Saturday, November 1, 2025

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Il segreto? Siamo una squadra

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Il segreto? Siamo una squadra

Punto di forza della nostra scuola, da sempre è il suo fondatore e nostro preside Giuseppe Di Giminiani, che anche nei momenti più difficili non ha mai smesso di spronarci e incitarci a combattere e resistere. Durante lo scorso lock-down, separato a forza da tutti noi studenti, ogni mattina ha aggiunto ai suoi compiti anche quello di far visita virtuale a tutte le classi, collegandosi in Meet per un saluto a studenti e docenti, e anche con questo nuovo anno scolastico non s’è perso d’animo: anche diviso tra l’istituto Locatelli di Bergamo e la “scuola sorella” di Grottammare, non ha mai fatto mancare la sua vibrante presenza. Perfino quando anche lui è risultato positivo, improvvisamente, al temuto Covid-19: ma l’affetto della sua grande famiglia scolastica gli ha fatto superare anche questo scoglio. “Il vostro comandante ha vinto anche questo nemico, anche questa battaglia è superata”, ha tuonato ridendo dai monitor di diverse classi nei giorni scorsi. Lo abbiamo voluto intervistare.

Preside, è un anno difficile quello che si prospetta, tra cambi continui delle norme nazionali e regionali e realtà di tutti i giorni. Come la vede?

Credo che questo anno scolastico sarà molto difficile e che quello in cui ci troviamo ora, in particolare, sia il periodo peggiore. Sono amareggiato perché penso che questa situazione si sarebbe potuta evitare se non avessero trascurato la scuola questa estate e, soprattutto, se avessero trovato nuove soluzioni per quanto riguarda i mezzi di trasporto.

La nostra scuola sta gestendo bene la situazione: diversamente da molte altre in città le lezioni stanno proseguendo senza interruzioni e a pieno ritmo. Qual è il segreto?

Noi siamo stati da sempre un gruppo molto unito, una squadra, e credo che sia stato questo il segreto. Infatti i miei ragazzi hanno capito immediatamente l’esigenza di dover andare avanti, ed è anche grazie al loro grande spirito di appartenenza se è stato possibile per noi attivare da subito la didattica a distanza, sia lo scorso anno che ora.

Cosa ne pensa della didattica a distanza? Lo scorso anno ci ha permesso di lavorare bene mentre tante scuole erano ferme.

Da noi la didattica a distanza funziona, ma purtroppo solo per quanto riguarda la distribuzione di nozioni. Certo, ogni professore riesce a svolgere le proprie lezioni come a scuola, ma in questo modo, a causa della distanza, credo e temo che non si riescano a trasmettere gli stessi valori importanti per la crescita educativa e l’affetto.

Lei vive in convitto coi ragazzi, a stretto contato: come hanno reagito a tutte le nuove regole, quando ancora si poteva stare in presenza?

Il convitto è un luogo importante in cui ho sempre vissuto: penso sia giovevole per la crescita dei ragazzi. Infatti gli alunni hanno la possibilità di conoscersi e di passare molti momenti insieme, svagarsi e crescere in gruppo. Chiaramente quest’anno non è stato possibile per loro stare insieme come gli anni precedenti, tuttavia hanno accettato le regole non vedendole come un limite bensì come un segno di rispetto dei confronti del prossimo.

E a scuola?

Per quanto riguarda la scuola il discorso è lo stesso. Anche se alcune delle nuove regole sulla sicurezza sanitaria sono molto rigide, loro non hanno avuto troppi problemi ad accettarle.

Abbiamo visto che le novità però non sono solo le regole: sono arrivati nuovi docenti e, soprattutto, nuovi aiutanti in presidenza, nuovi vicepresidi. Qual è il loro ruolo?

Sì, è vero. Da quest’anno ho introdotto due nuove figure cosa che mi permette di affidare loro la parte burocratica, così che io possa occuparmi più del benessere dei ragazzi e dei professori.

Anche a livello strutturale stiamo cambiando, la nuova palazzina ormai ha preso forma: a che punto siamo con i lavori?

È tutto pronto ormai, e l’inaugurazione è stata fissata per il giorno dell’open day scolastico. Questa nuova palazzina non è stata però pensata per far sì che la scuola ospiti più classi o più alunni, ma per comodità. Infatti grazie a questa possiamo allargare gli uffici e i laboratori, e in più sarà possibile ospitare gli alunni più grandi (di quarta e quinta) nelle nuove stanze del convitto.

Pensiamo al futuro, nel breve termine: riusciremo a terminare l’anno in serenità? Cosa può dire a noi ragazzi in questo momento così particolare?

Personalmente credo di sì, penso che in primavera migliorerà la situazione, soprattutto se renderanno disponibile un vaccino. Per quanto riguarda i miei ragazzi raccomando loro di stare attenti e di seguire sempre le regole, anche se scomode.

Un messaggio per proseguire al meglio, nonostante il Covid-19?

Il messaggio è quello di dare il massimo nonostante le difficoltà che ognuno di noi riscontra ogni giorno a causa di questa realtà. So che alcuni professori fanno fatica a trasmettere come vorrebbero valori attraverso la didattica distanza, ma il mio augurio è quello che insieme agli alunni riescano comunque a passare un periodo sereno.

Roberto Scalvini e Camilla Shnitsar, 4 A Scientifico

 

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Vaccinarsi è un dovere

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Vaccinarsi è un dovere

Oggi uno dei temi più ricorrenti nei telegiornali e sui giornali è il vaccino contro il Covid-19. Eppure, da alcuni anni, vi è una accesa battaglia sul fronte dei vaccini, poiché alcuni genitori non vogliono vaccinare i figli.

Per quanto il governo, tramite il decreto vaccini, abbia aumentato il numero di vaccinazioni obbligatorie portandole da 4 a 10, vi sono ancora infatti alcuni gruppi di persone che manifestano contro questa imposizione; tra di loro vi sono gruppi di genitori che si rifiutano, appunto, di far vaccinare i propri figli e non si accontentano di esprimere il loro dissenso solo a parole.

Questi gruppi vengono comunemente e generalmente chiamati “No Vax”: a favore della loro campagna e delle loro idee, i manifestanti presentano varie motivazioni, tra cui la presenza di materiale infettivo all’interno dei vaccini. Oltre a ciò, i No Vax  ritengono che molti bambini, che sono stati vaccinati, abbiano  poi avuto seri problemi di salute. Ovviamente c’è anche chi sostiene le numerose teorie complottistiche oppure chi crede che alcune malattie non siano affatto dannose oppure ancora che siano scomparse.

Parlando del Covid-19, la maggior parte delle persone spera in un vaccino, e possibilmente lo attende anche in tempi veloci, eppure anche per questa patologia alcuni sostengono che il virus non esista , che i vaccini non servano a nulla e, soprattutto, che la sperimentazione dei vaccini serva per inserire particelle che reagiscono con il 5G.

La maggior parte delle persone è per fortuna contraria a queste idee, ritenendo giusto vaccinare se stessi e anche i propri figli, poiché è il miglior modo che abbiamo per difenderci dalle malattie.

