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Nuovo anno, bilanci: grande 2018

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Nuovo anno, bilanci: grande 2018

Il 2019 è ormai iniziato da appena un paio di mesi, con un conto alla rovescia, qualche fuoco d’artificio, un po’ di spumante e tanti auguri: ha chiuso il capitolo 2018 del Libro della storia, iniziando a riempire pagine bianche con un inchiostro indelebile.

Il 2018 è stato però un anno ricco di eventi per ognuno di noi, ricco di cambiamenti e novità in Italia e anche, in particolare, nella nostra scuola. Per il nostro Istituto lo scorso anno è iniziato con i fiocchi: il Ministero dell’Istruzione ha approvato la proposta del nostro preside di far rientrare il nostro Istituto tra le 192 scuole comprese nel progetto sperimentale del Liceo Quadriennale. Questo avvenimento è motivo d’orgoglio per il preside che, per l’ennesima volta, ha portato il “Locatelli” ad affrontare l’ignoto: il progetto è dunque iniziato il 1° settembre e a oggi continua serenamente.

Durante i primi mesi del 2018 la nostra scuola, dopo i relativi corsi di formazione in primo soccorso, ha anche installato il DAE, il defibrillatore semi-automatico, attualmente posto nel cortile della nostra scuola, pronto all’eventuale utilizzo in caso di necessità.

All’inizio dell’anno scolastico 2018-2019, il preside ci poi ha fieramente annunciato la nascita di una nuova realtà dell’Istituto: da settembre 2019 sarà presente nel complesso scolastico una scuola secondaria di primo grado, che con molte probabilità troverà sede nella nuova palazzina, attualmente in fase di ultimazione.

Inoltre, nuovi progetti hanno coinvolto la scuola: per primo il Corso di Galateo, che ha sostituito le ore di Educazione Fisica, e poi il progetto United Network, riproposto anche quest’anno, che permette agli alunni di partecipare a una simulazione di una conferenza ONU a Milano o a New York.

Ma i veri protagonisti del 2018 sono stati i ragazzi e le ragazze della scuola, che hanno alzato ancora una volta l’asticella. Come avete già letto negli scorsi numeri, due ragazzi hanno realizzato il loro sogno di frequentare una Scuola Militare, dopo numerosi sacrifici e giorni passati a seguire la fase concorsuale: Giacomo Trezzi alla scuola navale Morosini e Marianna Ruggeri alla scuola militare Dohuet. Inoltre l’ex-alunna Celine Polepole ha iniziato un percorso di studi per l’ultimo biennio liceale presso la prestigiosa United World Colleges (UWC) di Trieste, con tanto di borsa di studio.

Il Liceo Coreutico ha portato la nostra scuola ai vertici con la vittoria di numerosi premi: Milano EURODANZA 2018, Como Lake Dance, Olivia Contemporary Dance Project di Verona, International Dance Competition Talent Garden 4.0 di Milano, Monza Danza 2018 e il Concorso Nazionale di Danza al Teatro Comunale di Ferrara.

Bergamo Scienza” ha fatto conoscere la fisica “divertente” a numerose scuole in visita nel nostro laboratorio, presentando numerosi esperimenti, come la bilancia di Cavendish, per il peso della Terra, e lo Schiascopio Laser, utile per verificare difetti visivi nelle persone. Quest’ultimo ha portato la nostra scuola a ricoprire un buon piazzamento nel concorso regionale “Lombardia è Ricerca”.

Il Corriere dell’Aeronautico ha vissuto un 2018 movimentato, tra le numerose notizie e i numerosi riconoscimenti ottenuti, come il prestigioso premio “Giornalista per 1 giorno”, assegnato dall’Associazione Nazionale del Giornalismo Scolastico (ANAGIS); “Fare il Giornale nelle Scuole”, organizzato dall’Ordine Nazionale dei Giornalisti; e il premio al concorso “Il miglior giornalino scolastico Carmine Scianguetta”, XVIII edizione, indetto dall’istituto “Don Milani” di Manocalzati (Avellino). La nostra più recente vittoria risale a ottobre, alla XX edizione del premio “Penne Sconosciute”, consegnatoci a Piancastagnaio, in provincia di Siena.

Un anno di opportunità, cambiamenti e premi: occasioni per crescere e migliorarsi, sentirsi più uniti e divertirsi. Il 2018 è di sicuro stato un capitolo felice della Storia del Locatelli, ma ora l’inchiostro sta scrivendo il 2019 e deve scrivere storie all’altezza dell’ultimo anno, ricche di gioia e gratificazioni.

Alessandro Donina, 3 A Scientifico

 

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Esami e grandi personalità al Coreutico

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Esami e grandi personalità al Coreutico

Non si ferma mai l’attività delle allieve e delle insegnanti del Liceo Coreutico “Antonio Locatelli”, con la direzione artistica dell’étoile Carla Fracci: dopo le tante vittorie conseguite lo scorso anno scolastico e negli anni precedenti, anche quest’anno il lavoro prosegue ininterrotto, scandito solo da “intervalli” per così dire istituzionali, come gli esami di ammissione e lo spettacolo di Natale.

A rallegrare il lavoro delle ballerine e dei ballerini in sede, anche le notizie che arrivato dall’estero e dalle accademie, con gli alunni in giro per il mondo grazie agli stage vinti con i concorsi di ballo e a quelli che, ormai diplomati, si sono lanciati nel mondo magico del ballo.  Tra questi ultimi da ricordare l’ex allieva Giulia Magri,  che ora, al primo anno del triennio per la formazione di danzatori a indirizzo Danza Classica, si allena nelle aule dell’Accademia Nazionale di Danza di Roma.

Sono invece a Londra le allieve Selene Cadeo e Martina Dossi della classe 2A Coreutico, grazie alla borsa di studio vinta al Como Lake Dance Award: all’English National Ballet School  di Londra ballano con Taina Morales.

Anche in sede però le novità non sono mancate:  il maestro Dino Verga ha tenuto uno stage di Tecnica Cunningham con tutti i nostri allievi. Tanti i complimenti che ha fatto ai nostri ragazzi ma soprattutto alle nostre docenti Veronica Cionni e Marta Ottolenghi per la solida e approfondita preparazione su tale tecnica contemporanea, sottolineando più volte che è stato un vero piacere fare lezione con ragazzi così bravi e desiderosi di imparare! A fine stage è arrivato anche il grande Natale Tulipani che con entusiasmo ha condiviso le sue esperienze a New York con Merce Cunningham. Che dire? Dietro ogni passo c’è una meraviglia.

 

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A guide to Contemporary Dance

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su A guide to Contemporary Dance

Watching dance performances was once a predictable affair characterized by narrative plots, ornate costumes, theatrical set design, a classical score, and movement that either was or followed the traditions of ballet.

But these days, seeing dance can, at times, feel as though you need a personal translator to make sense of what’s going on. Let’s start with a “simple” question. What is contemporary dance? This word is mainly used in major dance hubs in the entire world.

It can be used to refer to all kind of dances between hip-hop to tribal dance ritual but usually it refers to a dance that was born in the middle of the 20th century when important pioneers catalysed and redefine dance, this time not anymore through hard and complex schemes and canons,  but through their own vision of movement. They approached their mind to a new way of dancing, to a new way of expressing our souls.

Isadora Duncan was one of the most important modern dancers of 20th century, thanks to her bizarre vision of movement.  Isadora belonged to the dance movement named “free dance” that was the really first revolutionary act against Ballet dance.

I need now to mention Martha Graham, she is still now one of the most important icons of contemporary dance.  She was the mother of the Marta Graham method, the first technique that took the revolutionaries ideas of the 20th  century of modern dance pioneers and involved them in an articulated code of gestures, where prioritizing expressive movement over narrative elements was the important thing. Thanks to her contemporary dancers dance without any kind of shoes, she thought that ballet slippers don’t let us feel the ground energy.

The innovations of Duncan and Graham created space for other experimentations.

Sidestepping the teachings of Graham, her student Merce Cunningham created his own technique, that is the one that we study in our school.

He and John Cage were lifelong collaborators, and in the same way that the composer redefined music as sound, Cunningham redefined dance as movement. He integrated seemingly ordinary movements into his works and played with elements of chance, while stripping away the necessity of a musical backdrop. These explorations suggested that dance could be anything.

