Saturday, November 1, 2025

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Il segreto? Siamo una squadra

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Il segreto? Siamo una squadra

Punto di forza della nostra scuola, da sempre è il suo fondatore e nostro preside Giuseppe Di Giminiani, che anche nei momenti più difficili non ha mai smesso di spronarci e incitarci a combattere e resistere. Durante lo scorso lock-down, separato a forza da tutti noi studenti, ogni mattina ha aggiunto ai suoi compiti anche quello di far visita virtuale a tutte le classi, collegandosi in Meet per un saluto a studenti e docenti, e anche con questo nuovo anno scolastico non s’è perso d’animo: anche diviso tra l’istituto Locatelli di Bergamo e la “scuola sorella” di Grottammare, non ha mai fatto mancare la sua vibrante presenza. Perfino quando anche lui è risultato positivo, improvvisamente, al temuto Covid-19: ma l’affetto della sua grande famiglia scolastica gli ha fatto superare anche questo scoglio. “Il vostro comandante ha vinto anche questo nemico, anche questa battaglia è superata”, ha tuonato ridendo dai monitor di diverse classi nei giorni scorsi. Lo abbiamo voluto intervistare.

Preside, è un anno difficile quello che si prospetta, tra cambi continui delle norme nazionali e regionali e realtà di tutti i giorni. Come la vede?

Credo che questo anno scolastico sarà molto difficile e che quello in cui ci troviamo ora, in particolare, sia il periodo peggiore. Sono amareggiato perché penso che questa situazione si sarebbe potuta evitare se non avessero trascurato la scuola questa estate e, soprattutto, se avessero trovato nuove soluzioni per quanto riguarda i mezzi di trasporto.

La nostra scuola sta gestendo bene la situazione: diversamente da molte altre in città le lezioni stanno proseguendo senza interruzioni e a pieno ritmo. Qual è il segreto?

Noi siamo stati da sempre un gruppo molto unito, una squadra, e credo che sia stato questo il segreto. Infatti i miei ragazzi hanno capito immediatamente l’esigenza di dover andare avanti, ed è anche grazie al loro grande spirito di appartenenza se è stato possibile per noi attivare da subito la didattica a distanza, sia lo scorso anno che ora.

Cosa ne pensa della didattica a distanza? Lo scorso anno ci ha permesso di lavorare bene mentre tante scuole erano ferme.

Da noi la didattica a distanza funziona, ma purtroppo solo per quanto riguarda la distribuzione di nozioni. Certo, ogni professore riesce a svolgere le proprie lezioni come a scuola, ma in questo modo, a causa della distanza, credo e temo che non si riescano a trasmettere gli stessi valori importanti per la crescita educativa e l’affetto.

Lei vive in convitto coi ragazzi, a stretto contato: come hanno reagito a tutte le nuove regole, quando ancora si poteva stare in presenza?

Il convitto è un luogo importante in cui ho sempre vissuto: penso sia giovevole per la crescita dei ragazzi. Infatti gli alunni hanno la possibilità di conoscersi e di passare molti momenti insieme, svagarsi e crescere in gruppo. Chiaramente quest’anno non è stato possibile per loro stare insieme come gli anni precedenti, tuttavia hanno accettato le regole non vedendole come un limite bensì come un segno di rispetto dei confronti del prossimo.

E a scuola?

Per quanto riguarda la scuola il discorso è lo stesso. Anche se alcune delle nuove regole sulla sicurezza sanitaria sono molto rigide, loro non hanno avuto troppi problemi ad accettarle.

Abbiamo visto che le novità però non sono solo le regole: sono arrivati nuovi docenti e, soprattutto, nuovi aiutanti in presidenza, nuovi vicepresidi. Qual è il loro ruolo?

Sì, è vero. Da quest’anno ho introdotto due nuove figure cosa che mi permette di affidare loro la parte burocratica, così che io possa occuparmi più del benessere dei ragazzi e dei professori.

Anche a livello strutturale stiamo cambiando, la nuova palazzina ormai ha preso forma: a che punto siamo con i lavori?

È tutto pronto ormai, e l’inaugurazione è stata fissata per il giorno dell’open day scolastico. Questa nuova palazzina non è stata però pensata per far sì che la scuola ospiti più classi o più alunni, ma per comodità. Infatti grazie a questa possiamo allargare gli uffici e i laboratori, e in più sarà possibile ospitare gli alunni più grandi (di quarta e quinta) nelle nuove stanze del convitto.

Pensiamo al futuro, nel breve termine: riusciremo a terminare l’anno in serenità? Cosa può dire a noi ragazzi in questo momento così particolare?

Personalmente credo di sì, penso che in primavera migliorerà la situazione, soprattutto se renderanno disponibile un vaccino. Per quanto riguarda i miei ragazzi raccomando loro di stare attenti e di seguire sempre le regole, anche se scomode.

Un messaggio per proseguire al meglio, nonostante il Covid-19?

Il messaggio è quello di dare il massimo nonostante le difficoltà che ognuno di noi riscontra ogni giorno a causa di questa realtà. So che alcuni professori fanno fatica a trasmettere come vorrebbero valori attraverso la didattica distanza, ma il mio augurio è quello che insieme agli alunni riescano comunque a passare un periodo sereno.

Roberto Scalvini e Camilla Shnitsar, 4 A Scientifico

 

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Avanti con la formazione

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Avanti con la formazione

Il Covid-19 e le limitazioni conseguenti hanno colpito un po’ tutti in Italia, ma in particolare – prima come ora – nel mirino, nel bene o nel male, è sempre finita la scuola. In particolare quella superiore: che proprio nei giorni scorsi, dopo un avvio di apparente normalità, ha dovuto in molte regioni, tra cui la Lombardia, chiudere le porte: nella nostra scuola il Liceo Scientifico, il Liceo Quadriennale e il Tecnico sono stati costretti quindi a tornare in Didattica a distanza (Dad): un provvedimento inizialmente previsto fino al 13 novembre (ordinanza regionale), poi fino al 24 dello stesso mese (su decisione del Governo) e ora, mentre andiamo in stampa, in situazione di nuovo di lock-down totale regionale fino al 3 dicembre. Non così per il Liceo Coreutico (sotto la direzione artistica dell’etoile Carla Fracci), grazie al tipo di attività più laboratoriale e, quindi, meno facilmente attuabile a distanza. Sul punto abbiamo sentito la professoressa Elena De Laurentiis, ballerina, coreografa e docente del Coreutico fin dalla sua formazione.

Professoressa, arriviamo da un periodo di didattica a distanza durante il lock-down che per il Liceo Coreutico in particolare non è stato facile da superare. Come sono andate quelle lezioni a distanza? Quali sono state le maggiori difficoltà per loro e per voi insegnanti?

Noi abbiamo avviato la didattica a distanza immediatamente: già dal 2 di marzo, grazie alla forte informatizzazione dell’Istituto Locatelli, eravamo pronti con la piattaforma online e abbiamo avviato una didattica a distanza anche relativamente alla materie pratiche. Naturalmente, per quanto riguarda il Coreutico, il contesto casalingo non ha le stesse comodità, requisiti e agevolazioni e caratteristiche necessarie per poter fare attività di danza: mancano pavimentazioni adeguate nelle abitazioni, manca il giusto attrito, la flessibilità, non ci sono specchi o sbarre. Non ci sono soprattutto gli insegnanti che ti seguono da vicino e ti correggono. Non c’è il pianista dal vivo. Nonostante queste difficoltà siamo riusciti comunque a trovare un buon compromesso e un sistema di insegnamento per mantenere la forma e le capacità: non siamo purtroppo riusciti a far progredire tecnicamente il programma, proprio a causa delle mancanze tecnico logistiche e di sicurezza, come la sala di danza attrezzata e l’insegnante che ti può correggere. Abbiamo fatto tanto potenziamento muscolare, allungamento, stretching, esercizi e molto altro, ma non abbiamo potuto fare programma di salti  e punte, per esempio, altrimenti avremmo leso muscoli dei danzatori a causa delle condizioni non adeguate a casa.. Abbiamo creato tanto e usato molta fantasia per sviluppare la creatività artistica degli alunni, tanto che abbiamo realizzato un video che racchiude un po’ il lavoro fatto a distanza anche per farli uscire mentalmente dalla situazione che stavamo vivendo tutti quanti e creare. I risultati sono stati molto interessanti e abbiamo distratto i ragazzi dalla triste realtà che ci circondava, primo fra tutto il suono costante delle ambulanze che anche noi docenti sentivamo durante le  lezioni online, visto che la maggior parte dei ragazzi vive in Lombardia. Tutti sono stati bravi ed entusiasti.

Come hanno ripreso le nostre ballerine in queste prime settimane in presenza?

In questo momento i ragazzi del Coreutico si sentono privilegiati e fortunati, perché possono fare lezione in presenza, proprio come previsto dall’ultimo Dpcm (24 ottobre, ndr): questo ha permesso loro di potersi allenare e procedere con il programma e la formazione, cosa che era la loro preoccupazione più grande per loro. Questa è un’età importante per i giovani danzatori, in cui il tempo che si perde difficilmente si recupera, in cui il corpo si forma, si plasma e si modifica e più si avanza più diventa difficile cambiare: ora invece è il momento migliore perché si è più duttili e plasmabili. Ciò che apprendono ora è più immediato anche dal punto di vista dell’ottenimento del risultato. Avevamo necessità di provare e tornare alla nostra sbarra e alla nostra sala di danza. Mi auguro che questo si possa fare per il massimo del tempo possibile, condizioni di sicurezza e ordinanze permettendo.

In quanto attività laboratoriale a loro è concesso lavorare in presenza: come funziona? Sono preoccupate? Sentono la mancanza del resto della scuola?  

