La didattica a distanza è stata introdotta come nuova modalità di insegnamento a causa della pandemia globale. Non avendo possibilità di avere un rapporto diretto tra insegnanti e studenti, infatti, è stato scelto di continuare i programmi scolastici (almeno parzialmente, a seconda dei periodi) su piattaforme di videochiamata, tra cui le più famose sono Meet, Teams e Zoom. Tuttavia questi programmi esistevano già prima, utilizzati per necessità lavorative: erano impiegati per videoconferenze, soprattutto nelle professioni in cui si era soliti viaggiare. Si è introdotta questa funzione perciò anche nelle scuole.
Si sono notati ben presto, però, i tanti difetti che la didattica a distanza possiede. I problemi di connessione, di audio, i bug: sono solo alcuni dei problemi tecnici che presenta. Non è infatti raro sentire qualche alunno affermare di non sentire bene il professore durante le lezioni: la sua voce la si sente in lontananza, a scatti, quasi fosse un robot in preda a un errore di calcolo. E i ragazzi di risposta pronunciano la famosa frase “Non la sento, prof!”.
Come conseguenza, gli studenti usano questa scusa a loro vantaggio, saltando interrogazioni, domande e, magari, anche verifiche. Alcuni spariscono completamente – e insieme le loro tracce -, altri svaniscono solo se gli si viene chiesto qualcosa inerente alla spiegazione. Comunicano che non riescono ad accendere l’audio, ma al finire della lezione non mancano mai, puntuali, all’arrivederci. Copiare è d’obbligo: da internet durante le interrogazioni, dai compagni durante le verifiche scritte. Si può chiamare scuola, questa?
Per non parlare dell’aspetto umano dell’istruzione, perché, fino a prova contraria, lo si è totalmente eliminato. Gli insegnanti sembrano infatti parlare con il proprio dispositivo elettronico e gli studenti osservarlo ed ascoltarlo. E i dibattiti, i sorrisi, i rimproveri, i chiarimenti: tutte cose presenti nella scuola e limitate, se non del tutto annullate, dalla DAD.
Questi sono dati preoccupanti: la scuola se non include non funziona, lo ha provato proprio questa nuova modalità. Certo, anche la didattica in presenza non è rose e fiori. Molti ragazzi delle superiori affrontano la sofferenza di alzarsi alle cinque, di cambiare diversi mezzi pubblici a quell’ora infame, di sentire il freddo di gennaio la mattina presto. E purtroppo, non è una cosa da poco. E poi l’ansia di includersi, di accettarsi, delle verifiche, del commento dei genitori, del giudizio dei prof…
Molti alunni non si sentono a proprio agio con la scuola: preferiscono quindi rimanere a casa e parlare con il proprio computer che andarci. Tuttavia, l’alzarsi presto, orientarsi, affrontare le proprie paure e i giudizi degli altri, imparare dai fallimenti: non sono forse situazioni importanti da cui apprendere? Nella vita queste sono pane quotidiano, e prima si acquisisce esperienza, prima le tratteremo con leggerezza e serenità.
Ma essere passivi alla lezione, discutere con il proprio dispositivo, copiare e non venire richiamati: questi sono forse insegnamenti da cui trarre maturità? L’unico insegnamento sicuro e garantito che ci ha dato la didattica a distanza è che il contatto fisico e visivo serve, eccome: sia per l’acquisizione delle conoscenze, sia per far fronte alle difficoltà future.
Francesca Tomasoni, 2 A Scientifico