Saturday, November 1, 2025

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F-104, pregi e difetti del mito

Posted by admin On Agosto - 31 - 2021 Commenti disabilitati su F-104, pregi e difetti del mito

L’F-104 è uno dei più famosi e, secondo molti, il miglior aereo di sempre. Il suo sviluppo risale ai primissimi anni ’50, la sua entrata in servizio fu invece il 20 febbraio 1958: da quel giorno iniziò a solcare i cieli di mezzo mondo combattendo diverse guerre, fino al suo ritiro nel 2004 da parte dell’Aeronautica Militare che fu l’ultimo utilizzatore a mantenerlo in servizio. Questo aereo è arrivato a 56 anni di servizio attivo, quindi: uno dei più lunghi di sempre, calcolando anche l’evoluzione tecnologica che già in quegli anni prendeva piede e si mostrava sempre più veloce.

Si tratta indubbiamente di un aereo straordinario, ma non è tutto oro ciò che brilla: in effetti, non per nulla, questo aereo si valse i soprannomi di fabbrica vedove o bara volante. La sicurezza non era infatti certamente il suo punto forte: si stima che l’aeronautica tedesca abbia perso il 30% del totale degli Starfighter acquistati, invece tra i canadesi, che ne facevano un uso più limitato, la perdita fu del 50%.

Questo fattore è anche legato alla conformazione e all’utilizzo del velivolo. L’F-104 si presenta infatti come un aereo molto affusolato e con ali molto corte: per questo motivo viene anche definito come un razzo con le ali, razzo proprio perché il suo punto forte erano le grandi velocità che riusciva a raggiungere, addirittura di due volte la velocità del suono.

Questa sua conformazione, però, lo rendeva anche poco manovrabile, caratteristica che ne diminuiva la sicurezza soprattutto in confronto al tipo di utilizzo che ne veniva fatto. In effetti, generalmente, il suo compito era quello di volare ad alte velocità ma allo stesso tempo anche a quote bassissime, situazione non certo ideale.

Altri problemi legati alla sicurezza riguardavano poi il seggiolino eiettabile, che nei primi modelli sparava addirittura il pilota verso il basso: per questo motivo ci furono alcuni casi di piloti deceduti nonostante si fossero eiettati.

Il bilancio finale è però in netto favore dei pregi: questo aereo, quindi, nonostante i problemi, è stato e rimarrà comunque per sempre uno dei migliori mai costruiti.

Mattia Vigliotti, 2 A Scientifico

 

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Covid? A loss of million jobs

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Covid? A loss of million jobs

The severe decline in air traffic caused by the Covid-19 pandemic, followed by a slow recovery, will result in a loss of up to 46 million jobs normally supported by aviation worldwide: this is what emerges from new data of the field recently published from the Air Transport Action Group (Atag), an organization of experts of the field based in Geneva.

Under normal circumstances, aviation and tourism linked to it support 87.7 million jobs worldwide. Over 11 million seats are used by the sector itself: airlines, airports, civil aerospace manufacturers and air traffic management.

The near-total closure of the system for several months, and the hiccup reopening mean for the organization that air travel will not return to pre-Covid levels until 2024.

“With the expectation of seeing less than half of the passenger traffic this year compared to what we did in 2019, says the Executive Director of the Air Transport Action Group, We know that many jobs in air transport and the wider aviation industry are at risk. Some companies are already making tough decisions, with many colleagues affected by the recession”.

Stefano Macchia, 5 A Scientifico

 

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Las avispas españolas

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Las avispas españolas

Han pasado casi 2 años desde que la US Navy retiró del servicio todos los cazas F/A-18 versiones C/D. Todavía hay algunos países que adoptan este modelo de polivalente, entre estos el Ejército del Aire español. Los denominados “Hornets” (avispas en castellano) entraron en servicio en 1983 para la marina estadounidense con las versiones A (monoplaza) y B (biplaza). Cuatro años después se introdujeron la versión avanzada C y D, siempre monoplaza y biplaza. Entre 1986 y 2000 fueron entregados a España 72 EF/A-18 A e 12 EF/A-18 B, los cuales fueron actualizados en 2009 y en 2017. Una unidad se perdió en octubre de 2017.

En 2015 el Ejército del Aire pidió a la empresa Thales España la demostración del casco electrónico “Scorpion” con función visor de casco HMCS (Helmet Mounted Coueing System). El instrumento es un sistema de “multiplicador de fuerza” que ofrece simbología en color como la navegación y selección de armamento.

La comodidad de Scorpion es que se puede intercambiar entre los pilotos gracias a su simple integración con el caza, y además está dotado de visión nocturna, integrando unas gafas especiales. En 2016 el ejército ordenó 80 “Scorpions” para ser operativos en los siguientes años, donde a día de hoy se están evaluando las últimas pruebas con el primer lanzamiento de un misil a guía infrarroja IRIS-T e interoperabilidad con el POD Litening, utilizado para la designación de objetivos.

El producto en los últimos meses ha interesado también a la Fuerza Aérea francesa, la Armée de l’air. El objetivo del ejército francés es  equipar los cazas Mirage 2000 y Rafale con el “Scorpion,” perfeccionando la precisión y eficacia de los aviones.

Volviendo a España, está claro que esta innovación ayudará mucho al Hornet a mantener tecnológicamente un servicio satisfactorio, que será suficiente para algún año más.

El instrumento será ampliamente empleado también para el sustituto del F-18, los cuales pondrían ser el Eurofighter (ya utilizados en la Fuerza Aérea ), la última versión del F-18 “Super Hornet” Block III o el furtivo F-35.

Alberto Julio Grassi, 3 A Scientifico

 

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L’Apolli XI una bugia?

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su L’Apolli XI una bugia?

Lo sbarco sulla Luna del 1969  è stato uno degli avvenimenti più importanti della storia. Sono stati gli americani Neil Armstrong e Buzz Aldrin, con il programma Apollo XI, a fare il primo passo sulla Luna, ma c’è chi ancora sostiene che tutta l’operazione di allunaggio sia stata invece girata in un set cinematografico per vincere la concorrenza con la Russia nel campo tecnologico e nella corsa allo spazio.

I complottisti hanno fondato le loro affermazioni su alcuni “errori” nelle fotografie, di cui gli ingegneri della NASA non si sarebbero accorti, mentre altri ritengono che le foto siano state modificate in laboratorio. Però se le foto fossero state scattate in appositi set cinematografici, non vi sarebbe stato alcun bisogno di ritoccarle in seguito, ma sarebbe bastato farne delle altre. C’è da dire che è vero che le foto sono state ritoccate, ma solo una volta ritornati sulla Terra e allo scopo di migliorarle per poi mostrarle a tutto il mondo. Infatti, le foto originali non sono andate perse: è ancora possibile vederle on-line. Sempre dalle foto, si nota la bandiera sventolare, ma questo sarebbe stato impossibile, perché sulla Luna non c’è vento. Ma nessuno tra scienziati, ingegneri e astronauti ha mai sostenuto che quella bandiera si stesse muovendo: semplicemente, quando è stata scattata la foto, la bandiera non era stata completamente distesa, ma era rimasta immobile dopo che l’astronauta aveva lasciato la mano.

Un altro elemento che ha fatto insospettire i complottisti è stato che le ombre di Armstrong e di Aldrin non fossero parallele: questo secondo loro era la prova che nello studio vi erano più fonti di luce artificiale, ma i sostenitori di questa tesi non hanno badato al fatto che il fenomeno avviene anche sulla Terra, quando il sole è basso. Inoltre l’effetto potrebbe essere stato incrementato da una distorsione dell’immagine, a causa della tecnologia del tempo. Loro, però, hanno cercato ogni minimo dettaglio che potesse mostrare la messa in scena e sono arrivati persino a sostenere la presenza di una lettera “C” su uno dei massi: in realtà quella “C” è probabilmente un detrito che si era depositato durante la copia, infatti non compare nessuna lettera sulla foto originale.