Al momento la situazione a scuola è gestibile, quindi siamo in serenità: noi docenti lavoriamo con le mascherine per garantire la sicurezza nostra e dei nostri danzatori, che lavorano in aula danza con i due metri di distanziamento previsti per chi svolge attività pratica e sportiva, anche perché come indicato nell’ultimo Dpcm non indossano la mascherina durante l’allenamento. La rimettono invece quando rientrano nelle loro aule scolastiche. La capienza e l’ampio spazio della nostra sala di danza ci consentono di mantenere la distanza assoluta e quindi la sicurezza. Sicuramente mancano i ragazzi dello scientifico e la vita quotidiana con loro, ma è un momento difficile per tutti e di sacrificio comune: sappiamo che più di così non si può fare e che anzi già stiamo facendo più del possibile e terremo duro, sapendo che riabbracceremo presto anche i compagni. E che torneremo prima o poi alla normalità.

Come va con le attività esterne come i concorsi e gli spettacoli? Tutto fermo da febbraio? Che prospettive ci sono?

Per quanto riguarda le attività extrascolastiche ci stiamo concentrando per ora sulla preparazione dell’open day dell’Istituto Locatelli: di solito facciamo esibizioni di tecnica della danza classica e contemporanea e anche di laboratorio; tutto sarà nel rispetto del protocollo, ma riusciremo comunque  a dare una buona rappresentazione agli spettatori e a chi è interessato a conoscere il nostro liceo coreutico. Le altre attività laboratoriali, con i teatri dove venivano effettuate chiusi, sono ferme purtroppo. Stiamo comunque lavorando, creando e progettando nell’attesa della riapertura dei teatri per calcare nuovamente le scene: è un’attività che ci manca tanto perché è uno stimolo fondamentale per la formazione dei nostri danzatori. Anche a me come insegnante e coreografa manca il pubblico, l’adrenalina e manca soprattutto poter vedere i nostri ragazzi che si emozionano e che si divertono sul palco mentre si donano facendo ciò che amano di più.

Un messaggio per il nostro corpo di ballo?

Al momento è importante tenere i piedi piantati per terra  e concentrarsi sul lavoro che stiamo facendo: purtroppo ritengo sia un dispendio inutile di energie pensare a cosa fare quando ritorneremo in scena: dobbiamo aspettare, queste riflessioni non possiamo farle finché il virus non sia debellato. L’importante è lavorare, restare uniti, concentrati sugli obiettivi, e progredire con la formazione. Se tu avanzi con la formazione fisica, fortifichi il carattere, persegui gli obiettivi, non perdi la motivazione e lo stimolo, quando i teatri riapriranno sarai pronto; in caso contrario avrai ancora tutto da fare e perderai altro tempo. Stiamo quindi con i piedi ben piantati a terra e stiamo lavorando sodo per creare e costruire. Poi del doman non v’è certezza, diceva qualcuno: mi auguro spero presto si possa tornare alla normalità e che i nostri teatri tornino a splendere, ma temo purtroppo che ci vorranno ancora tempo e pazienza, sperando non ci siano troppe perdite a causa i questo virus.

 

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Vaccinarsi è un dovere

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Vaccinarsi è un dovere

Oggi uno dei temi più ricorrenti nei telegiornali e sui giornali è il vaccino contro il Covid-19. Eppure, da alcuni anni, vi è una accesa battaglia sul fronte dei vaccini, poiché alcuni genitori non vogliono vaccinare i figli.

Per quanto il governo, tramite il decreto vaccini, abbia aumentato il numero di vaccinazioni obbligatorie portandole da 4 a 10, vi sono ancora infatti alcuni gruppi di persone che manifestano contro questa imposizione; tra di loro vi sono gruppi di genitori che si rifiutano, appunto, di far vaccinare i propri figli e non si accontentano di esprimere il loro dissenso solo a parole.

Questi gruppi vengono comunemente e generalmente chiamati “No Vax”: a favore della loro campagna e delle loro idee, i manifestanti presentano varie motivazioni, tra cui la presenza di materiale infettivo all’interno dei vaccini. Oltre a ciò, i No Vax  ritengono che molti bambini, che sono stati vaccinati, abbiano  poi avuto seri problemi di salute. Ovviamente c’è anche chi sostiene le numerose teorie complottistiche oppure chi crede che alcune malattie non siano affatto dannose oppure ancora che siano scomparse.

Parlando del Covid-19, la maggior parte delle persone spera in un vaccino, e possibilmente lo attende anche in tempi veloci, eppure anche per questa patologia alcuni sostengono che il virus non esista , che i vaccini non servano a nulla e, soprattutto, che la sperimentazione dei vaccini serva per inserire particelle che reagiscono con il 5G.

La maggior parte delle persone è per fortuna contraria a queste idee, ritenendo giusto vaccinare se stessi e anche i propri figli, poiché è il miglior modo che abbiamo per difenderci dalle malattie.

Se non si è vaccinati, anche le malattie che sembrano più banali possono arrivare a uccidere: e a questo molti non pensano affatto. Inoltre, proprio grazie alle vaccinazioni, alcune malattie possono essere debellate (come è successo con il vaiolo ad esempio, che tanti morti ha fatto). Soprattutto, oltre che a proteggere noi stessi, vaccinarsi ci permette di proteggere anche gli altri.

Per quanto mi riguarda, ritengo che sia corretto vaccinarsi, e credo che le motivazioni dei No Vax siano assolutamente campate in aria. Senza contare che non vi è alcuna prova che vi siano bambini la cui salute sia  stata danneggiata dai vaccini, ritengo che non vaccinarsi sia irrispettoso nei confronti delle altre persone, poiché in questo modo vengono esposte al rischio di essere contagiate.

Inoltre, se fosse vero che il Covid-19 non esiste, tutte le persone morte in questi mesi da chi o da cosa sarebbero state uccise? E, soprattutto, in che modo sarebbe stato possibile ottenere così tanti morti o portare a termine tanti omicidi senza essere scoperti? E ancora: per quale motivo si sarebbe dovuta creare questa messa in scena a livello globale? La spiegazione dei complottisti è semplice: arricchire le case farmaceutiche.

Allora io mi chiedo: se proprio è necessario, non sarebbe più semplice rilasciare un virus già conosciuto in una zona ristretta, in modo da avere già un vaccino collaudato e pronto da vendere? Come ho già detto, queste argomentazioni sono del tutto insensate e prive di logica. Secondo me tutti dovrebbero invece rispettare le leggi riguardanti i vaccini: vaccinandosi e facendo vaccinare i propri figli. Sicuramente rimarrà sempre chi si rifiuterà di seguire i consigli e le leggi, ma con un popolo completamente vaccinato penso che molti problemi sanitari che tuttora abbiamo scomparirebbero, e sarebbe meglio per tutti.

Diego Caloni, 2 A Tecnico

 

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Covid? A loss of million jobs

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Covid? A loss of million jobs

The severe decline in air traffic caused by the Covid-19 pandemic, followed by a slow recovery, will result in a loss of up to 46 million jobs normally supported by aviation worldwide: this is what emerges from new data of the field recently published from the Air Transport Action Group (Atag), an organization of experts of the field based in Geneva.

Under normal circumstances, aviation and tourism linked to it support 87.7 million jobs worldwide. Over 11 million seats are used by the sector itself: airlines, airports, civil aerospace manufacturers and air traffic management.

The near-total closure of the system for several months, and the hiccup reopening mean for the organization that air travel will not return to pre-Covid levels until 2024.

“With the expectation of seeing less than half of the passenger traffic this year compared to what we did in 2019, says the Executive Director of the Air Transport Action Group, We know that many jobs in air transport and the wider aviation industry are at risk. Some companies are already making tough decisions, with many colleagues affected by the recession”.

Stefano Macchia, 5 A Scientifico

 

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Ancora Dad? Noioso e difficile

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Ancora Dad? Noioso e difficile

La didattica a distanza è molto diversa dalla didattica in presenza, e infatti presenta molte problematiche che a scuola non ci sono. Alcune di queste sono la connessione a internet, il problema del microfono che non si attiva quando dovrebbe e funziona quando invece dovrebbe essere disattivato, la telecamera che va e viene: tutto ciò insomma che riguarda la tecnologia.

Secondo me, oltre a questo, andare a scuola è molto meglio sia per quanto riguarda lo studio sia per la possibilità di vedere gli amici, vietati durante il periodo di lock-down. Io penso che le lezioni online siano ottime in situazioni di emergenza, perché non mettono alcuno a rischio e poi, essendo a casa, si ha tutto a portata di mano. In aggiunta è bello anche potersi alzare poco prima dell’inizio delle lezioni. In questo ultimo periodo, però, ho capito che, dopo un po’ di tempo, la didattica a distanza inizia a stancarti, perché ti fa sempre male la testa dopo un’ora e devi stare sempre con gli occhi attaccati al tablet, computer o telefono.

Il lock-down mi ha fatto anche riflettere, sullo studio soprattutto. Poiché io, prendendo appunti, a volte anche tanti, ho sentito questa “carenza”: intendo dire che non riuscivo a stare concentrato a sufficienza, per i più svariati motivi. Questo mi ha reso lo studio più difficile.

A settembre siamo rientrati a scuola, ma i fattori negativi non sono finiti: ci siamo trovati costretti a indossare sempre la mascherina, a igienizzarci le mani dopo ogni contatto, e mille altri gesti che non aiutano a superare l’ansia. In tutto ciò, però, la scuola in presenza presenta tanti aspetti positivi: primo fra tutti il contatto con gli amici, poterli vedere e interagire, uno studio più semplice, maggior concentrazione. Ed essendo io ora in seconda, lo studio è più complesso rispetto allo scorso anno: per questo speravo vivamente di non tornare di nuovo in quarantena. Ora, dopo poco più di un mese, la didattica è tornata purtroppo a distanza: dovrò costringermi a un impegno maggiore per ovviare al problema, e come me credo molti altri.

Io non sono molto contento di essere tornato a distanza, ma una fine anno scolastico molto difficile, mi consolo per aver potuto rivedere, anche se per poco tempo i miei amici, con cui spero di arrivare in quinta, tutti insieme come una grande classe molto unita. Senza trascurare un elemento importante: ho capito che preferisco di gran lunga le lezioni in presenza anche perché a casa, senza i miei amici, mi annoio un sacco.

