Saturday, November 1, 2025

  • Facebook Flickr Twitter YouTube

Donne e parità, ancora lontana

Posted by admin On Agosto - 31 - 2021 Commenti disabilitati su Donne e parità, ancora lontana

Una tematica di cui si sente spesso parlare oggi sono le donne, e più nello specifico la continua ricerca di parità di genere tra uomo e donna a livello sociale, lavorativo, politico: la ricerca insomma delle pari opportunità tra uomo e donna.

Guardando indietro nel tempo ci possiamo accorgere che la donna è sempre stata discriminata: la si lasciava in casa perché la donna doveva solo svolgere i lavori domestici, non doveva andare a lavorare o istruirsi, doveva accudire i figli; il partecipare alla vita politica lo si lasciava agli uomini perché le donne cosa ne potevano capire… Andando avanti con il tempo anche le donne iniziarono a frequentare la scuola e a lavorare: di certo non potevano sfamare la famiglia con il loro stipendio, lo stipendio più alto lo riceveva chiaramente l’uomo. Sicuramente non era facile essere una donna in passato, ma non lo è neanche adesso.

Un grande passo verso l’emancipazione della donna ci fu lo scorso secolo, quando si arrivò a ottenere il suffragio universale, un vera conquista per le donne e un passo verso la conquista dei pari diritti sociali.

Tornando all’attualità, ci troviamo in una società maschilista quasi patriarcale, in cui la donna viene costantemente giudicata, non soltanto da uomini ma anche dalle donne stesse; una società in cui la donna viene sempre posta sotto giudizio anche quando si tratta di violenze, minacce o femminicidi, mentre viene sempre giustificato il comportamento maschile con frasi come “era solo geloso” oppure “lei lo aveva tradito”, ininfluenti con quello che è successo, facendo quasi ricadere la colpa sulla donna e trovando molto spesso una giustificazione a comportamenti così strazianti.

Al giorno d’oggi, una donna non si può più sentire sicura a uscire da sola o a tornare a un determinato orario la notte; non si può sentire libera di vestirsi in un determinato modo, perché se dovesse subire degli abusi si va quasi a giustificarli usando come scuse l’orario, come era vestita o perché era ubriaca. Questo lo trovo assolutamente sbagliato, una donna deve sentirsi libera di vestirsi come vuole e tornare a casa quando vuole senza bisogno di scusanti.

La cosa peggiore, secondo me, che possa subire una donna è la violenza, un problema globale: molte donne la subiscono quotidianamente, sia fisica che morale che sessuale, e ignorare questa problematica significa peggiorarla. Proseguire nella battaglia in opposizione alla violenza, invece, garantirà un futuro migliore.

Frequentemente, però, la violenza viene portata allo stremo e tramutata in femminicidio, parola usata per rappresentare un fenomeno troppo frequente in Italia in quanto la donna viene vista come proprietà privata di cui disporre a piacimento.

Attualmente al mondo una donna su tre (35%) è vittima di violenza da parte di un uomo, il 38% degli omicidi sono femminicidi: tutte queste violenze portano a gravi instabilità, ledendo la salute sia mentale che fisica; in Italia il 31% delle donne ha subito violenza nella sua vita, il 62% delle violenze subite sono state fatte da partner o ex partner, nel 2019 moriva una donna ogni tre giorni per violenza causata solo da suo genere.

Ogni volta che leggo o sento notizie riguardanti una donna che viene uccisa, provo veramente ribrezzo: una persona per ucciderne un’altra deve proprio avere una vita misera.

Una delle notizie di questo genere che ho sentito di recente che più mi ha impressionata riguardava una donna di origine etiope che era venuta in Italia e, dopo sforzi innumerevoli, aveva creato la sua piccola azienda agricola dove produceva prodotti tipici con un particolare latte: questa donna è stata uccisa da un suo dipendente, quasi sicuramente per dissidi economici. L’ennesima tragedia tra le tragedie.

Giorgia Soccio, 2 A Tecnico

 

Condividi questo articolo:

La scuola se non include non funziona

Posted by admin On Agosto - 31 - 2021 Commenti disabilitati su La scuola se non include non funziona

La didattica a distanza è stata introdotta come nuova modalità di insegnamento a causa della pandemia globale. Non avendo possibilità di avere un rapporto diretto tra insegnanti e studenti, infatti, è stato scelto di continuare i programmi scolastici (almeno parzialmente, a seconda dei periodi) su piattaforme di videochiamata, tra cui le più famose sono Meet, Teams e Zoom. Tuttavia questi programmi esistevano già prima, utilizzati per necessità lavorative: erano impiegati per videoconferenze, soprattutto nelle professioni in cui si era soliti viaggiare. Si è introdotta questa funzione perciò anche nelle scuole.

Si sono notati ben presto, però, i tanti difetti che la didattica a distanza possiede. I problemi di connessione, di audio, i bug: sono solo alcuni dei problemi tecnici che presenta. Non è infatti raro sentire qualche alunno affermare di non sentire bene il professore durante le lezioni: la sua voce la si sente in lontananza, a scatti, quasi fosse un robot in preda a un errore di calcolo. E i ragazzi di risposta pronunciano la famosa frase “Non la sento, prof!”.

Come conseguenza, gli studenti usano questa scusa a loro vantaggio, saltando interrogazioni, domande e, magari, anche verifiche. Alcuni spariscono completamente – e insieme le loro tracce -, altri svaniscono solo se gli si viene chiesto qualcosa inerente alla spiegazione. Comunicano che non riescono ad accendere l’audio, ma al finire della lezione non mancano mai, puntuali, all’arrivederci. Copiare è d’obbligo: da internet durante le interrogazioni, dai compagni durante le verifiche scritte. Si può chiamare scuola, questa?

Per non parlare dell’aspetto umano dell’istruzione, perché, fino a prova contraria, lo si è totalmente eliminato. Gli insegnanti sembrano infatti parlare con il proprio dispositivo elettronico e gli studenti osservarlo ed ascoltarlo. E i dibattiti, i sorrisi, i rimproveri, i chiarimenti: tutte cose presenti nella scuola e limitate, se non del tutto annullate, dalla DAD.

Questi sono dati preoccupanti: la scuola se non include non funziona, lo ha provato proprio questa nuova modalità. Certo, anche la didattica in presenza non è rose e fiori. Molti ragazzi delle superiori affrontano la sofferenza di alzarsi alle cinque, di cambiare diversi mezzi pubblici a quell’ora infame, di sentire il freddo di gennaio la mattina presto. E purtroppo, non è una cosa da poco. E poi l’ansia di includersi, di accettarsi, delle verifiche, del commento dei genitori, del giudizio dei prof…

Molti alunni non si sentono a proprio agio con la scuola: preferiscono quindi rimanere a casa e parlare con il proprio computer che andarci. Tuttavia, l’alzarsi presto, orientarsi, affrontare le proprie paure e i giudizi degli altri, imparare dai fallimenti: non sono forse situazioni importanti da cui apprendere? Nella vita queste sono pane quotidiano, e prima si acquisisce esperienza, prima le tratteremo con leggerezza e serenità.

Ma essere passivi alla lezione, discutere con il proprio dispositivo, copiare e non venire richiamati: questi sono forse insegnamenti da cui trarre maturità? L’unico insegnamento sicuro e garantito che ci ha dato la didattica a distanza è che il contatto fisico e visivo serve, eccome: sia per l’acquisizione delle conoscenze, sia per far fronte alle difficoltà future.

Francesca Tomasoni, 2 A Scientifico

 

Condividi questo articolo:

La Scala omaggia Carla Fracci

Posted by admin On Agosto - 31 - 2021 Commenti disabilitati su La Scala omaggia Carla Fracci

“Grazie al Teatro alla Scala di Milano per aver reso omaggio alla signora della danza, alla Giselle più vera e bella di sempre, la meravigliosa Carla Fracci. Grazie per averci regalato questi momenti di alta danza attraverso le master class in sala prove e la diretta dal Teatro. Emozioni che resteranno nella storia della danza per sempre! E noi siamo ancora più fieri e onorati di avere lei, Carla Fracci come direttrice artistica del nostro liceo Coreutico”.

Poche parole di cuore, che la professoressa Elena De Laurentiis ha dedicato a Carla Fracci, pubblicandole anche sulla pagina Facebook del Liceo Coreutico, a fine gennaio, in occasione dell’omaggio tributato all’étoile.

È successo il 30 gennaio, quando Manuel Legris, nuovo direttore del Corpo di ballo del Teatro alla Scala di Milano, ha deciso di rappresentare Giselle (a teatro vuoto ma trasmesso poi in streaming) mettendo in pista due ballerine, Martina Arduino in scena durante il primo atto, e Nicoletta Manni, che le ha dato il cambio nel secondo.

E sullo sfondo di entrambe, nella posizione d’onore, la masterclass tenuta da Carla Fracci: “Per preparare lo spettacolo – ha raccontato Legris sulle pagine dell’Avvenire in un’intervista di Pierachille Dolfini pubblicata il 30 gennaio – ho invitato Carla Fracci a tenere una masterclass ai danzatori del Corpo di ballo, lezione che si può vedere in streaming sui canali social della Scala”. Ha poi proseguito: “Conosco da sempre Carla Fracci e per me lei è Giselle, dunque averla in sala prove è una ricchezza perché può trasmettere il suo sapere alle nuove generazioni. Ho grande rispetto e stima per la tradizione della scuola italiana tanto che dopo la Fracci mi piacerebbe invitare altre grandi ballerine italiane”.

La figura di Carla Fracci, anche in questi lunghi mesi di pandemia, è rimasta un punto di riferimento per le ballerine del Coreutico, a cui  non ha mai fatto mancare la sua presenza: “La danza è in ogni piccolo gesto, la perfezione nella cura di ogni semplice dettaglio – recita un post sulla pagina Facebook della scuola – Grazie Carla Fracci per i tuoi preziosi insegnamenti. Siamo orgogliosi e onorati di averti da sei anni come direttrice artistica del nostro liceo”.

 

Condividi questo articolo:

“Noi ci crediamo. Sempre”

Posted by admin On Agosto - 31 - 2021 Commenti disabilitati su “Noi ci crediamo. Sempre”

“Noi ci crediamo: per noi permettere ai nostri ragazzi di venire a scuola, di imparare in presenza, di socializzare è importante. Per questo facciamo di tutto per consentirlo: per loro e per le famiglie, perché siamo un punto fermo e di riferimento e vogliamo continuare a esserlo”. Con queste parole il preside Giuseppe Di Giminiani a settembre aveva inaugurato l’anno scolastico 2020 – 2021 che, almeno sulla carta all’inizio sembrava avere tutte le carte in regola per essere, se non normale, almeno quasi.

Sembrava. Sì, perché nel giro di poche settimane la nostra vita è stata nuovamente stravolta più e più volte. Prima la presenza a metà: metà classi in presenza, le altre a distanza, a rotazione. Poi la zona rossa: tutti a casa. Poi ancora una parziale (molto parziale) apertura: via libera per i laboratori, cosa che comunque ha permesso al nostro Coreutico di continuare a lavorare e anche a qualche manciata di alunni.