Se non si è vaccinati, anche le malattie che sembrano più banali possono arrivare a uccidere: e a questo molti non pensano affatto. Inoltre, proprio grazie alle vaccinazioni, alcune malattie possono essere debellate (come è successo con il vaiolo ad esempio, che tanti morti ha fatto). Soprattutto, oltre che a proteggere noi stessi, vaccinarsi ci permette di proteggere anche gli altri.

Per quanto mi riguarda, ritengo che sia corretto vaccinarsi, e credo che le motivazioni dei No Vax siano assolutamente campate in aria. Senza contare che non vi è alcuna prova che vi siano bambini la cui salute sia  stata danneggiata dai vaccini, ritengo che non vaccinarsi sia irrispettoso nei confronti delle altre persone, poiché in questo modo vengono esposte al rischio di essere contagiate.

Inoltre, se fosse vero che il Covid-19 non esiste, tutte le persone morte in questi mesi da chi o da cosa sarebbero state uccise? E, soprattutto, in che modo sarebbe stato possibile ottenere così tanti morti o portare a termine tanti omicidi senza essere scoperti? E ancora: per quale motivo si sarebbe dovuta creare questa messa in scena a livello globale? La spiegazione dei complottisti è semplice: arricchire le case farmaceutiche.

Allora io mi chiedo: se proprio è necessario, non sarebbe più semplice rilasciare un virus già conosciuto in una zona ristretta, in modo da avere già un vaccino collaudato e pronto da vendere? Come ho già detto, queste argomentazioni sono del tutto insensate e prive di logica. Secondo me tutti dovrebbero invece rispettare le leggi riguardanti i vaccini: vaccinandosi e facendo vaccinare i propri figli. Sicuramente rimarrà sempre chi si rifiuterà di seguire i consigli e le leggi, ma con un popolo completamente vaccinato penso che molti problemi sanitari che tuttora abbiamo scomparirebbero, e sarebbe meglio per tutti.

Diego Caloni, 2 A Tecnico

 

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Covid? A loss of million jobs

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Covid? A loss of million jobs

The severe decline in air traffic caused by the Covid-19 pandemic, followed by a slow recovery, will result in a loss of up to 46 million jobs normally supported by aviation worldwide: this is what emerges from new data of the field recently published from the Air Transport Action Group (Atag), an organization of experts of the field based in Geneva.

Under normal circumstances, aviation and tourism linked to it support 87.7 million jobs worldwide. Over 11 million seats are used by the sector itself: airlines, airports, civil aerospace manufacturers and air traffic management.

The near-total closure of the system for several months, and the hiccup reopening mean for the organization that air travel will not return to pre-Covid levels until 2024.

“With the expectation of seeing less than half of the passenger traffic this year compared to what we did in 2019, says the Executive Director of the Air Transport Action Group, We know that many jobs in air transport and the wider aviation industry are at risk. Some companies are already making tough decisions, with many colleagues affected by the recession”.

Stefano Macchia, 5 A Scientifico

 

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Ancora Dad? Noioso e difficile

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Ancora Dad? Noioso e difficile

La didattica a distanza è molto diversa dalla didattica in presenza, e infatti presenta molte problematiche che a scuola non ci sono. Alcune di queste sono la connessione a internet, il problema del microfono che non si attiva quando dovrebbe e funziona quando invece dovrebbe essere disattivato, la telecamera che va e viene: tutto ciò insomma che riguarda la tecnologia.

Secondo me, oltre a questo, andare a scuola è molto meglio sia per quanto riguarda lo studio sia per la possibilità di vedere gli amici, vietati durante il periodo di lock-down. Io penso che le lezioni online siano ottime in situazioni di emergenza, perché non mettono alcuno a rischio e poi, essendo a casa, si ha tutto a portata di mano. In aggiunta è bello anche potersi alzare poco prima dell’inizio delle lezioni. In questo ultimo periodo, però, ho capito che, dopo un po’ di tempo, la didattica a distanza inizia a stancarti, perché ti fa sempre male la testa dopo un’ora e devi stare sempre con gli occhi attaccati al tablet, computer o telefono.

Il lock-down mi ha fatto anche riflettere, sullo studio soprattutto. Poiché io, prendendo appunti, a volte anche tanti, ho sentito questa “carenza”: intendo dire che non riuscivo a stare concentrato a sufficienza, per i più svariati motivi. Questo mi ha reso lo studio più difficile.

A settembre siamo rientrati a scuola, ma i fattori negativi non sono finiti: ci siamo trovati costretti a indossare sempre la mascherina, a igienizzarci le mani dopo ogni contatto, e mille altri gesti che non aiutano a superare l’ansia. In tutto ciò, però, la scuola in presenza presenta tanti aspetti positivi: primo fra tutti il contatto con gli amici, poterli vedere e interagire, uno studio più semplice, maggior concentrazione. Ed essendo io ora in seconda, lo studio è più complesso rispetto allo scorso anno: per questo speravo vivamente di non tornare di nuovo in quarantena. Ora, dopo poco più di un mese, la didattica è tornata purtroppo a distanza: dovrò costringermi a un impegno maggiore per ovviare al problema, e come me credo molti altri.

Io non sono molto contento di essere tornato a distanza, ma una fine anno scolastico molto difficile, mi consolo per aver potuto rivedere, anche se per poco tempo i miei amici, con cui spero di arrivare in quinta, tutti insieme come una grande classe molto unita. Senza trascurare un elemento importante: ho capito che preferisco di gran lunga le lezioni in presenza anche perché a casa, senza i miei amici, mi annoio un sacco.

Diego Dipaola, 2 A Scientifico

 

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Covid-19 e insegnamento, manca contatto

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Covid-19 e insegnamento, manca contatto

Didattica ai tempi del Coronavirus: marzo 2020, la regione Lombardia – in accordo col Governo – emana l’ordinanza secondo la quale le scuole devono restare chiuse per contrastare la diffusione del contagio da Covid-19. Il giorno 4 marzo viene ufficializzato dal premier Conte che tutti gli istituti scolastici in Italia, di qualsiasi ordine e grado, resteranno chiusi fino al giorno 15 marzo (termine poi di volta in volta prorogato fino a coprire tutto l’anno, ndr). Le scuole prendono però le dovute misure: dal consegnare compiti agli studenti mediante i portali online, allo svolgimento di vere e proprie lezioni a distanza mediante l’utilizzo di microfoni e telecamere.

Fino a pochi decenni fa una soluzione del genere sarebbe stato impensabile, ora è realtà. L’Istituto Aeronautico Locatelli di Bergamo ha organizzato lezioni a distanza per gli studenti adottando le metodologie scolastiche più avanzate, partendo dagli orari prestabiliti dalle 8 alle 12,50 fino al cambio regolare dei professori nell’arco della giornata. Esattamente come se si stesse affrontando una comunissima giornata scolastica.

Questo sistema a distanza è in fase molto più che sperimentale da ambi i lati, studenti e professori, ma non è difficile immaginare che, in un futuro non molto lontano, le strutture scolastiche verranno sempre meno in virtù dell’impiego della tecnologia per la didattica da casa o a distanza (cosiddetta DAD).