Tutte le riprese sono state effettuate nello spazio, mancano fenomeni evidenti sulla Terra: la polvere, all’avvicinamento del Rover, schizza in tutte le direzioni formando dei cerchi, non delle nubi come sarebbe accaduto se fossero stati sulla Terra, e la tecnologia del 1969 non permetteva di modificare con certi effetti foto e video, quindi i video sono stati davvero girati sulla Luna, anche perché  ricreare il vuoto sulla Terra in uno spazio chiuso come un set cinematografico e addestrare anche i membri del set a operare in un certo modo sarebbe stato comunque molto difficile, costoso e avrebbe richiesto troppo tempo.  Nelle foto, inoltre, non vi sono evidenti tracce delle orme degli astronauti o delle ruote del Rover, ma solo perché sulla Luna vi è un sottile strato di polvere, che non permette di lasciare buchi profondi, inoltre il veicolo era già di suo molto leggero e spesso per curvare era sollevato dagli astronauti stessi.

I complottisti hanno anche identificato il regista della messa in scena in Stanley Kubrick, che sarebbe stato contattato dal governo degli Stati Uniti per la sua esperienza nelle riprese con effetti fantascientifici. Un esempio è 2001: Odissea nello spazio. Il regista è noto proprio per la sua cura nei dettagli, quindi sembra strano che abbia commesso errori così tanto importanti nelle riprese, a meno che l’abbia fatto volontariamente. In effetti sono stati identificati dei “messaggi nascosti” nel film The Shining, sempre di Kubrick, con cui sembra avrebbe voluto comunicare al mondo la falsità dell’allunaggio, non potendone parlare chiaramente.

La più grande domanda che rimane è come, seguendo le teorie dei complottisti, la NASA avrebbe potuto organizzare un progetto dal costo così grande, con il coinvolgimento di migliaia di persone semplicemente per un set cinematografico, e come avrebbe potuto assicurarsi che nessuno avrebbe mai denunciato la bugia dell’accaduto.

A mio parere, negare l’allunaggio non significa solo mettere in discussione una tappa epocale della storia, ma soprattutto sminuire il lavoro di decine di migliaia di tecnici, scienziati, ingegneri che hanno dedicato la loro vita e tutte le loro conoscenze a questo grande progetto, che ad alcuni è costato anche la vita, come all’equipaggio di Apollo I, morto  a causa di un incendio in cabina. Personalmente credo che Neil e Buzz siano andati veramente sulla Luna; sarebbe stato troppo difficile mantenere il segreto e, se fosse stato come affermano i complottisti, che per la maggior parte sono inesperti e si basano solo su particolari di alcune immagini che come abbiamo visto prima sono stati ampliamente chiariti, non mi spiego come mai non ci sia ancora una indicazione tecnica e scientifica che affermi senza ombra di dubbio che sia stata tutta una messa in scena.

Ettore Colpani, 2 A Tecnico

 

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F-16 Falcon, storia da record

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su F-16 Falcon, storia da record

L’F-16 “Falcon”, conosciuto oggi come “Viper”, è un caccia multiruolo monomotore ed è il velivolo militare con più unità in servizio al mondo, ben 3000, comprese le versioni meno aggiornate. Nel 2014 la Lockheed Martin, impresa aerospaziale, ha mostrato l’ultima versione della vipera: l’F16V Block 70/72, che dovrebbe restare in servizio fino al 2050.

Dopo la fine della guerra del Vietnam, l’Air Force rimase sorpresa dalla estrema agilità dei Mig 17, 19 e 21, che diedero filo da torcere agli F4 Phantom, altro capolavoro aeronautico. Nonostante i caccia americani abbiano avuto un leggero vantaggio sui velivoli vietnamiti di produzione sovietica, gli americani avviarono studi su un nuovo caccia per contrastare in dogfight i velivoli sovietici. Il progetto ebbe già inizio nel corso della guerra, nel 1969, e dopo 3 anni vennero presentati due prototipi: General Dynamics YF-16 (l’attuale F-16) e il bimotore Northrop YF-17 Cobra (progetto da cui si ricaverà l’F18 Hornet). Dopo qualche mese di valutazioni e test, il primo prototipo ebbe la meglio entrando in produzione nel 1974. I suoi compiti erano di complementare gli F-15 Eagle entrati in servizio nel 1976 e di opporsi ai Mig sovietici.

Ciò permise un enorme vantaggio sul dogfight, grazie alle virate strette del Falcon, che possono arrivare fino ai 9G.

Il programma di distribuzione internazionale

All’inizio del 1978 alcuni paesi europei e del Medio Oriente erano alla ricerca del sostituto del F-104 Starfighter e dei vecchi caccia in dotazione. La General Dynamics, prima azienda produttrice del Falcon per l’USAF, diede inizio ai primi contratti di vendita internazionale. Le prime versioni A (monoposto) e B (biposto) Block 1, 12 e 15 vennero consegnate entro il 1982 per Belgio, Olanda,  Danimarca e Israele, aggiungendo le versioni migliorate A+ e B+ per Indonesia, Venezuela, Pakistan, Taiwan, Thailandia e Portogallo tra il 1989 e 1995. La seconda “ondata” di vendite fu dalla metà degli anni Ottanta fino al 2010, con le versioni avanzate C/D Block 30, 40/42 e 50/52, che garantivano radar più potenti e agilità migliorata. I primi paesi che ottennero questi velivoli furono Israele, Egitto, Corea del Sud quindi a fine anni Novanta anche Grecia, Turchia, Taiwan, Bahrein, Oman, e Giordania. All’inizio del nuovo millennio l’Italia ordinò i nuovi Eurofighter, ma nell’attesa l’Aeronautica Militare dovette prendere in prestito dal 2003 fino al 2012 i Falcon versione A/B avanzati dell’USAF. Gli F-16 si stanziarono nel 5° (Cervia), 41° (Sigonella) e 37° stormo (Trapani). In totale a giorno d’oggi sono ben 25 Paesi a usufruire il Viper, ottenendo il record di servizio in più nazioni.

Gli F-16 e gli attuali conflitti: le aggressive “Vipere di Erdogan” e la tensione Cina-Taiwan

Negli ultimi anni gli F-16 turchi sono protagoniste di numerosi episodi di crisi politiche, come l’abbattimento da parte di due Viper turchi di un cacciabombardiere SU-24M russo, a novembre 2015. altra questione la crisi diplomatica tra Grecia e Turchia che, negli ultimi vent’anni, hanno visto spessissimo i rispettivi caccia impegnati sul mar Egeo in continui intercettazioni e ingaggi, a volte finiti male, come lo scontro di un F-16 greco e uno turco che ha portato la morte del pilota ellenico. Lo scorso agosto, 4 Viper e due F-4 Phantom turchi si sono sfidati con sei F-16 greci non molto lontano dall’isola di Rodi. Dall’altra parte del mondo, a Taiwan, le tensioni tra “le due Cine” non si placano, e il governo di Taipei per mantenere una difesa convincente qualche anno fa ha ordinato i nuovi F-16 Block 70/72 per contrastare i caccia cinesi, come i J-10, J-11 e Su-35.

La ultima evoluzione del Viper, grazie all’F-22 e F-35

La Lockheed Martin ha sviluppato la nuovissima versione del caccia multiruolo, il Block 70/72, ma cosa ha in più dei precedenti Falcon? I nuovi F-16 sono dotati dei più avanzati radar a scansione elettronica AN/APG-83 AESA, sviluppati all’inizio per i caccia di quinta generazione F-22 Raptor e F-35. Ciò permette di avere una maggiore precisione e rilevamento degli obiettivi aerei e terrestri. Il velivolo dispone anche di un datalink avanzato (collegamento dati di comunicazione direzionale) usato solo dai velivoli furtivi.

Il multiruolo ha rispetto ai suoi precedenti “compagni” una vita strutturale aumentata del 50% (un totale di 12 mila ore rispetto alle 8 mila base) e un sistema automatico di prevenzione di collisione al suolo (GCAS). È integrato anche un nuovo computer di bordo, GPS e sistema di visione notturna. Ciò lo rende al momento il caccia più avanzato tecnologicamente della quarta generazione, con listino prezzo di 65 milioni di dollari a unità. Le ordinazioni di Marocco, Taiwan, Bahrein, Slovacchia e Bulgaria permetteranno al Viper di volare per altri 30 anni e forse anche di più, prestando così la bellezza di oltre 75 anni di servizio.