In the meanwhile with this largely white experimental dance community in the U.S., choreographer and dancers like Alvin Ailey gave a voice to African Americans. His innovative choreography condensed different styles like modern dance, ballet, and black cultural currents in the United States, such as jazz, blues, and gospel music.

By the end of the 1900 Anne Teresa De Keersmaeker, imposed everyday movements into her works, employing pattern, repetition and speed, giving a provocative perception to the public.

How can we approach contemporary dance?

I think it is really fun to find different approaches to viewing dance, a lot of them may initially seem illegible to untrained eyes, and I need to underline that also if you are the most important and best dancer in the world your eyes will be never trained enough, and you will always find something impossible to understand.

Recognize ourselves in dance in very challenging but it can help us to bring down this barrier between what we are expecting to see and what we actually see.  To build this we need to approach dance in a different way; we need to understand that contemporary dance is a two-way conversation that should, if we let our souls to it, engage all our senses,

We tend to search for a meaning in what we see and feel, because our education says “everything has a reason” and “nothing happens by chance”.
But this doesn’t work, because dance is like our first love, we don’t know exactly what is going on but, we know exactly that something in us is going on.

“We are moving bodies, and dance makes that more evident than ever”.

Oscar Tempesti, 5 A Coreutico

 

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In my future: and now “I have a dream”

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su In my future: and now “I have a dream”

I have a dreamare the famous words that Martin Luther King pronounced, a person that fought for colour people rights during a speech in which he evoked the dream of a best society. However, what is a dream? The dream is a desire, something in which we believe and we hope to realize in the future. Dreams are the basis of a person’s future. All people have some dreams in the drawer and they imagine their own future, especially young people. 

Locatelli’s institute aims to bring us closer to our passion more and more and to cultivate our dreams. So many times we, young students, stop thinking about what our future work and personal life will be. In our dreams there is a family, the idea of growing up children, teaching them the beauty of life, people’s respect, honesty, equality and the tolerance towards who is different from us or those who think differently.

 I hope to be a free woman, able to fight for my ideals. I would like to find a job that gives me satisfactions, I would like to help people. For this I would like to work in psychology and education, all of this combined with what it has always countersigned my life and that it makes it better: dance. I will study in the sphere of dance therapy and my dream of helping others will become true. I want to work with children with different difficulties: autistic, disabled, motor difficulties, ill, with problems of integration into society and other pathologies.

In this great project there is also the dream of bringing this job overseas: after the experience in Tanzania and after becoming aware of how much I can help, I desire to continue this wonderful mission. 

To make all of this come true, we must believe it until the end and this is what I will do.  I believe that the only thing for which is worth living and dying  is the privilege to make someone happier.

Surely my school has taught me so much, first of all to believe that “there is not objective more ambitious than to realize a dream” and I think that if I desire it, I want it and if I want it, I will get it! 

Romina Benvenuti , 5 A Coreutico

 

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Sputnik, 10 lanci tra storia e leggenda

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Sputnik, 10 lanci tra storia e leggenda

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, iniziò quel periodo storico passato alla storia come Guerra Fredda.

Durante questi anni le due super potenze mondiali, Unione Sovietica e Stati Uniti, si fronteggiarono in vari campi: dallo sport, alle armi di distruzione di massa, alla scoperta dello spazio. L’URSS, come d’altro canto gli Stati Uniti, investirono moltissime risorse per la fabbricazione di mezzi adatti all’esplorazione spaziale, con scopi sia bellici che pacifici. Iniziò così la corsa allo spazio.

Già prima dell’inizio del programma spaziale sovietico Konstantin Tsiolkovsky, ingegnere e scienziato ritenuto il padre dell’astronautica, studiò e teorizzò molti aspetti del volo spaziale. Furono però i tedeschi, durante la Seconda Guerra Mondiale, a realizzare il primo missile della storia, la V-2. Mentre lo scienziato Wernher von Braun, padre dei missili tedeschi, terminata la guerra si trasferì negli Stati Uniti, altri scienziati andarono in Unione Sovietica. Nel 1948 con i razzi sovietici  R-1, copia della V-2, si effettuarono vari test balistici. Oltre che per scopi militari, il razzo venne impiegato per lo studio degli strati superiori dell’atmosfera. Essendo però nel bel mezzo della corsa agli armamenti atomici, le nuove invenzioni in campo spaziale vennero impiegate per la costruzione di armi più potenti e in grado di colpire a distanze sempre maggiori. Le varie modifiche apportate al missile R-1 diedero vita al missile balistico intercontinentale R-7. Quest’ultimo si rivelerà un ottimo lanciatore spaziale, cioè un mezzo in grado di portare nello spazio un certo carico.

Il Programma Sputnik

Il programma spaziale russo era organizzato in piani quinquennali. Il 4 ottobre 1957 venne lanciato nello spazio il primo satellite: lo Sputnik 1. Era costituito da una sfera in alluminio, del diametro di 58 centimetri, dalla quale uscivano quattro antenne lunghe dai 2,4 ai 2,5 metri. All’interno della sfera vi erano due radio trasmettitori, una ventola di raffreddamento e tre batterie zinco-argento. La sonda rilevò dati riguardanti la densità degli strati superiori dell’atmosfera e la propagazione dei segnali radio nella ionosfera. Oltre a questo il satellite avrebbe potuto individuare la presenza di meteoriti: essendo colmo di azoto sotto pressione, in caso di perforazione da parte di un meteorite, si sarebbe verificata una perdita di pressione e un aumento della temperatura. Queste variazioni sarebbero state indicate dai sensori.

Il lancio del primo satellite artificiale ebbe una risonanza mondiale e portò milioni di persone a fissare il cielo in cerca del piccolo oggetto o a cercare di captare il suono emesso dal satellite durante il suo passaggio. Il 3 novembre del 1957 i russi lanciarono lo Sputnik 2. La seconda navicella mandata nello spazio era composta da una capsula cilindrica alta 4 metri con un diametro di due. Al suo interno vi erano vari settori nei quali trovavano posto diverse strumentazioni, tra le quali un sistema telemetrico, trasmettitori radio, un impianto di rigenerazione dell’aria, altri apparecchi scientifici e una cabina chiusa, separata dalla strumentazione. Altre apparecchiature a bordo misuravano i raggi cosmici e la radiazione solare, mentre nell’abitacolo era installata una telecamera. I dati giungevano sulla Terra attraverso il sistema telematico Tral-D.

All’interno della cabina venne messa una cagnolina di nome Laika: fu il primo essere vivente ad andare nello spazio. La sua esperienza spaziale ebbe però breve durata, perché la cagnolina morì circa un giorno dopo il lancio del satellite. I russi mascherarono questo evento e per vari giorni comunicarono al mondo false notizie sulla buona salute dell’animale. Quando si seppe che Laika non sarebbe tornata sulla Terra sana e salva scoppiarono varie proteste. Dopo 162 giorni dal lancio, il satellite rientrò sulla Terra e venne incenerito, insieme alla cagnolina, durante il ritorno in atmosfera. A Laika vennero attribuiti tutti gli onori e divenne un eroe dell’Unione Sovietica.

Il 15 maggio del 1958 venne lanciato lo Sputnik 3, alto 3,57 metri e con un diametro di 1,73 metri, dotato di dodici strumenti aventi il compito di analizzare l’atmosfera superiore: un magnetometro, rilevatori di radiazione solare corpuscolare, manometri a pressione magnetica e ionizzazione, trappole ioniche, flussometro elettrostatico, spettrometro di massa a radiofrequenza, rilevatore di nuclei pesanti dei raggi cosmici, monitor dei raggi cosmici primari e rilevatori di micrometeoriti.

In particolare dell’atmosfera superiore si analizzarono la pressione e composizione, la concentrazione di particelle cariche, di fotoni e nuclei pesanti nei raggi cosmici, i campi magnetici ed elettrostatici e le particelle meteoriche. Tutti gli strumenti erano contenuti in una capsula pressurizzata che occupava la gran parte del satellite.