Leggendo le impressioni a caldo degli studenti del settore tecnico della classe 4^ C è emersa una netta spaccatura di pensieri. Da un lato troviamo i più tradizionalisti, quelli che non riuscirebbero a sostituire la struttura scolastica; dall’altro troviamo una fetta di studenti che è entusiasta di questo nuovo metodo di istruzione.

I primi sono legati alla classica modalità scolastica, in quanto riscontrano problematiche nel meeting online, come la sovrapposizione delle voci o la scarsa qualità video data dalla connessione del singolo soggetto.

Gli altri invece fanno notare la comodità di essere in casa senza doversi spostare: basti pensare agli studenti pendolari che sono legati costantemente ai mezzi pubblici. Questo permette di eliminare tempi morti, per poter recuperare ore di studio e di attività extra-scolastiche, per quanto queste ultime siano state limitate a causa delle ordinanze emanate.

Una mancanza comune da entrambi i lati, però, è il contatto e il dialogo fisico con i propri compagni di classe, il che permette di capire come i ragazzi possano essere ancora uniti. Come ogni innovazione che viene introdotta, nei primi utilizzi compaiono i errori e le prime problematiche, che verranno poi risolte col passare del tempo. Ad esempio, per ovviare alla sovrapposizione delle voci basterebbe mettere in modalità “muto” il microfono per poi attivarlo se richiamati all’esercizio dal professore.

A detta del ministro dell’Istruzione Lucia Azzolina, attraverso questo metodo non verranno perse ore di lezione e il giorno di chiusura dell’anno scolastico non verrà posposto.

Il problema sussiste forse maggiormente per gli studenti universitari, i quali vedranno posticipati gli esami nell’arco del periodo estivo. Attendiamo aggiornamenti futuri per quanto riguarda la riapertura degli istituti scolastici.

Savio Perri, 4 C Tecnico

 

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“Poter vedere i miei compagni? Magnifico”

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su “Poter vedere i miei compagni? Magnifico”

“Il Governo chiude le scuole nelle zone colpite dal Coronavirus”. Quando ho sentito questa notizia ero in estasi: finalmente potevo staccare, finalmente potevo smettere di pensare alle verifiche o interrogazioni future, finalmente potevo evitare di stare ore sui libri scolastici, finalmente sono libero ho pensato. Al telegiornale continuavano a parlare di epidemia e di prolungare la chiusura delle scuole ma io ero felice. Ero..

Dopo l’euforia è venuta la noia, poi la solitudine, la mancanza delle voci dei docenti, del rumore della penna che scrive sulla carta, degli scherzi e delle battute dei miei compagni. Loro mi mancano e io voglio uscire.

Poi la notizia della ripresa tramite dirette streaming: mi ha confuso e sorpreso, inizialmente ho pensato che fosse inutile.

“È impossibile connettersi tutti insieme – ho pensato – e poi perché devo sprecare il mio tempo in lezioni che difficilmente capirò?”, ma sbagliavo.

Le videochiamate sono pessime, si vede e si sente male, ma la sola presenza dei miei compagni mi fa riaffiorare i bei momenti passati quando ancora ci incontravamo di persona.

Alla fine penso che queste dirette siano magnifiche: basta che il nostro gruppo classe rimanga connesso fino alla fine del nostro lungo viaggio.

Gabriele Berticelli, 5 B Tecnico

 

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A lezione ma lontani: piacevole scoperta

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su A lezione ma lontani: piacevole scoperta

La risposta all’emergenza. Se ciò che si sta delineando in questi giorni, queste settimane, questi mesi, può sembrare uno scenario per certi versi apocalittico e dai toni esasperati per quella che ci era stata presentata  inizialmente come una semplice influenza, senza alcun dubbio il Covid-19 ha paralizzato la nostra economia e la nostra vita sociale, costringendoci a casa sia dal lavoro che da scuola.

Di fronte a un’emergenza sempre meno locale, che ci coinvolge ormai tutti, ci è parso doveroso sottolineare la tempestività con cui la nostra scuola, l’Istituto Aeronautico “Antonio Locatelli”, ha reagito per cercare di garantire  continuità all’attività didattica.  La soluzione adottata dalla nostra scuola si sostanzia in lezioni online in videoconferenza tra studenti e docenti, tenute nel rispetto dell’orario scolastico e fatte partire già pochi giorni dopo Carnevale, sicuramente in netto anticipo rispetto alla maggioranza delle altre scuole. Naturalmente ci troviamo dinanzi a una modalità di fare scuola fuori dall’ordinario, che ha suscitato non poche perplessità, soprattutto da parte di chi nutre una certa avversità nei confronti della tecnologia.

Abbiamo così deciso – in questi primi giorni di novità e passato il primo periodo di rodaggio – di raccogliere le testimonianze di alcuni studenti della classe 5^ B Tecnico che stanno vivendo questa esperienza e ne sono rimasti positivamente colpiti, pur  facendo parte dell’ondata di scetticismo iniziale.

“Sinceramente, la lettura nella bacheca della scuola del fatto che le lezioni si sarebbero svolte in diretta mi ha un po’ scombussolato: credevo che non sarebbe stato possibile connettere simultaneamente così tanti alunni e professori”,  ha confessato Lorenzo Grassi. “La notizia della ripresa tramite dirette streaming  mi ha confuso e sorpreso. Inizialmente ho pensato che fosse impossibile connettersi tutti insieme e che avrei  sprecato il mio tempo in lezioni che difficilmente avrei capito”, ha concordato con lui Gabriele Berticelli. “All’inizio ero un po’ stranito perché, da quando ho iniziato ad andare a scuola, la casa è sempre stato il mio “paradiso” mentre la scuola il mio “inferno”: quindi poter conciliare i due mondi mi sembrava impossibile”, ha rincarato la dose Davide Ricci Gramitto.

Dalle testimonianze raccolte risulta evidente quanto la soluzione apportata dalla nostra scuola non abbia destato immediatamente la nostra fiducia. Tuttavia… Ecco fin da subito le prime svolte.

“Lunedì 2 marzo alle 9 ho avuto la prima lezione online e, a dire il vero, non è stata così tanto diversa rispetto a quelle svolte in aula”, ha ammesso Federico Girasa. “Devo essere sincero, mai avrei pensato al successo di tale sistema, ma dopo un giorno di “rodaggio”, servito per capire e risolvere piccole problematiche, si è rivelato utile e funzionale”, ha detto Jacopo Colombo. Così anche Giulio Krishan: “È un sistema adatto a tutti, nel senso che non crea difficoltà nel suo uso, dato che bastano due minuti per collegarsi con i compagni stando dietro uno schermo”.

Malgrado l’iniziale scetticismo, una cosa ha veramente sorpreso la gran parte di noi studenti: questo nuovo sistema ha incontrato un favore crescente,  disperdendo via via  le polemiche e incontrando l’approvazione perfino dei prof più “conservatori”, nostalgici della cara e comoda lavagna con cancellino e gessetto! A chi di noi il docente non è apparso  come un nemico in cattedra, col coltello dalla parte del manico, pronto a colpire?

Eppure, adesso, in modo inatteso,  tutto sembra cambiare sotto i nostri occhi, per fare spazio a una persona che ci appare nuova e fa apparire il conoscere un po’ meno obbligato e più  motivato, dando un senso a questa devastante emergenza, che diversamente avrebbe logorato menti e corpi rinchiusi nelle proprie case.