Una finta di rientro tutti insieme, poi, di nuovo, ora, la didattica alternata, metà a casa e metà a scuola. “È un periodo in cui tutti siamo chiamati a dare di più – ha sollecitato ancora il preside Di Giminiani – Dobbiamo guardare avanti, cercare di capire gli uni le difficoltà degli altri e combattere, come ho sempre detto io”.

E davanti alle difficoltà ha messo le tante cose positive: la voglia di fare inarrestabile, ma soprattutto le innovazioni e la rapidità. A inizio anno la scuola aveva già sorpreso tutti: nel giro di pochi giorni – già perfettamente attrezzata da sempre per la didattica a distanza o, come si dice ora, didattica digitale integrata – ha organizzato i sistemi di sicurezza, dai percorsi a terra ai distributori di gel igienizzante in ogni angolo e aula, dalla distanza di sicurezza in ogni settore agli scanner rilevatori di temperatura agli ingressi.

E poi di nuovo lo ha fatto in pieno boom di zona rossa: sono ripresi (e ormai ultimati) i lavori di sistemazione della nuova palazzina, la nuova ala scolastica destinata a consentire una didattica ancora più organizzata. Sono arrivati i nuovi e numerosi pianoforti digitali destinati ad accompagnare quella didattica, in particolare per la scuola secondaria di primo grado, inaugurata lo scorso anno scolastico.

“I lavori procedono alla massima velocità, purtroppo sono ostacolati dai continui blocchi per la salute, ma siamo ottimisti – ha detto il preside, costretto tra l’altro dalla situazione sanitaria a fare la spola tra le due sedi dell’Istituto, quella bergamasca e la “sorella” di Grottammare – Una grande soddisfazione ci è però arrivata, nonostante il periodo infelice, dal grande affetto e dal grande interesse che molte famiglie ci hanno dimostrato a dicembre e gennaio durante gli Open Day della scuola: parliamo di centinaia di famiglie che, saltata purtroppo la possibilità di venire di persona, come speravamo di poter fare, si sono collegate con me e i miei collaboratori online per una visita virtuale dell’istituto: nonostante la distanza è stato un grande successo”. L’impegno di tutti è anche ciò che ha permesso alla scuola di andare avanti, meglio – diciamocelo pure – di tanti altri istituti meno fortunati e con pochissimi casi, sempre subito circoscritti.

Un capitolo a parte per il nostro Liceo Coreutico, che grazie al fatto di svolgere attività pratica in prevalenza è stato in grado di essere sempre in presenza: “In questo periodo sto vivendo una condizione ideale perché pratico il mio lavoro in sala ballo – conferma la docente e coreografa Elena De Laurentiis – Posso svolgere la mia lezione in un ampio spazio attrezzato, posso insegnare ai miei studenti con tutta la mia passione e competenza, liberando la mia energia. Ciononostante mi manca il palco, il pubblico e le emozioni della scena… Spero presto per tutto il mondo dell’arte che possano riaprire i cinema perché sono il nostro ossigeno, il nostro bisogno”.

Anche gli Open Day del Coreutico, prima allietati dagli spettacoli del corpo di ballo di fronte a un pubblico numeroso, quest’anno ne hanno risentito, ma la voglia di fare e, è il caso di dirlo, anche la possibilità di fare restano impagabili. Resta confermata la possibilità di sperimentare in presenza proprio le lezioni di ballo per tutti coloro che fossero interessati: ogni lunedì e giovedì, dalle 16,45 alle 19, infatti, nella sala da ballo della scuola è possibile prenotare (info@liceocoreutico.eu) una lezione di prova.

Ottimismo arriva, in forte contrasto col mondo circostante, anche dalla scuola secondaria di primo grado: inaugurata due anni fa, ha visto crescere costantemente il numero degli iscritti (sono già aperte anche le preiscrizioni per l’anno scolastico 2022 – 2023) e dal prossimo anno, il terzo, sarà quindi a pieno regime con tutte le classi.

 

Condividi questo articolo:

Il segreto? Siamo una squadra

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Il segreto? Siamo una squadra

Punto di forza della nostra scuola, da sempre è il suo fondatore e nostro preside Giuseppe Di Giminiani, che anche nei momenti più difficili non ha mai smesso di spronarci e incitarci a combattere e resistere. Durante lo scorso lock-down, separato a forza da tutti noi studenti, ogni mattina ha aggiunto ai suoi compiti anche quello di far visita virtuale a tutte le classi, collegandosi in Meet per un saluto a studenti e docenti, e anche con questo nuovo anno scolastico non s’è perso d’animo: anche diviso tra l’istituto Locatelli di Bergamo e la “scuola sorella” di Grottammare, non ha mai fatto mancare la sua vibrante presenza. Perfino quando anche lui è risultato positivo, improvvisamente, al temuto Covid-19: ma l’affetto della sua grande famiglia scolastica gli ha fatto superare anche questo scoglio. “Il vostro comandante ha vinto anche questo nemico, anche questa battaglia è superata”, ha tuonato ridendo dai monitor di diverse classi nei giorni scorsi. Lo abbiamo voluto intervistare.

Preside, è un anno difficile quello che si prospetta, tra cambi continui delle norme nazionali e regionali e realtà di tutti i giorni. Come la vede?

Credo che questo anno scolastico sarà molto difficile e che quello in cui ci troviamo ora, in particolare, sia il periodo peggiore. Sono amareggiato perché penso che questa situazione si sarebbe potuta evitare se non avessero trascurato la scuola questa estate e, soprattutto, se avessero trovato nuove soluzioni per quanto riguarda i mezzi di trasporto.

La nostra scuola sta gestendo bene la situazione: diversamente da molte altre in città le lezioni stanno proseguendo senza interruzioni e a pieno ritmo. Qual è il segreto?

Noi siamo stati da sempre un gruppo molto unito, una squadra, e credo che sia stato questo il segreto. Infatti i miei ragazzi hanno capito immediatamente l’esigenza di dover andare avanti, ed è anche grazie al loro grande spirito di appartenenza se è stato possibile per noi attivare da subito la didattica a distanza, sia lo scorso anno che ora.

Cosa ne pensa della didattica a distanza? Lo scorso anno ci ha permesso di lavorare bene mentre tante scuole erano ferme.

Da noi la didattica a distanza funziona, ma purtroppo solo per quanto riguarda la distribuzione di nozioni. Certo, ogni professore riesce a svolgere le proprie lezioni come a scuola, ma in questo modo, a causa della distanza, credo e temo che non si riescano a trasmettere gli stessi valori importanti per la crescita educativa e l’affetto.

Lei vive in convitto coi ragazzi, a stretto contato: come hanno reagito a tutte le nuove regole, quando ancora si poteva stare in presenza?

Il convitto è un luogo importante in cui ho sempre vissuto: penso sia giovevole per la crescita dei ragazzi. Infatti gli alunni hanno la possibilità di conoscersi e di passare molti momenti insieme, svagarsi e crescere in gruppo. Chiaramente quest’anno non è stato possibile per loro stare insieme come gli anni precedenti, tuttavia hanno accettato le regole non vedendole come un limite bensì come un segno di rispetto dei confronti del prossimo.

E a scuola?

Per quanto riguarda la scuola il discorso è lo stesso. Anche se alcune delle nuove regole sulla sicurezza sanitaria sono molto rigide, loro non hanno avuto troppi problemi ad accettarle.

Abbiamo visto che le novità però non sono solo le regole: sono arrivati nuovi docenti e, soprattutto, nuovi aiutanti in presidenza, nuovi vicepresidi. Qual è il loro ruolo?

Sì, è vero. Da quest’anno ho introdotto due nuove figure cosa che mi permette di affidare loro la parte burocratica, così che io possa occuparmi più del benessere dei ragazzi e dei professori.

Anche a livello strutturale stiamo cambiando, la nuova palazzina ormai ha preso forma: a che punto siamo con i lavori?

È tutto pronto ormai, e l’inaugurazione è stata fissata per il giorno dell’open day scolastico. Questa nuova palazzina non è stata però pensata per far sì che la scuola ospiti più classi o più alunni, ma per comodità. Infatti grazie a questa possiamo allargare gli uffici e i laboratori, e in più sarà possibile ospitare gli alunni più grandi (di quarta e quinta) nelle nuove stanze del convitto.

Pensiamo al futuro, nel breve termine: riusciremo a terminare l’anno in serenità? Cosa può dire a noi ragazzi in questo momento così particolare?

Personalmente credo di sì, penso che in primavera migliorerà la situazione, soprattutto se renderanno disponibile un vaccino. Per quanto riguarda i miei ragazzi raccomando loro di stare attenti e di seguire sempre le regole, anche se scomode.

Un messaggio per proseguire al meglio, nonostante il Covid-19?

Il messaggio è quello di dare il massimo nonostante le difficoltà che ognuno di noi riscontra ogni giorno a causa di questa realtà. So che alcuni professori fanno fatica a trasmettere come vorrebbero valori attraverso la didattica distanza, ma il mio augurio è quello che insieme agli alunni riescano comunque a passare un periodo sereno.

Roberto Scalvini e Camilla Shnitsar, 4 A Scientifico

 

Condividi questo articolo:

Avanti con la formazione

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Avanti con la formazione

Il Covid-19 e le limitazioni conseguenti hanno colpito un po’ tutti in Italia, ma in particolare – prima come ora – nel mirino, nel bene o nel male, è sempre finita la scuola. In particolare quella superiore: che proprio nei giorni scorsi, dopo un avvio di apparente normalità, ha dovuto in molte regioni, tra cui la Lombardia, chiudere le porte: nella nostra scuola il Liceo Scientifico, il Liceo Quadriennale e il Tecnico sono stati costretti quindi a tornare in Didattica a distanza (Dad): un provvedimento inizialmente previsto fino al 13 novembre (ordinanza regionale), poi fino al 24 dello stesso mese (su decisione del Governo) e ora, mentre andiamo in stampa, in situazione di nuovo di lock-down totale regionale fino al 3 dicembre. Non così per il Liceo Coreutico (sotto la direzione artistica dell’etoile Carla Fracci), grazie al tipo di attività più laboratoriale e, quindi, meno facilmente attuabile a distanza. Sul punto abbiamo sentito la professoressa Elena De Laurentiis, ballerina, coreografa e docente del Coreutico fin dalla sua formazione.

Professoressa, arriviamo da un periodo di didattica a distanza durante il lock-down che per il Liceo Coreutico in particolare non è stato facile da superare. Come sono andate quelle lezioni a distanza? Quali sono state le maggiori difficoltà per loro e per voi insegnanti?