Alberto Julio Grassi, 3 A Scientifico

 

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Memphis Belle, eroi di guerra

Posted by admin On Settembre - 7 - 2020 Commenti disabilitati su Memphis Belle, eroi di guerra

È l’inizio del 1942, piena Seconda Guerra Mondiale, le forze dell’Asse stanno vincendo su tutti i fronti: Europa occidentale, orientale, Africa del Nord e Oceano Pacifico con il recente attacco a Pearl Harbour, che scatena l’entrata degli USA nel conflitto globale.

In una base della Gran Bretagna, un gruppo di giovani, appena usciti dal loro addestramento militare, si fanno carico di un capolavoro dell’aeronautica: il gigantesco bombardiere Boeing 17. Il comandante Robert Morgan dipinge una donna con il nome Memphis Belle, la città di provenienza della sua ragazza.  L’equipaggio si prepara già per le prime missioni e il 7 novembre del ’42 avviene il “battesimo” dell’equipaggio e del B-17: la cosiddetta fortezza volante prende il volo e si dirige verso Brest, nel Nord ovest della Francia. Nessun graffio sul bombardiere, letteralmente nessuno: un vero e proprio miracolo, perché l’80% dei bombardieri venivano colpiti e abbattuti. Questa impresa si ripete: Saint Nazaire, Lilla, Lorient, Rouen, Abbeville, Anversa (Belgio) e Wilhemshaven (Germania), a volte tornando più volte nello stesso posto.

Sono passati quattro mesi, il bombardiere si fa sentire nelle basi alleate, dimostrando di essere un vero esempio di valore e coraggio da parte di inglesi e statunitensi. Ma  il governo USA, per non traumatizzare i soldati, stabilisce di congedare i militari dopo un certo numero di missioni, venticinque in questo caso: la Memphis ha già compiuto venti bombardamenti con pochi graffi, praticamente incolume.

Ma a questo punto il gioco si fa duro. Il 16 aprile, il comando incarica i piloti, appena rientrati da Lorient, di bombardare in pieno giorno la tedesca Brema, una delle città più protette. Lì si trovava una delle fabbriche più importanti della Germania, si producevano i Fw-190, i letali caccia della Luftwaffe. La vigilia di una missione così importante fa passare la voglia di dormire e la notte si trascorre in bianco. Verso le 6,30 l’equipaggio si prepara per partire, ma arrivati al B-17 ricevono l’ordine di fermarsi perché su Brema ci sono molte nuvole e non si vede l’obiettivo. Dopo due ore di attesa si parte con altri 11 bombardieri. La formazione è scortata fino al confine tedesco da una squadriglia di P-51 Mustang. I primi attacchi dei Bf-109 e Fw-190 riescono ad abbattere un paio di bombardieri. Arrivando a Brema, altri due vengono abbattuti dai precisi e numerosi colpi delle antiaeree. Durante il bombardamento, le nuvole creano problemi ai membri degli equipaggi per sganciare le bombe indirizzate alla fabbrica. Il problema può causare il fallimento: bisogna essere precisi, perché vicino al complesso industriale c’è una scuola con numerosi bambini e civili.

La Memphis Belle, al comando della formazione, decide di passare una seconda volta per bombardare precisamente le fabbriche. Durante il passaggio, viene abbattuto un bombardiere che riesce però a sganciare le bombe sull’obiettivo. Sembra tutto passato, ma al confine con la Francia spunta uno stormo di Fw-190 dal nulla. La Memphis Belle viene colpita a un motore e dopo una decina di minuti si spegne il secondo. Il ritorno a casa sembra escluso, ma la grande abilità dei due piloti del B-17 permette di arrivare in Inghilterra. Tutti pensano che i futuri eroi siano già morti, ma dalla pista si vede una scia di fumo nero proveniente da un B-17 che, dopo un problema al carrello d’atterraggio, riesce ad atterrare. È la Memphis Belle.

Il 17 aprile 1943, dopo  un mese passato svolgendo cinque missioni “soft”, l’equipaggio secondo il regolamento viene rispedito in patria: dopo circa un anno di esperienze terribili e dopo 25 missioni, ottiene il primo congedo di un bombardiere pesante della Seconda Guerra Mondiale per meriti di guerra. Il B-17 ha volato 148 ore sganciando una sessantina di tonnellate di bombe. Negli anni ’50 il velivolo viene acquistato circa per quattrocento dollari dal sindaco di Memphis, salvandolo dalla rottamazione. Dopo qualche decennio viene trasferito in mostra vicino al fiume Mississippi, ma dal 2003, restaurato, riposa a Dayton. Il suo equipaggio: pilota Robert Morgan, co-pilota James Verinis, bombardiere e mitragliere Vincent Evans, navigatore Charles Leighton, operatore radio Robert Hanson,  mitraglieri Harold Loch, Leviticus Dillon, Eugene Adkins, Clarence Winchell, Scott Miller, Casimer Nastal, John Quinlan e Cecil Scott.

Alberto Julio Grassi, 2 A Scientifico

 

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“Quel giorno? Io stavo sposando l’aria”

Posted by admin On Agosto - 22 - 2020 Commenti disabilitati su “Quel giorno? Io stavo sposando l’aria”

Ci sono giorni nel corso della vita che non ti scordi facilmente: ti rimangono impressi come un tatuaggio nella mente e nell’anima. Per me è stato il primo volo solitario, dopo una serie di uscite con l’istruttore nelle Marche.

Quel giorno, appena finito di volare, come faccio quotidianamente, vado a fare colazione con Remo: un caffè, un paio di battute su quanto sia bella la barrista (termine marchigiano per definire questa santa donna )e torniamo al campo di volo. I paesaggi di Sant’Omero mi sorprendono ogni giorno: colline rivestite da erba bruciata dal sole circondano a sinistra e a destra l’aviosuperficie e, dopo alcuni chilometri, si congiungono con dei monti dell’entroterra. Non faccio a tempo a scendere dalla macchina che un mio compagno di corso corre verso di me con la radio in mano dicendomi che Manno, l’istruttore della parte volo, mi cercava già da una decina di minuti per tornare a bordo. Così cambio i pantaloncini con i pantaloni lunghi: questione di rispetto verso la disciplina del volo che, per sua natura, esige costumi ben definiti.

Il P92 atterra, scende un altro mio pari-corso, e mi appresto a salire: non una parola detta da Manno se non “metti in moto”. Il povero ultraleggero era da circa 4 giorni che faceva circuiti su circuiti, penso che se avessi mollato i comandi avrebbe potuto fare anche tutto da solo per la moltitudine di touch and go eseguiti.

Rulliamo, prove motore, ultimi controlli e decolliamo. Facciamo 2 circuiti: l’istruttore non mi rivolge nemmeno una parola; fra me e me penso che sia arrabbiato per il fatto che sono andato a farmi i “cavoli” miei al bar. Finiamo il terzo circuito e mi fa fermare: rullo fino al raccordo, abbozzo una svolta quando Manno frena il velivolo. Mi guarda, apre la portiera, scende e fa finire l’inquietante silenzio che aveva mantenuto fino a quel momento dicendomi: “Vai a farti un giro da solo”. Al momento non realizzo cosa mi ha appena detto ma, con la paura del pivellino di deludere l’istruttore, eseguo.

Rullo al punto attesa, rifaccio la prova motore, ultimi controlli e faccio la chiamata: “Val vibrata 2 I-9394 si allinea e decolla da O8R”. Mi allineo con l’asse pista e, con l’esperienza di pilotaggio di poco più di 9 ore e con l’inconsapevolezza di un sedicenne, inizio la corsa di decollo. Mi stacco da terra a neanche metà pista: con 80 kg in meno (scusa Manno se ne ho messi troppi) il leggerissimo P92 sale come un elicottero.

Mi diranno più tardi che mentre passavo sulla strada poco più in là della testata pista, sotto di me arrivava la sposa che si stava per maritare nella vicina Chiesa di Santa Maria a Vico; è un giorno speciale per tutti e due: lei si stava per sposare con l’uomo della sua vita, io mi stavo sposando con l’aria.

