La Grecia, culla della civiltà europea e del pensiero occidentale, è diventata oggi il simbolo della “crisi economica” che imperversa ormai da diversi anni e impone sempre più restrizioni alla sovranità e alla libertà dei paesi impoveriti.
Il popolo greco è stato trasformato in vittima espiatoria di una crisi causata, per non dire voluta, dal sistema bancario internazionale che, da parte sua, non ha perso nessuna delle sue ricchezze. Il popolo greco è stato il primo d’Europa a essere di fatto privato della propria autonomia, della propria sovranità, messo in qualche modo sotto tutela come un bambino incapace. Una situazione ancora più incredibile visto che sembra essere stata voluta dagli organismi finanziari internazionali.
Con il caso greco, la post-democrazia tecnico finanziaria, che finora agiva nell’ombra camuffando in maniera più o meno abile la sua azione sotto gli stracci lisi dei “diritti umani” e del “suffragio universale”, ha abbassato la maschera, facendo del paese di Pericle e di Omero il laboratorio del suo progetto totalitario d’imposizione progressiva di organi tecnocratici volti a sostituire le istanze di rappresentanza popolare.
Ancora più crudele e tragico in questa storia è il fatto che l’umiliazione del popolo greco non ha suscitato quasi alcuna reazione d’indignazione, compassione e solidarietà da parte degli altri popoli.
Al contrario i greci sono stati contestati, accusati e resi colpevoli di tutti i mali economici del mondo, responsabili della loro disgrazia. Presentati come un branco di nullafacenti corrotti e truffatori dalla stampa internazionale, l’opinione pubblica ha ingoiato la pillola falsa che considera la popolazione greca come fonte di crisi e non come vittima. Come se fosse possibile che siano state le qualche migliaia di falsi ciechi pensionati o le vacanze troppo costose dei funzionari di stato a portare il paese al fallimento e al caos e non gli intrighi mafiosi e le speculazioni.
Senza trascurare e scusare gli abusi e le mancanze della popolazione, che hanno certo peggiorato la situazione del paese, è di un’infame ipocrisia puntare il dito esclusivamente verso di loro e farne il capro espiatorio di una crisi fomentata dai consigli d’amministrazione delle grandi banche mondiali.
Myret Zaki, caporedattrice del giornale economico svizzero “Bilan”, nel suo libro “La fine del dollaro”, evidenzia il fatto che la crisi greca sarebbe in realtà la conseguenza di un attacco coordinato dagli interessi americani al fine di screditare l’Euro nel momento in cui quest’ultimo iniziava a diventare una moneta totalmente credibile agli occhi dei paesi produttori di petrolio dell’OPEC (Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio). Conveniva quindi attaccare il ventre della zona euro e mettere in ginocchio la Grecia quando la situazione di quest’ultima, anche se instabile, non era peggiore di quella di paesi come gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e il Giappone, aventi tassi d’indebitamento al 200%.
La campagna mediatica di stigmatizzazione del popolo greco pare aver funzionato. È quindi nell’indifferenza quasi generale, e addirittura, credo, con un certo consenso collettivo, che il popolo greco, spogliato di quasi tutte le prerogative concesse ai cittadini, è stato ridotto al ruolo di vittima della “troika” affarista – mondialista.
Questa incapacità della solidarietà popolare europea è una mancanza tragica, una dimostrazione di debolezza dalla parte degli stessi popoli che hanno indicato ai loro boia il metodo per sopprimerli: strangolarli uno dopo l’altro, affiggendo la vittima e contando sull’inazione dei propri fratelli terrorizzati dalle minacce “economiche” brandite incessantemente. La codardia, che consiste nel detto “meglio al vicino che a me” oppure “se la sono cercata”, ha tra l’altro mostrato tutta la sua inutilità con l’estensione progressiva del caso greco ad altri paesi d’Europa.
Una lezione da meditare in un momento in cui il precariato economico fa rinascere timori ed egoismi nazionali, a scapito dell’ideale di potenza e di giustizia sociale che è l’Europa dei popoli.
Federico Martini, 3 A Scientifico
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