Il satellite orbitò attorno alla Terra per due anni ma, a causa di un problema del fissaggio del nastro di registrazione, non riuscì ad analizzare le radiazioni delle fasce di Van Allen, spazi in cui sono presenti particelle di alta energia trattenute dal campo magnetico terrestre.

Il 15 maggio 1960 venne lanciato in orbita lo Sputnik 4 con la funzione di studiare un possibile volo spaziale umano: il satellite era dotato di una capsula, chiama Vostok, in grado di ospitare un uomo. Per questo test venne utilizzato un manichino e furono impostate comunicazioni preregistrate in modo da verificare il sistema di telecomunicazione tra lo Sputnik e la Terra. La missione fu un parziale fallimento poiché, dopo qualche giorno dal lancio, un’esplosione mandò il satellite fuori orbita. Fece rientro nell’atmosfera terrestre dopo due anni.

Il 19 agosto 1960 partì dalla Terra lo Sputnik 5 con a bordo due cagnoline, Belka e Strelka, insieme ad alcuni altri animali e piante. Il satellite rimase in orbita per 25 ore e al suo rientro gli animali, anche se disorientati, si presentarono in buone condizioni di salute. La missione, nel quale venne testato il sistema di rientro della capsula, fu un successo.

Il 1° dicembre 1960 venne lanciato lo Sputnik 6 con a bordo altre due cagnoline: Pchelka e Mushka. Questa nuova missione mise in luce varie problematiche nelle fasi di ritorno della capsula sulla Terra. La navicella era dotata di retrorazzi che avevano la funzione di controllare, con una certa approssimazione, dove sarebbe atterrata, ma qualcosa non funzionò e della navicella non si ebbero più notizie certe.

Nel corso degli anni sono state avanzate due possibili teorie: la prima sostiene che la navicella si sia inabissata nell’Oceano Pacifico e sia stato così impossibile rintracciarla, mentre la seconda sostiene che sia stata distrutta attraverso cariche esplosive per non farla finire in mani straniere.

Dopo questo parziale insuccesso l’Unione Sovietica spostò la sua attenzione su un nuovo programma spaziale: Venera. Il 4 febbraio 1961 lo Sputnik 7, con a bordo una sonda, venne inviato verso il pianeta Venere. A causa di un malfunzionamento del sistema di propulsione che avrebbe dovuto lanciare la sonda verso Venere, il corpo non riuscì mai a uscire dall’orbita terrestre e cadde in Siberia. I russi però avevano preparato una sonda gemella che venne posta nello Sputnik 8, noto anche come Venera 1.

Dopo il periodo caratterizzato dai test iniziali del programma Venera, i russi ripresero le missioni per testare l’affidabilità e l’idoneità per il trasporto umano delle capsule Vostok. Per questo motivo nel marzo 1961 vennero lanciati lo Sputnik 9 (9 marzo) e lo Sputnik 10 (25 marzo).

Lo Sputnik 9 aveva a bordo una cagnolina, Chernushka, un porcellino d’india e qualche topo, mentre sullo Sputnik 10 vi era una cagnolina di nome Zvezdochka.

Oltre agli animali, in ambedue le missioni venne utilizzato un manichino, chiamato Ivan Ivanovich.

I russi brevettarono un sistema separato per il rientro a Terra dell’astronauta, con il sedile eiettabile, e della capsula con gli animali.

Tutte e due le missioni furono un successo e posero fine al programma Sputnik che rappresentò un punto chiave per l’esplorazione dello spazio.

Riccardo Bernocchi, 5 B Scientifico

 

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Crollo della diga di Malpasset, 1959

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Crollo della diga di Malpasset, 1959

Dopo aver parlato della tragedia della diga del Gleno, voglio presentarvi un altro disastro, molto simile. Si tratta del crollo della diga di Malpasset, in Francia, e più precisamente in Costa Azzurra. Il paese di Malpasset dista pochi chilometri dalla cittadina di Fréjus che si trova in riva al Mediterraneo. Nel 1951 un prestigioso studio di ingegneria progettò la diga che, proprio come la diga del Gleno, si trovava a monte rispetto ai paesi. La ditta, il cui ingegnere era Andrè Coyne, progettò una diga “ad arco-cupola” cioè curva sia in pianta che in sezione verticale. Con la stessa struttura sarebbe, nel 1957, stata costruita un’altra diga rimasta tragicamente nella storia, quella del Vajont.

La caratteristica principale di queste dighe è di essere molto sottili e costruite in modo da scaricare il peso dell’acqua sulle pareti rocciose a cui si appoggiano.

La diga di cui vi parlo era larga 6,82 metri alla base e 1,5 metri sul coronamento, alta 66 e lunga 223 metri: all’epoca era la diga più sottile al mondo. La costruzione venne avviata nel 1952 e si concluse nel 1954, quando era in grado di contenere 48 milioni di metri cubi d’acqua.

Regolarmente, conclusa la costruzione della diga, si iniziarono i collaudi che avrebbero dovuto essere effettuati lentamente e con grande cura. Ma, si sa, quando ci sono di mezzo i soldi si fa tutto in fretta e senza pensare troppo alle conseguenze. Quindi i test vennero effettuati frettolosamente e la diga fu riempita per la prima volta proprio quello stesso anno, nel 1954.

Cinque anni più tardi, all’inizio del 1959, partirono anche i lavori per la costruzione di un’autostrada nelle vicinanze del bacino.

Tra l’1 e il 2 dicembre di quell’anno piovve ininterrottamente: i serbatoi della diga erano però chiusi per facilitare la costruzione della strada e quindi si riempirono velocemente, e la grande pressione interna non tardò ad avere gravi conseguenze.

La sera del 2, infatti, alle 21,13, la diga si fratturò proprio al centro e il crollo fu inevitabile. L’ondata di milioni di metri cubi d’acqua scese verso valle con una velocità di circa 70 km/h. L’acqua raggiunse velocemente i paesini di Malpasset, Bozon e l’autostrada, poi arrivò a Frèjus, dove non risparmiò neppure i resti romani.

L’inferno ebbe fine solo quando l’acqua raggiunse il Mediterraneo, dopo aver ucciso circa 420 persone.

Le cause del crollo non sono tuttora del tutto chiare e nessuno venne chiamato a rispondere per quelle morti.

È probabile che, a causa delle elevate pressioni a cui furono sottoposte le rocce, queste si siano frantumate.

Nella roccia sotto la costruzione della diga c’era anche una faglia che fu riempita con argilla: se fosse stata vuota avrebbe avuto sicuramente una maggiore resistenza.

A questi problemi va aggiunta la costruzione dell’autostrada che aveva ulteriormente scosso l’equilibrio del terreno.

Una sola di queste cause non avrebbe, probabilmente, avuto come conseguenza la caduta della diga. Messe tutte insieme, però, hanno avuto un risultato angosciante e devastante.

Viola Ghitti, 1 A Scientifico

 

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Obbedire agli ordini non è una scusante

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Obbedire agli ordini non è una scusante

Una delle prime azioni di repressione che vengono compiute all’instaurarsi di una dittatura è il rogo dei libri.

Nel 1933, tre mesi dopo l’ascesa al potere in Germania di Adolf Hitler, si organizzano una serie di Bücherverbrennungen, roghi di libri in cui viene principalmente bruciata la possibilità delle persone di pensare e di formulare le proprie idee basandosi sui testi giusti.

I nazisti, in particolare Paul Joseph Goebbels, affermano che “il futuro uomo tedesco non sarà uomo di libri, ma piuttosto un uomo di carattere ed è in tale prospettiva e con tale scopo che vogliamo educarvi”.

Ecco, questo vietare alle persone di crearsi idee proprie è ciò che io credo l’inizio di ciò che chiamiamo totalitarismo dittatoriale. Penso che sia proprio questa la causa dello svolgersi della storia.

Possiamo inserire in questo discorso il “mito della caverna” di Platone, o almeno una parte. Se quelle persone nella caverna fossero gli abitanti della Germania nazista, la catena che li limita sarebbe il sistema architettato dal Führer e il muro che sono costrette a guardare costantemente sarebbe la propaganda, la nuova scolarizzazione. E ad averli costretti dentro una caverna senza che vedano come è fuori è stato proprio il rogo dei libri.