Eseguo il circuito e arrivo in finale: il punto più critico del volo è l’atterraggio, dato che l’aereo, essendo più leggero, reagisce in maniera diversa da quella a cui sono abituato. Passo la soglia pista e inizio la flare: dopo un po’ di effetto suolo il carrello principale tocca terra, sostengo ancora un po’ per far perdere velocità ed energia, per poi abbassare il muso e iniziare a frenare. Chiamo il back-track e mi reco al raccordo: Remo, giunto in macchina a prendere Manno, mi fa da “follow me” fino al parcheggio.

Spengo il motore e gli innumerevoli sistemi elettronici dell’ultraleggero (cioè la radio). Manno apre la portiera e, stringendomi la mano, mi fa i complimenti. Mi metto davanti all’aereo, Remo arriva con un secchiello pieno gridando: “Il pinguino ha messo le ali”.

Vengo battezzato e un pianto liberatorio mi coglie: è giunta la consapevolezza di aver concretizzato un sogno.

Fino a ora non ho ancora riprovato un’emozione simile e penso di non riprovarla mai più. Da quel sabato 11 agosto 2018 non cade giorno sulla terra che io non parli di un aereo, di aviazione o di qualcosa riguardante l’Aeronautica.

Angelo Cattaneo, 4 B Scientifico

 

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Compañias low cost: pasado y actualidad

Posted by admin On Agosto - 22 - 2020 Commenti disabilitati su Compañias low cost: pasado y actualidad

Hoy en día, para viajar en avión hace falta poco tiempo para reservar un vuelo con la destinación deseada, unos minutos y el juego ya está hecho. Pero el dilema es, ¿qué compañia es la más fiable y económica?

Afortunadamente desde las últimas decadas hasta la actualidad, algunas compañias se distinguen de las más  poderosas como Lufthansa, British Airways… Estas compañias se llaman ”Low-Cost”, es decir ,bajo coste,  por el precio del billete en comparación al  de las grandes compañías , pero también tienen la ventaja de ofrecer vuelos hacía lugares de poco interés para las grandes flotas ya  que posiblemente no obtengan beneficio económico.

Estas innovativas  lineas aéreas nacen en los años 70.

Debido a los sorprendentes precios de la compañia britànica Laker Airlines, la cual desde un primer momento hasta el año de su fracaso 1982 mantenía las tarifas de los billetes bajos respecto a las prestigiosas compañias como por ejemplo American Airlines.

Lo más sorprendente de esta flota es su bajo coste del vuelo Nueva York-Londres, el cual podía llegar a una cifra de solo 70 dolares.

Años más tarde, en Estados Unidos se formó otra ”low-cost”, que a diferencia de la precedente tendría mucho más éxito, la actual Southwest Airlines.

Otras compañias de bajo coste llegan solo en los años ’90, con la creación del subgrupo de la British Airways ”Gofly”, que de repente fue adquirido por dificultades económicas de otra actual low cost, la Easyjet. Empieza el 2000 y la ”low cost manía” se difunde en toda Europa´y Asia, donde en la actualidad las flotas serán unas 20 más o menos, entre ellas, Ryanair, Wizzair, Vueling y muchas más .

Pero los valores y el sentido de estas compañias están desapareciendo a causa de las huelgas de los empleados y de otros factores politico-económicos que causan una subida del precio a las tarifas.

Una clara demostración de esta situación es la diferencia de  precios de los vuelos de Ryanair del 2005 con los actuales: hace 15 años los precios medios eran de 15 euros, hoy se puede llegar a 30/35. En estos últimos años surgen preguntas sobre el futuro de esta manera de viajar en avión, la cual es una modalidad un poco más complicada respecto al ”boom” del 2000.

Alberto Julio Grassi, 2 A Scientifico

 

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Grottammare: insegnamenti e amicizie

Posted by admin On Aprile - 10 - 2020 Commenti disabilitati su Grottammare: insegnamenti e amicizie

Cara mamma, ho appena concluso un viaggio a Grottammare alla scoperta della mia nuova scuola, l’Istituto Aeronautico Locatelli, e dei miei compagni: un viaggio di sette ore e ventidue ragazzi e ragazze, praticamente sconosciuti. Ho iniziato pian piano a fare amicizia, riuscendo a conoscere quasi tutti, ma sei tra loro sono stati davvero importanti.

Non posso lamentarmi di nulla: la compagnia, le amicizie, i giri in città e tutto il resto. Sono stati davvero bei momenti, quelli che ho trascorso in tutta la settimana di durata.

A ognuno di noi è stato assegnato un soprannome: Contadino, Gorgonzola, Minatore, Fenomeno… Il mio è stato Roger, per il semplice motivo che gioco a tennis.

Da questa settimana ho tratto diversi insegnamenti, ma soprattutto nuove amicizie. Non avrei mai pensato che in così pochi giorni sarei stata capace di affezionarmi tanto a persone prima sconosciute. Con le sei di cui ti dicevo prima, in particolare, ho condiviso appieno questi giorni: ridendo, scherzando e facendo battute.

I giorni al mare penso siano stati i migliori: appena arrivati ci si buttava in acqua. Dopo diverse punture di medusa ci si decideva a uscire a mangiare un gelato, per poi divertirsi, dialogando. Non mi pento di aver scelto questa scuola, nonostante sia seria e impegnativa. Durante le pause ci siamo divertiti anche con poco, e spesso abbiamo dormito.

Il mercoledì siamo andati a volare: uno alla volta siamo saliti su un aereo, per fare un breve giro di alcuni minuti. All’inizio non volevo andarci, per paura: un po’ perché stare negli spazi angusti non è il mio forte, ma anche perché soffro leggermente di vertigini. Una volta a bordo invece tutto era splendido.

Il primo bagno invece l’abbiamo fatto il lunedì. Io sono entrata in pantaloncini e la cosa non mi è dispiaciuta per niente. Il secondo giorno di mare è stato il migliore: le onde ci separavano e noi ci divertivamo a saltarle e, soprattutto, a prenderle in pieno. Quello stesso giorno abbiamo fatto la prima passeggiata tra di noi, in tranquillità.

Tutto bello, escludendo il piede che mi sono tagliata sugli scogli. L’esperienza che ho vissuto è stata una delle migliori della mia vita e spero di avere l’occasione di riviverla.

Questo pomeriggio si riparte verso Bergamo: altre sei ore da trascorrere un po’ dormendo e un po’ parlando. In valigia, oltre ai vestiti, adesso porto con me diversi insegnamenti e nuove amicizie: pesa un po’ di più, ma ne è valsa certo la pena.

Viviana Romina Lupascu, 1 A Tecnico

Cara Alice, questa settimana, come già saprai, sono stata a Grottammare con la mia nuova scuola, l’Istituto Aeronautico Locatelli. Prima di partire ero un po’ agitata, perché avevo timore che non ci fossero ragazze, e avevo anche paura soprattutto di non riuscire a fare conoscenza con i ragazzi presenti quella settimana.

Fortunatamente è andata diversamente: ho conosciuto nuove persone e ho iniziato a “legarci” molto. Naturalmente ci sono stati compagni con cui ho stretto amicizia più facilmente e altri con cui magari ho legato un po’ meno. Però è stata una bellissima settimana, durante la quale mi sono divertita moltissimo, anche se la mattina era un po’ difficile svegliarsi alle 8, perché la sera andavamo a letto tardi.

Durante la settimana abbiamo fatto vari test, tra cui quelli di matematica, di italiano e di inglese; siamo anche andati tutti i giorni al mare, una delle cose più belle, e siamo usciti tutte le sere.

È stato molto divertente andare al mare, perché era spesso molto mosso e come dei bambini ci divertivamo a farci trasportare dalle onde. La sera siamo andati varie volte in gruppo in un bar sulla spiaggia, dove abbiamo avuto occasione di conoscerci meglio.

L’esperienza senza dubbio migliore è stata però quella del primo volo. Durante una mattina, abbiamo raggiunto una località al confine tra le Marche e l’Abruzzo, dove c’è una piccola base di volo, dalla quale partivano due ultraleggeri sui quali, a turno, siamo saliti e abbiamo fatto ognuno un volo di circa 5 minuti. Prima di salire a bordo avevo un po’ di ansia, perché non ero mai salita su un aereo così piccolo. Mentre ero sul velivolo mi sono tranquillizzata, e il pilota mi ha perfino chiesto se volessi pilotare io. È stata un’esperienza davvero indimenticabile e speciale.