Diego Dipaola, 2 A Scientifico

 

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Storia di una rivolta mancata

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Storia di una rivolta mancata

14 giugno 3050 a.C.

da qualche parte nella remota terra di Sumer

Caro diario,

tutte le storia antiche sono scritte nelle stelle; incido questa, invece, su una tavola d’argilla e la dedico a te che mi ascolti sempre, a te che sei lo strumento più prezioso che possiedo, ma anche a tutti i posteri che verranno, perché possano rimembrare i tempi in cui noi scribi impugnavamo le redini della società.

Il nostro lavoro è sempre apparso, agli occhi del popolo, un lavoro semplice, destinato a coloro che non erano in grado di lavorare la terra come i contadini. Siamo spesso stati etichettati come i contenitori del grano delle nostre Ziggurat, siamo i ladri, i traditori… La nostra città è sempre stata una delle più deboli, i nobili e il sovrano nuotano nel lusso e nell’ozio, i miei colleghi scribi non portano mai a termine il loro lavoro come dovrebbero, tanto che a volte penso di essere l’unico con un po’ di buon senso.

Oggi, per esempio, io ed un mio collega, Kashir, avremmo dovuto riscuotere le tasse dal popolo ma, come sempre, lui non si è presentato e ho dovuto svolgere il lavoro anche al posto suo. Per ogni persona che passava, il mio senso di colpa aumentava, ogni shekels che riscuotevo era un pezzo di pane in meno per ogni uomo, donna, bambino.

Ogni persona che versava la tassa mi lanciava occhiatacce fulminanti, ma non solo, anche insulti; a volte occorreva l’intervento delle guardie perché certe discussioni sfociavano in veri e propri conflitti. Ero stufo ed esausto, non sopportavo più questa situazione, era il caso che qualcuno facesse qualcosa: la popolazione era stanca e di sicuro mi avrebbe appoggiato, ma avevo bisogno di un capo, così decisi di parlare con il sovrano. Avrei fatto un ultimo tentativo per cercare di farlo ragionare, così dopo aver assolto ai miei ultimi incarichi di contabilità, andai a parlargli.

Il sovrano non era molto sveglio e nemmeno molto intelligente, per questo credevo di avere una possibilità, ma mi sbagliavo: dopo mezz’ora di interminabili discorsi, il sovrano mi disse di smetterla con queste sciocchezze e di continuare con il mio lavoro e di non preoccuparmi di questi affari. Io rimasi spiazzato e disgustato dalle sue parole: egli sosteneva che il problema non fosse la nobiltà o lui stesso, ma del popolo che non riusciva a produrre più viveri.

Pensai che non c’era nessun’altra soluzione se non una rivolta: cercai in tutti i modi di farmi ascoltare, di farlo ragionare, ma lui non mi degnava nemmeno della sua attenzione, sembrava addirittura infastidito dalla mia presenza. Decisi di andarmene e di organizzare una rivolta, e in quel momento il popolo si divise in due parti: coloro che sostenevano il sovrano e ritenevano che la forza degli dei si sarebbe scagliata su di noi se avessimo provato a spodestarlo, e coloro che invece sostenevano la causa. Così la decisione fu presa: al calar del sole avremmo rovesciato il potere.

Ma le cose non andarono come previsto: una spia del sovrano scoprì il nostro piano e fece arrestare e giustiziare tutti gli oppositori. Ed eccoci arrivati alla fine della storia.

È così che il potere assoluto opera, censura e zittisce tutti coloro che si oppongo alla tirannia, ricorrendo al più brutale e ingiusto dei metodi, l’esecuzione. Per questo scrivo questa testimonianza, per far sentire la voce della ragione e dell’innocenza.

Intanto, aspetto paziente la fine della mia vita terrena e prego la dea della giustizia, affinché emetta la giusta sentenza.

Dacca Remus.

Vasil Georgiev Dimov, 1 A Quadriennale

 

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Caligola e Nerone: chi erano davvero?

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Caligola e Nerone: chi erano davvero?

Numerose sono le pagine che compongono il grande libro della Storia e ognuna di esse porta con sé le memorie di antiche popolazioni: i loro segreti, gli ideali che li muovevano, le ombre più buie della loro storia, le innovazioni che donarono alle generazioni successive e, soprattutto, le storie degli uomini che le guidarono attraverso i tortuosi sentieri del destino portandoli, per un motivo o per l’altro, a essere ricordati dai posteri.

In questo tomo ricolmo di verità e menzogne in egual misura, molte facciate sono occupate dal ricordo dell’impero più grande fra tutti: l’Impero Romano. Talmente esteso che sulle sue terre mai tramontava il Sole, grandioso quanto controverso, civilizzatore e oppressore al tempo stesso, talmente magnifico che gli Dei stessi non  osarono porvi limite in durata ed estensione.

Nel corso della sua lunga vita, al suo comando si susseguirono molti uomini degni di potersi fregiare del titolo di imperatore. Essi furono coloro che guidarono le legioni romane alla conquista di nuove terre, che eressero monumenti talmente eleganti e sontuosi da fare invidia alle costruzioni dell’Olimpo stesso, che permisero la fioritura delle arti, un fiore fino ad allora giovane e umile che crebbe a dismisura diventando raffinato e stupendo, tanto che le muse stesse lo usarono per adornare le fluenti chiome.

Ma a queste luminose figure si accostarono anche le tenebre di altri individui, vili e sanguinari, che passarono alla storia non per le grandi imprese ma per i comportamenti immorali, folli e cruenti che caratterizzarono il loro regno.

Fra costoro, due sono i nomi che portano con sé un alone di tenebra talmente scura e cupa che persino l’eterna notte dell’Ade impallidisce al loro confronto: Caligola e Nerone.

Basta udire il nome del primo perché nella nostra mente appaia l’immagine del Senato di Roma affollato di funzionari con gli occhi sgranati dallo stupore e lo sguardo fisso verso il centro della sala dove l’imperatore pone una corona d’alloro sul capo del proprio cavallo, nominandolo senatore al pari dei presenti.

Il nome del secondo evoca parimenti una scena inverosimile, ma ancora più brutale e scioccante della precedente: la notte illuminata a giorno dall’incendio che divora l’Urbe, le fiamme divampano e stringono nel loro mortale abbraccio monumenti, costruzioni, uomini… mentre su un colle, una losca figura avvolta dalle tenebre, ammira la catastrofe accompagnandola con la triste e cupa melodia della sua cetra, le cui note, diffondendosi nel cielo notturno, sembrano quasi incitar le fiamme a divampare ancor più violentemente.

Questo almeno è ciò che riportano le fonti filo-senatorie, le uniche disponibili dato che all’epoca gli unici in possesso delle capacità necessarie per scrivere e interpretare i fatti erano gli appartenenti alle classi aristocratiche, i quali oltretutto consideravano la produzione storiografica una naturale prosecuzione della carriera politica, laddove il sopraggiungere della vecchiaia impediva all’uomo di dedicarsi attivamente alla politica.

Tuttavia la realtà dei fatti è molto distante da ciò che abbiamo studiato attraverso le informazioni forniteci dal Senato.

Infatti basta pensare al nome dell’imperatore Caligola, il cui vero nome era Caio Giulio Cesare Germanico, per trovare una prova dell’amore che il popolo e l’esercito provavano per lui. Difatti “Caligola” era un amorevole soprannome affibbiatogli dai legionari delle truppe di Germania di cui suo padre era il comandante.  Siccome il piccolo Caio aveva trascorso la prima infanzia nel loro accampamento, era diventato la mascotte dello legionari ed essi vi si erano affezionati a tal punto da volerlo vestire come se fosse un piccolo soldato e dunque gli avevano fabbricato delle calzature militari (che in latino si chiamano caligae) in miniatura (caligulae sarebbe dunque il diminutivo)

Ancora prima di diventare imperatore Caligola affrontò numerosi lutti, tra cui quello del padre Germanico e dei fratelli maggiori, perciò passò gran parte della propria giovinezza nascosto nella casa di sua nonna Antonia, di modo da essere al sicuro da un eventuale congiura dell’imperatore Tiberio, responsabile della morte di buona parte della sua famiglia.

Una volta salito al potere, però, la sorte non gli arrise: difatti poco tempo dopo la sua nomina venne colto da un malore che lo portò a un passo dalla morte e mentre Caligola veniva corteggiato da Thanatos i senatori, desiderosi di recuperare il potere e il prestigio perso dall’ascesa di Augusto, progettarono una congiura al fine di detronizzarlo. Tuttavia Caio inaspettatamente sopravvisse alla malattia e, venuto a conoscenza della congiura, condannò e fece giustiziare tutti i senatori coinvolti: purtroppo però da questo momento Caligola vivrà costantemente nel terrore delle congiure organizzate a suo danno.

In seguito a questo evento l’imperatore si allontanò sempre più dal Senato, ormai corrotto e avido di potere, preferendo avvicinarsi ai ceti subalterni per cui attuò varie riforme rivolte al miglioramento dei giochi, per cui la plebe stravedeva. Il Senato non accettò la politica filo-popolare attuata da Caio, che tuttavia non smise mai di schierarsi dalla parte del popolo arrivando persino al punto di condurre un’arringa diffamatoria nei confronti dei senatori, in cui li accusava di essere corrotti, avidi e immorali. Fu proprio da questa arringa che nacque il pettegolezzo dell’elezione a senatore del cavallo di Caligola. Fatto che, se contestualizzato correttamente, non tradisce più alcun segno di follia.

Il rapporto fra imperatore e Senato continuò a incrinarsi finché i patres non riuscirono ad attuare una congiura ai danni di Caio, che infatti venne assassinato nel 41 dopo Cristo nei pressi del teatro. Tredici anni più tardi divenne imperatore Nerone, figlio della sorella di Caligola. L’imperatore attuò  una politica filo-popolare attraverso una riforma monetaria volta a svalutare il solidum aureum, moneta utilizzata dai ceti aristocratici, e a incrementare invece il potere d’acquisto del solidum argenteum, moneta utilizzata dai ceti subalterni. Con questo provvedimento di natura economico-finanziaria, l’imperatore si attirò le ire della classe dirigente.