Matteo Minghetti ed Edoardo Pace, 5 B Tecnico

 

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Le ballerine: “Ora è (quasi) come prima”

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Le ballerine: “Ora è (quasi) come prima”

È difficile fare scuola da casa. E non riesco neanche a immaginare come possa essere studiare e pure ballare. La danza è un agglomerato di passione, costanza, dedizione e impegno. Ce lo dice Elisa Maglia, una ballerina del secondo anno del nostro Liceo Coreutico, costretta anche lei come tutti noi dal Coronavirus a fare “didattica a distanza”.

Ciao Elisa! Come stai? Da dove segui le lezioni?

Buongiornoooo. Qui a Valmadrera procede tutto bene, diciamo che la vita è cambiata, non si può più uscire, vedere gli amici, cambiare aria. Non posso più ballare. Però non mi lamento. Sarebbe peggio se fossi ammalata oppure in ospedale.

La danza?

Ballo da quando sono piccola. La danza per me è tutto: i primi successi, ma anche le prime sconfitte. Non riuscirei a stare senza ballare. Ormai è parte di me. Non me ne rendo neanche più conto: è come quando cerchi di respirare e ti viene a mancare il respiro. Se invece non ci pensi lo fai in automatico. Infatti all’inizio della quarantena è stato terribile. Poi però, per fortuna, le lezioni sono ricominciate ed ora tutto è tornato quasi come prima.

Quasi?

Proprio così. Ballare a Bergamo era molto più bello. Più entusiasmante. Più divertente. Per prima cosa perché eravamo in palestra. Ma più di tutto perché ero con i miei compagni. I miei compagni che mi mancano ogni giorno di più. A casa sono sempre davanti ad uno schermo grande poco più della mia mano. Certo, parliamo. Ma non è la stessa cosa. Non c’è la stessa complicità che si ha a quattr’occhi.

E come funzionano queste lezioni?

All’inizio non sapevamo come si sarebbero evolute le cose. Era tutto in sospeso. Non si capiva se la settimana dopo saremmo tornati alla normalità oppure il periodo di transizione sarebbe durato molto. Mai avrei immaginato che non avremmo più fatto ritorno a scuola. Non riesco ancora a rendermi conto del fatto che non tornerò in via Carducci fino a settembre. Tra quattro mesi. Ho una voglia pazza di tornare a scuola. E non è solo per i compagni. È per fare qualcosa. Adesso, oltre alle lezioni, le giornate sono oziose. Quando andavo a scuola invece c’era uno scopo, un motivo per fare tutto quello che facevo. Le lezioni, dicevi… La nostra scuola è stata la più veloce ad attivare le lezioni online. Abbiamo iniziato a collegarci l’ultima settimana di febbraio e da quel giorno non abbiamo più smesso. I primi giorni ci collegavamo solo la mattina: in una situazione normale noi ballerine rimaniamo a scuola fino alle quattro di pomeriggio. Poi sono stati aggiunti anche i pomeriggi.

Cosa avete fatto?

Abbiamo iniziato con la prof. Angelucci, l’insegnante di tecnica classica, quella con cui passiamo più tempo. In principio abbiamo svolto un lavoro di teoria sull’anatomia, sulle danze di carattere e sull’esecuzione dei vari passi. Leggevamo, quindi, testi scritti che spiegano come si eseguono diversi passi che solitamente eseguiamo a lezione. Dopo aver capito che non ci saremmo visti per molto tempo, sono iniziate le lezioni più pratiche, partendo dal rafforzamento muscolare fino ad arrivare agli esercizi di danza classica veri e propri: la sbarra. Dato che nessuno di noi ce l’ha a casa, abbiamo dovuto adattarci usando oggetti vari, come sedie, divani, scrivanie. Io, per esempio, ho usato l’appendiabiti di mia sorella. Negli ultimi tempi stiamo alternando questi lavori sulla sbarra con lo studio del balletto “La bella Addormentata”.

Capisco.. E poi? Cos’altro?

Con la prof Ottolenghi, di contemporaneo, ci siamo inizialmente concentrati sull’interpretazione della canzone “Buonanotte all’Italia” di Ligabue. Dopo aver ascoltato la canzone dovevamo attribuire un gesto a ogni parola che sentivamo e alla fine questi movimenti hanno costituito una nostra coreografia. Ora, invece, stiamo affrontando la teoria: studiamo i principi della tecnica classica e come si eseguono i vari passi o le varie pose. La prof. Lorusso, laboratorio coreutico, ci ha fatto studiare inizialmente la teoria, alternata ora a lezioni di sbarra a terra, quindi gli stessi esercizi che facciamo alla sbarra, però a terra. Certo, non è la stessa cosa di quattro mesi fa, perché a scuola facevamo sicuramente più pratica, però prima della pratica bisogna studiare la teoria. Ora non resta che sperare che tutto si rimetta a posto e che, pian pianino, la nostra vita possa tornare alla normalità.

Sono d’accordo. Grazie mille Elisa per aver accettato l’intervista, e a presto.

A presto.

Viola Ghitti, 2 A Scientifico

 

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Il contatto manca, ma poi sarà più bello

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Il contatto manca, ma poi sarà più bello

Cara professoressa, in questo momento tutti noi stiamo vivendo un periodo difficile che nessuno si sarebbe mai aspettato di vivere. È partito tutto da capodanno del 2020 quando tutti dissero “che quest’anno sia migliore di quello appena finito”, e nessuno immaginava ciò che ci aspettava. Arrivarono le prime notizie su questo sconosciuto virus espandersi in Cina, poi i primi due contagiati in Italia, e tutto d’un tratto siamo stati catapultati in un mondo che a tratti pare parallelo. I bar affollati piano piano chiusero, i parchi in cui la gente si recava iniziarono a svuotarsi, così i supermercati, e anche le città diventarono deserte. “Bisogna stare a casa”, “Scuole chiuse fino al 15 marzo”, “Chiusura prolungata fino al 3 aprile”, “I ragazzi seguiranno le lezioni online e le uscite saranno solo per stretta necessità”, dissero. I contagi e i morti aumentavano ogni giorno.

Sono sempre stato abituato ad avere la mia sveglia la mattina, alzarmi, mettere la divisa e recarmi a scuola, con più o meno voglia: dipendeva un po’ da che materie mi aspettavano. Tornavo a casa, aprivo i libri e studiavo quanto bastava per una sufficienza, mi preparavo per allenamento, dove riuscivo a buttar fuori tutto quello che nella giornata era andato storto; tornavo a casa per le 21 stanco morto, mi buttavo a letto e crollavo, consapevole che il giorno dopo sarebbe stato esattamente come quello appena passato.

E ora mi ritrovo qui, davanti a uno schermo, nel letto, guardando fuori dalla finestra il sole che splende alto, e penso. Penso al perché di tutto questo… Penso che le persone ancora non abbiano capito che l’unico modo per riuscire a uscirne è stare a casa.

Penso che il periodo di questa pandemia verrà raccontato sui libri di storia come quello “in cui tutti furono obbligati a rimanere a casa”. Penso che alla fine la scuola non sia poi così male, che le risate più belle sono racchiuse tra quelle quattro mura che ogni giorno mi accolgono o, meglio, mi accoglievano.