Bambini abituati fin da piccoli, nella scuola, per le strade, a seguire una certa ideologia cresceranno credendo che sia tutto una normalità e le loro idee saranno manipolate dal sistema dittatoriale.

Successivamente al 1945, dopo il processo di Norimberga, e più precisamente nel 1961, dopo il processo di Otto Adolf Eichmann, architetto della soluzione finale, troviamo una scrittrice e filosofa ebrea che era riuscita a fuggire alle persecuzioni, senza però riuscire a scappare dalle angosce di dover osservare gli avvenimenti dall’America. Questa donna, Hannah Arendt, che assiste al processo, rimane scioccata dalla facilità con cui Eichmann insiste nel protestare.

“Egli affermava di non aver mai potuto e voluto fare nulla di sua spontanea volontà. Di non avere avuto mai nessuna intenzione, non importa di che tipo fosse, se buona o cattiva, perché aveva solamente obbedito agli ordini”,  ci racconta la scrittrice.

La Arendt dice poi che tutto questo è causato, e a sua volta causa, “la banalità del male” (tra l’altro titolo del suo libro, ndr).

Io non ho ancora letto questo libro, quindi non so se lei, anzi se io sto per dire le stesse cose che lei sostiene. Comunque io penso che la causa del male sia, in questo caso, la mancanza di idee proprie, facilmente acquisibili dalla lettura dei libri giusti. Preciso “in questo caso” poiché sappiamo che invece i serial killer più “capaci”, per così dire, sono quelli con una mente diabolica, pazienti e soprattutto molto informati e intelligenti).

Qui la mancanza dei libri giusti, e anche di persone con diverse idee, è ciò che rende le persone macchine. E intendo certo chi viene portato nei campi di concentramento, ma dico gli stessi capi nazisti che, come Eichmann, all’arrivo della resa dei conti, pensano di poter tranquillamente giustificare la morte di sedici milioni di persone con 5 parole: “Ho solo obbedito agli ordini”.

Eleonora Arfini, 2 A Scientifico

 

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Il razzismo, un odio da non tollerare

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Il razzismo, un odio da non tollerare

Il razzismo credo sia una forma acida e datata di odio, che riesce purtroppo a ferire sempre più persone ogni giorno nel mondo. Penso che tutto parta da un presupposto: non si può criticare, giudicare o, peggio, offendere qualcuno per qualcosa su cui non ha potere decisionale. La propria nazionalità, come il colore della pelle, rientra tra quelle cose che sfuggono al nostro controllo: chi può scegliere infatti in quale Paese nascere?

Per questo penso che chiunque abbia comportamenti razzisti o ferisce qualcuno solo per la sua provenienza debba essere punito: perché nel 2019, anno in cui lo scambio culturale tra le popolazioni è molto forte, non si può accettare chi a sua volta non tollera una persona proprio per le sue diversità culturali.

Uno dei problemi principali di oggi è che le persone generalizzano senza conoscere e, generalizzando, rendono difficile l’integrazione tra culture diverse. Noi stiamo vivendo in un’epoca e in un Paese in cui stanno avvenendo moltissimi cambiamenti e, per questo motivo, il razzismo va fermato al più presto.

Penso che l’uomo abbia paura di quello che non conosce: per questo motivo si mostra “forte” con insulti e malvagità e questo porta solamente a violenza. Nella vita ricevi quello che dai: se dai odio riceverai odio, se aiuti sarai aiutato.

Fabio Bizzotto, 2 A Scientifico

Italia intollerante: arretrata, vittima di ignoranza e invidia

Il razzismo esiste in varie forme in Italia, e penso che l’Italia sia razzista: la maggior parte delle volte la causa è l’ignoranza, perché noi italiani spesso tendiamo a banalizzare su questi argomenti e non pensiamo magari, in relazione ad esempio agli immigrati, da cosa stiano scappando, perché, e cosa stiano lasciando.

Poi a volte subentra l’invidia mista a ignoranza, come quando un italiano accusa un immigrato di prendere 35 euro al giorno dallo Stato senza fare niente, senza sapere che in realtà di quella cifra 32 euro vanno alle associazioni che li ospitano. Altri italiani accusano gli stranieri di rubare il lavoro, ma sanno benissimo, ormai, che gli immigrati svolgono spesso quei lavori che noi non abbiamo più voglia di fare.

Sotto questo profilo l’Italia, secondo me, è ancora molto arretrata.

Lorenzo Palazzari, 2 A Scientifico

 

 

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Differenze tra uomini? Non è inferiorità

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Differenze tra uomini? Non è inferiorità

Credo che la parola “razzismo” non stia per forza a indicare l’odio di un popolo verso un altro, ma semplicemente la credenza di una persona nell’esistenza delle “razze”.

Esistono le etnie, naturalmente: una persona del Nord Europa è di etnia differente rispetto a un congolese, non solo per l’aspetto fisico, ma ovviamente anche – per alcuni aspetti –  genetico: la pelle scura del congolese è dovuta a una maggiore concentrazione di melanina e a geni diversi, non certo a un sintomo di inferiorità.

Siamo noi uomini poi che trasformiamo le differenze in un pretesto per giudicare, la discriminazione razziale, che è tanto grave quanto diffusa.

Per le diverse abitudini e culture, spesso tendiamo a insultare le persone perché ci sembra che un modo di fare diverso dal nostro sia sbagliato. Ma avendo storie e ideologie diverse, è inevitabile che un popolo affronti una questione in modo diverso da un altro; ciò non giustifica le brutalità a cui abbiamo assistito nel corso della storia. E che nonostante tutto proseguono.

Come si può fermare un’abitudine che prosegue da migliaia di anni?

Molti, soprattutto ragazzi, oggi sono molto discriminatori nei confronti degli altri, ma credo che per questo non li si possa incolpare: è comune tra i ragazzi insultare e giudicare anche chi è simile a ognuno di loro.

Il vero problema sono gli uomini con potere, che sono convinti di essere migliori degli altri, che pensano che bianco sia meglio di nero.

Un po’ come se il colore della pelle bastasse a giustificare l’omicidio di migliaia di persone.

Eleonora Arfini, 2 A Scientifico

 

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Libertà di parola e pensiero, ma nei limiti

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Libertà di parola e pensiero, ma nei limiti

L’articolo 21 della Costituzione Italiana dice che tutti hanno il diritto di manifestare il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La libertà di pensiero, e di stampa, però, non esiste in tutte le Nazioni: infatti, in paesi come Eritrea, Corea del Nord, Cuba e Iran, per fare qualche nome, la stampa è monopolizzata dal governo e addirittura la Turchia è stata recentemente definita come “la più grande prigione di giornalisti”. Questo perché ogni qualvolta qualcuno prova a non seguire gli ordini del governo viene processato e successivamente imprigionato.

Fortunatamente in Italia questo importante articolo della Costituzione è stato approvato dall’Assemblea Costituente il 14 aprile 1947. Prima, la situazione in Italia sotto il regime fascista era ben diversa: vi era una censura che impediva ogni tipo di comunicazione e permetteva al Duce di circuire facilmente le menti del popolo.

Oggi quell’articolo è alla base anche dell’operato dei giornalisti: rappresenta il fondamento su cui nasce e si sviluppa tutto il loro lavoro.

Personalmente, il solo pensiero di vivere in un periodo con questo tipo di restrizioni mi terrorizza: restare all’oscuro di quello che succede attorno dev’essere sconfortante.

Penso che le idee di tutti vadano rispettate e che mai nessuno dovrebbe sentirsi giudicato per queste. Ma vi è un limite a questa libertà?

La risposta è sì: questi limiti si dividono in espliciti, cioè come il buon costume, e impliciti, come quello dell’onore e della reputazione, della riservatezza, dell’identità personale e altri.

Insomma, qualcuno pensa che non bisognerebbe mettere alcuna una limitazione alla libertà di parola, ma io penso che, nonostante questo sia un diritto fondamentale, siano necessari alcuni paletti per favorire la pacifica e civile convivenza umana.

Bisogna sempre riflettere sul fatto che dietro alle parole c’è molto altro, possono pesare e causare problemi. Ricordiamo l’accaduto del 7 gennaio 2015, quando Charlie Hebdo – il settimanale satirico francese – è diventato oggetto di un attacco terroristico che ha portato ben diciassette morti: il tutto a causa della pubblicazione di alcune vignette satiriche su Maometto.