Inoltre, sempre allo scopo di diminuire le diseguaglianze sociali, Nerone elargì grosse somme di denaro alla plebe per fornirle i mezzi necessari per migliorare le proprie condizioni di vita.

Eppure, nonostante il grande impegno da parte di Nerone per far prosperare Roma e i suoi abitanti, il Senato, corrotto e insensibile al problema della disuguaglianza sociale, non riuscì ad apprezzare le riforme da lui attuate. Infatti, alla morte dell’imperatore, il Senato proseguì nella demonizzazione della sua figura come precedentemente fece per Caligola, arrivando persino a incolparlo di aver incendiato Roma e di aver comprato i terreni carbonizzati per espandere i giardini della propria domus mentre sappiamo che gli incendi erano invece molto frequenti nell’Urbe e che Nerone acquistò i terreni per evitare ai fittavoli una grossa perdita finanziaria giacché  tali terreni si sarebbero svalutati.

Conoscendo la verità su questi due imperatori rimasti vittime della storiografia, i dubbi iniziano ad assalire la mente: ci si chiede per quale motivo l’immagine di questi due uomini, colpevoli di aver tentato di migliorare le condizioni di vita del proprio popolo senza prestare attenzione a coloro che già conducevano una vita agiata, sia stata traviata e demonizzata fino a farci credere che siano stati dei mostri. Alla luce di una più attenta rilettura dei fatti storici, Caligola e Nerone non risultano più essere degli “imperatori mostri”, ma divengono l’esempio perfetto di vittime della “mostruosità del potere”. Nonostante essi possedessero il potere assoluto e lo abbiano utilizzato per il bene del popolo, tuttavia divennero il bersaglio del disprezzo dei nobili, che scrissero poi la storia e infangarono la memoria dei due imperatori.

Gioele Valesini, Federico Vavassori, 2 A Quadriennale

 

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Leggere è vivere mille volte

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Leggere è vivere mille volte

C’è sempre bisogno di un rifugio nella vita, qualcosa che permetta di evadere dalla realtà e dal mondo circostante. Le pagine di un libro sono sempre state questo rifugio, come se fossero un’ancora di salvezza, sempre e comunque. I libri fanno questo, ti salvano. “Un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso”: Daniel Pennac aveva ragione con queste parole e io l’ho capito tanto tempo fa, da quando mi sono cimentata nella lettura di ogni genere di libro. La lettura può fare qualsiasi cosa.

Un libro ti può portare a vivere un’altra storia, diversa dalla tua, un’altra vita; ti può portare in un altro mondo, completamente diverso; ti può portare a vivere un’avventura che magari neanche avresti mai immaginato di vivere. Un libro ti porta in un vortice di emozioni, belle o brutte che siano: può farti piangere o ridere, spaventare o sorridere, emozionare o arrabbiare, le pagine di un libro hanno un potere straordinario, possono farti credere in qualsiasi cosa.

Per me hanno sempre rappresentato la luce che da lontano si vede nel fondo della galleria e manca poco per poter uscire dal buio e tornare sotto il sole o anche sotto la pioggia. Ogni volta che sto male leggo per stare bene, ogni volta che sto bene leggo per continuare a stare bene, ogni volta che mi arrabbio leggo per calmarmi, ogni volta che sono confusa leggo per chiarirmi le idee, ogni volta che vorrei uscire da qualche situazione leggo per trovare una soluzione.

Io non parlo del fatto che tutte le risposte siano contenute in un libro, ma del fatto che qualsiasi libro possa liberare la mente anche solo con una storia, con delle parole e delle frasi, con le emozioni che si provano. Ti può portare a espandere il confine della tua immaginazione, può portarti ovunque. Leggere non solo accresce la conoscenza, non solo è un modo per apprendere, ma è anche qualsiasi cosa una persona voglia che sia. Leggere porta alla cultura e all’educazione, ma anche alle emozioni, ai sentimenti, all’immaginazione; leggere può far apprendere tante cose, non solo sul piano culturale, ma anche su quello morale.

Porta a vivere vite diverse, con sofferenze diverse, problemi diversi, motivi diversi, idee diverse, anime diverse. “Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria! Chi legge avrà vissuto 5.000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”: aveva forse torto, Umberto Eco, con questa frase? Chiunque ha la risposta a questa domanda.

Leggere istruisce e fa pensare, leggere è qualcosa di fondamentale. Vivere una vita diversa dalla mia, vivere altri problemi, emozioni o sentimenti, è qualcosa a cui non si può rinunciare e l’unico modo per farlo è leggere. La lettura ci salva da situazioni in cui niente e nessuno avrebbe potuto intervenire, ci salva dalle delusioni di ogni giorno, persino dalle offese.

Io sono cresciuta tra i libri, come se fossero il mio unico mondo, e persino ora non so come sarebbe la mia vita senza un buon libro da leggere. Ma in realtà non voglio pensarci: i libri ormai sono una parte di me, una parte troppo importante e significativa per poterla lasciare andare.

Chiara Di Rubba, 2 A Scientifico

 

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Monopattini e regole

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Monopattini e regole

Quante volte ci è capitato negli ultimi tempi, anche fuori da scuola, di veder passare qualche ragazzo (o meno ragazzo) a bordo di un monopattino elettrico: c’è chi lo usa per andare a lavorare, chi per andare a scuola, chi invece ci ha fatto addirittura un viaggio. Ebbene sì, lo Youtuber Jacopo D’Alesio (in arte Jakidale) ha percorso più di seicento chilometri da Milano a Roma a bordo di un monopattino elettrico appositamente modificato per essere il più comodo possibile. Dotato di una seconda batteria di ricambio, ha percorso circa settanta chilometri al giorno, passando per Bologna e Firenze.

L’obiettivo dell’influencer era di documentare e condividere sul suo canale da più di un milione di iscritti il proprio viaggio, così da sensibilizzare i propri fan sull’argomento della mobilità elettrica.

Tutti i media tradizionali si sono attivati: testate giornalistiche come il Corriere della Sera o Milano Today hanno riportato la sua avventura, mentre il TG5 ha sfruttato l’avvenimento per parlare di mobilità elettrica.

Questa sensibilizzazione è dovuta al fatto che le leggi in vigore sono chiare ma alle volte troppo restrittive. Tra tutte le norme, quelle relative alla velocità sono tra le più difficili da rispettare: nei centri abitati si può circolare a  una velocità massima di 6 km orari. Entro tale limite, molti conducenti si trovano in difficoltà a condurre il proprio mezzo. In caso di infrazione, però, le multe vanno dai 100 ai 400 euro, in base a quanto grave è la trasgressione.

Inoltre, al giorno d’oggi, molte persone preferiscono utilizzare mezzi canonici anziché questi nuovi metodi di spostamento, nonostante in alcuni casi siano quasi più convenienti dei classici ciclomotori che circolano per le nostre città.

La versatilità, la leggerezza e la possibilità di portare, ad esempio, il proprio monopattino all’interno dei mezzi pubblici per grandi spostamenti o all’interno di edifici scolastici o lavorativi rendono questi veicoli estremamente comodi. Attenzione però al fatto che, sotto numerosi aspetti, sono molto simili alle bicilette da un punto di vista legislativo: devono quindi circolare sulle piste ciclabili qualora presenti, è necessario indossare un casco se si è minorenni e, di sera, è importante avere luci anteriori e posteriori e anche un apposito giubbino catarifrangente. Inoltre, come per ogni mezzo in Italia, questi mezzi non possono essere autocostruiti ma devono essere acquistati da un venditore autorizzato e certificato. Non solo: dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) anche rispettare il resto del traffico (intendendo auto ma anche pedoni) adeguandosi al codice della strada e viaggiando a velocità adeguata; in più dovrebbero (e di nuovo il condizionale è di rigore) rispettare gli spazi pubblici ed essere parcheggiati in modo da non essere di intralcio a nessuno. In effetti capita spesso di vederli sfrecciare a velocità folli, con rischio per tutti, e di vederli parcheggiati (soprattutto in questo caso quelli a noleggio) in ogni angolo possibile, marciapiedi compresi, con ovvio intralcio alla circolazione.

Con la loro enorme autonomia, la loro comodità e la possibilità di utilizzarli in ogni zona della città, a oggi sono tra i mezzi che in futuro entreranno sicuramente nelle case della maggior parte delle persone.

Alessandro Donina, 5 A Scientifico

 

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Las avispas españolas

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Las avispas españolas

Han pasado casi 2 años desde que la US Navy retiró del servicio todos los cazas F/A-18 versiones C/D. Todavía hay algunos países que adoptan este modelo de polivalente, entre estos el Ejército del Aire español. Los denominados “Hornets” (avispas en castellano) entraron en servicio en 1983 para la marina estadounidense con las versiones A (monoplaza) y B (biplaza). Cuatro años después se introdujeron la versión avanzada C y D, siempre monoplaza y biplaza. Entre 1986 y 2000 fueron entregados a España 72 EF/A-18 A e 12 EF/A-18 B, los cuales fueron actualizados en 2009 y en 2017. Una unidad se perdió en octubre de 2017.

En 2015 el Ejército del Aire pidió a la empresa Thales España la demostración del casco electrónico “Scorpion” con función visor de casco HMCS (Helmet Mounted Coueing System). El instrumento es un sistema de “multiplicador de fuerza” que ofrece simbología en color como la navegación y selección de armamento.

La comodidad de Scorpion es que se puede intercambiar entre los pilotos gracias a su simple integración con el caza, y además está dotado de visión nocturna, integrando unas gafas especiales. En 2016 el ejército ordenó 80 “Scorpions” para ser operativos en los siguientes años, donde a día de hoy se están evaluando las últimas pruebas con el primer lanzamiento de un misil a guía infrarroja IRIS-T e interoperabilidad con el POD Litening, utilizado para la designación de objetivos.