Penso che mi manca la mia routine: mi manca alzarmi all’alba, mi manca poter vedere le persone con le quali passerò i migliori anni della mia vita, mi manca uscire il sabato sera, mi manca andare in discoteca e staccare tutto, mi manca potermi allenare e correre sul quel prato verde che forse mi conosce più di tutti, mi mancano i pianti dopo la perdita di una partita e i sorrisi vedendo la mia squadra salire in classifica. Mi manca entrare in classe, solitamente con qualche minuto di ritardo, sedermi al mio banco e iniziare le lezioni. Mi mancano gli sguardi complici tra compagni che attraverso un iPad non ci potranno mai essere, e soprattutto mi manca l’aspetto umano, che un apparato elettronico non rimpiazzerà mai.

E sa, profe, anche lei mi manca, esattamente come tutti i professori. Insomma, mi manca tutto ciò che sono sempre stato abituato a vivere, mettendo in secondo piano però le amicizie, la famiglia e l’amore, se a quest’età si può chiamare così. Stando a casa ed essendo distante dalle persone a me tanto care ho capito quanto sia importante il contatto fisico e quanto veramente non siano da sottovalutare certi legami. Ho anche capito l’importanza della famiglia, che è sempre un luogo sicuro quando tutto sembra crollare, e che l’amore che ci lega sarà sempre più forte delle litigate che avvengono ogni giorno.

Ho capito tante cose, che prima tutti davamo per scontato, e mi sento che, quando tutto questo finirà, sarà tutto più bello, e ognuno avrà una concezione di vita diversa. Saranno più affettuosi gli abbracci e i baci, sarà più buono il caffè preso al bar, sarà più bello toccare con mano le verifiche, qualsiasi sia il voto scritto sopra. Sarà più bello litigare con i profe, sarà più bello mettere la divisa e stringere la cravatta. Sarà tutto più bello, perché è proprio in questi momenti che si capisce il valore che ha la vita.

Mi sento triste, solo, perché lontano da tutti. Ma mi sento anche felice e più maturo, perché so che quando la routine ricomincerà la vivrò con il sorriso stampato in faccia e con la fortuna di non aver dovuto passare questa quarantena solo, su un letto dell’ospedale. Ma in realtà penso che ciò che ognuno di noi prova non si riesca a spiegare a parole: semplicemente provo tutto quello che un ragazzo di 15 anni riesce a provare.

Elvi Ymeraj, 1 C Tecnico

 

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Maturità? Troppi dubbi, ma voglio viverla

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Maturità? Troppi dubbi, ma voglio viverla

Ormai lo sappiamo, il virus colpisce tutto e tutti. A noi studenti costringe a casa da scuola, lontano dalle proprie amicizie, dai professori e senza dubbio ci priva anche delle quotidiane esperienze in cui avevamo la fortuna di incappare.

Nonostante le grosse difficoltà e la forte sofferenza del sistema scolastico italiano, grazie all’occhio avanguardista della nostra dirigenza, l’Istituto Aeronautico Locatelli conferma l’affidabilità che da anni gli è riconosciuta: se qualcuno fosse ancora incredulo sappia che non lo dico io; pur essendo il nostro gazzettino di rilevante notorietà, sento l’esigenza di citare un pesce ben più grosso, infatti l’elogio all’istituto lo manda il quotidiano Libero, che a inizio crisi esordì con un titolo a dir poco accattivante: “Il record di Bergamo: 600 studenti connessi da casa”. Faccio queste premesse per tutelare me e i miei compagni: non possiamo lamentarci di come sia stata affrontata la situazione dalla nostra scuola, ma potremmo di certo farlo nei confronti del MIUR.

Lucia Azzolina, ministro dell’Istruzione, ha messo in confusione docenti e milioni di studenti. A inizio marzo decise infatti di comunicare che tutti gli alunni sarebbero stati promossi: una scelta ritirata giusto poco fa! Condannando malcapitati nullafacenti, che si ritrovano a fine maggio con la possibilità di essere bocciati!

Anche il temutissimo rito della maturità rischiava di saltare: come abbiamo riscontrato dalle esperienze olandesi e inglesi, c’erano buone probabilità che i 463.133 studenti italiani delle classi quinte rimandassero l’esame di Stato a mai più. Fortunatamente, seppur con qualche grattacapo, la soluzione si è trovata: la maturità si farà ma giusto con qualche modifica…

Come tutti dovrebbero sapere dall’anno scolastico 2018/2019 le linee guida per l’esame finale di Stato sono leggermente cambiate: fino all’anno scorso l’esame avrebbe dovuto essere formato dalla prima prova scritta di italiano, dalla seconda prova scritta, concernente le materie di indirizzo, e da un colloquio orale comprensivo di nodi concettuali tra le varie materie e di PCTO (Percorsi formativi per le competenze trasversali).

Con l’emergenza “Covid” non si ha avuto alternativa: la prova di maturità doveva essere rimodulata. Sfortunatamente per i compagni del quinto anno e per tutti i professori direttamente interessati, le linee guida per l’esame hanno tardato ad arrivare. Il famosissimo “documento del 15 maggio”, per il quale i docenti hanno l’obbligo di consegnare i programmi scolastici, è stato rimandato. Il ministro Azzolina tarda a farsi sentire o per meglio dire tende a non concretizzare, temporeggiando il più possibile in attesa di qualcosa a noi ignota, bloccando e scaraventando nell’incertezza più totale l’intero sistema scolastico.

Il 16 maggio, dopo essere stati assoggettati per settimane da decine di rumors, i maturandi e i loro professori finalmente vengono a conoscenza di cosa bisogna preparare. Così noi ragazzi, con nientemeno che qualche settimana di anticipo, possiamo finalmente stare tranquilli sul da farsi. Gli studenti del quinto anno si presenteranno all’esame di Stato, che avrà inizio il 17 di giugno, con un massimo di 60 crediti, e dovranno affrontare un colloquio orale, con un limite di 60 minuti per persona, che avrà il valore di 40 crediti scolastici. I professori delle materie di indirizzo dovranno assegnare ai ragazzi un elaborato entro l’1 giugno, lavoro da svolgere a casa e da presentare e discutere con la commissione il giorno d’esame. I docenti di lingua italiana dovranno invece sottoporre gli studenti all’analisi di un testo letterario svolto precedentemente in classe; il resto della commissione avrà il compito di scegliere un argomento che verrà assegnato al candidato, che dovrà dimostrare di sapersi muovere adeguatamente tra le materie oggetto di studio. Il colloquio si concluderà con l’esposizione, tramite proiezione di diapositive, dei percorsi per le competenze trasversali portati a termine dall’alunno durante il triennio del secondo ciclo di istruzione. Verrà inoltre richiesta un’approfondita conoscenza di nozioni di “Cittadinanza e costituzione”, materia inesistente nei programmi scolastici di molti indirizzi.