La vacanza è stata anche divertente grazie agli animatori presenti, perché hanno cercato di farci conoscere e divertire il più possibile. È stata una settimana magnifica, molto divertente e mi sarebbe piaciuto restare di più: devo ringraziare tutte le persone che hanno preso parte a questa vacanza e che l’hanno  resa meravigliosa e indimenticabile. Ti abbraccio.

Giorgia Soccio, 1 A Tecnico

 

 

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L’eccidio di Kindu

Posted by admin On Aprile - 10 - 2020 Commenti disabilitati su L’eccidio di Kindu

L’11 e il 12 novembre ricorreva il cinquantottesimo anniversario di una delle pagine più buie e tristi della storia dell’Aeronautica Italiana, specialmente quella militare. Si tratta dell’eccidio di Kindu del 1961, ben poco ricordato dai media.

Il luogo della tragedia è, appunto, la città congolese di Kindu, nella provincia del Maniema, non lontano dal Katanga. All’epoca nel Congo Belga c’era la guerra civile tra le fazioni  a favore del governo centrale, sostenute dagli USA e l’ONU, e quelle per il governo indipendentista, sostenute dall’URSS.

Dall’Italia partirono per una missione di pace (rifornimento in particolare), due aerei C-119 della 46° Brigata di Pisa. L’equipaggio italiano, composto da 13 membri, era stanziato da circa un anno in Congo. Il primo aereo (C-119 Lyra 5) era comandato dal comandante della missione, il maggiore pilota Amedeo Parmeggiani, accompagnato dagli aviatori sottotenente pilota Onorio De Luca, tenente medico Paolo Remotti, maresciallo motorista Nazzareno Quadrumani, sergente maggiore Silvestro Possenti, sergente maggiore Martano Marcacci e sergente marconista Francesco Paga. Nell’altro aerotrasporto (C-119 Lyra 33) erano a bordo il capitano pilota Giorgio Gonelli, con gli aviatori sottotenente pilota Giulio Garbati, maresciallo motorista Filippo Di Giovanni, sergente maggiore Nicola Stigliani, sergente maggiore Armando Fabi e sergente marconista Antonio Mamone.

Tutti questi militari partirono con i C-119 da Leopoldville (attuale Kinshasa), in direzione Kindu, confinante con la regione nemica del Katanga: non potevano sapere che non sarebbero mai più tornati. Ad aspettarli erano gli alleati malesi che facevano da guardia dell’aeroporto locale, ma qualcosa andò storto. I soldati congolesi del governo centrale, confusero i C-119 con aerei nemici pieni di soldati paracadutisti, e diedero così il via all’irruzione nell’aeroporto di Kindu per catturarli.

Il comandante malese provò a convincere il corrispettivo congolese che si trattava di alleati, però non ci fu nulla da fare: uno di loro, il tenente medico Remotti, venne ucciso sul posto e gli altri costretti a portare il suo corpo con loro nella piccola prigione cittadina. Lì un gruppo di soldati congolesi li raggiunse e li uccise a colpi di mitra: una prima ricostruzione affermava che i loro corpi sarebbero poi stati mutilati e addirittura cucinati, ma i successivi accertamenti dell’Onu, anche grazie a due italiani residenti in zona, permisero di scoprire che erano stati portati in una fossa comune a poca distanza da un fiume della zona. Nel 1994 è stata loro conferita la medaglia d’oro al valor militare.

Alberto Julio Grassi, 2 A Scientifico

 

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We are on the Moon, 50 years later

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su We are on the Moon, 50 years later

It’s been 50 years since the first man touched the Moon surface on that day of 1969. Since then other missions succeeded in this task but, after 1972, no one ever touched our satellite again. On the 3 of January, at 2.26 UTC, a Chinese mission, code name Chang’e 4, landed in the Von Karman crater, located in the far side of the Moon. The lander had a special payload onboard: a miniature lander, some scientific equipment to collect samples and, above all, a life form. This time thou, its not a human being, but a bunch of cotton sprouts that, together with other seeds, insect eggs and yeast, were sealed in a 3 kg cylindrical container to recreate an earth like environment. The aim of this experiment was to create a biosphere with the plants producing oxygen to make life possible for the insects that would have produced carbon dioxide to create the photosynthesis. The results would have been pivotal to understand the effect of radiation and low gravity on an ecosystem. Furthermore, these experiments can be taken as a starting point to create an ecosystem during longer space exploration missions, even with human crew. 

These enormous achievements, however, have to wait because the experiment was stopped due to some technical problems. 213 hours after the landing, in fact, temperatures dropped to minus 52°C, because of the so called lunar night. The container, in fact, couldn’t withstand this kind of climate, so the heating system broke and lead to the death of the cotton plant that was growing inside it.

Despite this problem, Chinese scientists claim that the mission was a great success and that the amount of data collected are enough to give us a better understanding of how other life forms react in the harsh environment that is the space. The miniatured rover taken with the lander, also explored an area of the moon completely untouched by any other human vehicle till now and his data will help the next mission planned for this year. The Chinese national space administration (CNSA) claimed that after this success, another mission called Chang’e 5 will be launched this year.

The final aim of the Chinese is to bring a manned mission on the moon surface and possibly build an outpost for stable life on the moon within 2030s. These achievements are made even more astonishing if we think that our species learned to fly only a century ago. Nowadays the scientific discoveries are bringing the human kind to a level of advancement never seen before; we are almost ready to make the big leap anticipated by Armstrong himself. Interstellar travels are slowly becoming reality, and maybe we will soon be ready to cross the last frontier: space.

Matteo Bramati, 5 B Tecnico

 

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Boeing, the safest plane crashed

Posted by admin On Luglio - 31 - 2019 Commenti disabilitati su Boeing, the safest plane crashed

An airplane is a vehicle able to carry passengers and loads from a point to another through the air. Nowadays the airplane is the most used vehicle to transport loads and it can also be consider the heart of the economy.

One of the most modern commercial airplane is the Boeing 737 Max. It was consider the safest airplane before the accident that occurred in Ethiopia on March 8, 2019. That day Ethiopian 737 max immediately after take off declared mayday and 6 minutes after it disappeared from radar screen and lost all the radio contacts. The plane was found few miles far away from Ethiopian coast.

Boeing company declared that it was a software error and since that day all Boeing 737 max are not flying, ICAO suppressed all 737 Max flights. Boeing has investigated on this accident and the result was an error on the anti-stall software.

This accident means a great opportunity for Airbus to open deals with new clients and so this case became a political issue, infact some newspapers said that the European community is helping Boeing with million dollars on loan. Donald Trump (the one that defence Airbus) threat Europe by imposing taxes on primary necessity goods.

Singh Baldev e Nicolò Leanza , 5 B Tecnico

Boeing 747 became the first airplane used for a commercial service, it flew from New York to London.

There are a lot of types of 747, the first was the 747-100s, in this aircraft we can find an upper deck that was just for premium passengers. The next 747 was the 747200B, this aircraft increased fuel capacity and engine power. Just sixteen people can stay in the upper deck. Than we can find the 747-400, designed in 1988. His wingspan is 64 metres and it has 1,8 meter-high winglets on the wingtips.

This aircraft is important because it introduced a new glass cockpit. The last 747 introduced was the 747-8. The noise produced by this aircraft is really low if we compare it to the previous 747.

Boeing 747 was created and introduced in the intercontinental routes thanks to Juan Trippe and Panam

Mattia Rebuzzi, 5 B Tecnico

 

 

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Sputnik, 10 lanci tra storia e leggenda

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Sputnik, 10 lanci tra storia e leggenda

Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, iniziò quel periodo storico passato alla storia come Guerra Fredda.

Durante questi anni le due super potenze mondiali, Unione Sovietica e Stati Uniti, si fronteggiarono in vari campi: dallo sport, alle armi di distruzione di massa, alla scoperta dello spazio. L’URSS, come d’altro canto gli Stati Uniti, investirono moltissime risorse per la fabbricazione di mezzi adatti all’esplorazione spaziale, con scopi sia bellici che pacifici. Iniziò così la corsa allo spazio.