El producto en los últimos meses ha interesado también a la Fuerza Aérea francesa, la Armée de l’air. El objetivo del ejército francés es  equipar los cazas Mirage 2000 y Rafale con el “Scorpion,” perfeccionando la precisión y eficacia de los aviones.

Volviendo a España, está claro que esta innovación ayudará mucho al Hornet a mantener tecnológicamente un servicio satisfactorio, que será suficiente para algún año más.

El instrumento será ampliamente empleado también para el sustituto del F-18, los cuales pondrían ser el Eurofighter (ya utilizados en la Fuerza Aérea ), la última versión del F-18 “Super Hornet” Block III o el furtivo F-35.

Alberto Julio Grassi, 3 A Scientifico

 

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Electric car market is growing

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Electric car market is growing

To keep up with the times, almost all car manufacturers have built their first electric vehicle. In fact, it now seems to be a fact: the electric car market is growing and is becoming increasingly popular all over the world.

According to the latest data, it seems that in Italy there has been a boom in the purchase of cars with zero emissions. In September 2020, compared to the same period last year, in our country there was an increase in sales of electric cars of 225.3%.

In first place as a unit sold, the French car manufacturer of Renault, which, since January, has sold as many as 3,440 electric cars of the Zoe model. The month of September sees as the undisputed protagonist the Tesla Model 3, with 880 registrations. Immediately after, the Renault Zoe was confirmed with 676 registrations and, following the Nissan Leaf and the Volkswagen ID.3 with a sale of 297 and 270 units respectively sold. Not bad also for the Peugeot 2-208, with 141 units sold, for the Mini Cooper SE, of which 108 registrations are recorded and 100 for the Opel Corsa E.

This exponential increase in sales of electric cars, which was recorded in the last period, is due to some factors. In addition to the many incentives that have driven customers to buy a zero-emission vehicle, to encourage this type of choice, has been a larger number of electric charging columns installed in recent months and a proposal of electric models, by car manufacturers, ever wider. So, it seems to be a long time ago that electric cars were not appreciated especially for their low autonomy.

The first cars that showed a first substantial change, were those produced since the new millennium, such as the Mitsubishi i-Miev or the two French Peugeot iOn and Citroën C-Zero.

Now most of the car manufacturers, to avoid meeting the anti-pollution laws that could negatively affect their market, are trying to look to the future with a view that focuses all on electric cars and zero emissions. Obviously, a greater production of electric models, implies a progressive decrease of the price of the vehicles even if, at least for the moment, are the few Houses that introduce on the market electric cars to a price inferior of 30.000 euros. However, both Volkswagen, Seat and Skoda have updated their price lists with cars that cost between 23,750 and 22,300 euros. In this regard, the new Dacia Spring Electric, which will be on the market in 2021, is the most anticipated electric car because it will have a very low price.

Stefano Macchia, 5 A Scientifico

 

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L’Apolli XI una bugia?

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su L’Apolli XI una bugia?

Lo sbarco sulla Luna del 1969  è stato uno degli avvenimenti più importanti della storia. Sono stati gli americani Neil Armstrong e Buzz Aldrin, con il programma Apollo XI, a fare il primo passo sulla Luna, ma c’è chi ancora sostiene che tutta l’operazione di allunaggio sia stata invece girata in un set cinematografico per vincere la concorrenza con la Russia nel campo tecnologico e nella corsa allo spazio.

I complottisti hanno fondato le loro affermazioni su alcuni “errori” nelle fotografie, di cui gli ingegneri della NASA non si sarebbero accorti, mentre altri ritengono che le foto siano state modificate in laboratorio. Però se le foto fossero state scattate in appositi set cinematografici, non vi sarebbe stato alcun bisogno di ritoccarle in seguito, ma sarebbe bastato farne delle altre. C’è da dire che è vero che le foto sono state ritoccate, ma solo una volta ritornati sulla Terra e allo scopo di migliorarle per poi mostrarle a tutto il mondo. Infatti, le foto originali non sono andate perse: è ancora possibile vederle on-line. Sempre dalle foto, si nota la bandiera sventolare, ma questo sarebbe stato impossibile, perché sulla Luna non c’è vento. Ma nessuno tra scienziati, ingegneri e astronauti ha mai sostenuto che quella bandiera si stesse muovendo: semplicemente, quando è stata scattata la foto, la bandiera non era stata completamente distesa, ma era rimasta immobile dopo che l’astronauta aveva lasciato la mano.

Un altro elemento che ha fatto insospettire i complottisti è stato che le ombre di Armstrong e di Aldrin non fossero parallele: questo secondo loro era la prova che nello studio vi erano più fonti di luce artificiale, ma i sostenitori di questa tesi non hanno badato al fatto che il fenomeno avviene anche sulla Terra, quando il sole è basso. Inoltre l’effetto potrebbe essere stato incrementato da una distorsione dell’immagine, a causa della tecnologia del tempo. Loro, però, hanno cercato ogni minimo dettaglio che potesse mostrare la messa in scena e sono arrivati persino a sostenere la presenza di una lettera “C” su uno dei massi: in realtà quella “C” è probabilmente un detrito che si era depositato durante la copia, infatti non compare nessuna lettera sulla foto originale.

Tutte le riprese sono state effettuate nello spazio, mancano fenomeni evidenti sulla Terra: la polvere, all’avvicinamento del Rover, schizza in tutte le direzioni formando dei cerchi, non delle nubi come sarebbe accaduto se fossero stati sulla Terra, e la tecnologia del 1969 non permetteva di modificare con certi effetti foto e video, quindi i video sono stati davvero girati sulla Luna, anche perché  ricreare il vuoto sulla Terra in uno spazio chiuso come un set cinematografico e addestrare anche i membri del set a operare in un certo modo sarebbe stato comunque molto difficile, costoso e avrebbe richiesto troppo tempo.  Nelle foto, inoltre, non vi sono evidenti tracce delle orme degli astronauti o delle ruote del Rover, ma solo perché sulla Luna vi è un sottile strato di polvere, che non permette di lasciare buchi profondi, inoltre il veicolo era già di suo molto leggero e spesso per curvare era sollevato dagli astronauti stessi.

I complottisti hanno anche identificato il regista della messa in scena in Stanley Kubrick, che sarebbe stato contattato dal governo degli Stati Uniti per la sua esperienza nelle riprese con effetti fantascientifici. Un esempio è 2001: Odissea nello spazio. Il regista è noto proprio per la sua cura nei dettagli, quindi sembra strano che abbia commesso errori così tanto importanti nelle riprese, a meno che l’abbia fatto volontariamente. In effetti sono stati identificati dei “messaggi nascosti” nel film The Shining, sempre di Kubrick, con cui sembra avrebbe voluto comunicare al mondo la falsità dell’allunaggio, non potendone parlare chiaramente.

La più grande domanda che rimane è come, seguendo le teorie dei complottisti, la NASA avrebbe potuto organizzare un progetto dal costo così grande, con il coinvolgimento di migliaia di persone semplicemente per un set cinematografico, e come avrebbe potuto assicurarsi che nessuno avrebbe mai denunciato la bugia dell’accaduto.

A mio parere, negare l’allunaggio non significa solo mettere in discussione una tappa epocale della storia, ma soprattutto sminuire il lavoro di decine di migliaia di tecnici, scienziati, ingegneri che hanno dedicato la loro vita e tutte le loro conoscenze a questo grande progetto, che ad alcuni è costato anche la vita, come all’equipaggio di Apollo I, morto  a causa di un incendio in cabina. Personalmente credo che Neil e Buzz siano andati veramente sulla Luna; sarebbe stato troppo difficile mantenere il segreto e, se fosse stato come affermano i complottisti, che per la maggior parte sono inesperti e si basano solo su particolari di alcune immagini che come abbiamo visto prima sono stati ampliamente chiariti, non mi spiego come mai non ci sia ancora una indicazione tecnica e scientifica che affermi senza ombra di dubbio che sia stata tutta una messa in scena.

Ettore Colpani, 2 A Tecnico

 

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Social, utili e pericolosi

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Social, utili e pericolosi

I social network si possono definire come delle piattaforme digitali che permettono lo scambio di informazioni tra diverse persone nell’arco di un piccolissimo periodo di tempo: al giorno d’oggi tutti partecipano ad almeno un social, indifferentemente dalla fascia di età a cui si appartiene.

Secondo diverse statistiche, attualmente il social network più famoso e con il maggior numero di account registrati è Facebook, da poco diventato proprietario anche di Instagram e WhatsApp, entrambe piattaforme estremamente adoperate da moltissimi utenti in tutto quanto il mondo.

I social vennero creati verso la fine degli anni Novanta, ma iniziarono a raggiungere un notevole successo a partire dai primi anni Duemila, anche se la vera piattaforma digitale definibile come social network è la “Six Degrees”, nata nel 1997, che divenne molto popolare verso il 2003. Non è però considerato il primo social network della storia: infatti molti storici considerano il romano Marco Tullio Cicerone come il precursore: Cicerone infatti raccoglieva informazioni attraverso i messaggeri provenienti o in arrivo a Roma, venivano diffuse su tavolette di cera, rotoli di papiro o altro, successivamente copiati e fissati sui muri romani, proprio così come si fa oggi, con un parallelo un po’ azzardato, sulla bacheca di Facebook.

I social sono considerati il mezzo più veloce, economico ed efficace per condividere informazioni sulla superficie terrestre, anche se nascondono molti segreti: infatti tutte quante le tue ricerche, i tuoi comportamenti e tutto ciò che posti non viene solo tracciato per sempre, ma anche analizzato; tutti servizi perciò sono in un certo senso a pagamento, e la valuta sono proprio le tue informazioni principali.

