E venne il giorno delle elezioni, il primo voto per molti neo maggiorenni.
La mattina del 24 febbraio pareva una giornata natalizia e, anche se in ritardo rispetto alla stagione, la neve ricopriva abbondantemente strade e marciapiedi, e il cielo era di un color bianco infinito.
Quella mattina però a aspettarmi non c’erano l’abete decorato e sontuosi regali, bensì la mia tessera elettorale, nuova fiammante. Era lì, sul tavolo, mi attendeva da tutta la notte, pronta per essere usata per la prima volta, per una causa nobile e importante: decidere le sorti del Paese.
Mi recai così alla scuola media del paese, sede del seggio, e notai con stupore l’assenza quasi totale di persone: la neve aveva scoraggiato molti dall’uscire, a eccezione di alcuni highlander decisi a esercitare il proprio diritto di voto. Riuscii a raggiungere la scuola con molta fatica, dovetti fare la strada a piedi immerso in più di trenta centimetri di neve, rischiando rovinosi scivoloni.
Davanti all’urna, gli scrutatori mi diedero due fogli, uno per la Regione, e uno per la Camera. Seppur convinto delle mie idee politiche, quando mi ritrovai a votare accusai un po’ di panico: non sapevo cosa aspettarmi e, quando aprii i fogli, un’insieme di simboli mi travolse causandomi ulteriore confusione. Messi a fuoco i singoli simboli, ognuno per ogni partito, riacquistai il controllo ed espressi il mio voto. Finalmente, per la prima volta, mi sentii cittadino italiano a tutti gli effetti: finalmente contavo qualcosa anche io. Quella semplice crocetta sul simbolo significava, in realtà, la massima espressione di quella democrazia che fino a quel momento non avevo sentito ancora mia.
Edoardo Dama, 5A Ls