Albert Einstein diceva che la libertà d’insegnamento e di opinione, nei libri e sulla stampa, sta alla base dello sviluppo sano e naturale di ogni popolo: ed è proprio così, perché una società senza questi diritti mai riuscirebbe a evolversi.

Camilla Shnitsar, 2 A Scientifico

 

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Infanzia abusata, anche nel 3° Millennio

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Infanzia abusata, anche nel 3° Millennio

Secondo i dati statistici diffusi dall’UNICEF, nel mondo circa 150 milioni di bambini e fanciulle sono vittime di schiavismo e di altre atrocità. Più di 2 milioni e mezzo di questi ragazzini vengono sfruttati ogni giorno nelle Nazioni sviluppate.

Come si può vivere una vita serena leggendo questi dati allarmanti? Come si può stare bene, sapendo che un numero di bambini maggiore rispetto all’intera popolazione russa è costretto a lavorare in miniera, nelle piantagioni, o in oscure e luride fabbriche? Non si può.

Diversamente da quello che si pensa, questi dati non coinvolgono solamente i bambini colpiti da questa ingiustizia, ma riguardano anche la nostra società. La maggior parte di ciò che compriamo, soprattutto scarpe e vestiti, sono stati infatti prodotti da loro.

Gran parte delle Nazioni che vedono la presenza di schiavismo sono collocate nell’Asia meridionale, ma ce ne sono molte altre in Africa e in America meridionale.

In Thailandia il 32% dell’intera forza lavoro è costituita da minorenni mal pagati e mal gestiti; in questo momento in India stanno lavorando faticosamente circa 60 milioni di ragazzini (un numero che arriva quasi a eguagliare l’intera popolazione italiana). In Perù il 20% dei lavoratori nelle miniere ha fra gli 11 e i 18 anni; in una giornata qualunque in Egitto 4 milioni di bambini vengono sfruttati e, purtroppo, la lista può continuare ancora molto a lungo.

Lo schiavismo però non è l’unica ingiustizia che rende questi bambini infelici. Soprattutto nei paesi del Medio Oriente e dell’Asia meridionale, come India, Pakistan, Afghanistan e Turkmenistan, molte fanciulle vengono costrette a sposarsi ancora bambine. Considerando anche il fatto che queste nazioni orientali non sono esattamente conosciute per i diritti concessi alle donne, si può ben intuire che queste fanciulline indifese, una volta divenute “spose”, siano poi considerate come semplici oggetti da collezione, e soggette anche a numerosi atti di stupro e violenza. Pensando anche solo a una piccola parte dei bambini sfruttati sento come un nodo alla gola, e mi viene da pensare a quanto io sia stato fortunato.

Noi però possiamo fare qualcosa: possiamo denunciare queste atrocità, possiamo fare in modo che queste persone paghino per le loro colpe.

Per fortuna in alcune Nazioni il fenomeno si sta arginando, grazie per esempio ai nuovi ed efficienti macchinari nel campo del lavoro, che garantiscono ricchezza anche per i più bisognosi, senza necessità di sfruttamento. In altri casi invece, purtroppo, lo schiavismo e le violenze continuano ancora a fare vittime.

Avendo in mano questi dati che incutono nient’altro che paura e orrore, e pensando a tutte le cattiverie e ingiustizie che quelle povere creature devono sopportare ogni giorno, penso che, forse, Pascoli non aveva torto nel considerare il nostro pianeta “un atomo opaco del Male”.

Filippo Mancuso, 2 A Scientifico

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Chang-e4: on the dark side of the Moon

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Chang-e4: on the dark side of the Moon

There’s a dark side of the moon that we never see due to the synchron rotation. China sent a lander and a rover to this hidden face of our satellite.

The motion of the moon and the one of our planet are now synchronised: the rotation period of the moon lasts exactly as the revolution period of the Earth.

This is the reason why we can’t see with our eyes this hidden part. The first pictures of this dark side was observed on 10th October 1959 by the Soviets during an overflight.

On Christmas Eve 1968, three American astronauts were the first ones to see directly this hidden face (Mission Apollo 8, with Frank Borman, James Lovell and William Anders).

From a morphological point of view the dark part has more craters than the part facing our planet because the Earth protects this side of the moon from meteorites  while the other one has no protections.

We sent rovers on Mars but until the Chang-e4 mission we have never overview the hidden face of the moon, despite we took pictures of it sixty years ago. This is because on this side is impossible for astronauts or probes to communicate with Earth, until the Chinese, on May 2018, sent a probe called Queqiao, that acts as a radio bridge, to collect the information from the mission Chang-e4. The Chinese made this historic mission for different reasons.

The conquer of the moon is one of the most important goals of the space agencies of the world. Furthermore the hidden side of the moon is an unknown region and the Asian agency wants to investigate on morphological and mining aspects that will help scientists to better understand the evolution of the moon and of the solar system.

Stefano Macchia, 3 A Scientifico

 

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Violenza e tifo, un binomio inconcepibile

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Violenza e tifo, un binomio inconcepibile

Nelle ultime settimane i mass media si sono occupati spesso di episodi di violenza, sempre spiacevoli, in vari ambiti della vita quotidiana. In particolare uno degli ultimi e più gravi episodi ha riguardato scontri tra tifoserie calcistiche, e più esattamente tra ultras dell’Inter e del Napoli, ancor prima che iniziasse la partita tra le due squadre (il riferimento è alla partita del 26 dicembre, ndr). In quell’episodio è rimasto ucciso un ragazzo di 35 anni, Davide Belardinelli. Questo tifoso napoletano è stato investito da un’auto e ora ci sono nove indagati per la morte del giovane e non è ancora stata accertata la causa esatta per il quale il “Suv” abbia investito il tifoso. La vittima, comunque, è stata investita sulla corsia di sorpasso, dove in seguito si è estesa la lite in corso. Oltre al deceduto ci sono stati tre feriti lievi e un accoltellato della tifoseria partenopea. A mio parere, questa è la “faccia brutta” del calcio.

Questo sport, che appassiona milioni di italiani, consiste nel prendere a calci il pallone e infilarlo nella porta avversaria, e non nel “fare a pugni” con le tifoserie avversarie o insultare il direttore di gara, come spesso avviene da parte di alcuni calciatori.

Proprio quest’ultimi dovrebbero essere simboli di rispetto, lealtà e fair-play, perché, da molti, sono considerati veri e propri idoli da imitare. Loro per primi devono dare il buon esempio.

Dal mio punto di vista, è comprensibile il senso di appartenenza a una squadra, a volte molto intenso, ma non concepisco la violenza contro coloro che non hanno la stessa opinione sportiva. Penso che la violenza, in tutte le sue forme, debba essere sanzionata e che debbano essere applicate leggi più dure e restrittive nei confronti di coloro che compiono questi atti.

Durante le partite della Concorezzese, che è la squadra in cui gioco, spesso mi capita di sentire genitori e tifosi che insultano l’arbitro o i giocatori della squadra avversaria. È davvero umiliante sentire alcuni genitori gridare parole così offensive. Di solito sono coloro che pensano che il proprio figlio sia il nuovo Ronaldo, e a volte non risparmiano brutte parole neanche nei confronti del proprio allenatore. Se già ai miei livelli ci sono questi episodi di violenza verbale, non mi meraviglia che, a livelli professionistici, avvengano risse dentro o fuori gli stadi.

Forse l’introduzione del terzo tempo come c’è nel Rugby, fin dall’inizio della scuola calcio quando i bambini sono piccoli e per loro il calcio è soprattutto gioco, potrebbe essere il modo per iniziare a modificare la mentalità nel calcio. Far incontrare giocatori, genitori, tifosi e allenatori per parlare della partita vinta o persa , condividendo cibo, potrebbe essere il modo migliore per far comprendere che si può essere tifosi nel rispetto delle idee altrui e, soprattutto, delle persone.

Mi auguro, che questo cambiamento di mentalità possa iniziare al più presto. E vorrei anche che la FIFA, Fédération Internationale de Football Association, quale massimo organo direttivo del gioco calcio, intervenga in modo da sanzionare e ammonire i comportamenti violenti dentro e fuori gli stadi, aiutando così le forze dell’ordine a limitare i danni causati da persone che si possono chiamare in tanti modi, ma sicuramente non tifosi.