Noi abbiamo avviato la didattica a distanza immediatamente: già dal 2 di marzo, grazie alla forte informatizzazione dell’Istituto Locatelli, eravamo pronti con la piattaforma online e abbiamo avviato una didattica a distanza anche relativamente alla materie pratiche. Naturalmente, per quanto riguarda il Coreutico, il contesto casalingo non ha le stesse comodità, requisiti e agevolazioni e caratteristiche necessarie per poter fare attività di danza: mancano pavimentazioni adeguate nelle abitazioni, manca il giusto attrito, la flessibilità, non ci sono specchi o sbarre. Non ci sono soprattutto gli insegnanti che ti seguono da vicino e ti correggono. Non c’è il pianista dal vivo. Nonostante queste difficoltà siamo riusciti comunque a trovare un buon compromesso e un sistema di insegnamento per mantenere la forma e le capacità: non siamo purtroppo riusciti a far progredire tecnicamente il programma, proprio a causa delle mancanze tecnico logistiche e di sicurezza, come la sala di danza attrezzata e l’insegnante che ti può correggere. Abbiamo fatto tanto potenziamento muscolare, allungamento, stretching, esercizi e molto altro, ma non abbiamo potuto fare programma di salti  e punte, per esempio, altrimenti avremmo leso muscoli dei danzatori a causa delle condizioni non adeguate a casa.. Abbiamo creato tanto e usato molta fantasia per sviluppare la creatività artistica degli alunni, tanto che abbiamo realizzato un video che racchiude un po’ il lavoro fatto a distanza anche per farli uscire mentalmente dalla situazione che stavamo vivendo tutti quanti e creare. I risultati sono stati molto interessanti e abbiamo distratto i ragazzi dalla triste realtà che ci circondava, primo fra tutto il suono costante delle ambulanze che anche noi docenti sentivamo durante le  lezioni online, visto che la maggior parte dei ragazzi vive in Lombardia. Tutti sono stati bravi ed entusiasti.

Come hanno ripreso le nostre ballerine in queste prime settimane in presenza?

In questo momento i ragazzi del Coreutico si sentono privilegiati e fortunati, perché possono fare lezione in presenza, proprio come previsto dall’ultimo Dpcm (24 ottobre, ndr): questo ha permesso loro di potersi allenare e procedere con il programma e la formazione, cosa che era la loro preoccupazione più grande per loro. Questa è un’età importante per i giovani danzatori, in cui il tempo che si perde difficilmente si recupera, in cui il corpo si forma, si plasma e si modifica e più si avanza più diventa difficile cambiare: ora invece è il momento migliore perché si è più duttili e plasmabili. Ciò che apprendono ora è più immediato anche dal punto di vista dell’ottenimento del risultato. Avevamo necessità di provare e tornare alla nostra sbarra e alla nostra sala di danza. Mi auguro che questo si possa fare per il massimo del tempo possibile, condizioni di sicurezza e ordinanze permettendo.

In quanto attività laboratoriale a loro è concesso lavorare in presenza: come funziona? Sono preoccupate? Sentono la mancanza del resto della scuola?  

Al momento la situazione a scuola è gestibile, quindi siamo in serenità: noi docenti lavoriamo con le mascherine per garantire la sicurezza nostra e dei nostri danzatori, che lavorano in aula danza con i due metri di distanziamento previsti per chi svolge attività pratica e sportiva, anche perché come indicato nell’ultimo Dpcm non indossano la mascherina durante l’allenamento. La rimettono invece quando rientrano nelle loro aule scolastiche. La capienza e l’ampio spazio della nostra sala di danza ci consentono di mantenere la distanza assoluta e quindi la sicurezza. Sicuramente mancano i ragazzi dello scientifico e la vita quotidiana con loro, ma è un momento difficile per tutti e di sacrificio comune: sappiamo che più di così non si può fare e che anzi già stiamo facendo più del possibile e terremo duro, sapendo che riabbracceremo presto anche i compagni. E che torneremo prima o poi alla normalità.

Come va con le attività esterne come i concorsi e gli spettacoli? Tutto fermo da febbraio? Che prospettive ci sono?

Per quanto riguarda le attività extrascolastiche ci stiamo concentrando per ora sulla preparazione dell’open day dell’Istituto Locatelli: di solito facciamo esibizioni di tecnica della danza classica e contemporanea e anche di laboratorio; tutto sarà nel rispetto del protocollo, ma riusciremo comunque  a dare una buona rappresentazione agli spettatori e a chi è interessato a conoscere il nostro liceo coreutico. Le altre attività laboratoriali, con i teatri dove venivano effettuate chiusi, sono ferme purtroppo. Stiamo comunque lavorando, creando e progettando nell’attesa della riapertura dei teatri per calcare nuovamente le scene: è un’attività che ci manca tanto perché è uno stimolo fondamentale per la formazione dei nostri danzatori. Anche a me come insegnante e coreografa manca il pubblico, l’adrenalina e manca soprattutto poter vedere i nostri ragazzi che si emozionano e che si divertono sul palco mentre si donano facendo ciò che amano di più.

Un messaggio per il nostro corpo di ballo?

Al momento è importante tenere i piedi piantati per terra  e concentrarsi sul lavoro che stiamo facendo: purtroppo ritengo sia un dispendio inutile di energie pensare a cosa fare quando ritorneremo in scena: dobbiamo aspettare, queste riflessioni non possiamo farle finché il virus non sia debellato. L’importante è lavorare, restare uniti, concentrati sugli obiettivi, e progredire con la formazione. Se tu avanzi con la formazione fisica, fortifichi il carattere, persegui gli obiettivi, non perdi la motivazione e lo stimolo, quando i teatri riapriranno sarai pronto; in caso contrario avrai ancora tutto da fare e perderai altro tempo. Stiamo quindi con i piedi ben piantati a terra e stiamo lavorando sodo per creare e costruire. Poi del doman non v’è certezza, diceva qualcuno: mi auguro spero presto si possa tornare alla normalità e che i nostri teatri tornino a splendere, ma temo purtroppo che ci vorranno ancora tempo e pazienza, sperando non ci siano troppe perdite a causa i questo virus.

 

Condividi questo articolo:

Covid-19 e insegnamento, manca contatto

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Covid-19 e insegnamento, manca contatto

Didattica ai tempi del Coronavirus: marzo 2020, la regione Lombardia – in accordo col Governo – emana l’ordinanza secondo la quale le scuole devono restare chiuse per contrastare la diffusione del contagio da Covid-19. Il giorno 4 marzo viene ufficializzato dal premier Conte che tutti gli istituti scolastici in Italia, di qualsiasi ordine e grado, resteranno chiusi fino al giorno 15 marzo (termine poi di volta in volta prorogato fino a coprire tutto l’anno, ndr). Le scuole prendono però le dovute misure: dal consegnare compiti agli studenti mediante i portali online, allo svolgimento di vere e proprie lezioni a distanza mediante l’utilizzo di microfoni e telecamere.

Fino a pochi decenni fa una soluzione del genere sarebbe stato impensabile, ora è realtà. L’Istituto Aeronautico Locatelli di Bergamo ha organizzato lezioni a distanza per gli studenti adottando le metodologie scolastiche più avanzate, partendo dagli orari prestabiliti dalle 8 alle 12,50 fino al cambio regolare dei professori nell’arco della giornata. Esattamente come se si stesse affrontando una comunissima giornata scolastica.

Questo sistema a distanza è in fase molto più che sperimentale da ambi i lati, studenti e professori, ma non è difficile immaginare che, in un futuro non molto lontano, le strutture scolastiche verranno sempre meno in virtù dell’impiego della tecnologia per la didattica da casa o a distanza (cosiddetta DAD).

Leggendo le impressioni a caldo degli studenti del settore tecnico della classe 4^ C è emersa una netta spaccatura di pensieri. Da un lato troviamo i più tradizionalisti, quelli che non riuscirebbero a sostituire la struttura scolastica; dall’altro troviamo una fetta di studenti che è entusiasta di questo nuovo metodo di istruzione.

I primi sono legati alla classica modalità scolastica, in quanto riscontrano problematiche nel meeting online, come la sovrapposizione delle voci o la scarsa qualità video data dalla connessione del singolo soggetto.

Gli altri invece fanno notare la comodità di essere in casa senza doversi spostare: basti pensare agli studenti pendolari che sono legati costantemente ai mezzi pubblici. Questo permette di eliminare tempi morti, per poter recuperare ore di studio e di attività extra-scolastiche, per quanto queste ultime siano state limitate a causa delle ordinanze emanate.

Una mancanza comune da entrambi i lati, però, è il contatto e il dialogo fisico con i propri compagni di classe, il che permette di capire come i ragazzi possano essere ancora uniti. Come ogni innovazione che viene introdotta, nei primi utilizzi compaiono i errori e le prime problematiche, che verranno poi risolte col passare del tempo. Ad esempio, per ovviare alla sovrapposizione delle voci basterebbe mettere in modalità “muto” il microfono per poi attivarlo se richiamati all’esercizio dal professore.

A detta del ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, attraverso questo metodo non verranno perse ore di lezione e il giorno di chiusura dell’anno scolastico non verrà posposto.

Il problema sussiste forse maggiormente per gli studenti universitari, i quali vedranno posticipati gli esami nell’arco del periodo estivo. Attendiamo aggiornamenti futuri per quanto riguarda la riapertura degli istituti scolastici.

Savio Perri, 4 C Tecnico

 

Condividi questo articolo:

“Poter vedere i miei compagni? Magnifico”

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su “Poter vedere i miei compagni? Magnifico”

“Il Governo chiude le scuole nelle zone colpite dal Coronavirus”. Quando ho sentito questa notizia ero in estasi: finalmente potevo staccare, finalmente potevo smettere di pensare alle verifiche o interrogazioni future, finalmente potevo evitare di stare ore sui libri scolastici, finalmente sono libero ho pensato. Al telegiornale continuavano a parlare di epidemia e di prolungare la chiusura delle scuole ma io ero felice. Ero..

Dopo l’euforia è venuta la noia, poi la solitudine, la mancanza delle voci dei docenti, del rumore della penna che scrive sulla carta, degli scherzi e delle battute dei miei compagni. Loro mi mancano e io voglio uscire.

Poi la notizia della ripresa tramite dirette streaming: mi ha confuso e sorpreso, inizialmente ho pensato che fosse inutile.

“È impossibile connettersi tutti insieme – ho pensato – e poi perché devo sprecare il mio tempo in lezioni che difficilmente capirò?”, ma sbagliavo.

Le videochiamate sono pessime, si vede e si sente male, ma la sola presenza dei miei compagni mi fa riaffiorare i bei momenti passati quando ancora ci incontravamo di persona.

Alla fine penso che queste dirette siano magnifiche: basta che il nostro gruppo classe rimanga connesso fino alla fine del nostro lungo viaggio.

Gabriele Berticelli, 5 B Tecnico

 

Condividi questo articolo:

A lezione ma lontani: piacevole scoperta

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su A lezione ma lontani: piacevole scoperta

La risposta all’emergenza. Se ciò che si sta delineando in questi giorni, queste settimane, questi mesi, può sembrare uno scenario per certi versi apocalittico e dai toni esasperati per quella che ci era stata presentata  inizialmente come una semplice influenza, senza alcun dubbio il Covid-19 ha paralizzato la nostra economia e la nostra vita sociale, costringendoci a casa sia dal lavoro che da scuola.

Di fronte a un’emergenza sempre meno locale, che ci coinvolge ormai tutti, ci è parso doveroso sottolineare la tempestività con cui la nostra scuola, l’Istituto Aeronautico “Antonio Locatelli”, ha reagito per cercare di garantire  continuità all’attività didattica.  La soluzione adottata dalla nostra scuola si sostanzia in lezioni online in videoconferenza tra studenti e docenti, tenute nel rispetto dell’orario scolastico e fatte partire già pochi giorni dopo Carnevale, sicuramente in netto anticipo rispetto alla maggioranza delle altre scuole. Naturalmente ci troviamo dinanzi a una modalità di fare scuola fuori dall’ordinario, che ha suscitato non poche perplessità, soprattutto da parte di chi nutre una certa avversità nei confronti della tecnologia.