Tra grande confusione e lancinante sconforto, ne usciamo più storditi di prima: pur se remota, la paura che queste scelte non sia definitive c’è, ormai un cambio all’ultimo non stupirebbe nessuno. Lucia Azzolina e le numerose “task force” istituite, scelgono però di non sollevare il velo pietoso che aleggia sulle direttive che sanciscono i comportamenti da rispettare per svolgere un esame sicuro e in presenza. Scelta tanto particolare quanto criticata del ministro: ancora c’è confusione, chi accenna a un massimo di 10 persone in aula, chi dice che sarà d’obbligo la mascherina anche durante l’orale e chi invece sostiene che non sarà richiesto… insomma, tante erano le incertezze e tante rimangono, noi aspettiamo e prendiamo quello che ci capita nella speranza di vivere, nonostante tutto, la bella esperienza della maturità.

Raffaele Parola, 5 A Scientifico

 

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Quarantena, rivoglio la mia vita!

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Quarantena, rivoglio la mia vita!

Oggi, ennesimo giorno di quarantena, è un altro giorno difficile, all’interno di un periodo altrettanto difficile. Difficile perché non eravamo preparati a questo, ma come si può?

Del resto come possiamo essere pronti a lasciarci tutto alle spalle, se le nostre spalle sono ancora impegnate a sostenere il peso dei ricordi e di quei momenti passati in libertà?

Le nostre spalle ci sono, le sentiamo e sentiamo che sono a contatto con altre cose, ma noi con la testa dove siamo…? Con i pensieri balliamo in punta di piedi con la speranza, tocchiamo con il palmo delle mani i ricordi, guardiamo la monotonia della quotidianità che prima tanto disprezzavamo.
Oggi ennesimo giorno di quarantena, mi sento vuota, ma so.
Torneremo ad essere liberi e ad abbracciarci, torneremo a sussurrarci tutte quelle parole non dette tenute in sospeso.
Oggi, ennesimo giorno di quarantena, ci vuole pazienza. Forse quella che manca un po’ a tutti, perché la stanchezza si fa sentire e, con lei, anche tutto ciò di cui abbiamo paura…
Oggi, ennesimo giorno di quarantena so che torneremo a fare gli aperitivi al tramonto e a ridere senza indossare delle mascherine, tornerà ad essere tutto più semplice..

Oggi, ennesimo giorno di quarantena dobbiamo affrontare ciò che ci spaventa, tutto ciò che ci distrugge e soltanto dopo, vedremo l’arcobaleno.
Oggi, ennesimo giorno di quarantena rivoglio la mia vita, rivoglio le emozioni addosso. Voglio tutto quello che non posso avere, o forse voglio stare solo per un attimo bene…

Saguaro

 

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“Ciao nonna, noi non ti dimenticheremo”

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su “Ciao nonna, noi non ti dimenticheremo”

Un brutto giorno, a molti di noi, il Covid-19 ha portato via dei cari: a volte in modo improvviso, a volte lento. A volte senza la possibilità di salutarli. È successo, tra gli altri, a Viola, che con questo articolo, pubblicato anche dai quotidiani “L’Eco di Bergamo” e “Giornale di Brescia”, ha ricordato la sua bisnonna.

Questo coronavirus ci sta portando via tutto. Si è insinuato nella nostra vita prima piano piano e poi, velocemente, ha avvolto le sue braccia intorno a noi. Letteralmente. Questa notte è toccato alla mia bisnonna. Se n’è andata velocemente come fanno i petali del soffione, come le foglie cadono dagli alberi in autunno.

Prima la febbre. Poi i polmoni. E dopo tutto il resto. O almeno credo, perché sinceramente non ho neanche idea di come la malattia l’abbia colpita. Non ho idea di come si sia sentita in quella casa di riposo che un tempo adoravo, mentre ora disprezzo più di ogni altro luogo. Vorrei far tornare indietro il tempo e convincere mia mamma a portarla a casa nostra prima che il virus si diffonda. O magari era destino che questo virus la colpisse e non ci sarebbe stato scampo in nessun modo.

Quello di cui sono certa è che non se n’è andata senza lottare. Lei non era una che si arrende facilmente. Lei non era una che si arrende. Punto.

Era una gran donna, la mia bisnonna. Lei sì che l’ha vissuta, la vita. Caterina Maisetti. Anno 1926. Aveva solo 17 anni (solo pochi più di me), quando è andata a recuperare le salme di alcuni partigiani uccisi dai tedeschi a Pratolungo,

vicino a Borno. Quante volte me la sono fatta raccontare questa storia! Ero troppo fiera che la mia nonnina avesse partecipato, anche se in minima parte, al più grande combattimento di tutti i tempi. Lo raccontavo (e lo racconto tuttora) a chiunque.

“Si erano rifugiati a Pratolungo passando per Mazzunno” iniziava lei. “Una spia di Gorzone aveva informato i tedeschi, che non avevano esitato a raggiungerli e ammazzarli tutti”. “Tutti tranne uno, giusto?” chiedevo io. “Era stato ferito, così aveva potuto fingere di essere morto. E noi l’avevamo portato in salvo”, raccontava in dialetto.

Era stato proprio per questo che il mio bisnonno, Apollonio Ferrari, era diventato un grande sostenitore del ricordo di quella tragedia. Era stato lui l’organizzatore della commemorazione di Pratolungo.

Si erano sposati nel 1946. Era stato un matrimonio con tanto di viaggio di nozze a Brescia. “Era un bel viaggio per quel tempo” diceva sempre. Aveva un vestito corto bianco. Non era un vestito comprato per l’occasione, ma uno dei migliori del suo armadio. Qualche anno più tardi sarebbero nati i primi figli. 10 in tutto. Seguiti da 39 tra nipoti e bis-nipoti. Siamo proprio una grande famiglia. Una grande famiglia che non dimenticherà mai la sua nonna.

Viola Ghitti, 2 A Scientifico

 

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Apprezzeremo di più le piccole cose

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Apprezzeremo di più le piccole cose

Nessuno avrebbe mai pensato di dover affrontare una situazione come questa: ci siamo ritrovati nel giro di pochissimo tempo a dover fronteggiare un virus che, apparentemente, era stato sottovalutato da tutti, ma che in realtà ci ha portati in una pandemia mondiale. Nessuno si stava rendendo conto di quello che stava succedendo, si pensava che fosse leggermente più forte rispetto al virus influenzale ma non era così. Quando inizialmente hanno sospeso la scuola per una settimana, sinceramente, eravamo un po’ tutti felici perché ancora non avevamo percepito la gravità della situazione.

L’8 marzo è stato l’ultimo giorno in cui ho visto i miei amici e parenti e sinceramente non me lo aspettavo. Il giorno dopo, quando mia mamma è tornata dal lavoro, mi ha spiegato tutto quello che stava succedendo e che la situazione era davvero grave e non si poteva più uscire di casa; infatti, col passare dei giorni, me ne resi conto molto di più, poiché al telegiornale si sentiva che i casi aumentavano e le vittime purtroppo erano sempre più.

Nell’evolversi questa situazione è diventata grave specialmente quando c’è stato il picco dei contagi che ha riguardato molto tutte le case di riposo: questa situazione mi ha riguardato ma non perché io in particolare abbia avuto il virus, ma perché mia madre lavora in una delle RSA della provincia di Milano.