Già prima dell’inizio del programma spaziale sovietico Konstantin Tsiolkovsky, ingegnere e scienziato ritenuto il padre dell’astronautica, studiò e teorizzò molti aspetti del volo spaziale. Furono però i tedeschi, durante la Seconda Guerra Mondiale, a realizzare il primo missile della storia, la V-2. Mentre lo scienziato Wernher von Braun, padre dei missili tedeschi, terminata la guerra si trasferì negli Stati Uniti, altri scienziati andarono in Unione Sovietica. Nel 1948 con i razzi sovietici  R-1, copia della V-2, si effettuarono vari test balistici. Oltre che per scopi militari, il razzo venne impiegato per lo studio degli strati superiori dell’atmosfera. Essendo però nel bel mezzo della corsa agli armamenti atomici, le nuove invenzioni in campo spaziale vennero impiegate per la costruzione di armi più potenti e in grado di colpire a distanze sempre maggiori. Le varie modifiche apportate al missile R-1 diedero vita al missile balistico intercontinentale R-7. Quest’ultimo si rivelerà un ottimo lanciatore spaziale, cioè un mezzo in grado di portare nello spazio un certo carico.

Il Programma Sputnik

Il programma spaziale russo era organizzato in piani quinquennali. Il 4 ottobre 1957 venne lanciato nello spazio il primo satellite: lo Sputnik 1. Era costituito da una sfera in alluminio, del diametro di 58 centimetri, dalla quale uscivano quattro antenne lunghe dai 2,4 ai 2,5 metri. All’interno della sfera vi erano due radio trasmettitori, una ventola di raffreddamento e tre batterie zinco-argento. La sonda rilevò dati riguardanti la densità degli strati superiori dell’atmosfera e la propagazione dei segnali radio nella ionosfera. Oltre a questo il satellite avrebbe potuto individuare la presenza di meteoriti: essendo colmo di azoto sotto pressione, in caso di perforazione da parte di un meteorite, si sarebbe verificata una perdita di pressione e un aumento della temperatura. Queste variazioni sarebbero state indicate dai sensori.

Il lancio del primo satellite artificiale ebbe una risonanza mondiale e portò milioni di persone a fissare il cielo in cerca del piccolo oggetto o a cercare di captare il suono emesso dal satellite durante il suo passaggio. Il 3 novembre del 1957 i russi lanciarono lo Sputnik 2. La seconda navicella mandata nello spazio era composta da una capsula cilindrica alta 4 metri con un diametro di due. Al suo interno vi erano vari settori nei quali trovavano posto diverse strumentazioni, tra le quali un sistema telemetrico, trasmettitori radio, un impianto di rigenerazione dell’aria, altri apparecchi scientifici e una cabina chiusa, separata dalla strumentazione. Altre apparecchiature a bordo misuravano i raggi cosmici e la radiazione solare, mentre nell’abitacolo era installata una telecamera. I dati giungevano sulla Terra attraverso il sistema telematico Tral-D.

All’interno della cabina venne messa una cagnolina di nome Laika: fu il primo essere vivente ad andare nello spazio. La sua esperienza spaziale ebbe però breve durata, perché la cagnolina morì circa un giorno dopo il lancio del satellite. I russi mascherarono questo evento e per vari giorni comunicarono al mondo false notizie sulla buona salute dell’animale. Quando si seppe che Laika non sarebbe tornata sulla Terra sana e salva scoppiarono varie proteste. Dopo 162 giorni dal lancio, il satellite rientrò sulla Terra e venne incenerito, insieme alla cagnolina, durante il ritorno in atmosfera. A Laika vennero attribuiti tutti gli onori e divenne un eroe dell’Unione Sovietica.

Il 15 maggio del 1958 venne lanciato lo Sputnik 3, alto 3,57 metri e con un diametro di 1,73 metri, dotato di dodici strumenti aventi il compito di analizzare l’atmosfera superiore: un magnetometro, rilevatori di radiazione solare corpuscolare, manometri a pressione magnetica e ionizzazione, trappole ioniche, flussometro elettrostatico, spettrometro di massa a radiofrequenza, rilevatore di nuclei pesanti dei raggi cosmici, monitor dei raggi cosmici primari e rilevatori di micrometeoriti.

In particolare dell’atmosfera superiore si analizzarono la pressione e composizione, la concentrazione di particelle cariche, di fotoni e nuclei pesanti nei raggi cosmici, i campi magnetici ed elettrostatici e le particelle meteoriche. Tutti gli strumenti erano contenuti in una capsula pressurizzata che occupava la gran parte del satellite.

Il satellite orbitò attorno alla Terra per due anni ma, a causa di un problema del fissaggio del nastro di registrazione, non riuscì ad analizzare le radiazioni delle fasce di Van Allen, spazi in cui sono presenti particelle di alta energia trattenute dal campo magnetico terrestre.

Il 15 maggio 1960 venne lanciato in orbita lo Sputnik 4 con la funzione di studiare un possibile volo spaziale umano: il satellite era dotato di una capsula, chiama Vostok, in grado di ospitare un uomo. Per questo test venne utilizzato un manichino e furono impostate comunicazioni preregistrate in modo da verificare il sistema di telecomunicazione tra lo Sputnik e la Terra. La missione fu un parziale fallimento poiché, dopo qualche giorno dal lancio, un’esplosione mandò il satellite fuori orbita. Fece rientro nell’atmosfera terrestre dopo due anni.

Il 19 agosto 1960 partì dalla Terra lo Sputnik 5 con a bordo due cagnoline, Belka e Strelka, insieme ad alcuni altri animali e piante. Il satellite rimase in orbita per 25 ore e al suo rientro gli animali, anche se disorientati, si presentarono in buone condizioni di salute. La missione, nel quale venne testato il sistema di rientro della capsula, fu un successo.

Il 1° dicembre 1960 venne lanciato lo Sputnik 6 con a bordo altre due cagnoline: Pchelka e Mushka. Questa nuova missione mise in luce varie problematiche nelle fasi di ritorno della capsula sulla Terra. La navicella era dotata di retrorazzi che avevano la funzione di controllare, con una certa approssimazione, dove sarebbe atterrata, ma qualcosa non funzionò e della navicella non si ebbero più notizie certe.

Nel corso degli anni sono state avanzate due possibili teorie: la prima sostiene che la navicella si sia inabissata nell’Oceano Pacifico e sia stato così impossibile rintracciarla, mentre la seconda sostiene che sia stata distrutta attraverso cariche esplosive per non farla finire in mani straniere.

Dopo questo parziale insuccesso l’Unione Sovietica spostò la sua attenzione su un nuovo programma spaziale: Venera. Il 4 febbraio 1961 lo Sputnik 7, con a bordo una sonda, venne inviato verso il pianeta Venere. A causa di un malfunzionamento del sistema di propulsione che avrebbe dovuto lanciare la sonda verso Venere, il corpo non riuscì mai a uscire dall’orbita terrestre e cadde in Siberia. I russi però avevano preparato una sonda gemella che venne posta nello Sputnik 8, noto anche come Venera 1.

Dopo il periodo caratterizzato dai test iniziali del programma Venera, i russi ripresero le missioni per testare l’affidabilità e l’idoneità per il trasporto umano delle capsule Vostok. Per questo motivo nel marzo 1961 vennero lanciati lo Sputnik 9 (9 marzo) e lo Sputnik 10 (25 marzo).

Lo Sputnik 9 aveva a bordo una cagnolina, Chernushka, un porcellino d’india e qualche topo, mentre sullo Sputnik 10 vi era una cagnolina di nome Zvezdochka.

Oltre agli animali, in ambedue le missioni venne utilizzato un manichino, chiamato Ivan Ivanovich.

I russi brevettarono un sistema separato per il rientro a Terra dell’astronauta, con il sedile eiettabile, e della capsula con gli animali.

Tutte e due le missioni furono un successo e posero fine al programma Sputnik che rappresentò un punto chiave per l’esplorazione dello spazio.