Un ex dipendente di Google, responsabile dei social affiliati alla società, ha dimostrato come le grandi aziende raccolgano un grande quantitativo di informazioni per far creare da ingegneri esperti schemi sempre più precisi e, vendendo la tua “attenzione”, cerchino di farti rimanere il più attivo possibile: “Se non devi pagare per un servizio –  ha detto – vuol dire che allora la merce sei tu”; questa è classificabile come una specie di scienza, che intende mandarti su una via già indirizzata e programmata o farti seguire un cambiamento senza che tu te ne accorga, sfruttando così la psicologia, studiata attraverso i dati acquisiti; essa viene infatti definita: “the gradual, slight, imperceptible change in your own behaviour and perception that is the product”, che tradotto significa “il graduale, impercettibile cambiamento nel tuo comportamento e nella tua percezione è il prodotto”.

Negli ultimi anni i social si sono dimostrati  molto pericolosi e fonte di atti infami che si dimostrano talvolta illegali per la società, e che hanno portato a innumerevoli casi di cyberbullismo e revenge-porn, tanto che ora è stato bloccato legalmente alle persone di una fascia di età sostanzialmente bassa l’accesso alla piattaforma.  I social infatti possono nuocere notevolmente agli adolescenti stessi, loro consumatori per eccellenza, aumentando il tasso della popolazione affetta da depressione, che, nei peggiori dei casi, per lo più quando vittima appunto di cyberbullismo o revenge-porn, tenta addirittura il suicidio.

Con questo si può chiaramente affermare che i social network sono tanto utili quanto pericolosi e che, solo se tutti gli utenti adottassero un’etica comune, queste piattaforme diventerebbero più sicure.

Pierpaolo Barchiesi, 2 A Scientifico

 

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Adolescenza, bella e difficile

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Adolescenza, bella e difficile

L’adolescenza è quel periodo della vita da cui passano tutti, che va dai dodici anni fino ai diciott’anni circa. Questo periodo penso che sia il più importante della vita: il periodo in cui si cambia, il periodo in cui si matura, il periodo in cui si cresce, il periodo in cui ci si identifica, anche se durante l’adolescenza è parecchio difficile identificarsi ed è proprio quel momento in cui si diventerà le persone che saremo per tutto il resto della nostra vita, dove non saremo più dei bambini ma inizieremo a essere degli adulti. L’adolescenza è il periodo del cambiamento. Potrebbe essere la parte più bella della nostra vita oppure la più brutta, ma questo varia da persona a persona.

Secondo me l’adolescenza è uno dei periodi più belli: è il periodo in cui si fanno le prime esperienze, dove probabilmente si faranno delle cose alle spalle dei genitori, dove ci sono delle amicizie davvero importarti che spesso ci aiutano a superare “crolli emotivi” e che si spera durino per molto tempo. Però non sempre è così, non si passano sempre e solo dei bei momenti durante l’adolescenza, ci sono alcune persone che magari cadono in depressione e questo può succedere per svariati motivi: che sia per il fatto che si fanno molti complessi, che sia per insicurezza personale, che sia per il fatto che si sentono sempre giudicati, che sia per bullismo o altrettanti motivi o problemi che un adolescente può avere e che a parer mio non devono essere sottovalutati e trascurati. Questo poiché potrebbero ritornare in futuro e, nel peggiore dei casi, si potrebbe andare incontro  a cose anche molto spiacevoli e tristi.

Secondo me la cosa più importante di questo periodo sono le amicizie: l’amicizia è qualcosa in cui ci si può “chiudere” nei momenti più tristi; passare del tempo con gli amici può aiutare a dimenticare per un po’ di tempo cose che ci intristiscono e alla quali magari si pensa gran parte del tempo. Mentre sei con i tuoi amici cerchi di non pensare alle cose negative, ma esclusivamente a sfogarti e a divertirti, cerchi di “chiuderti in una bolla felice” dalla quale lasci fuori le “preoccupazioni” e cerchi di essere sereno.

Cosa fondamentale, è importante circondarsi di persone vere (o almeno lo si spera), di persone sulle quali poter sempre contare e con cui magari confidarsi fidatamente; persone con le quali sfogarsi quando qualcosa va male, perché alla fine quello che passiamo noi lo passano contemporaneamente anche i nostri amici e proprio per questo ci si supporta a vicenda e ci si dà consigli su cosa magari sia meglio fare o evitare di fare. Cosa da non escludere sono gli eventuali litigi che possono derivare da fraintendimenti e che spesso fortificano sempre di più le amicizie, ma non è comunque una cosa molto piacevole litigare con gli amici, specie se più cari.

Un’altra cosa molto spiacevole che succede durante l’adolescenza sono le continue faide con i genitori, i continui litigi che possono derivare da pessimi atteggiamenti e mancanza di rispetto nei loro confronti, perché giustamente non sempre ci lasciano fare proprio quello che vogliamo, perché magari facciamo cose sbagliate, o perché magari non ci lasciano uscire o tornare a casa quando vogliamo noi.

Insomma, l’adolescenza è un periodo di alti e bassi: è un periodo difficile anche perché dobbiamo iniziare a costruirci un futuro, ma è anche il periodo che ricorderemo per sempre, che racconteremo ai nostri figli, magari con più maturità e consapevolezza di ciò che si è fatto e possibilmente senza fargli ripetere i nostri eventuali errori.

Per concludere, credo sia importante vivere la propria adolescenza, sicuramente con molte cose ancora da scoprire e imparare, maturando sempre di più e cercando di non abbattersi al primo ostacolo e di andare sempre avanti con la testa alta.

Giorgia Soccio, 2 A Tecnico

 

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La libertà di amare

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su La libertà di amare

Una certa percentuale della popolazione italiana è omosessuale, cioè fa parte della comunità LGBTQ+, e ancora oggi le persone giudicano e discriminano solo per il gusto e il piacere personale. Essere omosessuali in Italia è ancora oggi una realtà difficile, perché capita sempre qualcuno che deride. Si parla di pura omofobia, paura di diventare omosessuali, e odio verso coloro che fanno parte di questa comunità, arrivando anche a bullismo omofobico e violenze inaccettabili. In alcuni posti di questo nostro mondo così moderno, ancora oggi far parte di questa comunità vuol dire essere criminalizzati e perfino perseguitati. Ora vi chiedo, perché? Perché delle normalissime persone devono avere il dito puntato contro solamente perché amano chi e cosa vogliono amare e sono felici così? Perché sottrarre la felicità a qualcuno solo per il proprio piacere e per il proprio pensiero ristretto? Già per loro è difficile scoprirsi per quello che sono, poi devono riuscire a dirlo agli amici e alla famiglia, sperando di non trovare sguardi o parole cattivi, di disapprovazione o di incomprensione. Dovrebbero pensare ad accettarsi per quello che sono, ma l’unica cosa a cui invece possono pensare è che là fuori nessuno li accetta e supporta. Il loro percorso è difficile e spesso si ritrovano a dover restare in silenzio, magari, davanti una famiglia omofoba, che automaticamente non accetterà mai l’idea di avere un figlio o una figlia omosessuali oppure bisessuali, transessuali, transessuali, asessuali, demisessuali, eccetera: e quel silenzio obbligato non è più accettabile oggi. Siamo nel 2020 e ancora non si lascia la libertà a una persona di amare ciò che vuole, che siano maschi o femmine poco importa. Non dovrebbe importare a nessuno se qualcuno preferisce le donne, gli uomini o entrambi, purché questa persona sia felice. Perché alla fine ciò che importa è essere felici, in pace con se stessi, e se qualcuno prova a rompere questo tuo mondo, forse è perché non sopporta l’idea di vederti sorridere nonostante tutto, nonostante soprattutto e a dispetto del suo vuoto interiore. L’amore sboccia tra persone, non tra sessi. Perché quindi porsi dei limiti?

Viviana Romina Lupascu, 2 A Tecnico

 

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Razzismo? Ignoranza e paura

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Razzismo? Ignoranza e paura

Uno dei problemi di cui si è sentito parlare di più nell’ultimo periodo, ovvero da fine maggio a oggi (anche a causa della frizzante campagna elettorale negli Stati Uniti) riguarda la morte di George Floyd e tutte le conseguenti manifestazioni avvenute non solo negli Usa ma anche in tutto il resto del mondo. Grazie ai social network il video della morte di quest’uomo di colore ha fatto il giro del mondo in pochissimo tempo: si vede che il poliziotto mette il ginocchio sopra la gola di Floyd, che muore poiché non riesce più a respirare.

Questo è solo uno dei casi di abuso di potere della polizia su persone di colore, ed è stato anche quello che in piena pandemia ha  dato il via a migliaia di manifestazioni in tutto il mondo. Durante tutte le manifestazioni è tornato alla ribalta il movimento attivista internazionale creato dalla comunità afroamericana che lotta da moltissimi anni contro il razzismo: il nome di questo gruppo è “Black lives metter” ovvero “le vite dei neri contano”, e ha spopolato sui social network e sui moltissimi cartelloni usati durante le manifestazioni contro il governo statunitense. Poche settimane fa in America è successo un altro caso di abuso di potere, in cui dei poliziotti hanno sparato otto colpi di pistola a un uomo davanti ai suoi figli, lasciandolo paralizzato, cosa davvero straziante.

Ovviamente queste cose non succedono solo oltreoceano, ma episodi di abuso di potere e razzismo si vivono tutti i giorni anche in Italia, data la mentalità retrograda e di chiusura che persiste nel nostro Paese. Ad esempio durante la notte tra il 5 e il 6 settembre è avvenuto l’omicidio del giovane di 21 anni di nome Willy Monteiro: è successo a Colleferro, il ragazzo era di origine capoverdiana ed è morto in una rissa per difendere l’amico in modo pacifico. È stato picchiato a morte non da persone, ma da animali che, secondo il mio modesto parere, dovrebbero essere messi in carcere per poi buttare via la chiave.

Dopo aver ucciso il ragazzo, cosa hanno fatto? Se ne sono andati come se la vita di quest’ultimo non fosse nulla di importante; uno dei famigliari degli assassini ha avuto il coraggio di dire che era solo un immigrato, chiara dimostrazione di mancanza di etica morale e di una società in declino e non capace di accettare una persona con la pelle più scura.