Inizialmente era davvero una situazione stressante: i dispositivi sanitari erano scarsi e mia mamma tornava dal lavoro stremata per la situazione e la paura di ammalarsi e magari attaccarlo a noi a casa, soprattutto mia nonna che è un soggetto a rischio data l’età avanzata. In un secondo momento la situazione a casa è precipitata, poiché dove lavora mia madre hanno fatto i tamponi a tutti gli ospiti e più della metà era risultata positiva: mia mamma era stata a contatto con la maggior parte di loro. Si viveva in una condizione stressante per tutti, in casa eravamo costretti a mantenere le distanze; io che ero abituata a andare ogni giorno a chiacchierare con mia nonna non lo facevo più, se entravo in casa sua lo facevo solo per portarle delle cose e sempre con la mascherina e standole più lontana possibile.

Fortunatamente qualche settimana dopo si è sistemata un po’ la situazione: mia madre dopo aver fatto una cura di antibiotici ha fatto il tampone che è risultato negativo e quindi ha ricominciato a lavorare, fortunatamente con tutti i presidi. La settimana dopo, tra fine aprile e inizio maggio, la situazione è tornata più o meno alla normalità.
Durante questi due mesi non sono uscita e quindi non ho visto le mie amiche e i miei amici: ci siamo però sempre tenuti in contatto, in particolare con quelli più stretti con cui facevo e faccio tutt’ora videochiamate fino a tardi la sera, quando stacco la testa da quella che è stata la giornata e mi svago parlando, confrontandomi e facendo qualche gioco con loro. Questa cosa mi è servita davvero molto nel periodo più difficile di questa quarantena.

Anche per quanto riguarda la scuola devo dire che nel fare lezione da casa è molto più difficile mantenere una certa concentrazione, sia perché ci sono molte più distrazioni sia perché passare sei ore in camera a fare lezione senza mai poter scambiare qualche chiacchiera con i compagni nei momenti morti è davvero noioso.

Mi manca la scuola, mi manca dovermi alzare presto e tutta addormentata andare a prendere il pullman la mattina, mi mancano i miei compagni, mi manca tutto quello che facevo nella quotidianità.
Sono felice che sia iniziata la fase due, ovvero la ripartenza, anche se secondo me ci potrebbe essere una ricaduta fino a che non ci sarà un vero e proprio vaccino. Finalmente comunque si possono rivedere parenti e amici, sia pure tenendo rigorosamente le distanze e la mascherina, altrimenti tutto il lavoro fatto da medici, infermieri e operatori socio-sanitari andrebbe buttato.

Onestamente non capisco quando le persone dicono che adesso la gente, per timore di una possibile ricaduta o comunque del virus in generale, non uscirà di casa. Secondo me è solo giusto avere un po’ di timore e buon senso, non andare in giro in massa, proprio per evitare una ricaduta.

Quando sono uscita di casa dopo due mesi devo dire che ero parecchio stranita nel vedere tutti con le mascherine: a vederlo solo al telegiornale mi sembrava una cosa così lontana, ma invece adesso è diventata la normalità.

Finita la quarantena penso che impareremo ad apprezzare di più le piccole cose e a non dare più nulla per scontato.

Giorgia Soccio, 1 A Tecnico

 

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Caro diario, ti racconto la quarantena

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Caro diario, ti racconto la quarantena

Mantova, 25 maggio 2020, 13,29

Caro Diario,

oggi ti racconterò della mia vita in quarantena. Non avevo mai vissuto in isolamento ed è bruttissimo rimanere rinchiusi in casa ed essere limitati in ciò che si può fare durante la giornata. Ovviamente ci sono lati positivi e lati negativi, come in tutte le cose. I benefici della quarantena sono tanti. Ad esempio abbiamo avuto più tempo per la nostra famiglia, abbiamo avuto tempo per scoprire chi ci teneva veramente a noi e chi no, ma la cosa più importante è che abbiamo avuto la possibilità di conoscere meglio noi stessi. Soprattutto passioni per qualcosa che non credevamo di possedere.

Tutto è iniziato con la prima diffusione in Cina. Ancora non avevo preso seriamente la questione del virus e la mia vita, fino a quel momento, era normale e semplice. Facevo le mie cose durante la giornata: cui uscire il pomeriggio e sfogarmi col pallone, andare in bici oppure stare in compagnia dei miei amici. Cose normalissime.

Ogni cosa è cambiata quando sono arrivati i primi contagi in Italia. Pensavo fosse un virus normalissimo come l’influenza, fino a quando non ho visto il numero dei decessi aumentare sempre di più. Durante una settimana di febbraio, sono tornato a casa da scuola per il weekend: sembrava andare tutto per il verso giusto, ma la domenica ho scoperto che si stava a casa per una settimana a causa del virus. Ero sbalordito e ovviamente, da studente, felicissimo e gasatissimo perché significava svago totale per me. E così è stato. Quei 7 giorni li ho dedicati completamente al calcio. Dalla mattina alla sera. Era l’unica cosa che avevo in mente in quel momento. A fine settimana, ho scoperto che si stava a casa per un’altra settimana sempre a causa del COVID-19. Ero sempre al settimo cielo e anche quella settimana l’ho dedicata al calcio. Per quelle due settimane tutto il resto è scomparso: per me non esisteva nient’altro che il pallone. Mi sentivo come se fossi in paradiso.

Intanto la situazione del virus peggiorava e i blocchi continuavano. Ovviamente, io e i miei compagni di classe non potevamo rimanere senza scuola e infatti sono iniziate le videolezioni. A me, sinceramente, non faceva né caldo né freddo. Mi andava bene avere le videolezioni. Intanto, ormai non si poteva più uscire di casa per cercare di contenere il numero dei contagi perché aumentavano a dismisura, ma io continuavo a uscire perché comunque non ce la facevo a stare a casa 24 ore su 24. La situazione, a parte per gli infetti e i morti di COVID-19, è rimasta così per un po’ finché non hanno comunicato il lockdown. La vita ha cessato di esistere. Non c’era nessuno fuori da casa. Fino a quel momento, non sapevo cosa significasse concretamente il lockdown. Le aziende sono state chiuse, i campionati sospesi, i servizi secondari fermati. Le uniche cose che rimaste aperte erano i negozi alimentari. Ero scioccato perché non si poteva più uscire. Potevamo farlo solo nei casi più gravi e con le mascherine.

C’è stato il lockdown per più di due mesi e io, in quei due mesi, sono rimasto a casa. Non sapevo più cosa fare durante le giornate. Fare le stesse cose ogni giorno mi stufava ed ero stressato. Ero ansioso di uscire. La quotidianità era ormai monotona. Ho comunque scoperto nuove cose di me stesso. Ad esempio che mi piace scrivere. Ho inoltre dato maggior tempo alla lettura, ho riorganizzato la stanza e ho dedicato più tempo anche alla palestra senza trascurare lo studio.

Il lockdown è finito il 4 maggio e nello stesso giorno è iniziata la fase 2 con un po’ più di libertà d’uscita, anche se vigilata e controllata. A parer mio, non ci sono state grandi differenze tra la fase 1 e la fase 2. È cambiato solo che prima non si poteva uscire e ora, nella fase 2, si può uscire con più frequenza ma la gente comunque anche nella fase 1 usciva.