Riccardo Bernocchi, 5 B Scientifico

 

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Chang-e4: on the dark side of the Moon

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su Chang-e4: on the dark side of the Moon

There’s a dark side of the moon that we never see due to the synchron rotation. China sent a lander and a rover to this hidden face of our satellite.

The motion of the moon and the one of our planet are now synchronised: the rotation period of the moon lasts exactly as the revolution period of the Earth.

This is the reason why we can’t see with our eyes this hidden part. The first pictures of this dark side was observed on 10th October 1959 by the Soviets during an overflight.

On Christmas Eve 1968, three American astronauts were the first ones to see directly this hidden face (Mission Apollo 8, with Frank Borman, James Lovell and William Anders).

From a morphological point of view the dark part has more craters than the part facing our planet because the Earth protects this side of the moon from meteorites  while the other one has no protections.

We sent rovers on Mars but until the Chang-e4 mission we have never overview the hidden face of the moon, despite we took pictures of it sixty years ago. This is because on this side is impossible for astronauts or probes to communicate with Earth, until the Chinese, on May 2018, sent a probe called Queqiao, that acts as a radio bridge, to collect the information from the mission Chang-e4. The Chinese made this historic mission for different reasons.

The conquer of the moon is one of the most important goals of the space agencies of the world. Furthermore the hidden side of the moon is an unknown region and the Asian agency wants to investigate on morphological and mining aspects that will help scientists to better understand the evolution of the moon and of the solar system.

Stefano Macchia, 3 A Scientifico

 

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La Terra: né sferica, né piatta

Posted by admin On Aprile - 6 - 2019 Commenti disabilitati su La Terra: né sferica, né piatta

Molte persone danno per scontato che la Terra sia sferica, ma come reagirebbero se io affermassi invece che il nostro pianeta non possiede la forma di una sfera? Molto probabilmente alcuni leggerebbero ciò che ho appena scritto, e  penserebbero che io non stia facendo nient’altro che disinformazione.

Tutto questo però non è per niente vero, poiché è normale che la teoria della perfetta sfericità della Terra presenti molte piccole imperfezioni sul piano scientifico e matematico.

Innanzitutto, la Terra assume la forma di un geoide di rotazione, e non quella, precisa e geometrica, di una sfera.

Per chi non sapesse cosa sia un geoide, basti sapere che è un “compromesso” tra la sfera, che rappresenterebbe la Terra, e i punti più alti (le vette delle montagne, le colline, ecc…) e più bassi (le depressioni, i fondali marini e oceanici, ecc…) della superficie del nostro pianeta. Penso infatti che non ci sia bisogno di specificare che la superficie del nostro pianeta sia costituita da montagne, pianure, colline, mari e oceani, e che non sia uniforme.

Inoltre c’è da considerare che il nostro pianeta, a causa della rotazione che effettua ogni giorno su se stesso, viene leggermente schiacciato sui poli, come se ci fosse una gigantesca pressa idraulica che continua appunto a premere incessantemente, deformandolo.

Nonostante ci siano parecchie teorie scientifiche che sostengono questa mia affermazione, le persone continuano a pensare che la Terra sia semplicemente una grossa sfera che ruota su se stessa, sbagliando: scienziati come Isaac Newton (Woolsthorpe-by-Colsterworth, 25 dicembre 1642 – Londra, 20 marzo 1727), avevano già parlato del fatto che la Terra non fosse perfettamente sferica. D’altro canto, proprio al giorno d’oggi, ci sono perfino molte persone che credono ancora che il nostro pianeta sia piatto come un disco.

Filippo Mancuso, 2 A scientifico

 

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Fairchild A10: the retirement of a legend

Posted by admin On Aprile - 1 - 2019 Commenti disabilitati su Fairchild A10: the retirement of a legend

1972.After almost ten years of development a new aircraft took off for the first time. Four years later it entered service with the US Air Force and the USMC. Since then, every soldier who fought in any branch of the us military force learnt to recognize the whistling sound of its engines, the beauty of its shape and, above all, the buzzing sound of its main gun. I’m talking about the Fairchild Republic A 10 thunderbolt II, more simply called the Warthog.

This aircraft has a long history and it is considered by many the best CAS (close air support) aircraft ever produced. This year, however, this legend could see the end of its career due to the age of its airframe. Even if the congress wants to keep it flying to reduce the costs of the probable development of its needed successor, the US Air Force itself is reluctant on that point.

Currently there are 103 million dollars of budget to complete the urgent replacement of the wings on the fleet of A 10 in use, but this will probably never happen. As Todd Mathes, an officer of the Air Force, told us: Spending so much money on an old aircraft is no longer worthy for the congress nor for the taxpayers”.

Their plan is to leave the already upgraded aircrafts (about 171) in use for at least five years and retire all the others (about 130), bringing the number of squadrons from 9 to 6. Although this is the official path chosen by the US  Air Force, someone disagree. According to captain Martha McSally, a former A10 pilot and squadron commander, 6 squadrons would not be enough to meet the needs of the troops in the field. It has to be said that, despite the Warthog has proven itself to be the most effective and most in demand aircraft to protect ground troops in Afghanistan and Iraq, the Air Force had repeatedly attempted to shrink or cancel the A 10 program.

In 2007, for instance, Boeing won the contract to build new wings and other parts of the airframe. Air Force leadership, however, allowed this contract to lapse in 2016, this resulting in an extra cost of about 103 million dollars to restart the wings production line.

Nowadays, without new wings, the Air Force is able to force the hand of the congress and retire the older aircrafts claiming it had no choice as a result of metal fatigue.

Whatever will be the future of this mighty aircraft it will always be remembered from the ones who fought with its shadow in the sky, knowing that it means an extra chance to return home alive. 

Matteo Bramati, 5 B Tecnico

 

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Amore per l’astronomia: il futuro

Posted by admin On Aprile - 1 - 2019 Commenti disabilitati su Amore per l’astronomia: il futuro

di Filippo Mancuso, 2 A Scientifico

Dr. Stephen Hawking, a professor of mathematics at the University of Cambridge, delivers a speech entitled “Why we should go into space” during a lecture that is part of a series honoring NASA’s 50th Anniversary, Monday, April 21, 2008, at George Washington University’s Morton Auditorium in Washington. Photo Credit: (NASA/Paul. E. Alers)

Fin dall’inizio della storia dell’umanità, l’astronomia ha affascinato molte persone, e tra queste vi sono io, un quindicenne che ha fatto di questa materia la sua passione più grande. Le stelle, i pianeti, lo spazio, le galassie e l’origine dell’Universo, argomenti che nascondono al loro interno formule parecchio complesse, che nella maggior parte dei casi riescono a sconvolgere la mente umana e tutte le nostre certezze insignificanti.

Queste formule sono incredibili, perché non descrivono solo fenomeni come l’origine del cosmo, la vita di una stella e la formazione dei buchi neri, ma anche svariate situazioni che ci ritroviamo ad affrontare quotidianamente. Per questo l’astronomia mi ha sempre affascinato, fin da piccolo, facendomi porre grandi interrogativi. Dopo 9 anni ho risposto solo a una piccola parte.

Siamo soli nell’Universo? Cos’è successo prima della creazione di tutto ciò che conosciamo? Esiste veramente un’entità sovrannaturale che controlla tutto?

Queste sono solo alcune delle domande che mi son posto, e a cui ancora oggi non riesco a trovar risposta. Stephen Hawking è da sempre stato il mio idolo, poiché ha saputo trovare risposte concrete per alcune di queste riflessioni che mi stavano tormentando. Stephen Hawking è stato colui che ha rivoluzionato sotto tutti i punti di vista i concetti che costituivano l’astronomia.

Questa persona, conosciuta per la sua intelligenza innata, e per le sue scoperte riguardanti lo spazio e i buchi neri, è ancora per me un punto di riferimento da seguire: già a 11 anni riuscivo a comprendere in parte vari argomenti riguardanti l’astronomia, e questo perché ascoltavo le sue interviste, esaminavo con attenzione le sue teorie, e leggevo con grande interesse i suoi libri.

Un giorno vorrei poter dedicare più tempo a questa mia passione, lavorando nell’ambito delle scienze astronomiche.

