Il bullismo a scuola o nei luoghi di aggregazione giovanile c’è sempre stato, non è una novità, e avviene in qualunque scuola, perfino in quelle modello. Anche il bisogno degli adolescenti di farsi notare, di raccontarsi, c’è sempre stato.
Purtroppo oggi il bullismo è un’emergenza vera, quasi una malattia, che coinvolge il 50% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni. Dan Olweus, studioso norvegese, definisce in questo modo il bullismo: “Uno studente è oggetto di azioni di bullismo, ovvero è prevaricato e vittimizzato, quando viene esposto, ripetutamente nel corso del tempo, alle azioni offensive messe in atto da uno o più compagni”, dove per “azioni offensive” si intendono le situazioni in cui una persona infligge intenzionalmente o tenta di infliggere un’offesa o in disagio a un’altra persona. Le azioni offensive possono essere ottenute con l’uso di parole, smorfie, gesti sconci o contatto fisico. Oggi questi “schiaffi”, con il massiccio utilizzo dei social network, sono divenuti anche intangibili: sono video pubblicati online, foto rubate, messaggi anonimi, nomi dati a gruppi senza consenso dell’interessato, o false identità, ma feriscono molto e ugualmente la vittima/e. Si tratta di cyberbullismo.
Il bullo è un ragazzo o una ragazza che compie degli atti di prepotenza verso un proprio pari, ripetendoli nel tempo ed andando così a configurare una vera e propria persecuzione. Il bullismo è una specie di comportamento aggressivo, portato a termine con intenzione, costante nel tempo e con un rapporto di potere sbilanciato a favore proprio di chi lo mette in atto.
Vi sono vari tipi di bullo. C’è quello “dominante”, con aggressività verso tutti, impulsivo, insolente, con grosse difficoltà nel rispettare le regole; c’è poi il “bullo gregario”, più ansioso e insicuro, che cerca la propria identità e l’affermazione nel gruppo attraverso il ruolo di aiutante e sostenitore del bullo vero e proprio.
Il bullo rimprovera, intimidisce, minaccia e prende in giro, non avendo la minima considerazione della dignità degli
altri; non accetta punizioni né richiami quando colto in fallo e rimproverato dagli adulti. Spesso dietro questi comportamenti ci sono grandi frustrazioni, come genitori freddi o distaccati o che hanno trascurato il figlio, anche se ciò non giustifica questo modo di comportarsi.
Gli studi sul tema rivelano che essere prepotente a lungo nel tempo determina un maggior rischio di entrare in quella escalation di violenza che va da piccoli episodi di vandalismo, furti, piccola criminalità, fino a incorrere in problemi seri con la legge.
Per contro, chi rimane a lungo nel ruolo di vittima, tende ad autoescludersi dalla vita sociale, ad allontanarsi dalla vita reale, passando molte ore al giorno davanti a videogiochi o comunque immerso in una realtà virtuale che diventa una specie di “luogo sicuro”, un’area di tranquillità; può perfino arrivare ad accusare alcuni sintomi e dolori che non trovano riscontro in esami clinici e rischiare di andare incontro a livelli di autostima sempre più bassi, a forme di depressione. Fino a conseguenze più estreme. Generalmente le vittime sono ragazzi o ragazze molto intelligenti.
Il bullismo è ormai una piaga della nostra società e genitori, insegnanti ed educatori devono essere pronti ad affrontarla, essendo un reato perseguibile penalmente. Purtroppo viviamo in un momento storico in cui sembra che le persone aggressive, furbe e maliziose siano le migliori.
La scuola è il luogo dell’istruzione e dell’educazione dove si costruiscono svariati rapporti interpersonali e si viene costantemente “valutati”, non solo dagli insegnanti, ma anche dal gruppo dei coetanei. Il personale scolastico ha il compito di educare gli studenti, osservarne i comportamenti, accogliere le richieste di aiuto e intervenire in presenza del fenomeno, anche con la denuncia obbligatoria.
Il Progetto educativo dell’Istituto aeronautico Antonio Locatelli, ad esempio, pone fra i suoi obiettivi proprio quello di attivare processi che consentano la promozione di atteggiamenti e comportamenti di vita consapevoli e responsabili, oltre a incoraggiare la percezione dell’errore, quale stimolo a migliorarsi costantemente. È un modo di prevenzione e intervento.
E i genitori, cosa devono fare se sospettano che il proprio figlio sia vittima di bullismo? Anzitutto verificare sempre e cercare segnali inequivocabili, quindi concordare con il ragazzo i passi da fare, coinvolgendo la scuola e successivamente denunciare l’accaduto all’Autorità giudiziaria. Va poi creato un “momento cuscinetto”, allontanando la vittima per un periodo di tempo limitato dal luogo dove gli atti di bullismo si sono verificati. Se invece i genitori si rendono conto o vengono informati che il proprio figlio è un bullo, è bene tenere un dialogo aperto con il ragazzo, aiutandolo a riorganizzare la sua vita, dandogli regole e soprattutto cercando di capire perché lo ha fatto: perché alla fine sono vittime anche loro.
Milena Zeduri, 1 A Scientifico
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