Ma se fosse stato il contrario e invece di quattro persone bianche a picchiare un ragazzo di colore fossero state quattro persone nere contro uno bianco? Cosa sarebbe successo? Letteralmente il finimondo, per come sono ancora viste le persone nere in Italia. Auguro una pena severa a questi animali, però è anche vero che siamo in Italia: tramite vari processi e riduzioni di pena, nelle quali non mi voglio addentrare molto poiché non di mia competenza, queste persone potranno essere libere nuovamente nel giro di pochi anni, segno di sconfitta nei confronti di quello che hanno subito i genitori del ragazzo ma anche di tutto il Paese.

A parere mio il razzismo oggigiorno  è una forma di ignoranza: non si può vivere nel 2020 ancora con il pensiero che, dato che ci sono persone con una religione o con un colore di pelle diverso dal nostro, o che hanno un ceto sociale, culturale o economico inferiore alla media, debbano venire per forza screditate o denigrate.

Secondo me le persone dovrebbero essere più aperte nei confronti del prossimo e della persona straniera. Molto spesso, le persone che arrivano da altri Paesi,  lo fanno perché sono state meno fortunate di noi, cambiano Paese per avere una vita migliore, per avere un lavoro migliore e per garantire ai figli un futuro migliore.

Io credo che la chiusura mentale di certe persone derivi solo dal fatto che abbiano paura di trovare persone straniere superiori a loro stesse e quindi c’è tutto questo disprezzo per gli stranieri.

Le persone hanno paura del diverso, ma cos’è il diverso? In base a cosa si può decidere di dire che una persona sia diversa da un’altra? Oppure che una persona sia superiore a un’altra? Non ci si può categorizzare, non si può stabilire uno standard di diversità, bisogna cancellare questi stereotipi di persone: se non si ha lo stesso colore di pelle non significa che si sia diversi, poiché tutti dovremmo avere gli stessi diritti e doveri.

Si possono avere delle caratteristiche che ci rendono unici, ma il colore della pelle non può renderci diversi.

Giorgia Soccio, 2 A Tecnico

 

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Sensibilizziamo contro la discriminazione

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su Sensibilizziamo contro la discriminazione

La discriminazione è un tipo di comportamento che distingue le persone in base a un giudizio o una classificazione. Nel mondo di oggi ci sono molte discriminazioni e ci sono perfino dei gruppi che si formano tra i discriminati. All’interno di questi  si creano spesso altri gruppi più piccoli.

Un discriminatore di solito ha una mentalità chiusa: ciò non vuol dire che non sia intelligente, ma che è fermamente convinto che le sue idee siano quelle giuste. Le discriminazioni più conosciute sono il razzismo, l’omofobia, la transfobia e, in quest’ultimo periodo, si parla anche della eterofobia.

Il razzismo è la discriminazione basata sulla razza: chiamiamo razzismo gli atti che una persona fa contro un’altra che non possiede il suo stesso colore di pelle; a giugno ad esempio è nato movimento chiamato “black Lives metter” (BLM) per protesta contro la morte di George Floyd,  uomo di colore, causata da un poliziotto bianco.

L’omofobia è la paura degli omosessuali, gay e lesbiche; gli omofobi spesso usano la religione per dare una giustificazione al loro comportamento, ossia che Dio ha creato l’uomo e la donna perché si completassero, e ciò non comprende che due uomini o due donne possano stare assieme.

La transfobia è la discriminazione delle persone transessuali, cioè persone che non si identificano nel loro genere biologico, ma sentono di appartenere a un altro genere. L’associazione che è contro queste discriminazioni per l’orientamento sessuale e per la libertà di pensiero è l’LGBTQ+ (lesbian, gay, bisex, transeexual, queer e il + sta significare tutti gli altri orientamenti tipo i pansessuali o i demisessuali)

Ora che in Italia sta approdando la legge contro le discriminazioni, oltre alla razza anche per l’orientamento sessuale, è saltata fuori una nuova tematica: nell’organizzazione LGBTQ+ sarebbero discriminati gli eterosessuali. Questa eterofobia, all’inizio, è emersa come protesta contro la legge, invece poi, indagando, si è rivelata una cosa vera e molto brutta per tutti i supporter etero del LGBTQ+.

Bisogna sensibilizzare la gente su queste tematiche, perché le discriminazioni fanno parte della vita quotidiana di tutti noi, in modo maggiore o minore, ma ci sono sempre e spesso non ce ne rendiamo conto.

Sabrina Maffezzoni, 2 A Tecnico

 

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F-16 Falcon, storia da record

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su F-16 Falcon, storia da record

L’F-16 “Falcon”, conosciuto oggi come “Viper”, è un caccia multiruolo monomotore ed è il velivolo militare con più unità in servizio al mondo, ben 3000, comprese le versioni meno aggiornate. Nel 2014 la Lockheed Martin, impresa aerospaziale, ha mostrato l’ultima versione della vipera: l’F16V Block 70/72, che dovrebbe restare in servizio fino al 2050.

Dopo la fine della guerra del Vietnam, l’Air Force rimase sorpresa dalla estrema agilità dei Mig 17, 19 e 21, che diedero filo da torcere agli F4 Phantom, altro capolavoro aeronautico. Nonostante i caccia americani abbiano avuto un leggero vantaggio sui velivoli vietnamiti di produzione sovietica, gli americani avviarono studi su un nuovo caccia per contrastare in dogfight i velivoli sovietici. Il progetto ebbe già inizio nel corso della guerra, nel 1969, e dopo 3 anni vennero presentati due prototipi: General Dynamics YF-16 (l’attuale F-16) e il bimotore Northrop YF-17 Cobra (progetto da cui si ricaverà l’F18 Hornet). Dopo qualche mese di valutazioni e test, il primo prototipo ebbe la meglio entrando in produzione nel 1974. I suoi compiti erano di complementare gli F-15 Eagle entrati in servizio nel 1976 e di opporsi ai Mig sovietici.

Ciò permise un enorme vantaggio sul dogfight, grazie alle virate strette del Falcon, che possono arrivare fino ai 9G.

Il programma di distribuzione internazionale

All’inizio del 1978 alcuni paesi europei e del Medio Oriente erano alla ricerca del sostituto del F-104 Starfighter e dei vecchi caccia in dotazione. La General Dynamics, prima azienda produttrice del Falcon per l’USAF, diede inizio ai primi contratti di vendita internazionale. Le prime versioni A (monoposto) e B (biposto) Block 1, 12 e 15 vennero consegnate entro il 1982 per Belgio, Olanda,  Danimarca e Israele, aggiungendo le versioni migliorate A+ e B+ per Indonesia, Venezuela, Pakistan, Taiwan, Thailandia e Portogallo tra il 1989 e 1995. La seconda “ondata” di vendite fu dalla metà degli anni Ottanta fino al 2010, con le versioni avanzate C/D Block 30, 40/42 e 50/52, che garantivano radar più potenti e agilità migliorata. I primi paesi che ottennero questi velivoli furono Israele, Egitto, Corea del Sud quindi a fine anni Novanta anche Grecia, Turchia, Taiwan, Bahrein, Oman, e Giordania. All’inizio del nuovo millennio l’Italia ordinò i nuovi Eurofighter, ma nell’attesa l’Aeronautica Militare dovette prendere in prestito dal 2003 fino al 2012 i Falcon versione A/B avanzati dell’USAF. Gli F-16 si stanziarono nel 5° (Cervia), 41° (Sigonella) e 37° stormo (Trapani). In totale a giorno d’oggi sono ben 25 Paesi a usufruire il Viper, ottenendo il record di servizio in più nazioni.

Gli F-16 e gli attuali conflitti: le aggressive “Vipere di Erdogan” e la tensione Cina-Taiwan

Negli ultimi anni gli F-16 turchi sono protagoniste di numerosi episodi di crisi politiche, come l’abbattimento da parte di due Viper turchi di un cacciabombardiere SU-24M russo, a novembre 2015. altra questione la crisi diplomatica tra Grecia e Turchia che, negli ultimi vent’anni, hanno visto spessissimo i rispettivi caccia impegnati sul mar Egeo in continui intercettazioni e ingaggi, a volte finiti male, come lo scontro di un F-16 greco e uno turco che ha portato la morte del pilota ellenico. Lo scorso agosto, 4 Viper e due F-4 Phantom turchi si sono sfidati con sei F-16 greci non molto lontano dall’isola di Rodi. Dall’altra parte del mondo, a Taiwan, le tensioni tra “le due Cine” non si placano, e il governo di Taipei per mantenere una difesa convincente qualche anno fa ha ordinato i nuovi F-16 Block 70/72 per contrastare i caccia cinesi, come i J-10, J-11 e Su-35.

La ultima evoluzione del Viper, grazie all’F-22 e F-35

La Lockheed Martin ha sviluppato la nuovissima versione del caccia multiruolo, il Block 70/72, ma cosa ha in più dei precedenti Falcon? I nuovi F-16 sono dotati dei più avanzati radar a scansione elettronica AN/APG-83 AESA, sviluppati all’inizio per i caccia di quinta generazione F-22 Raptor e F-35. Ciò permette di avere una maggiore precisione e rilevamento degli obiettivi aerei e terrestri. Il velivolo dispone anche di un datalink avanzato (collegamento dati di comunicazione direzionale) usato solo dai velivoli furtivi.

Il multiruolo ha rispetto ai suoi precedenti “compagni” una vita strutturale aumentata del 50% (un totale di 12 mila ore rispetto alle 8 mila base) e un sistema automatico di prevenzione di collisione al suolo (GCAS). È integrato anche un nuovo computer di bordo, GPS e sistema di visione notturna. Ciò lo rende al momento il caccia più avanzato tecnologicamente della quarta generazione, con listino prezzo di 65 milioni di dollari a unità. Le ordinazioni di Marocco, Taiwan, Bahrein, Slovacchia e Bulgaria permetteranno al Viper di volare per altri 30 anni e forse anche di più, prestando così la bellezza di oltre 75 anni di servizio.

