In questi ultimi mesi Milano (ma con lei molte altre città) ha subito un’invasione. Si vedono in giro infatti sempre più “riders”, fattorini che consegnano ogni sorta di cibo a domicilio per tutta la città. Quasi sempre queste persone hanno un vestito ad alta visibilità e portano con sé una scatola, con il marchio dell’azienda per cui lavorano, in cui mettono il cibo.
Si spostano solitamente in bici, anche se camminando per le strade durante la pausa pranzo o all’ora di cena si possono notare come alcuni di essi usino i mezzi più disparati, come motorini, monopattini o addirittura automobili. Il cibo si ordina attraverso una applicazione e in pochi minuti si vedrà arrivare sotto casa il fattorino.
Durante una giornata di vacanza stavo mangiando una pizza in un ristorante aderente a una delle tante aziende che controllano i “riders” e, dopo che in mezz’ora, ne erano arrivati più di una dozzina, mio padre mi chiese se fosse davvero necessario che in una città come Milano, dove c’è un ristorante ogni dieci metri, le persone dovessero ordinare il cibo con un’app invece di camminare cento metri per prenderselo da soli. Ho ragionato un po’ e mi sono reso conto che le svariate applicazioni per ordinare il cibo hanno una caratteristica in comune: consigliano maggiormente i ristoranti più vicini per fare percorrere al fattorino una distanza minore e fare più consegne in meno tempo. Questo fa sì che, essendo la spedizione quasi sempre gratuita, le persone non si muovano più dal loro divano neanche per andare alla pizzeria sotto casa. Non la ritengo una cosa giusta in una società dove più di un terzo della popolazione adulta è in sovrappeso e oltre una persona su dieci è obesa.
Questo fenomeno tuttavia ha anche un lato positivo: crea molti posti di lavoro che, anche se senza diritti e tutele, permettono a disoccupati o studenti di racimolare qualche soldo, a volte anche milleduecento euro al mese se si lavora sessanta ore a settimana.
Tuttavia i rischi ci sono e non sono nemmeno pochi. Queste persone, infatti, a causa dei limiti di tempo che sono costretti a rispettare, sfrecciano a tutta velocità (senza rispettare i semafori) negli orari di punta e, girando in auto di sera, è davvero facile vedere questi ciclisti che corrono per arrivare puntuali, rischiando molte volte di fare incidenti: all’ordine del giorno, dato che solo a Milano ci sono più di duemilacinquecento riders.
Purtroppo queste persone sono ancora poco tutelate e non si sa ancora se la situazione migliorerà. Per il momento si può solo sperare che nel futuro ottengano, almeno, uno stipendio più alto e maggiori tutele lavorative.
Francesco Magni, 2 A Scientifico