Abbiamo così deciso – in questi primi giorni di novità e passato il primo periodo di rodaggio – di raccogliere le testimonianze di alcuni studenti della classe 5^ B Tecnico che stanno vivendo questa esperienza e ne sono rimasti positivamente colpiti, pur  facendo parte dell’ondata di scetticismo iniziale.

“Sinceramente, la lettura nella bacheca della scuola del fatto che le lezioni si sarebbero svolte in diretta mi ha un po’ scombussolato: credevo che non sarebbe stato possibile connettere simultaneamente così tanti alunni e professori”,  ha confessato Lorenzo Grassi. “La notizia della ripresa tramite dirette streaming  mi ha confuso e sorpreso. Inizialmente ho pensato che fosse impossibile connettersi tutti insieme e che avrei  sprecato il mio tempo in lezioni che difficilmente avrei capito”, ha concordato con lui Gabriele Berticelli. “All’inizio ero un po’ stranito perché, da quando ho iniziato ad andare a scuola, la casa è sempre stato il mio “paradiso” mentre la scuola il mio “inferno”: quindi poter conciliare i due mondi mi sembrava impossibile”, ha rincarato la dose Davide Ricci Gramitto.

Dalle testimonianze raccolte risulta evidente quanto la soluzione apportata dalla nostra scuola non abbia destato immediatamente la nostra fiducia. Tuttavia… Ecco fin da subito le prime svolte.

“Lunedì 2 marzo alle 9 ho avuto la prima lezione online e, a dire il vero, non è stata così tanto diversa rispetto a quelle svolte in aula”, ha ammesso Federico Girasa. “Devo essere sincero, mai avrei pensato al successo di tale sistema, ma dopo un giorno di “rodaggio”, servito per capire e risolvere piccole problematiche, si è rivelato utile e funzionale”, ha detto Jacopo Colombo. Così anche Giulio Krishan: “È un sistema adatto a tutti, nel senso che non crea difficoltà nel suo uso, dato che bastano due minuti per collegarsi con i compagni stando dietro uno schermo”.

Malgrado l’iniziale scetticismo, una cosa ha veramente sorpreso la gran parte di noi studenti: questo nuovo sistema ha incontrato un favore crescente,  disperdendo via via  le polemiche e incontrando l’approvazione perfino dei prof più “conservatori”, nostalgici della cara e comoda lavagna con cancellino e gessetto! A chi di noi il docente non è apparso  come un nemico in cattedra, col coltello dalla parte del manico, pronto a colpire?

Eppure, adesso, in modo inatteso,  tutto sembra cambiare sotto i nostri occhi, per fare spazio a una persona che ci appare nuova e fa apparire il conoscere un po’ meno obbligato e più  motivato, dando un senso a questa devastante emergenza, che diversamente avrebbe logorato menti e corpi rinchiusi nelle proprie case.

Matteo Minghetti ed Edoardo Pace, 5 B Tecnico

 

Condividi questo articolo:

Le ballerine: “Ora è (quasi) come prima”

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Le ballerine: “Ora è (quasi) come prima”

È difficile fare scuola da casa. E non riesco neanche a immaginare come possa essere studiare e pure ballare. La danza è un agglomerato di passione, costanza, dedizione e impegno. Ce lo dice Elisa Maglia, una ballerina del secondo anno del nostro Liceo Coreutico, costretta anche lei come tutti noi dal Coronavirus a fare “didattica a distanza”.

Ciao Elisa! Come stai? Da dove segui le lezioni?

Buongiornoooo. Qui a Valmadrera procede tutto bene, diciamo che la vita è cambiata, non si può più uscire, vedere gli amici, cambiare aria. Non posso più ballare. Però non mi lamento. Sarebbe peggio se fossi ammalata oppure in ospedale.

La danza?

Ballo da quando sono piccola. La danza per me è tutto: i primi successi, ma anche le prime sconfitte. Non riuscirei a stare senza ballare. Ormai è parte di me. Non me ne rendo neanche più conto: è come quando cerchi di respirare e ti viene a mancare il respiro. Se invece non ci pensi lo fai in automatico. Infatti all’inizio della quarantena è stato terribile. Poi però, per fortuna, le lezioni sono ricominciate ed ora tutto è tornato quasi come prima.

Quasi?

Proprio così. Ballare a Bergamo era molto più bello. Più entusiasmante. Più divertente. Per prima cosa perché eravamo in palestra. Ma più di tutto perché ero con i miei compagni. I miei compagni che mi mancano ogni giorno di più. A casa sono sempre davanti ad uno schermo grande poco più della mia mano. Certo, parliamo. Ma non è la stessa cosa. Non c’è la stessa complicità che si ha a quattr’occhi.

E come funzionano queste lezioni?

All’inizio non sapevamo come si sarebbero evolute le cose. Era tutto in sospeso. Non si capiva se la settimana dopo saremmo tornati alla normalità oppure il periodo di transizione sarebbe durato molto. Mai avrei immaginato che non avremmo più fatto ritorno a scuola. Non riesco ancora a rendermi conto del fatto che non tornerò in via Carducci fino a settembre. Tra quattro mesi. Ho una voglia pazza di tornare a scuola. E non è solo per i compagni. È per fare qualcosa. Adesso, oltre alle lezioni, le giornate sono oziose. Quando andavo a scuola invece c’era uno scopo, un motivo per fare tutto quello che facevo. Le lezioni, dicevi… La nostra scuola è stata la più veloce ad attivare le lezioni online. Abbiamo iniziato a collegarci l’ultima settimana di febbraio e da quel giorno non abbiamo più smesso. I primi giorni ci collegavamo solo la mattina: in una situazione normale noi ballerine rimaniamo a scuola fino alle quattro di pomeriggio. Poi sono stati aggiunti anche i pomeriggi.

Cosa avete fatto?

Abbiamo iniziato con la prof. Angelucci, l’insegnante di tecnica classica, quella con cui passiamo più tempo. In principio abbiamo svolto un lavoro di teoria sull’anatomia, sulle danze di carattere e sull’esecuzione dei vari passi. Leggevamo, quindi, testi scritti che spiegano come si eseguono diversi passi che solitamente eseguiamo a lezione. Dopo aver capito che non ci saremmo visti per molto tempo, sono iniziate le lezioni più pratiche, partendo dal rafforzamento muscolare fino ad arrivare agli esercizi di danza classica veri e propri: la sbarra. Dato che nessuno di noi ce l’ha a casa, abbiamo dovuto adattarci usando oggetti vari, come sedie, divani, scrivanie. Io, per esempio, ho usato l’appendiabiti di mia sorella. Negli ultimi tempi stiamo alternando questi lavori sulla sbarra con lo studio del balletto “La bella Addormentata”.

Capisco.. E poi? Cos’altro?

Con la prof Ottolenghi, di contemporaneo, ci siamo inizialmente concentrati sull’interpretazione della canzone “Buonanotte all’Italia” di Ligabue. Dopo aver ascoltato la canzone dovevamo attribuire un gesto a ogni parola che sentivamo e alla fine questi movimenti hanno costituito una nostra coreografia. Ora, invece, stiamo affrontando la teoria: studiamo i principi della tecnica classica e come si eseguono i vari passi o le varie pose. La prof. Lorusso, laboratorio coreutico, ci ha fatto studiare inizialmente la teoria, alternata ora a lezioni di sbarra a terra, quindi gli stessi esercizi che facciamo alla sbarra, però a terra. Certo, non è la stessa cosa di quattro mesi fa, perché a scuola facevamo sicuramente più pratica, però prima della pratica bisogna studiare la teoria. Ora non resta che sperare che tutto si rimetta a posto e che, pian pianino, la nostra vita possa tornare alla normalità.

Sono d’accordo. Grazie mille Elisa per aver accettato l’intervista, e a presto.

A presto.

Viola Ghitti, 2 A Scientifico

 

Condividi questo articolo:

Giovani e scienza: un altro premio vinto

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Giovani e scienza: un altro premio vinto

Kazan. Russia. Rassegna internazionale per i giovani inventori. Ecco dove la nostra scuola doveva rappresentare l’Italia tra il 5 e il 10 settembre prossimi. L’emergenza coronavirus, però, ha messo a dura prova il concorso fin dalla premiazione, che è avvenuta in diretta streaming lo scorso 9 marzo. Poi sono state annullate le principali esposizioni, come Regeneron ISEF in California. Alcuni, come il LIYSF a Londra, sono stati posticipati al prossimo anno. E, pochi giorni fa, la notizia tanto temuta: pure IEYI a Kazan, a cui Sonia Migliavacca, Elio Scholtz e Filippo Invernizzi non vedevano l’ora di partecipare, è stata annullata.

E ora? Cosa succederà? Se l’esposizione non sarà posticipata, i nostri ragazzi parteciperanno alla prossima edizione? Oppure non avranno l’occasione di farsi conoscere al mondo della scienza? Per ora, risposte non ce ne sono. Non ci resta che aspettare e vedere cosa succederà.

Sonia, Elio e Filippo, con l’aiuto del professor Ferdinando Catalano, hanno ideato il progetto: “Oscillazione di gocce di liquidi Newtoniani indotte da vibrazioni acustiche. Uno studio”. Di cosa si tratta?

Tutto è nato da un video della Clemson University dove una macro goccia veniva fatta oscillare attraverso ultrasuoni. Da questo studio i ragazzi hanno dimostrato che la formula di Rayleigh-Lamb ha un campo di applicazione che va dalle gocce centimetriche, come le gocce di sapone, a quelle micrometriche, come la nebbia.  La goccia che viene fatta oscillare, quando raggiunge l’ottava armonica, si distrugge completamente dando origine a goccioline dal diametro minore. Hanno quindi ricavato le frequenze a cui oscilla una gocciolina di nube e a una frequenza di 3.35 mhz la gocciolina invece di distruggersi passa direttamente allo stato di vapore.

Un progetto che non è passato inosservato, tanto da essere selezionato tra i finalisti del concorso “I giovani e le scienze” organizzato in Italia dalla FAST, Federazione delle associazioni scientifiche e tecniche. Un concorso europeo che premia gli studenti meritevoli nel campo delle scienze e dà loro la possibilità di partecipare non solo a EUCYS, la più importante competizione europea per gli studenti (che quest’anno si dovrebbe tenere a Salamanca), ma anche a prestigiosi eventi mondiali come GENIUS negli Usa, IMSEF in Turchia, TISF a Taipei e, appunto, IEYI a Kazan.

Sicuramente il professor Catalano sta già pensando a nuovi progetti per dimostrare l’eccellenza della nostra scuola e speriamo che questi ci portino sempre più in alto: solo poche settimane prima del lockdown un altro premio era stato ritirato durante una cerimonia al Teatro Alla Scala di Milano, per l’ennesimo progetto scientifico portato brillantemente a termine.

