di Davide Della Tratta, 5A Ls –
Quante persone strane ci sono al mondo? E quanti di voi pensano che più si è pazzi e più si diventa famosi? Pensateci, ma adesso tenterò di dimostrarvi che la vita è fatta di avvenimenti inaspettati e che non serve essere per forza un talento per ricevere popolarità, quanto piuttosto un po’ di originalità. Inizio col dirvi che di tutto questo ne sapeva qualcosa Joshua Abraham Norton: non so quanti abbiano riconosciuto questo nome, ma tranquilli, ora ve lo presento.
Londra, 17 Gennaio 1819: nasce in una casetta un bambino di nome Joshua. È una famiglia agiata, la sua, e il padre è un imprenditore in carriera. Joshua trascorre tutta la giovinezza in Sudafrica, fino quando, spinto dalla sua fama di “paese delle possibilità”, a 30 anni si trasferisce a San Francisco, Stati Uniti. Il padre crede in lui: gli lascia 40.000 dollari per costruirsi una vita, e ci riesce.
Joshua diventa a sua volta un ricco imprenditore, ma a distanza di qualche anno, una scelta sbagliata gli cambia la vita: un investimento andato male su un carico di riso lo rovina. Si ritrova per strada. Tenta di recuperare i soldi attraverso vari ricorsi ma la Corte gli dà torto. A questo punto non vede altra scelta: un esilio volontario lontano dalla California, da cui però ritorna illuminato. Perché non modificare radicalmente il sistema (tanta audacia o pazzia è il dubbio)? 17 settembre, 1859: “A perentoria richiesta e desiderio di una larga maggioranza di questi Stati Uniti, io, Joshua Norton, […] dichiaro e proclamo me stesso Imperatore di questi Stati Uniti”. E la storia divenne leggenda.
Non posso nemmeno immaginare l’espressione di chi aprì la lettera. So solo che molti la gettarono nel cestino. Un simpatico direttore però, quello del San Francisco Bulletin, decise di pubblicarla con tono ironico e fu… un successo!
Vestito con un’uniforme blu e impugnando un bastone a mo’ di sciabola che usava anche per aiutarsi a camminare, iniziò a dispensare consigli di vita e proclami a tutta la città col nome di Norton I.
Con la sua crescente fama intraprese ispezioni nei cantieri navali e nelle strutture pubbliche, tenne interventi e si proclamò anche Protettore del Messico.
Forse per compassione, forse per il carattere, forse perfino per la sua audacia, in San Francisco Norton I era considerato alla fine veramente come l’imperatore e come tale visse fino al suo ultimo giorno di vita.
Non mancò di far stampare carta-moneta propria, oltre tutto ben accetta in città, e arrivò perfino a sciogliere il Congresso degli Stati Uniti a causa della corruzione di cui era disseminato. Ovviamente su questo punto non fu mai preso sul serio.
E pensate che sciolse la Repubblica in favore della monarchia, licenziando quindi anche un personaggio della caratura di Abraham Lincoln! Già, proprio lui, l’allora presidente degli Stati Uniti d’America.
Ma non finisce qui: fece anche arrestare il suo successore Andrew Johnson, condannandolo a pulire i suoi stivali. La polizia di San Francisco prese in mano la situazione in congiunta alle istituzioni: tentò di arrestarlo per sottoporlo a esami psicologici.
Nulla da fare, non sia mai: nel giro di qualche giorno dovettero rilasciarlo e il capo della polizia, Patrick Crowley, fu costretto a scusarsi con lui a causa della contrarietà della popolazione.
L’imperatore diventò una leggenda vivente. Non doveva pagare i trasporti pubblici, i ristoranti gli offrivano gratuitamente il cibo e riuscì anche a placare una rivolta anti-Cina interponendosi fisicamente tra le fazioni e sottolineando la virtù della tolleranza.
Non possiamo sapere se davvero fosse malato di mente, anche perché gli esami non riuscirono a farglieli.
Sta di fatto che lui faceva seriamente, seriamente credeva nel suo incarico, così come ci credeva la popolazione di San Francisco. D’altronde, cosa serve a un sovrano per essere tale se non il consenso dei suoi sudditi?
Era un barbone, ma fece di questa sua condizione qualcosa di innovativo e rivoluzionario. Fu originale, ci credette, ebbe carisma, virtù.
E se si può essere vagabondi e imperatori allo stesso tempo, allora nessuno ci vieta di diventare chi vogliamo.