Alberto Julio Grassi, 3 A Scientifico

 

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La normalità fa per tutti, non per me

Posted by admin On Marzo - 13 - 2021 Commenti disabilitati su La normalità fa per tutti, non per me

di Viola Ghitti*

Era un ragazzo comune. Occhi e capelli color nocciola, anche se i capelli tendevano al cioccolato. Un cioccolato di quelli buoni. Di quelli amarissimi ma buoni. Di quelli che un crac e ti innamori. Un cioccolato che lui adorava. Che avrebbe scambiato per qualsiasi altra cosa. Ma lasciate che vi spieghi la sua storia.

Era nato in una famiglia che mi piacerebbe definire speciale. Ho avuto la fortuna di conoscere i suoi genitori qualche anno fa e devo dire che sono davvero persone fantastiche. Nulla di particolare. Nessun dottorato. Nessuna laurea o impieghi super prestigiosi. Lui faceva il camionista: girava per l’Europa con il suo camion, un Mercedes Actros rosso fiammante di cui andava fierissimo e che non l’aveva mai lasciato a piedi. Neppure quando, nel bel mezzo dei boschi danesi, aveva bucato un copertone e la città più vicina si trovava a 20 km. Trasportava lamiere di ferro che ogni tanto, come aveva detto lui, “non stavano proprio al loro posto”.

Lei invece era un’infermiera. Curare le persone, per lei, era la gioia più grande. Quando i suoi pazienti soffrivano stava male pure lei. Come quando in ospedale era arrivato un ragazzo che, dopo essere caduto in moto, aveva avuto un’amnesia e non ricordava come si chiamasse né da dove venisse. Le era rincresciuto così tanto che, al posto di tornare a casa, aveva preferito rimanere al lavoro e fargli compagnia.

Ricordo ancora che, quando mi avevano aperto la porta di casa, mi era sembrato di entrare in un mondo surreale. I muri luccicavano come il castello di un mondo nascosto, un mondo di principesse e gnomi. Sulla destra c’era il divano, rosa confetto. Poco più avanti il tavolo color lillà e sulla sinistra la cucina di marmo con inserti “glitterosi”. Sopra la televisione, un quadro raffigurava Biancaneve mentre addentava la mela e sotto c’era scritto: “Pensa, prima di agire, se non vuoi finire come Biancaneve”. C’era un quadro di questo tipo anche dietro il divano, dove Belle ballava con il Mostro. La frase questa volta era: “Lascia perdere le apparenze, guarda più a fondo e troverai qualcosa di speciale”.

Le camere da letto erano una favola, nel vero senso della parola. Quella padronale aveva un letto matrimoniale a forma di castello: ai lati c’erano due torri e per accedervi due piccole scale, una da un lato e una dall’altro. La camera di Alessandro era, se si può dire, più normale. Il colore dominante era il rosso: armadi rossi, scrivania rossa, lampada rossa. Pure il letto era rosso, ma quello era il punto forte della stanza. Immagino che il mio amato adorasse il film “Cars”, perché il suo letto aveva la forma di Saetta McQueen. Tutti hanno qualche segreto, ma non immaginavo che quello di Ale fosse di dormire, letteralmente, all’interno di un’auto.

Qualunque cosa state pensando, azzerate i vostri pensieri, perché quella casa, anche se strana, era davvero qualcosa di speciale. Avete presente quando entrate in una stanza e vi sentite, in qualche modo, accolti? Ecco, la casa di Ale era la casa più accogliente in cui fossi mai entrata. Ogni singolo dettaglio rendeva l’ospite parte di quel piccolo capolavoro. Ed è bello essere coinvolti in qualche cosa.

Come qualunque altro ragazzo che fosse nato in una casa così era cresciuto con l’idea di vivere in una favola. “Ale alla scoperta dei pianeti con la principessa Lucilla” l’aveva intitolata quando, a cinque anni, aveva dato un bacio alla sua amica Lucilla e aveva deciso che sarebbero diventati principe e principessa, avrebbero rubato un razzo alla NASA e poi sarebbero andati alla conquista dei pianeti intorno alla Terra. Nessuno gli credeva quando raccontava la storia del suo futuro da principe alla scoperta di nuove terre, così con il passare degli anni la favola era diventata un segreto. Un segreto da tenere nascosto più della sua amata cioccolata. Anche la sua casa era diventata un luogo da nascondere a tutti i costi. Non voleva che i suoi coetanei vedessero chi fosse in realtà. A scuola si comportava come gli altri, si confondeva con la massa. Era suo intento risultare uguale agli altri per non sembrare di non essere come si mostrava. Era a casa che lui era davvero se stesso. Lì, spesso, si travestiva da principe azzurro e correva per il corridoio con una spada in mano. Alcuni giorni si travestivano anche i suoi genitori e insieme inscenavano la scena principale di alcuni dei loro film Disney preferiti.

Cercava di convincersi che non si vergognava di essere ciò che era, ma sotto sotto aveva una paura immensa di rivelare al mondo la sua vera anima da principe delle favole. Credulone, l’avrebbe chiamato qualcuno. Fesso, gli avrebbero detto altri. Sfigato. Nerd. Bambinone.  Sognava i suoi compagni di classe che, quando era alla cattedra per un’interrogazione, gli tiravano i pomodori. Sognava i suoi amici che lo attendevano sotto casa con una pistola in mano e gli intimavano di spararsi. Sognava la sua morosa (l’amore per Lucilla era finito presto, ma il titolo non era cambiato) che scopriva chi era veramente e lo buttava giù dalla finestra del suo appartamento all’ottantesimo piano.

Ma il sogno più comune era quello in cui i suoi genitori gli rivelavano che in realtà la storia della favola era tutta un’invenzione e lui era un ragazzo come tutti gli altri, con una vita comune e nessun futuro principesco. L’idea che la sua più antica e fondata convinzione fosse in realtà una bugia lo tormentava. Era diventata la sua fissazione numero uno. Se per Amleto era “Essere o non essere?”, per Socrate la ricerca della verità e per Putin quella di essere avvelenato, quella di Ale era di vivere in una finta favola, proprio come in “Truman Show”.

E poi era arrivato il giorno in cui Cassandra, la sua principessa, si era presentata a casa sua per fargli una sorpresa. Era domenica e avevano pranzano in giardino, travestiti da gnomi. Erano i primi giorni di primavera ed era tradizione che diventassero gnomi per inaugurare la nuova stagione. Dopo mangiato raccoglievano i fiori dal giardino e poi se li lanciavano, inaugurando la prima battaglia di fiori di questo mondo. Erano sdraiati sull’erba ad assorbire l’energia del sole, quando Cassandra aveva suonato al campanello, così Ale era andato ad aprire. Quando l’aveva visto si era messa a gridare. I suoi genitori, sentendo le grida, erano corsi da lui per vedere cosa stesse succedendo ed era davvero scoppiato il finimondo. “Ma che siete, pazzi?” aveva chiesto lei. Aveva chiesto ad Ale di non chiamarla più e non farsi più vedere, perché non voleva avere niente a che fare con i matti. Lui aveva cercato di convincerla che i pazzi erano i suoi genitori, non lui. “Io sono normale, sono loro che credono di vivere in una favola Disney” aveva gridato. L’aveva detto talmente forte da farsi sentire da loro, i diretti interessati. Quando Ale era tornato in casa e aveva visto i loro visi corrugati dalle lacrime si era sentito come nei suoi sogni, solo che lui non era quello preso di mira, ma il bullo. Però era andato in camera. Non gli aveva parlato. Non voleva parlargli. La sua mente era piena di domande: Cassandra se n’è andata per sempre? Siamo davvero dei pazzi? Sono anche io come i miei genitori o lo sembro solo perché sono nato qui?

Ed erano queste le domande che si porgeva quando l’ho conosciuto. Esattamente cinque mesi fa. Ci siamo conosciuti a New Orleans, la città degli artisti. “The crazies’ city” l’ha chiamata lui la prima volta che mi ha rivolto la parola. Io facevo la barista per pagarmi l’alloggio negli USA e lui era in viaggio per lavoro. Aveva trovato questo impiego retribuito abbastanza bene e aveva preso il primo aereo per gli States. Poi avevamo scoperto che provenivamo dalla stessa zona.

E ci eravamo innamorati. Lui di me. Poi io di lui. Però io alla fine dell’estate tornavo in Italia perché dovevo iniziare l’università. Così anche lui aveva deciso di tornare con me. E mi aveva invitato a casa sua a cena.

Ed era allora che ero entrata in quel mondo fiabesco della famiglia Zani. In quel mondo di cui pochi erano a conoscenza, perché non tutti erano in grado di accettare certe cose. In quel mondo fantastico che Alessandro aveva dimenticato fino alla sera in cui non mi aveva conosciuto. Già, perché io mi chiamo Lucilla.

Quella sera aveva capito che la sua vita poteva essere una fiaba oppure no, stava a lui deciderlo. Poteva decidere di uniformarsi al gregge delle persone comuni, oppure seguire la sua anima ed essere un principe che vuole conquistare nuovi pianeti. Ed aveva deciso che la normalità fa per tutti. Ma non per lui. Lui voleva passare le domeniche d’estate in giardino travestito da elfo, perché d’estate ci si veste da elfo. Voleva vestirsi da Babbo Natale il giorno di Natale. Voleva interpretare Richard Madden nel live-action di Cenerentola. E più di tutto voleva trasmettere ai suoi figli queste tradizioni.

Io e Ale abbiamo due figli: Bella e Azzurro. Viviamo in una casetta che sembra quella della strega di “Hansel e Gretel”, senza però la strega. La gente è stranita. Ci evita. Ma sinceramente non mi interessa niente di quello che credono loro. La mia vita era triste, poi tutt’a un tratto sono diventata la principessa di una favola Disney e tutto è diventato più bello. Più rosa.

*Scuola Militare Aeronautica  “Giulio Dohuet” (Firenze)

 

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