Riccardo Rurale, 1 A Scientifico

 

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Academias italianas: se abren las puertas

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Academias italianas: se abren las puertas

El año 2019 acaba de comenzar y se abren las puertas de las academias italianas.

Respeto a la participación en el concurso de la Academia Aeronáutica, los plazos de inscripción estarán abiertos hasta el 28 de enero. Pueden participar todos los ciudadanos italianos con edades comprendidas entre los 17 y los 22 años de edad que posean un diploma.

Este año, hay 83 plazas vacantes para los candidatos que cumplan los requisitos: 42 para el puesto de Navegacion normal de Arma Aeronáutica, una para piloto especialista,10  para el puesto en las Armas de la Arma Aeronáutica, 16 para el cuerpo de Ingenieros Aeronáuticos, 8 para el organismo del Cuerpo de Comisarios Aeronáuticos y 7 para el puesto dentro de la Unidad Sanitaria Aeronáutica. Se podrá solicitar sólo una plaza y si no se cumplen con los requisitos, no podrán inscribirse en ningún otro puesto, deberá intentarlo el año próximo.

La selección se divide en cinco fases: El examen escrito de preselección tendrá lugar en Guidonia (RM) en febrero. Los candidatos se dividen en cinco grupos que se alternarán en la base del 11 al 13 de febrero en los horarios establecidos en el anuncio. Los participantes tendrán un total de 48 minutos para responder a 60 preguntas sobre cultura y lógica.

A través de esta prueba, 1413 seleccionados podrán pasar a la segunda prueba. La prueba escrita de composición italiana se realizará en Pozzuoli a finales de febrero. Los participantes se dividirán en dos días: El primer día se incluirá sólo la especialidad de Piloto de Arma Aeronáutica, el segundo día todas las demás secciones. Los participantes que superen esta selección se someterán a pruebas psicofísicas que tendrán lugar en el Instituto de Medicina Aeroespacial en Roma entre los meses de abril y mayo de este año. Esto incluye un examen médico riguroso. El candidato se elegirá en base a las puntuaciones de las pruebas psicofísicas, de constitución, sistema cardiovascular, sistema respiratorio, otros sistemas, el sistema Osteo Artro Muscular superior e inferior, sistema visual y sistema auditivo. Los examinados para el puesto de Navegación tendrán un examen médico más escrupuloso.

Solo para los que participen en el cuerpo de Salud Aeronáutica, se les realizará una prueba escrita de selección cultural en biología y física y química que tendrá lugar en Foligno el 4 de Junio.

Todos los participantes que hayan superado estas pruebas, serán admitidos a participar en la formación. Durante la formación los participantes se someterán a diversas pruebas: rendimiento, actitud en el ámbito deportivo, eficiencia intelectiva, actitud para el trabajo en grupo, evaluación psicoatitudinal, análisis del comportamiento. Todos los candidatos que hayan superado todas estas pruebas, se consideran idóneos y se les permitirá el acceso en la Academia Aeronáutica.

Ya son más de 2000 las inscripciones. Muchísimas suerte para todos los participantes.

Sara Lucia Zappulla, 5 B Scientifico

 

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Liceo Coreutico, da 5 anni al top

Posted by admin On Aprile - 1 - 2019 Commenti disabilitati su Liceo Coreutico, da 5 anni al top

Anche il Liceo Coreutico “Locatelli” apre le porte al pubblico e, soprattutto, ai nuovi aspiranti alunni e ai loro familiari. L’appuntamento è per domenica 2 dicembre, a partire dalle 9 del mattino.

L’occasione verrà sfruttata per presentare la scuola di ballo, coordinata dalla professoressa Elena De Laurentiis fin dalla sua apertura, nell’anno scolastico 2013 – 2014, e con al direzione artistica a partire dall’anno scolastico 2015 – 2016 dell’étoile Carla Fracci, sempre presente col suo consiglio e col suo supporto per accompagnare le ballerine (e i ballerini) sia nel momento dell’apprendimento che in quello delle tante esibizioni pubbliche e dei successi che vengono raccolti nei vari concorsi nazionali, testimonianza diretta del loro impegno.

Ultimi impegni del corpo di ballo, dopo le fatiche di fine anno scolastico scorso e dell’estate, sono stati due appuntamenti importanti per la nostra scuola e la sede di Grottammare: la consegna annuale dei diplomi.

Nel caso di Bergamo il corpo di ballo si è esibito ripetutamente, come negli anni scorsi, sul palco del Palacreberg, mentre per Grottammare la scelta è caduta sul teatro Verdi di San Benedetto del Tronto.

Tra le “fatiche” di fine anno, va almeno accennata la partecipazione di alcune allieve a esibizioni del ballerino di fama internazionale Roberto Bolle (On dance, accendiamo la danza).

Molte le  altre accademie e i festival nazionali e internazionali che hanno visto la partecipazione delle nostre ballerine; tra queste la English National Ballet School, la London Contemporary Dance School e la PineApple Dance School di Londra; l’Accademia nazionale di danza di Roma; l’accademia di Ballo Teatro alla Scala di Milano; la International School of Contemporary Dance di Monaco; la Oliva Contemporary Dance Project di Verona; l’International Dance Festival di Vienna; l’International Dance Festival e la Joffrey Ballet School di New York; e IB Stage di Barcello

 

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Da BgScienza alla ricerca in Lombardia

Posted by admin On Aprile - 1 - 2019 Commenti disabilitati su Da BgScienza alla ricerca in Lombardia

Dal concorso regionale “Lombardia è Ricerca” fino ad arrivare alla manifestazione internazionale di BergamoScienza, la nostra scuola si è distinta anche quest’anno per le interessanti proposte che sono state presentate.

In particolare al concorso “Lombardia è Ricerca”, seconda edizione, la nostra scuola ha ottenuto un ottimo piazzamento con lo Schiascopio Laser, uno strumento utilizzabile per verificare il difetto visivo delle persone.

La premiazione si è svolta giovedì 8 novembre presso il teatro Alla Scala di Milano, alla presenza delle massime autorità civili e militari della regione e con interventi di grandi personalità televisive e sportive a livello nazionale, tra i quali il noto presentatore Gerri Scotti.

A Bergamo Scienza, invece, come da parecchi anni, la nostra scuola si è distinta per gli esperimenti particolarmente elaborati e interessanti riprodotti e illustrati.

In questa edizione in particolare il nostro istituto ha presentato, tra l’altro, proprio lo Schiascopio Laser, già citato per il concorso “Lombardia è Ricerca”, la bilancia di Kavendish per la pesatura della terra e ancora altri interessantissimi esperimenti, che hanno affascinato gli spettatori di ogni fascia di età.

Come da ormai 5 anni, a organizzare  il laboratorio e a gestirlo ha provveduto il professor Ferdinando Catalano, abile scienziato specializzato nelle attività di laboratorio e insegnante di Fisica presso la nostra scuola per le classi del biennio.

Guido Pedone, 5 B Scientifico

 

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Nove premi: uno stimolo per maturare

Posted by admin On Aprile - 1 - 2019 Commenti disabilitati su Nove premi: uno stimolo per maturare

La scommessa è quella di fare sempre meglio, di trovare ogni volta qualcosa di nuovo: uno spunto, un tema, una riflessione, un cambiamento grafico magari.

E alla fine il riconoscimento del lavoro arriva: puntuale, che riempie di soddisfazione e voglia di farlo ancora. Adesso è il momento di gridarlo forte: abbiamo vinto. Per l’ottava e la nona volta in pochi anni. E a livello nazionale.

È la storia del nostro giornale scolastico, nato quasi per caso e cresciuto come per gioco: una scommessa, dicevamo, che stiamo vincendo mettendoci in gioco ogni volta e che ogni volta riempie di soddisfazione non solo tutti i ragazzi che consegnano alle sue pagine le loro parole e i loro pensieri, ma tutta la scuola con loro. Poche settimane fa una delegazione della redazione ha raggiunto Piancastagnaio, nel senese: lì abbiamo ottenuto per la seconda volta consecutiva il premio “Penne Sconosciute”, XX edizione, con l’aggiunta del riconoscimento come testata tra le più premiate e partecipanti.