Viola Ghitti, 2 A Scientifico

 

Condividi questo articolo:

Il contatto manca, ma poi sarà più bello

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Il contatto manca, ma poi sarà più bello

Cara professoressa, in questo momento tutti noi stiamo vivendo un periodo difficile che nessuno si sarebbe mai aspettato di vivere. È partito tutto da capodanno del 2020 quando tutti dissero “che quest’anno sia migliore di quello appena finito”, e nessuno immaginava ciò che ci aspettava. Arrivarono le prime notizie su questo sconosciuto virus espandersi in Cina, poi i primi due contagiati in Italia, e tutto d’un tratto siamo stati catapultati in un mondo che a tratti pare parallelo. I bar affollati piano piano chiusero, i parchi in cui la gente si recava iniziarono a svuotarsi, così i supermercati, e anche le città diventarono deserte. “Bisogna stare a casa”, “Scuole chiuse fino al 15 marzo”, “Chiusura prolungata fino al 3 aprile”, “I ragazzi seguiranno le lezioni online e le uscite saranno solo per stretta necessità”, dissero. I contagi e i morti aumentavano ogni giorno.

Sono sempre stato abituato ad avere la mia sveglia la mattina, alzarmi, mettere la divisa e recarmi a scuola, con più o meno voglia: dipendeva un po’ da che materie mi aspettavano. Tornavo a casa, aprivo i libri e studiavo quanto bastava per una sufficienza, mi preparavo per allenamento, dove riuscivo a buttar fuori tutto quello che nella giornata era andato storto; tornavo a casa per le 21 stanco morto, mi buttavo a letto e crollavo, consapevole che il giorno dopo sarebbe stato esattamente come quello appena passato.

E ora mi ritrovo qui, davanti a uno schermo, nel letto, guardando fuori dalla finestra il sole che splende alto, e penso. Penso al perché di tutto questo… Penso che le persone ancora non abbiano capito che l’unico modo per riuscire a uscirne è stare a casa.

Penso che il periodo di questa pandemia verrà raccontato sui libri di storia come quello “in cui tutti furono obbligati a rimanere a casa”. Penso che alla fine la scuola non sia poi così male, che le risate più belle sono racchiuse tra quelle quattro mura che ogni giorno mi accolgono o, meglio, mi accoglievano.

Penso che mi manca la mia routine: mi manca alzarmi all’alba, mi manca poter vedere le persone con le quali passerò i migliori anni della mia vita, mi manca uscire il sabato sera, mi manca andare in discoteca e staccare tutto, mi manca potermi allenare e correre sul quel prato verde che forse mi conosce più di tutti, mi mancano i pianti dopo la perdita di una partita e i sorrisi vedendo la mia squadra salire in classifica. Mi manca entrare in classe, solitamente con qualche minuto di ritardo, sedermi al mio banco e iniziare le lezioni. Mi mancano gli sguardi complici tra compagni che attraverso un iPad non ci potranno mai essere, e soprattutto mi manca l’aspetto umano, che un apparato elettronico non rimpiazzerà mai.

E sa, profe, anche lei mi manca, esattamente come tutti i professori. Insomma, mi manca tutto ciò che sono sempre stato abituato a vivere, mettendo in secondo piano però le amicizie, la famiglia e l’amore, se a quest’età si può chiamare così. Stando a casa ed essendo distante dalle persone a me tanto care ho capito quanto sia importante il contatto fisico e quanto veramente non siano da sottovalutare certi legami. Ho anche capito l’importanza della famiglia, che è sempre un luogo sicuro quando tutto sembra crollare, e che l’amore che ci lega sarà sempre più forte delle litigate che avvengono ogni giorno.

Ho capito tante cose, che prima tutti davamo per scontato, e mi sento che, quando tutto questo finirà, sarà tutto più bello, e ognuno avrà una concezione di vita diversa. Saranno più affettuosi gli abbracci e i baci, sarà più buono il caffè preso al bar, sarà più bello toccare con mano le verifiche, qualsiasi sia il voto scritto sopra. Sarà più bello litigare con i profe, sarà più bello mettere la divisa e stringere la cravatta. Sarà tutto più bello, perché è proprio in questi momenti che si capisce il valore che ha la vita.

Mi sento triste, solo, perché lontano da tutti. Ma mi sento anche felice e più maturo, perché so che quando la routine ricomincerà la vivrò con il sorriso stampato in faccia e con la fortuna di non aver dovuto passare questa quarantena solo, su un letto dell’ospedale. Ma in realtà penso che ciò che ognuno di noi prova non si riesca a spiegare a parole: semplicemente provo tutto quello che un ragazzo di 15 anni riesce a provare.

Elvi Ymeraj, 1 C Tecnico

 

Condividi questo articolo:

Maturità? Troppi dubbi, ma voglio viverla

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Maturità? Troppi dubbi, ma voglio viverla

Ormai lo sappiamo, il virus colpisce tutto e tutti. A noi studenti costringe a casa da scuola, lontano dalle proprie amicizie, dai professori e senza dubbio ci priva anche delle quotidiane esperienze in cui avevamo la fortuna di incappare.

Nonostante le grosse difficoltà e la forte sofferenza del sistema scolastico italiano, grazie all’occhio avanguardista della nostra dirigenza, l’Istituto Aeronautico Locatelli conferma l’affidabilità che da anni gli è riconosciuta: se qualcuno fosse ancora incredulo sappia che non lo dico io; pur essendo il nostro gazzettino di rilevante notorietà, sento l’esigenza di citare un pesce ben più grosso, infatti l’elogio all’istituto lo manda il quotidiano Libero, che a inizio crisi esordì con un titolo a dir poco accattivante: “Il record di Bergamo: 600 studenti connessi da casa”. Faccio queste premesse per tutelare me e i miei compagni: non possiamo lamentarci di come sia stata affrontata la situazione dalla nostra scuola, ma potremmo di certo farlo nei confronti del MIUR.

Lucia Azzolina, ministro dell’Istruzione, ha messo in confusione docenti e milioni di studenti. A inizio marzo decise infatti di comunicare che tutti gli alunni sarebbero stati promossi: una scelta ritirata giusto poco fa! Condannando malcapitati nullafacenti, che si ritrovano a fine maggio con la possibilità di essere bocciati!

Anche il temutissimo rito della maturità rischiava di saltare: come abbiamo riscontrato dalle esperienze olandesi e inglesi, c’erano buone probabilità che i 463.133 studenti italiani delle classi quinte rimandassero l’esame di Stato a mai più. Fortunatamente, seppur con qualche grattacapo, la soluzione si è trovata: la maturità si farà ma giusto con qualche modifica…

Come tutti dovrebbero sapere dall’anno scolastico 2018/2019 le linee guida per l’esame finale di Stato sono leggermente cambiate: fino all’anno scorso l’esame avrebbe dovuto essere formato dalla prima prova scritta di italiano, dalla seconda prova scritta, concernente le materie di indirizzo, e da un colloquio orale comprensivo di nodi concettuali tra le varie materie e di PCTO (Percorsi formativi per le competenze trasversali).

Con l’emergenza “Covid” non si ha avuto alternativa: la prova di maturità doveva essere rimodulata. Sfortunatamente per i compagni del quinto anno e per tutti i professori direttamente interessati, le linee guida per l’esame hanno tardato ad arrivare. Il famosissimo “documento del 15 maggio”, per il quale i docenti hanno l’obbligo di consegnare i programmi scolastici, è stato rimandato. Il ministro Azzolina tarda a farsi sentire o per meglio dire tende a non concretizzare, temporeggiando il più possibile in attesa di qualcosa a noi ignota, bloccando e scaraventando nell’incertezza più totale l’intero sistema scolastico.

Il 16 maggio, dopo essere stati assoggettati per settimane da decine di rumors, i maturandi e i loro professori finalmente vengono a conoscenza di cosa bisogna preparare. Così noi ragazzi, con nientemeno che qualche settimana di anticipo, possiamo finalmente stare tranquilli sul da farsi. Gli studenti del quinto anno si presenteranno all’esame di Stato, che avrà inizio il 17 di giugno, con un massimo di 60 crediti, e dovranno affrontare un colloquio orale, con un limite di 60 minuti per persona, che avrà il valore di 40 crediti scolastici. I professori delle materie di indirizzo dovranno assegnare ai ragazzi un elaborato entro l’1 giugno, lavoro da svolgere a casa e da presentare e discutere con la commissione il giorno d’esame. I docenti di lingua italiana dovranno invece sottoporre gli studenti all’analisi di un testo letterario svolto precedentemente in classe; il resto della commissione avrà il compito di scegliere un argomento che verrà assegnato al candidato, che dovrà dimostrare di sapersi muovere adeguatamente tra le materie oggetto di studio. Il colloquio si concluderà con l’esposizione, tramite proiezione di diapositive, dei percorsi per le competenze trasversali portati a termine dall’alunno durante il triennio del secondo ciclo di istruzione. Verrà inoltre richiesta un’approfondita conoscenza di nozioni di “Cittadinanza e costituzione”, materia inesistente nei programmi scolastici di molti indirizzi.

Tra grande confusione e lancinante sconforto, ne usciamo più storditi di prima: pur se remota, la paura che queste scelte non sia definitive c’è, ormai un cambio all’ultimo non stupirebbe nessuno. Lucia Azzolina e le numerose “task force” istituite, scelgono però di non sollevare il velo pietoso che aleggia sulle direttive che sanciscono i comportamenti da rispettare per svolgere un esame sicuro e in presenza. Scelta tanto particolare quanto criticata del ministro: ancora c’è confusione, chi accenna a un massimo di 10 persone in aula, chi dice che sarà d’obbligo la mascherina anche durante l’orale e chi invece sostiene che non sarà richiesto… insomma, tante erano le incertezze e tante rimangono, noi aspettiamo e prendiamo quello che ci capita nella speranza di vivere, nonostante tutto, la bella esperienza della maturità.

Raffaele Parola, 5 A Scientifico

 

Condividi questo articolo:

Le medie: “Aumentano la positività”

Posted by admin On Agosto - 22 - 2020 Commenti disabilitati su Le medie: “Aumentano la positività”

Come si poteva migliorare un complesso scolastico di alta qualità, ben avviato e soprattutto riconosciuto e conosciuto a livello provinciale e regionale come l’Istituto “Antonio Locatelli”? Il preside Giuseppe Di Giminiani, ancora una volta, ha abbracciato il rischio per imbarcarsi in un mondo nuovo per quanto riguarda il complesso bergamasco: le scuole medie inferiori, avviate quest’anno.

Com’è nata questa idea?

È nata con l’intento di garantire una preparazione differente per affrontare le superiori al meglio, affinché gli alunni arrivino preparati e con un’eccellente metodologia di studio, come già fatto alla scuola di Grottammare.

Cosa ha portato alla città?

Nonostante le ottime realtà cittadine, ho voluto anche io mettermi in gioco garantendo un progetto di alto livello e diverso da quelli già presenti.

Cosa ha portato al Locatelli?

All’interno della scuola, con l’arrivo della prima media, è aumentata la positività che era già presente, portando una ventata di entusiasmo e un notevole rinnovamento. I ragazzi, ma soprattutto i genitori, sono molto soddisfatti e questo mi rende molto fiero trattandosi di progetto giovane.

Come procede?

Nonostante la sede della scuola media non sia ancora pronta, il progetto “Scuola Media” procede molto bene. A giugno la palazzina in costruzione sarà terminata e saranno garantiti gli spazi necessari agli alunni.

