia un cellulare ha un’app di previsioni: necessità indotta o frutto di una moda passeggera?

No, non credo che passerà. Perché il tempo influenza la vita di ciascuno di noi, a partire dagli aspetti della vita quotidiana, come la mamma che accompagna il bimbo a scuola, fino ad arrivare alle attività economiche commerciali, ad esempio il volo. Quindi no, non credo che passerà, anzi col tempo diventerà sempre più importante.

Cosa l’ha spinta a intraprendere questa carriera?

Ero appassionato di fisica e poi di fisica dell’atmosfera, ma non pensavo di fare questo mestiere perché volevo diventare ricercatore, è stato un caso. Ho fatto la tesi di laurea al centro Epson Meteo con il colonnello Giuliacci, e quell’esperienza mi è piaciuta al punto da chiedere se ci fosse la possibilità di intraprendere la carriera di meteorologo, e così è stato.

Un’ultima domanda: sono più le previsioni che ha sbagliato o azzeccato?

Eh no, quelle azzeccate sicuramente. Poi ogni tanto c’è stato anche qualche errore clamoroso, ma sono contento perché il più delle volte sono giuste, anche grazie ai modelli fisico meteorologici.

Ortensia Delia, 3 A Ls

 

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Giuliacci “vola” in cattedra

Posted by admin On Dicembre - 5 - 2014 Commenti disabilitati su Giuliacci “vola” in cattedra

Mario Giuliacci, meteorologo di fama nazionale, a partire da quest’anno è diventato insegnante all’Istituto Aeronautico Antonio Locatelli di Bergamo. Con poche domande abbiamo cercato di scoprire quello che è stata la sua carriera e cosa lo ha spinto a intraprendere questa professione.

Come è nata la sua passione per la meteorologia? Aveva altri sogni da bambino?

Da bambino e fino a 20 anni la mia aspirazione più grande fu quella di intraprendere la carriera di medico, ma una volta iniziata la vita da universitario decisi nel 1960 di iscrivermi al corso di fisica all’università “La Sapienza” a Roma. Feci questa scelta perché in quegli anni l’Italia, insieme agli Stati Uniti, divenne leader nel campo delle conoscenze della fisica nucleare e di conseguenza si cercavano persone con competenze riguardanti questo settore. Sfortunatamente dopo due anni di studio e formazione arrivò la doccia fredda: l’Italia decise di rinunciare alle centrali nucleari. Per un anno sono vissuto in una specie di limbo poiché ero amareggiato e non sapevo quale lavoro potessi fare. La fortuna volle che un mio amico mi facesse scoprire il corso universitario che in quel momento stava seguendo lui, ovvero fisica dell’atmosfera: ha iniziato a piacermi talmente tanto che decisi di scrivere la mia tesi di laurea proprio su questo argomento. Nel 1969 iniziai la mia carriera vincendo il concorso che aveva indetto l’Aeronautica Militare e poi dal 1983 al 1990 ho diretto il centro meteo di Milano-Linate. Nel 1990 ebbi il grande onore di diventare colonnello ma, per non lasciare la mia famiglia sola a Milano, decisi di non lavorare a Roma alla sede del centro meteorologico bensì di essere un libero professionista.

Quali studi servono per diventare meteorologo?

Per essere un meteorologo bisogna prima di tutto essere laureati in Fisica con specializzazione post laurea in fisica dell’atmosfera.

Quale fu il suo primo incarico in questo campo?

Ho dovuto fare i turni (mattina, pomeriggio e notte) come meteorologo alle prime armi accanto a una figura più esperta di me all’Ufficio meteorologico Aeroportuale di Milano-Linate. In questo ambito elaboravo mappe, previsioni e avvisi di sicurezza destinati alla Navigazione aerea e anche marittima per tutto il Nord Italia.

Da quanti anni fa questo mestiere?

Dal 1970 fino a oggi.

Per quali reti televisive ha lavorato?

Quando vestivo la divisa negli anni ’80 ho fatto vari interventi TV con la Rai e anche con Telelombardia. Una volta poi creato il Centro Epson Meteo le mie comparse dovevano essere limitate solo alle reti Mediaset e in particolare a Canale 5. Nel 2010 ho lasciato il Centro Epson e per due anni ho deciso di svolgere il mio mestiere negli studi di La7 al sabato e alla domenica.

Ha trovato solo aspetti positivi nel suo lavoro?

Non c’è dubbio che questa mia professione mi abbia portato enormi soddisfazioni professionali e sicuramente di gran lunga superiori a quelle che a priori mi potessi aspettare dalla vita.

Preferisce svolgere la professione di meteorologo o quella di insegnante?

Sono due professioni entrambe per me ricche di soddisfazione. È ovvio che non rinuncerei mai alla mia professione di meteorologo non solo perché mi occupo della gestione del mio sito Internet, ma pure perché per me è anche un piacevole hobby. D’altra parte mi piace insegnare ai giovani, e infatti per dieci anni ho insegnato in un Liceo Scientifico a Milano e per trenta all’Università

Che consigli si sente di dare a un neodiplomato che vuole intraprendere questa carriera?

Prima di tutto gli consiglio di fare un bell’esame di coscienza per chiarire con se stesso se la matematica e la fisica sono state le sue materie predilette alle scuole superiori e quelle in cui ha ottenuto i migliori risultati. La professione di meteorologo a mio giudizio troverà nel futuro altri numerosi sbocchi, specie nel ramo ambientale e energetico.

Claudia Cobilita, 4 A Ls

 

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Intervista allo Specchio VII

Posted by admin On Dicembre - 5 - 2014 Commenti disabilitati su Intervista allo Specchio VII

 

Professori a confronto in una intervista doppia: i loro gusti e la loro storia. Conosciamoli. 

Professori, questo mistero: con loro a scuola si trascorrono ore, giorni, settimane intere, ma quanto si fanno conoscere? Ecco qualche domanda per scoprire anche il loro mondo e, perché no, magari capirli meglio.

Foto e testi a cura di Riccardo Angeleri e Marco Ravani, 2B Ls

Fabiana Riva, 25 agosto

Nome, cognome e compleanno

Elena Radice, 16 aprile

Scienze, biologia, chimica

Materie che insegna

Fisica, matematica, meccanica

No, mi sono occupata di ricerca medica

Insegnare è stato il suo unico lavoro dopo gli studi?

Ho lavorato per tre anni anche nel settore delle energie rinnovabili

Inter

Le preferenze: la squadra di calcio

Odio il calcio

Biologia

La materia scolastica

Matematica e navigazione

L’insostenibile leggerezza dell’essere

Il libro

Il Signore degli anelli

Milan Kundera

L’autore

John Ronald Reuel Tolkien

Match Point

Il film

Il Signore degli anelli (la trilogia), pulp fiction

Musica pop e rock

Il genere musicale

Rock

Gli U2, i Pink Floyd, Beatles, Muse

Il cantante o il gruppo

Green Day, Placebo, Prodigy
Stanley Kubrick

Il regista

Quentin Tarantino

Leonardo Di Caprio

L’attore

Jared Leto

Sì, anzi ne ho di più

Ha la stessa voglia di insegnare che aveva all’inizio?

Sono sempre più grintosa

Si, ero molto secchiona

Quando era studente era un/a “secchione/a”?

Sì, molto

No, non molti

Ha bocciato molti studenti nella sua carriera?

Uno solo

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