Una gita all’insegna dell’allegria, del festeggiamento, del riconoscimento anche di qualche piccolo sacrificio, che abbiamo vissuto in nome e per conto del nostro Istituto: guardando altri giornali e altre redazioni, vedendo il loro lavoro, ma anche ammirando posti nuovi.

Quasi contemporaneamente alla gita un’altra soddisfazione ci ha raggiunti: la notizia della vincita, per il quarto anno consecutivo, anche del premio “Giornalista per un giorno”, organizzato e gestito dall’Associazione nazionale di giornalismo scolastico. Per i primi tre anni la premiazione si è svolta a Chianciano Terme, quest’anno sarà a Pescara.  A questi riconoscimenti del nostro impegno si sono aggiunti anche i due premi assegnati dall’Ordine Nazionale Giornalisti – “Fare il giornale nelle Scuole” – gli scorsi due anni a Cesena e uno, lo scorso anno a Manocalzati, provincia di Avellino, al concorso nazionale “Carmine Scianguetta”.

Non sono i premi a renderci contenti, o meglio non sono solo quelli: per noi sono solo un segnale che stiamo facendo un buon lavoro, e sono uno sprone a farlo sempre meglio.

Di Piancastagnaio e Abbadia San Salvatore, due piccole cittadine sul monte Amiata, in provincia di Siena, meta dell’ultima premiazione al Corriere dell’Aeronautico, i bei ricordi sono tanti: dalla cerimonia alla rocca Aldobrandesca col vento che ci spostava da un lato all’altro come se fossimo un nulla, dai castagneti ai due borghi medievali.

Due però forse spiccano, ben differenti l’un dall’altro: il buio, da noi vissuto per qualche momento, nella profondità dell’ex miniera di mercurio dell’Amiata, e il magico negozio della Marcellina, ad Abbadia San Salvatore.

Il primo è il luogo del lavoro, del ricordo, della sofferenza di una popolazione, che di quel lavoro – il minatore, per di più di un minerale potenzialmente pericoloso – è vissuta per decenni: nelle gallerie, per trenta interminabili secondi, abbiamo provato la stretta al cuore di chi quel nero assoluto lo ha avuto come compagno di vita.

Il secondo è la bandiera della tradizione, il magico angolo  del commercio locale: un minuscolo bazar – forse tre metri per due, non di più – dove si può trovare di tutto, crediamo dagli stuzzicadenti al quadrimotore probabilmente, tanta è la magia d’altri tempi che avvolge il luogo e soprattutto lei, quella che per tutti, anche per noi, è subito stata “la Marcellina”, l’unica a sapersi muovere in quel suo habitat così fuori dal tempo.

 

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Diplomazia: materia ostica, da scoprire

Posted by admin On Aprile - 1 - 2019 Commenti disabilitati su Diplomazia: materia ostica, da scoprire

Anche quest’anno la nostra scuola propone l’alternanza scuola – lavoro in collaborazione con l’associazione United Network, che offre la possibilità di svolgere le ore di alternanza all’estero o in Italia con progetti di simulazione delle Nazioni Unite, quali per esempio BMUN, NHSMUN e IMUN.

Per questo motivo è necessario avere qualche conoscenza, anche solo basilare, sulla struttura della diplomazia.

La diplomazia è caratterizzata dalla rappresentatività, che ne è elemento fondante, tanto che già in epoca napoleonica vi erano emissari dell’imperatore e del Papa, presso le reciproche corti, intenti a negoziare nuovi trattati e a rafforzare le delicate relazioni tra i due capi di Stato. Di norma, nell’ordinamento internazionale contemporaneo, l’effettiva assunzione delle responsabilità connesse alla rappresentatività è condizionata dall’accettazione delle credenziali da parte delle autorità competenti dello Stato accreditante.

Altri caratteri importanti della diplomazia sono il bilateralismo e il multilateralismo: del primo si trova riscontro nell’ordinario rapporto tra due Nazioni (quando cioè una  accetta di avere rapporti con l’altra e viceversa); il secondo, invece, lo si può osservare nelle associazioni internazionali quali le Nazioni Unite.

Terza nota fondamentale della diplomazia è rappresentata dall’immunità di cui gode il personale diplomatico e il diritto di extraterritorialità della sede della rappresentanza, come sancito dalla convenzione di Vienna del 1961. Infatti queste disposizioni sono necessarie a mantenere sicura e protetta sia la condizione e lo status personale dell’ambasciatore, sia quelli dei luoghi dove si svolge la sua attività e quella del personale con lui collaborante nell’espletamento quotidiano delle funzioni a lui demandate.

Dal punto di vista gerarchico, sempre con riferimento all’ordinamento dello Stato accreditante così come stabilito dal diritto internazionale, l’ambasciatore – attualmente – riveste una posizione di rilievo che, se non coincidente con quella del Capo dello Stato accreditante, pone tuttavia a tutela del diplomatico garanzie e privilegi particolari e propri della funzione. .

Molto importante è la divisione dei ruoli del personale diplomatico che si articola all’interno di una rappresentanza; infatti spesso e volentieri molti ruoli sono poco conosciuti per via della complessità degli stessi: l’ambasciatore è l’agente diplomatico di più alto livello, viene posto a capo di una missione (ambasciata), ha la possibilità di portare con sé la sua famiglia, i suoi segretari o consulenti. L’ambasciatore può essere inviato presso Organizzazioni Internazionali o presso Conferenze Internazionali che durano per lunghi periodi. Inoltre, ha bisogno di essere accreditato. Per questo il Ministro degli affari esteri dello Stato accreditante, tramite una lettera di credenziali, propone l’ambasciatore designato allo Stato accreditatario come proprio rappresentante ufficiale.

Il ministro plenipotenziario è invece come un inviato straordinario, una figura di rango leggermente inferiore a quella dell’ambasciatore, con incarichi ben definiti all’interno di un’ambasciata. L’incaricato d’affari è un consigliere d’ambasciata che può temporaneamente assumere il ruolo dell’ambasciatore che in quel momento si trovi impossibilitato ad assolvere tale funzione. Gli addetti o attaché sono invece segretari d’ambasciata specializzati in alcuni settori quali quello navale, quello militare, quello economico, e altri; assolvono servizi specializzati I segretari d’ambasciata sono membri del personale diplomatico e assolvono le diverse mansioni correlate all’ambito di specializzazione e all’anzianità di servizio

I consoli sono anch’essi funzionari del ministero degli affari esteri o del corrispettivo dello stato accreditante e svolgono la loro attività presso un consolato: sono i funzionari attraverso i quali lo Stato esercita attività del suo diritto interno presso uno Stato straniero, per esempio il rilascio di passaporti e di visti. Tutelati dal diritto privato, possono svolgere gli affari di ambasciatore solo in casi eccezionali. Ogni loro attività è disciplinata dalla conferenza di Vienna del 1963.

Il console onorario è un’ulteriore figura della diplomazia: anch’egli si occupa della risoluzione di problemi burocratici nel paese in cui opera. Al contrario però del console e delle altre funzioni della diplomazia, può non essere un funzionario del ministero degli affari esteri, o del corrispettivo dello Stato accreditante. Certamente questa breve descrizione dei ruoli e della struttura della diplomazia non può essere assolutamente esaustiva, soprattutto poiché i tecnicismi giuridici e politici sono assolutamente più complessi e soprattutto richiederebbero diversi manuali.

Per le simulazioni che United Network propone si parla di diplomazia multilaterale: infatti vengono simulate le azioni che vengono svolte dalle Nazioni Unite, organismo internazionale che è composto da quasi tutte le nazioni del mondo e si struttura in diversi comitati e organi, tra cui il segretariato generale, il consiglio di sicurezza e l’assemblea generale che ha luogo ogni anno a New York, nel periodo settembre – ottobre.

Guido Jr Maria Pedone, 5 B Scientifico

 

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Dal “Locatelli” alla “Morosini”: in pole

Posted by admin On Aprile - 1 - 2019 Commenti disabilitati su Dal “Locatelli” alla “Morosini”: in pole

Non ha vinto un concorso, bensì una sfida contro i propri limiti, allenandosi per superare prove fisiche, studiando per superare test teorici e classificandosi tra i primi venti vincitori del concorso, in una posizione di tutto rispetto.

