Così veloci, ma per molti sempre troppo in ritardo. Così tecnologici, ma per qualcuno mai troppo sicuri. Così precisi, ma così criticati come imperfetti. Così moderni, e così orgogliosi del passato. Sono sagome biancastre a cui si attaccano le nostre speranze perdute.
Promesse che ci eravamo fatti tanto tempo prima e che non verranno mai mantenute, al massimo finiranno come graffiti lavati dal martellare incessante e costante della pioggia del tempo. Ogni goccia è la lancetta di un cronometro che corre all’indietro nonostante la nostra noncuranza, un subdolo fantoccio che ci oscura la vista finché non mancano una manca una manciata di secondi.
Gli aeroplani sono macchine complesse.
Dietro a ogni singolo loro componente c’è un nome: il nome, di uomo o di donna che esso sia, spesso è ignorato da tutti, compreso il più grande esperto di aviazione di tutti i tempi.
Dietro a ognuno di quella miriade di nomi e ancora nomi, c’è una storia. Ci sono storie lunghe e ci sono storie corte, ci sono storie belle e ci sono storie brutte, racconti di vittorie o di sconfitte.
Piogge che hanno lavato via scarabocchi figli della noia, altre che hanno cancellato interi affreschi di gigantesche cattedrali gotiche.
Dietro a ogni passeggero, che sia seduto su un fracassato sedile di economy o una comoda poltrona di prima classe o di business, c’è una storia. Piccola, grande, importante. Unica.
Troppi addii, troppi arrivederci non rispettati, pochi ritorni attesi, con un pizzico di rancore di cui nessuno sa mai spiegare il perché.
Matteo Bevilacqua, 2B Ls