C’è stato un aumento delle iscrizioni per il prossimo anno scolastico?

Rispetto all’anno scolastico in corso le iscrizioni per quanto riguarda le scuole medie sono aumentate del 10%, fornendo a me e ai miei collaboratori un riscontro positivo.

La prima media quest’anno si trova circondata da classi delle superiori: ci parli di questa coesistenza.

Quest’anno è andata così a causa dei ritardi nella costruzione della nuova struttura. Nonostante ciò, tutto è andato per il meglio e ciò può solo essere positivo. I bambini arrivano a scuola con grande entusiasmo e portano gioia a chiunque li incontri, siano ragazzi o professori. Si sentono parte del Locatelli anche grazie alle attenzioni che i più grandi riservano loro.

Un pregio e un difetto delle medie.

Non si può parlare di pregi e difetti. Il progetto è appena partito e il connubio della preparazione conseguita nei tre anni avrà reso gli alunni pronti ad affrontare le superiori, particolarmente quelle del Locatelli: alcuni docenti delle medie sono gli stessi delle superiori e quindi una continuità all’interno del nostro istituto sarebbe la miglior scelta per l’alunno.

Quali sono le materie più importanti del percorso triennale?

Le materie importanti sono tante. Il latino, ad esempio, prepara gli alunni al primo anno di liceo spalmando il programma sul triennio delle medie. L’inglese è ovviamente fondamentale e molte materie sono svolte in lingua, come teatro ad esempio. Inoltre viene insegnato lo spagnolo come seconda lingua straniera, mentre matematica e scienze vengono spiegate da due docenti differenti. Inoltre, data la giovanissima età degli alunni e i pericoli in cui possono intercorrere sul web, vengono impartite lezioni di informatica giuridica con il colonnello Piccinni.

Perché scegliere queste medie?

Il nome “Locatelli” è una garanzia a Bergamo, in Lombardia e al di fuori della regione. Ovunque il giudizio sul nostro istituto è positivo, è una realtà trentennale che ha portato successi di anno in anno. I genitori ripongono molta fiducia nella scuola e sono tutti soddisfatti, sia per quanto riguarda la prima media, sia per quanto riguarda le superiori.

Ci saranno mai le elementari?

Le scuole elementari sono il prossimo progetto che vorrei attuare: sono un mio grande obiettivo, cui vorrei dar luce fra tre o quattro anni. Lo scopo sarebbe creare un percorso completo dai sei ai diciotto anni, in modo da dare ai bambini e ai ragazzi una uniformità e continuità nel loro viaggio scolastico: il sistema scolastico italiano è in declino dal punto di vista umano perché almeno il 20% degli studenti non è autosufficiente e necessiterebbe di avere maggior supporto morale e didattico. È ciò a cui ho sempre puntato da quando ho fondato questa scuola e che riuscirei a ottenere fornendo la possibilità di seguire un percorso scolastico completo e uniforme all’interno dell’istituto.

Alessandro Donina, Stefano Macchia, 4 A Scientifico

 

Condividi questo articolo:

EduFin, sfida per affrontare il futuro

Posted by admin On Agosto - 22 - 2020 Commenti disabilitati su EduFin, sfida per affrontare il futuro

La mancanza di educazione finanziaria è un problema che riguarda larga parte della popolazione del nostro paese. Casi avvenuti nel recente passato come le perdite legate al titolo Lehman Brothers oppure le obbligazioni subordinate, generando situazioni di disagio sociale, hanno evidenziato la limitata conoscenza, anche delle più elementari nozioni di finanza, da parte di molte persone che, a seguito di tali avvenimenti, hanno perso i risparmi di una vita.

In questo contesto si inserisce il corso EduFin, promosso dall’associazione Federmanager, che i ragazzi delle classi quinte hanno avuto l’opportunità di frequentare. Tale percorso, avviato a novembre per un totale di dieci ore, ha rappresentato una proposta di alfabetizzazione finanziaria nell’ambito del progetto di Cittadinanza e Costituzione. La sessione è stata sostenuta da soggetti esperti in materia, che con passione hanno saputo trasmettere ai giovani d’oggi conoscenze utili, che consentiranno loro di partecipare attivamente alla realtà sociale, culturale, professionale ed economica in cui si collocano. L’intero iter è stato affiancato da un consistente materiale didattico, che ha permesso ai ragazzi d’assimilare innumerevoli nozioni tra le quali rientrano concetti di PIL e GRAND, la pianificazione finanziaria e il sistema previdenziale.

Al termine del corso, il 19 dicembre, gli studenti hanno partecipato a una “caccia al tesoro finanziaria”: 20 quesiti a risposta multipla sugli argomenti affrontati. La consegna del “tesoro” si è svolta il 31 gennaio 2020 presso l’istituto Aeronautico Locatelli. Di seguito riportiamo un’intervista ai docenti che ci hanno accompagnato in questo percorso.

Che ruoli ricoprivate prima del pensionamento?

Abbiamo dedicato la nostra vita alla direzione di imprese, al mondo dell’industria. Tra noi alcuni hanno rivestito ruoli dirigenziali presso multinazionali italiane e francesi.

Come vi siete avvicinati a Federmanager?

In qualità di manager in pensione siamo stati direttamente contattati dall’associazione. Principalmente ci occupiamo di progetti come EduFin oppure interveniamo in cooperative senza disponibilità economica aiutandone lo sviluppo e il controllo dei bilanci.

Come è nata l’idea del corso EduFin e in che modo vi siete avvicinati al nostro Istituto?

Il corso è nato nel 2019, ma ovviamente prima dell’apertura del sipario ci sono stati mesi di lavoro per la preparazione del materiale didattico e la pianificazione dell’intero iter. Il tutto è stato reso possibile dall’Ufficio Scolastico, che ha accettato e sostenuto l’idea del corso. EduFin ha riscosso un grande successo, l’obiettivo primario non era quello di creare lezioni frontali, anzi, puntavamo sul totale coinvolgimento dei ragazzi, e siamo fieri del risultato ottenuto!

Come vi sono sembrati i giovani d’oggi posti davanti ai fondamenti del mondo finanziario e al corso?

Come previsto la conoscenza iniziale era bassa, ma non nulla e questo ha suscitato in noi un sospiro di sollievo! Lo scopo era illustrare le problematiche, dando ai ragazzi nozioni, ma soprattutto input. Gli studenti hanno affrontato il corso con serietà ed entusiasmo, creando un clima di totale positività: il tasso di interesse è stato elevato!

Come vedete il futuro dell’economia e dei giovani?

Il mondo sarà sempre più complesso perché tutto è interconnesso: quando noi eravamo ragazzi conoscevamo solo la nostra situazione, oggi invece non si può più ragionare in un contesto nazionale. I vostri tempi saranno più complicati, ma bisogna aver fiducia nei giovani, che in primis devono aver fiducia in se stessi. A nostro avviso la grande sfida dei giovani sarà la velocità dei cambiamenti. Ai nostri tempi le innovazioni erano più lente, impiegavano tempo per essere conosciute… mentre ora tutto viaggia a velocità vicina a quella della luce! Tutto sommato non siamo negativi. Speriamo che le classi dirigenti si prendano la loro responsabilità e realizzino che la politica ha un ruolo di guida, mentre l’economia è uno strumento. Il futuro dell’economia è complesso, sia a livello internazionale che italiano. Con il PIL che non cresce, la disoccupazione elevata e la produttività bassissima, il tutto unito a un debito pubblico elevatissimo, bisogna trovare la strada e la capacità di attuare un cambiamento. Abbiamo fiducia delle nuove generazioni, ma la situazione è diversa, per certi aspetti più difficoltosa, per altri più facile. I rapporti internazionali oggi sono molto più sviluppati, ma ci sono insidie come la globalizzazione cui far fronte.

Un ultimo consiglio?

Studiate, incuriositevi, date importanza alle soft skills, ma soprattutto allo spirito di gruppo, al dialogo, ai rapporti umani! Abbiamo fiducia in voi, siamo sicuri che informandovi, amplierete il vostro bagaglio culturale. Fate esperienze, mantenendo sempre una certa professionalità, e fate bene le cose, l’esperienza ci ha insegnato che le cose fatte male non portano ad alcun traguardo.

Elvira Bellicini e Lisa Merlo, 5 B Scientifico

 

Condividi questo articolo:

Disturbi: problemi specifici e guaribili

Posted by admin On Agosto - 22 - 2020 Commenti disabilitati su Disturbi: problemi specifici e guaribili

Inclusione scolastica, dobbiamo agire sul singolo o sul gruppo?

Vorremmo poter iniziare questo articolo confidando in una visione quantomeno ottimista di quella che vorremmo essere la nostra società contemporanea.

Consapevoli di sospirare l’utopia, vorremmo se non altro poterci identificare in quanto ennesimi membri di quella squallida deriva inconsapevole della nostra comunità scolastica, assicurandoci il tiepido plauso di tutti coloro che non possano assolutamente rinnegare le dottrine da cui siano stati forgiati, vittime consapevoli di uno stupro ideologico, consacrandoci dinanzi al più stupendo degli altari all’omologante pensiero buonista. Ci piacerebbe non dover narrare una storia intrisa di ignoranza e cieco egoismo, vorremmo saper scrivere un testo asettico, settoriale, citare leggi, accompagnare il nostro lettore in un intricato dedalo di tecnicismi, di rivoltante grigiore espressivo.

Vorremmo non trovarci obbligati a denunciare una realtà avvelenata dalla costante di un’ipocrisia genetica, serpeggiante in ogni suo singolo componente umano. Un argomento relativamente complicato: apparentemente semplice se trattato col giusto grado di comodo distacco, forse l’incipit di una deludente analisi socioculturale se trattato senza falsi buonismi.

Si parla di inclusione sociale, differenza tra equità e giustizia, implicazioni morali, psicologia umana, filosofia. Partiamo dando una definizione di quelli che sono i disturbi dell’apprendimento. È con gaudente giubilo che proveremo a distruggere la quinta colonna del buio tempio in cui l’ignorante medio trova divertente fingersi sapiente peripatetico, enunciando come la maggioranza di queste patologie non comporti deficit in alcun modo gravemente debilitanti nell’attività quotidiana del singolo, non sia assolutamente rappresentativa di uno scarso quoziente intellettivo, non esista alcuna correlazione medica tra intelligenza e certificato. I disturbi dell’apprendimento rappresentano una mera difficoltà specifica, localizzata e guaribile secondo percorsi pedagogici ministerialmente definiti. Ne esistono vari tipi, ognuno su una differente problematica nell’acquisizione e nella rielaborazione di dati scolastici. Non è possibile identificare uno studente in quanto semplicemente DSA senza specificare in quale particolare tipo di “sotto-carenza” comprensiva rientri. Nell’interezza di questo testo proveremo a trattare tre macro insiemi: il DSA (disturbo specifico dell’apprendimento), il BES (Bisogno Educativo Speciale), e lo spettro di sindromi mediche coperte dalla legge del 5 febbraio 1992, la famigerata 104.