Fatto sta che il 4 maggio sono uscito dopo due mesi chiuso in casa. Appena uscito, il mondo mi sembrava diverso. L’aria era pulita e, dopo anni, ho visto per la prima volta gli uccelli in piazza. Sembrerà una cosa banale e/o strana, ma non lo è. Era da anni che non sentivamo più i cinguettii nel mio paese. Quel giorno, pensavo uscisse il mondo in strada, ma non è stato così. C’era pochissima gente. Sarà perché la maggior parte della gente è andata in città, a Mantova, oppure sul lago. Invece io sono andato a  fare  un giro sull’argine. Era bellissimo e la natura padroneggiava in tutto. C’era solo il verde. I campi avevano l’erba alta un metro, le mura della chiesa dietro al campino avevano i rampicanti, il parco era chiuso, negozietti chiusi. Il paese era deserto. Silenzio tombale. C’erano solo i suoni della natura. Tutto magnificamente splendido, il mondo. Non era più come prima. Sarà perché uscivo dopo due mesi probabilmente: si tornava alla normalità, ma con una concezione diversa del mondo.

Penso che le persone stiano uscendo più mature dalla quarantena e più responsabili in ciò che fanno. Ovviamente faccio parte anche io di queste persone e credo che comunque ci abbia fatto bene stare chiusi in casa a pensare come sfruttare meglio il tempo disponibile. La questione del virus la stiamo affrontando discretamente bene. Spero che si risolva tutto il più presto possibile e che la prossima pandemia – se proprio dovrà esserci –  possa accadere quando non ci sarò più.

Aaryan Raj Verma, 1 A Tecnico

 

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La semplicità del non avere. Pensiamoci

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su La semplicità del non avere. Pensiamoci

La felicità si compra oggi giorno: una banconota in tasca renderebbe qualsiasi uomo lieto perché il denaro è divenuto con il passare del tempo sinonimo di felicità. Amore, famiglia, intelligenza e speranze non hanno più alcun valore e per questo sono considerati futili, inutili alla formazione dell’individuo.

Nel corso della storia si è passati da una rivoluzione antropocentrica copernicana (Rinascimento) fino a una fase in cui la scienza dominava il mondo (Positivismo). Ora la fase terminale pone al centro il denaro, capace di comprare tutto fuorché quegli oggetti e quei valori che non riesce a prendere sotto il proprio dominio. Le estremità si toccano, ma come raggiungere allora la felicità che non si compra? Liberandosi da tutto ciò che è inutile all’essenza umana per vivere in armonia con se stessi.

La felicità comprata è rimpiazzabile e corruttibile dal tempo, quella invece nata da relazioni interpersonali è incorruttibile e raramente si esaurisce nel tempo. Certo, i beni materiali possono renderci felici temporaneamente, ma è necessario non basare la propria gioia solamente su quella felicità effimera.

Questo periodo di quarantena mi ha permesso di leggere un libro particolare, intitolato “Un nuovo mondo” di Eckhart Tolle: è stato il primo libro di crescita personale che ho letto. I suoi capitoli mi hanno svegliato dall’irrealtà che sto vivendo. Meglio dire: che stiamo vivendo. Il volume spiega i nostri comportamenti, le nostre reazioni, e analizza il ruolo dell’ego in tutto ciò. La frase che più colpisce il lettore, secondo me, aprendo in lui un nuovo mondo, recita: “L’Ego tende ad equiparare l’avere con l’essere: io ho, dunque io sono. E più ho, più sono. L’Ego vive attraverso il paragone, il modo in cui vi vedono gli altri diventa il modo in cui vedete voi stessi. Se ognuno vivesse in un palazzo e fosse ricco, il vostro palazzo o la vostra ricchezza non vi servirebbero ad accrescere il vostro senso del sé. In quel caso vi potreste trasferire in una semplice capanna, dare via la vostra ricchezza e riconquistare un’identità considerandovi e venendo considerati più spirituali degli altri. Come siete visti dagli altri diventa lo specchio che vi dice come siete e chi siete”.

In questo periodo di sospensione credo che dovremmo tutti fermarci a riflettere, anche solo per un minuto, su ciò che la vita ci ha donato e che noi, abbagliati dal mito del soldo, non siamo stati in grado di percepire e interiorizzare. Saresti felice nell’avere solo quello di cui hai davvero bisogno nella vita? Pensiamoci.

Michael Symon Jaafar, 2 A Scientifico

 

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MotoGP e F1 virtuali nell’era del Covid

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su MotoGP e F1 virtuali nell’era del Covid

Stiamo vivendo un periodo a cui verrà sicuramente dedicato un capitolo in uno di quei noiosi libri di storia che i nostri nipoti dovranno studiare e che noi racconteremo con l’enfasi con la quale nostro nonno ci racconta dei tempi della Seconda Guerra Mondiale. L’emergenza Covid-19 ci ha tolto la libertà (e ad alcuni, purtroppo, anche di più), ma ci ha donato altro: in questi anni si era magari perso il rapporto con genitori, fratelli o sorelle, e dover passare intere giornate con loro ha ristabilito un legame che magari era andato perso o si era logorato.

In questo periodo dovevano anche aver inizio i due massimi campionati motoristici: MotoGP per il motociclismo e Formula 1 per l’automobilismo. Anche in questo caso il virus ha tolto, ma ha anche dato: infatti nonostante i vari gran-premi siano stati posticipati o annullati, i piloti non hanno abbandonato la pista, almeno virtualmente.

Sin dall’inizio della pandemia il giovane pilota della scuderia McLaren Lando Norris ha continuato ad allietare le serate di quarantena dei suoi fan guidando virtualmente in diretta su Twitch (il maggior provider di streaming online). Nel giro del primo mese numerosi colleghi piloti (tra cui Charles Leclerc, il più promettente giovane della Formula 1 e attualmente pilota Ferrari), vari altri sportivi e alcuni youtubers si sono uniti a lui nelle streams serali.

Attualmente il mondo degli e-sports si sta espandendo e sta guadagnando una propria dignità all’interno del panorama sportivo, soprattutto grazie alle stelle del motorsport che ne stanno facendo un assiduo utilizzo anche per restare allenati mentalmente: Charles Leclerc ha affermato durante una diretta che “per girare forte serve concentrazione e allenamento” in quanto con gli attuali software e periferiche il realismo percepito alla guida di un simulatore casalingo è molto elevato.

Le gare a scopo ludico sono culminate a metà aprile nella Race for the World series: piloti, sportivi e youtubers hanno preso parte a sei gare per raccogliere denaro da devolvere in beneficenza, in particolare all’ONU per permettere la ricerca di un vaccino contro il virus che ci sta mettendo in ginocchio e per aiutare i più bisognosi in questo periodo di crisi. Il risultato di questa iniziativa sono stati 70 mila dollari, contro un obiettivo di 100 mila: è ancora però possibile fare donazioni.

Un messaggio di speranza dato da giovani ragazzi che, oltre a donare risate, spettacolo e intrattenimento, hanno avviato una raccolta fondi che, seppur modesta rispetto ad altre, sarà sicuramente ricordata negli annali della Formula 1 e, soprattutto, ha aumentato il budget che l’Onu può devolvere alla ricerca.

Alessandro Donina, 4 A Scientifico

 

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