È stato così che quest’anno la mia classe ha perso un alunno, Giacomo Trezzi: ci ha lasciati per frequentare la Scuola Navale Militare “Francesco Morosini” di Venezia. Ho la fortuna di essere rimasto in contatto con lui, di sentirlo praticamente ogni fine settimana, e di sapere come si trova lontano da noi, in un mondo totalmente diverso dal nostro e dalla nostra concezione di adolescenza.

Come ti trovi?

(Ride) Beh, tutto sommato mi trovo bene: sto conoscendo i miei compagni di corso, sono quasi tutti del sud d’Italia. I primi giorni sono stati i più duri dato che sono entrato in una realtà nuova, nemmeno lontanamente vicina a quella del “Locatelli”, ma ora mi trovo bene: ci sono alcuni dei miei compagni di corso che mi stanno particolarmente simpatici, altri meno.

Come si articola la tua giornata?

Tutte le mattine alle sei e mezza suona la tromba: dobbiamo alzarci, fare il cubo con le lenzuola, andare in bagno, che fortunatamente ho in camera, per poi tornare in camera e fare il letto, sempre se il cubo è stato fatto a dovere. Dobbiamo poi scendere per essere inquadrati, messi in una specie di formazione: i superiori ci controllano l’uniforme e controllano se la barba è stata fatta e soprattutto se gli anfibi sono stati lucidati, poi ci portano a far colazione.

E lo studio?

Dalle otto all’una abbiamo lezione. Subito dopo veniamo inquadrati per andare a pranzo. Al pomeriggio di solito facciamo compiti o sport: una particolarità è la molta attività fisica che siamo tenuti a svolgere; io ho fatto solo pallavolo per ora, ma alcuni miei compagni di corso hanno fatto una specie di canottaggio, molto simile al modo di remare dei gondolieri. Alla fine di ogni allenamento, di qualunque tipo sia, ci fanno “pompare” con una serie interminabile di piegamenti sulle braccia. Prima di cena abbiamo due ore di studio e il tempo per lavarci. Dopo cena abbiamo circa due ore in cui possiamo parlare o finire di studiare, dato che in camera non ci è permesso farlo se non in casi eccezionali. Verso le dieci ci viene ordinato di andare in camera, lasciando i cellulari in un’apposita cassetta se ci è stato permesso di usarli. Alle dieci e mezza abbiamo l’ordine del silenzio: non potremmo nemmeno parlare tra noi una volta in camera.

In quanti siete in camera?

Per ora siamo in quattro in uno spazio molto piccolo, ma per fortuna l’inquadramento militare ci obbliga a tenere molto ordine e quindi ci stiamo bene.

Qual è stato il cambiamento che più ti ha colpito?

Beh, di certo la libertà che avevo al convitto del “Locatelli”: poter salire in camera quando volevo, non essere obbligato a determinati ritmi e non dover essere sempre perfetto, sia nella divisa che nella persona. Poi un po’ mi mancate anche voi.

Consigli di provare a entrare nelle scuole militari?

Se si vuole diventare militari è un’esperienza da provare, anche solo per la fase concorsuale: è importante sapere come funzionano la storia delle graduatorie e il concorso in sé, dato che sono concetti che prima o poi un aspirante militare deve affrontare. La stessa scuola militare ovviamente prepara per l’accademia e per la vita da soldato. Bisogna essere seriamente motivati però, altrimenti non ha molto senso provarci. Per ora sto vivendo un’esperienza difficile quanto affascinante, che giustamente consiglio ma non a tutti: se qualcuno aspira all’accademia deve assaggiare questo mondo e una scuola militare è il migliore dei modi per farlo.

Alessandro Donina, 3 A Scientifico

 

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Douhet, impegno verso le stelle

Posted by admin On Aprile - 1 - 2019 Commenti disabilitati su Douhet, impegno verso le stelle

Marianna Ruggeri, 16 anni, ex studentessa del Liceo Scientifico Aeronautico, dopo un faticoso concorso è riuscita a guadagnarsi un posto nella prestigiosa scuola superiore militare “Giulio Douhet” a Firenze. La sua determinazione, la sua passione e i numerosi sacrifici la stanno portando a realizzare giorno dopo giorno il suo sogno: raggiungere lo spazio.

Ciao Mary, come stai? Da quest’anno, dopo molta fatica, hai intrapreso un nuovo percorso alla Giulio Douhet. È dura?

Ciao. Ora sto bene. Ma il primo periodo è stato durissimo: la nostalgia di casa e degli amici, abituarsi ai ritmi e a tutte le cose da fare… in soli due mesi ho iniziato a fare cose che mai avrei creduto possibili.

Sicuramente quelle che era la tua vita quotidiana è cambiata parecchio. Ora com’è la tua “giornata tipo”?

È completamente diversa… Sveglia alle 6,30 (7,45 la domenica), i minuti di “pratiche” dipendono dall’anno (il primo in genere deve arrivare a 8). Bisogna fare il cubo del letto, lucidare le scarpe, mettersi la divisa e scendere in adunata. Poi, alle 7,10 c’è l’alzabandiera e a seguire colazione. Le lezioni iniziano alle 7,40 e possono essere 6, 7 o 8 ore al giorno: dipende dalla classe e dal suo andamento, se è necessario vengono aggiunte lezioni extra. Generalmente dalle 15,10 alle 17,15 se si è specializzati in qualche sport si ha allenamento oppure vengono proposti incontri, riunioni o altre attività. Il tempo per studiare va dalle 17,30 alle 20 circa, ora di cena. Successivamente c’è ancora tempo per studiare oppure altre attività, come canto o strumento. Il silenzio suona alle 22,30 e i minuti di “pratiche” dipendono anche qui dall’anno. La sera bisogna farsi la doccia, lucidare le scarpe, cubare la divisa e fare il letto… è tutto scandito non al minuto, ma al secondo.

Decisamente più dura di quanto ci si aspetti.. ma facciamo un passo indietro. Per quale motivo hai deciso di intraprendere questo percorso e tentare di entrare alla Douhet?

Sin da piccola mi incantavo a guardare il cielo e le stelle, sognavo di raggiungere lo spazio. E il sogno è sempre rimasto quello, motivo per cui mi ero iscritta all’Aeronautico. Al primo anno di liceo, sentendo parlare alcuni ragazzi che volevano tentare il concorso, sono venuta a conoscenza della Douhet. Così ho deciso di andare a vedere la scuola: è stato amore a prima vista, ero certa di volerci entrare.

E parlando di Aeronautico, ti manca il Locatelli? E i tuoi compagni? Come ti trovi con quelli attuali?

Mi mancano tantissimo! Come del resto un po’ mi mancano anche tutte le comodità di una vita normale… Come corso e classe mi trovo molto bene, siamo 18 ragazze e 27 ragazzi (credo uno dei corsi con più presenza femminile in assoluto), e, del resto, vivendo ogni momento della giornata insieme stiamo diventando come fratelli.

Affrontare ogni difficoltà con loro sicuramente vi porta a essere come una grande famiglia. Ma riguardo la scuola, ti aspettavi che sarebbe stata così dura?

Non completamente. È difficile immaginarsi concretamente una vita diversa da quella di tutti i giorni. E, se devo essere sincera, il primo mese è stato devastante: ci hanno un po’ messi alla prova, per vedere chi era in grado di resistere. Ma, superato quello, è diventato tutto più “leggero” e quotidiano.

Un consiglio che daresti a chi volesse tentare di prendere la tua stessa strada?

Mettere impegno in tutto quello che si fa fin dal primo momento. Studiare sempre con costanza e non lasciare tutto a fine anno pensando di studiare a memoria la banca dati. Perché recuperare è difficile, soprattutto qui dentro, visto che il tempo per studiare è veramente limitato. E poi metterci passione e determinazione, perché se ci si pone un obiettivo e lo si vuole raggiungere a tutti i costi, la costanza e l’impegno già ci dovrebbero essere.

Gaia Bassi e Filippo Mondonico, 3 A Scientifico

 

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