Partiamo dalla prima categoria, il DSA, la maggiormente certificata. Abbiamo la dislessia e la disortografia, difficoltà nella rielaborazione di dati a impronta umanistico-linguistica, traducibili in difficoltà di lettura, comprensione, apprendimento grammaticale, corretto uso della propria lingua madre; abbiamo la discalculia, difficoltà nella rielaborazione di dati a impronta matematica e logica, nel sapersi destreggiare con la numerazione basilare, commettendo errori anche di scrittura nella stesura di numeri, coronate dalla disgrafia, la difficoltà nello scrivere in modo chiaro e definito.

Passiamo dalla seconda categoria, il BES, rappresentante di un disturbo maggiormente psicosociale, descritto dall’assenza di possibilità comprensive dovute essenzialmente a disagi familiari, a una lingua madre diversa da quella utilizzata a scuola, uno spettro di disagio piuttosto ampio e variegato, di natura più psicopedagogica.

Arriviamo alla terza e ultima categoria, nota come 104. Vi rientrano tutti coloro che vengano categorizzati come “disabili”. Nozioni alquanto generiche, ma quanto più possibilmente accomodanti per il generalizzato disinteresse che le avvolge, ci portano direttamente a parlare di come vengano affrontate nella vita reale.

Non possiamo parlare di inclusione scolastica senza soffermarci su cosa significhi davvero la parola “inclusione”: l’inserimento stabile e funzionale di un soggetto nel proprio contesto sociale. Un’umanità regina della distruzione su cui ha eretto la propria storia, la nostra società, genesi funesta di una sregolata madre figlicida, si autoconvince del proprio rigoroso illuminismo, delineando gli austeri contorni di un volto piacevolmente auto-lesionato alla luce di 7 miliardi di cerini funebri. Una classe dirigente incapace di sapersi discostare da sé stessa, portavoce di una globalità impaurita da ogni sublime risonanza di multiculturale essenza, incatenata alla propria fobia per il diverso. Un terreno arido, sterile, freddo in grembo. Ci piace parlare di inclusione, ci piace sospirare teorie radicalmente in contrasto con la natura insita in noi stessi.

Si parla di inclusione sociale verso gli inizi del nostro secolo, con numerose riforme durante tutta la durata della nostra relativamente giovane Repubblica, in un crescendo di concetti concernenti la parità, le uguali possibilità, l’interesse statale nei confronti del cittadino. Nasce la differenza tra equità e giustizia, la prima intesa come il fornire pari strumenti a ogni singolo, la seconda come variare a livello quantitativo e qualitativo gli strumenti in stretta correlazione con il caso specifico. Premesse psicosociali piuttosto pessimistiche, auguratamente erronee, che intendiamo porre come punto di partenza, nel tentativo di procedere con l’affrontare tutte le problematiche riguardarti l’inclusione scolastica.

Un’impostazione istruttiva pressoché perfetta sulla carta, teoricamente inoppugnabile, ma talvolta inspiegabilmente fragile sul piano pratico. In cosa consistono gli aiuti forniti a coloro che ne necessitassero, per poter concludere il proprio percorso di studi? Fondamentalmente vengono introdotte la presenza di schemi riassuntivi durante le prove di verifica, verifiche semplificate, interrogazioni programmate e rinviabili, insegnati di sostegno. Soluzioni indubbiamente utili al singolo, che contestualizzate nel sopracitato quadro umano divengono meravigliosi strumenti di decontestualizzazione ad personam. Provvedimenti che troppo spesso non prevedono il feedback dell’organo classe, non contemplano il ragazzo certificato come parte integrante di una realtà scolastica variegata, troppo spesso con indole estremamente simile agli stessi ragazzi certificati. Riforme scolastiche fautrici di un pericolosissimo circolo vizioso, nell’apoteosi del massimo controsenso legislativo italiano. Aiuti che, nella visione dello studente medio, vengono largamente abusati da chi ne può disporre, quando per deformazione xenofobica, quando per fondato riscontro, portando a una cruenta e brutale esclusione, arrivando a pericolosi accostamenti che nella subcultura popolare risuonano molto simili all’antonomastico “pay to win”. Ipocrisia e disinformazione la fanno da padroni, in una situazione trascurata e lasciata a sé stessa, una inconsapevole ghettizzazione della diversità, una violenza epistemica perpetrata nei confronti in un qualcosa che nel corso degli anni non potrà se non accumulare scetticismo a scetticismo, portando al sicuro punto di rottura.

Una situazione che vede sempre più persone coinvolte, con un esponenziale aumento delle certificazioni, con un aumento del 3,17% registrato nel 2018 rispetto al 2010 per la 104, un 3,89% di DSA e ben un 9,12% di BES, sempre più spesso solo all’ultimo anno, in prossimità della maturità. Saremmo tuttavia ipocriti se addossassimo l’interezza della colpa all’indole dei singoli studenti, senza voler porre un particolare accento su quelle che sono le mancanze statali. Una disinformazione soffusa, la mancanza di necessaria preparazione degli insegnati, vittime indirette di situazioni non gestibili, l’assenza di campagne di sensibilizzazione sull’opinione pubblica, vanno ad arricchire la lunga lista di quelle mancanze cruciali, che se abbinate a un tessuto sociale dalla moralità opinabile, non possono non portare all’inderogabile disfatta.

Abbiamo avuto la fortuna, durante la stesura di questo testo, di poter parlare con alcuni ragazzi certificati, frequentanti il nostro istituto. Ragazzi piacevolmente lucidi circa la propria situazione, alcuni di un’intelligenza quantomeno brillante, volenterosi di poter esprimere la propria opinione e che, qualora dovessero leggere questo testo, siamo felici di ringraziare per il prezioso contributo. Questi ragazzi ci hanno parlato della loro esperienza, offrendoci interessanti spunti di riflessione. Uno fra tutti, il più particolare, è la pressoché totale inutilità degli schemi. Schemi che, ascoltando ragazzi non certificati, compagni di classe degli intervistati, risultano essere nella percezione comune il più abusato tra i mezzi concessi dal ministero ma che, dai “certificati”, sono invece definiti “dilatatori dei tempi di studio, spesso non utilizzabili, essendo valutati soggettivamente da ogni singolo insegnante non potendosi attenere a una tabella qualificativa o standard prefissati, spesso troppo precisi per poter essere accettati, spesso troppo scarni per poter risultare utili”. Una discordanza fin troppo palese per poter essere trascurata, che vogliamo riproporvi con una domanda diretta: in che modo la percezione del medesimo aiuto può variare così tanto, tra l’usufruente e il non usufruente? O ancora, l’insegnante che ruolo ricopre in questa discordanza di opinioni?

Saremmo tuttavia ipocriti se, seppur alla luce di quanto riportato, ci ostinassimo a definire il progetto di scuola inclusiva come un male assoluto. Vorremmo quindi introdurre un nuovo concetto, quello della “classe sociale”. La classe come l’interessante ritrovarsi di diverse tipologie di prodotti generazionali, concentrati nel medesimo luogo talvolta per la maggior parte della giornata, in un curiosissimo connubio di differenti idee, trascorsi, famiglie, culture di provenienza, l’eradicazione di qualsivoglia differenza, se posti dinanzi alla necessità di copiare per una verifica, di doversi consigliare durante un’interrogazione. Un permanente spirito di pseudo-collaborazione, che per quanto possa risultare talvolta faticosamente individuabile, costituisce un’immanente proprietà del complesso scolastico individualizzato. La convergenza su particolari valori di collaborazione, che per quanto contestabili, garantiscono sempre e comunque una certa immanenza di pensiero,  invece dell’apparente, continuo susseguirsi di parvenze, di beni materiali e non ideologici, all’inseguimento di un consumo sterile, cui rischieremmo di venir assoggettati una volta divenuti parte attiva della realtà. Una palestra sociale, in cui poter iniziare ad accettare il concetto di diversità, venendone quotidianamente a contatto, imparandola a concepire come una propria similitudine, un qualcosa di estremamente simili a sé, senza rimanere traumatizzati dalla reciproca comprensione. E in questo, senz’altro, le ultime riforme sono state un enorme passo in avanti. Paradossalmente, questa serie di riforme, nel tentativo di estirpare l’emarginazione, ha tuttavia ripresentato lo stesso problema, emarginando non più in gruppo, ma singolarmente. Viene quindi naturale chiedersi se non sarebbe auspicabile un totale rinnovamento negli strumenti di aiuto al singolo, non più soffermandosi sulla singolarità, quanto più sulla totalità del gruppo, agendo sulla classe sociale, permettendo di garantire l’aiuto delle certificazioni tramite la condivisione della difficoltà, piuttosto che tramite l’emarginazione selettiva.

Quanto, quindi, possono davvero servire le certificazioni? Sono davvero indispensabili dei controbilancieri così esclusivi nelle attuali situazioni? Sarebbe meglio provare ad agire sull’informazione pubblica, adottando panacee sociali dedite a sedare o almeno contenere la tangibile frustrazione nella totalità degli studenti (in primis i certificati), o sarebbe meglio adottare metodologie che non vadano ad agire sulla singola persona, quanto più sulla totalità della classe, in presenza di persone con difficoltà?

Marco Giovanelli e Tommaso Santi, 4 B Scientifico

 

Condividi questo articolo:

One year in the USA, my AFS Experience

Posted by admin On Agosto - 22 - 2020 Commenti disabilitati su One year in the USA, my AFS Experience

Imagine deciding to go to a foreign country you only know from movies and books, whose language you speak only on a base level, and spending there a year of your life, would you do that? This was one of the questions I asked myself two years ago when I was trying to decide whether to send an application for an exchange year in the USA, and the answer to this question didn’t come overnight.

Anyway, after thinking about it for some months, I finally sent my application and started what I think I’ll always remember as one of the best years of my life. The day I received the email that confirmed my enrolment in the program was distinguished by a mixture of feelings; I was filled with joy since I’d get to go live this experience, but at the same time I felt anxious: what if I didn’t like my host family? What if living in the US wasn’t as I expected? What if, once I got there, I wasn’t happy with my choice?

It didn’t take long for these negative thoughts to go away, and, a couple of weeks later, as I was about to embark on the flight that would get me to my destination, the only emotions that I felt were joy and impatience to start this wonderful year.

As it turned out, the USA we see in movies is only a superficial view of what it really is, and even if it isn’t a culture born thousands of years ago, I found a beautiful and surprising mix of cultures, all united under the American lifestyle that fills every aspect of life in the US but leaves every single culture the space in society for it to thrive and to be conserved. The State I was hosted in, Washington State, and its main city, Seattle, with almost a third of its population being Asian, is one of the most multicultural and progressive areas of the United States, making it one of the most advanced states in the granting of personal and civil rights, openness to progress and the preservation of nature. Washington state is also one of the richest states being home to big multinational tech companies such as Amazon, Microsoft and Boeing and has a big musical culture being the place where giants such as Nirvana, Bing Crosby and Jimi Hendrix were born.