 

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The adverse life of Howard Hughes

Posted by admin On Aprile - 1 - 2019 Commenti disabilitati su The adverse life of Howard Hughes

If we try to summarize Howard Hughes’ life in 1 word, the best possible choice is “Adversity”, which he surpassed with his geniality and hard work. Surely, it’s undeniable that the American aviator and producer had an harsh existence.

Since he was a child he had been affected by Compulsive – Obsessive Disorder which led him to insane behaviours, he was a maniac of personal cleanliness due to his germaphobic attitude and he was a little deaf.

He was a great fan of aviation, that was a new field to discover and develop at the beginning of the century and his intuitions were mixed with cinematography. We can define his movie “Hell’s Angels” the first colossal in Hollywood’s history, but even here difficulties were not missing. He took a really big risk investing almost 4 million dollars, which was an unthinkable  sum of money for a film at the time.

Hughes is mostly known for his huge contribution on the engineering aspects of aviation. Maniac of perfection, often his projects slew down because he focused too much on little details, but his attitude in solving problems and dealing with new challenges was impressive. 

The biggest adversity Hughes went through is doubtless the trial he was submitted to, because he was accused of war-profiting during WWII. He won the process brilliantly, rejecting every accuse.

His life is inspiring because it teaches us how to face problems and solve them.

Davide Casiraghi, 5 B Tecnico

 

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Mario Villa racconta Dore

Posted by admin On Agosto - 28 - 2018 Commenti disabilitati su Mario Villa racconta Dore

Il 21 aprile all’Aeroclub di Bergamo è stato inaugurato un nuovo monomotore di ultima generazione Cessna  172,  in ricordo dell’ex pilota militare sardo, Giuseppe Dore, mancato nel 2015, che trascorse 30 anni della sua vita professionale operando lì. “Il nuovo aeroplano porta la sigla I-BGDO: I come Italia, BG come Bergamo, DO come Dore”, spiega il pilota Mario Villa, suo ex allievo.

Come ha conosciuto Dore?

Io sono in aeroclub da quando avevo 6 anni perché volavo con mio papà. Dore è arrivato qui come istruttore part-time perché lavorava anche a Brescia; ho iniziato a conoscerlo a 12 anni e a 16, nel 1985, ho conseguito il brevetto Ppl con lui, mentre affiancava i vecchi istruttori militari che stavano per andare in pensione.

Le tappe fondamentali della sua vita?

Dore ha fatto dall’inizio il pilota professionista, nel 1978 era istruttore dei piloti militari in Libia con i Siai SF 260, aeroplano italiano d’addestramento e molto bello. Rientrato dalla Libia ha poi iniziato a fare voli postali notturni, portando materiale in tutta Europa conducendo bimotori, con i commander e i Mitsubishi mu-2. A inizio anni ’90 Giuseppe diventò pilota privato dello stilista bergamasco Trussardi, con un bimotore a pistoni, un Cessna 340, e successivamente con un Cessna Citation 2 C551 della compagnia aerea Action Air in cui era istruttore, capo-piloti e Direttore Operazioni Volo (DOV)

Che tratti del suo carattere ricorda?

Dore era molto carismatico con gli allievi e le allieve: era molto, molto  signore. Era una persona assai particolare, un bravissimo istruttore e una brava persona che ci sapeva fare anche in compagnia.

Quali sono le principali caratteristiche del nuovo velivolo?

Il Cessna 172 è uno dei più diffusi aerei al mondo da turismo, ne hanno costruito più di 40 mila esemplari dal 1955; è un aeroplano che si è evoluto negli anni, migliorato, rivisitato, corretto: basicamente è rimasto quello, ma è cambiata l’avionica. Questo velivolo ha una tecnologia davvero avanzata, dotato di un sistema Ads-B, che è in grado di trasmettere agli aerei presenti nelle vicinanze la posizione del mezzo in tempo reale e di ricevere la loro. Un investimento importante sul fronte della sicurezza, siglato in ricordo di Giuseppe Dore, in quanto persona importante e che ha dato molto all’Aeroclub di Bergamo, come istruttore, appoggio e competenza.

Dore sarebbe anche oggi un grande istruttore di volo?

Sì, senz’altro! Gli istruttori fino a 30  anni fa erano tutti pensionati dall’aeronautica militare, con grande esperienza e a loro volta avevano avuto per istruttori piloti di guerra, con bagaglio d’esperienza “volatoria” non indifferente. Man mano si va avanti, purtroppo, gli istruttori saranno sempre di “minor qualità”, in quanto formati in poche ore e con minor esperienza, istruttori che devono fare ore di riempimento. Un istruttore come Dore, quindi, manca. Noi a Bergamo siamo fortunati perché ne abbiamo un altro con un’esperienza simile alla sua, ma man mano vanno avanti le generazioni più si sentirà la mancanza di queste grandi esperienze di volo, decine di migliaia di ore svolte con ogni tipo di aeroplano, leggero, medio o pesante. La versatilità di un istruttore dipende proprio dagli aeroplani che pilota o sui quali insegna.

Milena Zeduri, 1 A Scientifico

 

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L’Aeronautico e la Marina

Posted by admin On Agosto - 27 - 2018 Commenti disabilitati su L’Aeronautico e la Marina

L’Aeronautico di Bergamo raggiunge la Base Navale della Marina Militare di La Spezia: è avvenuto il 9 aprile, con  visite guidate dai membri della forza armata all’Arsenale Militare, a Nave Italia e al Museo Tecnico Navale della Marina Militare. Il viaggio d’istruzione è iniziato alle 8 con la partenza per il viaggio a Firenze della seconda classe dei corsi sia liceali che tecnici dell’Istituto e, dopo circa tre ore, arrivati a destinazione, c’è stato il tempo per fare un breve giro per le vie principali della cittadina.

Alle 14 ci siamo incontrati a Porta Marola con il Capitano di Corvetta Enrico Costagliola, che ci ha accompagnato per tutta la giornata.

La visita è iniziata con l’Arsenale Militare dove ci sono state mostrate le varie fasi di revisione e prova degli armamenti montati sulle navi e anche delle armi degli equipaggi: abbiamo addirittura avuto la possibilità di vedere come funziona il sistema di caricamento di un cannone e la successiva rimozione del bossolo.

Dopo aver ricevuto una dettagliata spiegazione del lavoro delle officine dell’arsenale, ci siamo spostati verso l’unità navale che è usata dalla Marina Militare per il lavoro di accompagnamento di persone affette da disagi sociali e psicologici durante il periodo estivo.

Questo brigantino, Nave Italia, è proprietà di un’associazione, “Tender to Nave Italia”, che, nascendo dalla collaborazione tra Marina Militare e Yacht Club Italia, fa sì che persone che hanno bisogno di assistenza, affette dalle più svariate problematiche, dalla trisomia del cromosoma 21 all’autismo, possano vivere un momento di vita che li pone davanti a sfide che per noi possono essere banali ma che per loro possono risultare complesse: sbucciarsi una mela, rifarsi il letto, e compiere attività nautiche basilari.

Visitando questa realtà, spiegataci in maniera esaustiva ed entusiasta dal comandante della nave, Capitano di Fregata Marco Filzi, ci siamo resi conto di quanto questo impegno risulti essere quasi sconosciuto ai più, ma molto importante e interessante: dimostra il grandissimo impegno della Marina Militare nell’ambito sociale.

Ci siamo quindi spostati verso il Museo Tecnico Navale della Marina Militare. Lì il Capitano Di Vascello Giosuè Allegrini ci ha guidati in un percorso molto interessante, sapendo coinvolgere abilmente e grazie alla sua passione gli alunni, ed essendo in grado di dare spunti di riflessione e curiosità poco note.

La visita si è articolata attraverso le sale del Museo, concludendosi nella sala delle Polene, che custodisce al suo interno importantissimi tesori in originale e riproduzioni fedeli di queste sculture di inestimabile valore, da sempre poste sulla prua dei velieri. La visita si è conclusa con un cordiale incontro nell’ufficio dell’ammiraglio di divisione Giorgio Lazio, durante la quale il dirigente scolastico dell’Istituto “Antonio Locatelli”, professor Giuseppe Di Giminiani, e l’ammiraglio si sono scambiati i rispettivi CREST.

Guido Junior Maria Pedone, 4 B Scientifico

 

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