The fulcrum of life for a teenager in the US is High School. Unlike it is normally in Italy, American High School is not only a place where a student studies, but it is the centre of almost all the activities a teen carries on throughout his life and the place where a student can cultivate his passions, whether they regard sports, art or technology, and allows the student to consolidate not only the academic basis for his future, but also his social skills and his personal health. American High School starts at 8:00 am and ends and 2:25 pm, although schools are now switching to a 9:00am-3:00pm schedule, with four 80 minutes classes, 10 minutes passing periods between classes and a 45 minutes lunch break. But this is only the academic part of American School. In fact, the school and the students organize a wide range of after-school activities, such as sports, clubs, and the Activity Board Committee (a student Senate led by a representative that addresses the problems of the school to the Dean of Students). Sports are the most important part of the life of a student apart from school, as they can earn the student various titles and grants to play in college sports, which are almost more important than pro-league sports, and are live streamed on national tv (such as the NCAA football league or the March Madness Basketball Tournament).

But why should someone decide to live an experience like this, leaving school, friends and family for a year and going on the other side of the world? Everybody has a different answer to this question; somebody does it for the language, somebody sees it as a vacation year, but I think the key aspect of this experience is to challenge yourself and go over your limits, mentally and culturally, trying to adapt to a new lifestyle and open to different cultures which are not only the one of your host country, but also the ones of other fellow exchanges students from other parts of the world. Is it worth it? I think it is, few things can give you what an year abroad can, whether you go to the US, Sweden, Indonesia or Honduras, you will remember this experience forever and, once you come back, you’ll even discover aspects of your culture you didn’t notice before.

Davide Vezzoli, 5 A Scientifico

 

Condividi questo articolo:

Polarstern, expedición en la región ártica

Posted by admin On Agosto - 22 - 2020 Commenti disabilitati su Polarstern, expedición en la región ártica

La expedición MOSAIC es una misión que debería durar alrededor de un año en la región ártica. Este investigación partió el 20 de septiembre 2019 y es la primera vez que un barco rompehielos va al polo norte por un año entero, incluida la noche polar que dura casi medio año.

Por sus desafíos logísticos, su número de participantes y su presupuesto, la misión MOSAIC es la más grande e importante expedición de la historia. No es una idea nueva dado que ya en el siglo XIX un grupo de investigadores noruegos intentó de dejarse llevar con su barco dal movimiento de los hielos hasta el polo norte. Durante el viaje el barco que partió en el 2019, llamado Polarstern, va a ser surtido por otros rompehielos de diferentes estados que han decidido de participar a este expedición cómo Rusia, Suecia y China. Se esperan también soportes aéreos.

Se establecerá por lo tanto un campo de investigación alrededor del barco en el hielo. Otro barco irà a poner diferentes estaciones de búsqueda en el hielo con una distancia máxima de 50km dal barco Polarstern.

Los investigadores pueden utilizar instrumentos autónomos y controlados a distancia. Tratarán la búsqueda hasta 600 personas qué tienen como objetivos principales estudiar los procesos complejos climáticos poco conocidos en el artico central, mejorar la representación gráfica de estos procesos y contribuir a pronósticos climáticos más fiables. La expedición tendrá un coste de 140 millones de euros.

Stefano Macchia, 4 A Scientifico

 

Condividi questo articolo:

Campionati scolastici di nuoto, i risultati

Posted by admin On Agosto - 22 - 2020 Commenti disabilitati su Campionati scolastici di nuoto, i risultati

Ogni anno, la nostra scuola partecipa ai campionati scolastici di categorie diverse di sport, portando in campo i migliori atleti della scuola.

Il 4 febbraio, i nostri ragazzi hanno sfidato le altre scuole nella disciplina del nuoto, alcuni di loro distinguendosi con tempi ottimi, conquistando posizioni di classifica abbastanza notevoli.
Secondo i ragazzi che hanno partecipato, questa esperienza non è servita solo come divertimento, ma anche come sfida e misurazione delle capacità individuali di ogni atleta in quella disciplina, spingendosi ai proprio limiti pur di portare non solo una vittoria come scuola, ma una vittoria personale.

A testare per primi l’acqua sono stati i ragazzi della categoria juniores, con la loro sfida sui 50m: Mohamed Nahas, con un tempo di 32’’ 10, Edoardo Carraro con un tempo di 30’’ 29, Filippo Mondonico con un tempo di 29’’ 22, mentre Samuele Fumagalli se ne torna fra i banchi di scuola con un bel 27’’ 33.

Dopo la categoria juniores, si sono destreggiate le allieve: Alice Manzoni con un tempo di 33’’ 47 nei 50m stile, mentre Nicole Corvi porta a casa 37’’ 06 nei 50m delfino. Per gli allievi, 50m stile libero, abbiamo l’ottimo tempo di 28’’ 02 di Leonardo Nicoletto, mentre Ronaldo Peli ha totalizzato 29’’ 13.

Dopo i 50 stile abbiamo altri 50m da fare: dorso, rana e farfalla. Per la categoria dorso Lorenzo Cerretti ha fatto 39’’ 97, per rana Alessio Amigoni 37’’ 65, mentre per finire Gabriele Ceseroni, farfalla, 34’’ 61.

Al chiudere di queste contese e faticose gare troviamo ancora gli juniores, stavolta per una staffetta 4×50 stile libero, che sono usciti di scena con un 4° posto al tempo di 1’ 59’’ 64.

È stata un emozione troppo forte che i nostri ragazzi riporteranno di nuovo l’anno prossimo in acqua, puntando sempre più in alto.

Ronaldo Peli, 2 A Tecnico

 

Condividi questo articolo:

Diplomi 2019, premi e svago

Posted by admin On Aprile - 10 - 2020 Commenti disabilitati su Diplomi 2019, premi e svago

La consegna dei diplomi al teatro Creberg è ormai diventata una consuetudine per noi studenti dell’Istituto Aeronautico Locatelli. Un appuntamento fisso a cui nessuno può e vuole mancare. Quest’anno, a differenza degli anni scorsi, la cerimonia si è tenuta il sabato sera, invece della domenica mattina: precisamente sabato 26 ottobre. Eravamo tutti agitati: dovevamo essere impeccabili, perché non si trattava di una serata come le altre: era l’evento scolastico  più importante a cui avremmo partecipato. Sì, perché è sempre molto atteso, soprattutto dai ragazzi che hanno finito la quinta l’anno prima. Si tratta di un modo per rivedere i professori, salutare i vecchi amici e premiare l’impegno dei cinque anni passati.

I presentatori sono stati quelli di sempre: Vanni Scacco, il professore di Circolazione e Logistica, e Maria Teresa Ruta, la famosa conduttrice televisiva che, lo scorso anno, ha partecipato al programma “Pechino Express” risultando vincitrice.

Il primo a salire sul palco è stato un cantante molto giovane, che ha intrattenuto il pubblico con due canzoni: “Nonno Hollywood”, che Enrico Nigiotti ha portato allo scorso festival di Sanremo, e “Piccola Anima”, che ha cantato Ermal Meta affiancato da Elisa. Dopodiché sono saliti sul palco i “primini”, a cui, come da tradizione, sono state consegnate le spalline o, come sono più comunemente chiamate, i gradi. Si tratta dell’unica distinzione che un ragazzo di quinta ha da uno di prima: con l’aumentare delle classi, aumentano anche i gradi fino ad avere, in quinta, due “binari” e tre stelle, mentre in prima si ha solo un “binario”. Quest’anno, a differenza degli anni passati, a consegnare i gradi sono stati i ragazzi che quest’estate hanno sostenuto l’esame di maturità e che quindi avrebbero, in seguito, ricevuto il diploma.

Qualche giorno prima era stato il compleanno del nostro preside, Giuseppe Di Giminiani, a cui avevamo fatto gli auguri tutti insieme in segreteria, e quella sera è stata l’occasione per i ragazzi della nuova scuola media, inaugurata quest’anno, di consegnargli un regalo fatto con le loro mani. Alla salita sul palco del preside si è tenuto il consueto applauso, che è durato qualche minuto. Vista la sua presenza sul palco, il professor Scacco ha approfittato dell’occasione per leggere una lettera scritta dalla mamma di uno studente diplomatosi l’anno scorso, nella quale ringraziava il preside per l’affetto, il sostegno e gli insegnamenti dati a suo figlio. Perché, come diceva la lettera, la nostra non è solo una scuola, “è una scuola di vita, nella quale si migliora e si cresce”.

La serata è stata anche l’occasione per riconoscere il merito del professore di fisica, il professor Ferdinando Catalano, e di alcuni suoi studenti per essersi qualificati secondi al concorso “Lombardia è ricerca”, promosso dalla Regione per di premiare gli studenti che si impegnano e soprattutto costruiscono oggetti che possono avere un uso abituale. Perciò è stato proiettato il video dell’esperimento, in modo che anche i genitori e chi non l’avesse visto in precedenza potesse vederlo.

Durante la serata si sono esibite le ballerine e i ballerini del nostro liceo coreutico  in un balletto di danza classica e, a metà serata, in uno di danza contemporanea. La loro bravura e la loro perfezione ha stupito i presenti che sono rimasti incantati. Poi è iniziata la tanto attesa consegna dei diplomi. Per prima cosa sono saliti sul palco i ragazzi della vecchia quinta A liceo e i loro compagni ballerini. Alla premiazione era assente Beatrice Limonta, una studentessa che quest’estate è stata presa nella compagnia di ballo del Friedrichstadt-Palast di Berlino e quindi è stata l’occasione per complimentarsi con i genitori e ricordare la sua bravura e determinazione. È poi salita sul palco la quinta B liceo e tra i professori che hanno consegnato il diploma ai ragazzi c’era anche Simone Manigrasso, un atleta paralimpico che detiene il record italiano sui 60 e i 200 metri. Ha parlato di come abbia perso una gamba, nonostante quando è salito sul palco nessuno avrebbe detto che portasse una protesi, e come oggi partecipi ai mondiali di corsa e faccia parte delle Fiamme Gialle. Lui deve essere un esempio di come non ci si deve mai arrendere, neanche di fronte alle difficoltà che sembrano, in qualche modo, invalicabili. È stata anche l’occasione per consegnare ad alcuni ragazzi di terza i brevetti di volo che hanno conseguito quest’estate a Grottammare.

Alla serata era presente anche Neri Meri, una cantante molto particolare che si è esibita in qualche canzone. Durante la serata ci sono stati numerosi ospiti, tra cui qualche comico di Zelig, che ha fatto ridere tutto il palazzetto. Dopodiché è salita sul palco la quinta A Tecnico, seguita dalla sezione B. In questa circostanza è stato premiato un ragazzo della B, Matteo Bramati, come miglior studente dell’anno e con cui tutti si sono complimentati per la dedizione, l’impegno e la determinazione. Dopo la premiazione dell’ultima classe, la quinta C, la serata si è conclusa, con l’invito al prossimo anno.

Viola Ghitti, 2 A Scientifico

Condividi questo articolo:

F-104, pregi e difetti del mito

L’F-104 è uno dei più famosi e, secondo molti, il miglior aereo di sempre. Il suo sviluppo risale ai primissimi […]

Covid? A loss of million jobs

The severe decline in air traffic caused by the Covid-19 pandemic, followed by a slow recovery, will result in a […]

Las avispas españolas

Han pasado casi 2 años desde que la US Navy retiró del servicio todos los cazas F/A-18 versiones C/D. Todavía […]

L’Apolli XI una bugia?

Lo sbarco sulla Luna del 1969  è stato uno degli avvenimenti più importanti della storia. Sono stati gli americani Neil […]

TAG CLOUD

POPULAR