Saturday, November 1, 2025

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Ferragni: blogger, designer and model

Posted by admin On Gennaio - 22 - 2018 Commenti disabilitati su Ferragni: blogger, designer and model

Hello there, today, we’re going to discover together a little bit more of Chiara Ferranti’s world, one of the most famous influencer of the whole web. Who is Chiara Ferragni?

Chiara, is an Italian business woman, blogger, fashion designer and model born in Cremona on May the 7th 1987.
She has always her luggage in her hands, in fact, she travels all around the world and she lives between Milan and Los Angeles.
Her career started in 2009 when she opened her own blog called “The Blond Salad”, a mix of photography, trips, lifestyle and fashion.

After the creation of the “TBS”, together with her boyfriend of that time, she transformed the blog into her own business and then she built up her first e-commerce online shop “Chiara Ferragni Collection” in which she sells clothes, shoes and accessorizes.

Because of her determination to achieve her dreams (be a fashion blogger and partner with the most important house of fashion), while her friends were playing videogames, she was building something that now is an empire.

Nowadays Chiara Ferragni is an example not just for teenagers but also for everyone who wants to fly high and pursue any kind of goals.

In one of her speech, she said: “My biggest satisfaction is that people think about me and smile, people love to dream through me”.

What characterizes her and what makes her one of the most loved influencer, is that “she is always the same on and off the social media”.

Nicole Nerborini, 4 A Tecnico

 

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Il medioevo, tra gregoriano e trovatori

Posted by admin On Gennaio - 22 - 2018 Commenti disabilitati su Il medioevo, tra gregoriano e trovatori

Quando i primi cristiani non devono più nascondersi per pregare e quando nelle città sorgono chiese e conventi, all’alba e all’imbrunire si diffondono nell’aria melodie come Æterne rerum Conditor (“Eterno creatore di tutto”), inno gregoriano scritto nel VIII secolo d.C.: i frati cantano le loro preghiere fuori dal tempo e dallo spazio, quasi a proiettarsi verso l’immobilità della vita ultraterrena e per avvicinarsi a Dio. Ascoltala e rifletti sulle sensazioni che questa musica provoca in te!

Costantino, imperatore romano, nel 313 d.C con l’editto di Milano, riconosce il diritto della libertà di culto anche ai cristiani, fino ad allora perseguitati. Con la caduta dell’impero romano d’Occidente nel 476 d.C. ha inizio un lungo periodo che sarebbe durato fino al 1453: il Medioevo. Quest’epoca, caratterizzata da una notevole vivacità economica, culturale e sociale, si suddivide il Alto Medioevo (476 d.C-1000 d.C) e Basso Medioevo (1000 d.C-1453 d.C). I monasteri e le chiese, sono i principali centri di cultura dell’Alto Medioevo. Qui frati e diaconi si dedicano alla copiatura di pergamene e codici, che abbelliscono con preziose miniature. La cultura si espande raggiungendo le corti, qui nasce la produzione letteraria e musicale. Sorgono le  università, dove si insegnano diritto, medicina e teologia. Nei borghi, le piazze ospitano spettacoli di artisti girovaghi.

L’organo rappresenta lo strumento principe della musica religiosa e polifonica del tempo. Nella musica profana è la viella lo strumento ad arco più diffuso tra i trovatori. Sono in uso anche strumenti a fiato come trombe e flauti, strumenti corde come il salterio, il liuto e la strana tromba marina.

L’abitudine di intonare canti in lode del Signore esisteva già prima dell’Editto di Milano. Con il Cristianesimo, il repertorio dei canti sacri si arricchì molto, ma senza uniformità a causa delle differenze che vi erano tra popolo e popolo. Per questo motivo papa Gregorio Magno scelse e raccolse i canti sacri i un grande libro, l’Antifonario, pretendendo che ovunque nell’Occidente fossero eseguite solo le melodie scelte dalla chiesa di Roma. L’Antifonario andò perduto durante le invasioni barbariche. Noi oggi ne conosciamo ugualmente il contenuto perché fu più volte copiato a mano nell’abbazia di Cluny.

La Schola Cantorum dove si preparavano coloro che cantavano durante le funzioni liturgiche fu un’altra grande riforma che favorì l’affermazione del canto gregoriano. Gregorio Magno stabilì che i cantori studiassero ben 9 anni, imparando a memoria tutte le melodie ascoltate dal maestro. Fu così garantita la sopravvivenza di quelle melodie straordinarie, che però non venivano ancora scritte: infatti le parti musicali sono state aggiunte nell’Antifonario soltanto alla fine del IX secolo.

Il canto gregoriano, nel suo svolgersi lento, induce alla contemplazione dei valori spirituali e al distacco dalle cose terrene. Ha il testo in latino, è vocale non prevede un accompagnamento strumentale, è un canto monodico che si intona su una sola parte, anche se questa viene cantata anche da un intero coro. Presenta un ritmo libero, a causa della convinzione che esso fosse legato alla vita terrena, dunque non era più indispensabile.

A partire dal XI secolo si formano movimenti spirituali di riforma che aspirano a una religiosità più autentica basata sulla semplicità predicata dai vangeli. Il popolo si esprime ormai in lingua volgare e non conosce più i testi in latino della musica sacra. Molteplici sono i seguaci del movimento di San Francesco, fondato nel ’200.

A questa corrente appartengono le “Laudi”, canti in lingua volgare di argomento religioso: ovviamente non saranno mai accettate dallo stato pontificio. Essenzialmente la lauda è una composizione monodica molto semplice e di facile comprensione, ha un andamento sillabico e cioè a ogni sillaba corrisponde una nota.

Poco dopo l’anno 1000 la musica profana ha cominciato ad arricchirsi, soprattutto in Francia. Gli artisti sono nobili, feudatari, cavalieri, personaggi di corte che non fanno i musicisti di mestiere, ma si dilettano a comporre canzoni.

A seconda della zona in cui vivono possiamo suddividerli in trovatori e trovieri. I primi erano attivi nel sud della Francia e utilizzavano la lingua D’Oc. I secondi erano invece attivi nel nord della Francia e utilizzavano la lingua D’Oil, che in seguito diventerà il francese moderno. Le canzoni dei trovatori e dei trovieri sono sicuramente in contrapposizione al canto gregoriano: essendo sacro è basato su testi in latino mentre le canzoni trobadoriche, di argomento profano, sono invece con testi in volgare; il gregoriano è cantato da cori numerosi, mentre le musiche trobadoriche sono cantate da una voce solista accompagnata da uno strumento che ripete la melodia della voce.

La storia della musica rappresenta un lungo cammino, mentre il Medioevo può essere definito come un lungo percorso nel quale la musica si è ritagliata uno spazio comunicativo che è andato a toccare la parte la parte più intima dell’uomo: la sfera sentimentale.

Elvira Bellicini, 3 A Scientifico

 

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Mozart era anche massone?

Posted by admin On Gennaio - 22 - 2018 Commenti disabilitati su Mozart era anche massone?

Davvero pochi sono i personaggi che presentano un’ambivalenza netta come quella di Wolfgang Amadeus Mozart: nonostante si conosca molto delle sue opere, si fa ancora fatica a interpretare le sfaccettature più nascoste della vita e, ovviamente, della personalità molto particolare del compositore.

A far ciò siamo stati però aiutati dalle sue stesse opere che ci forniscono molti dati importanti su vari aspetti della vita e dei pensieri di quello che è ricordato tutt’ora come “bambino prodigio”. Voglio soffermarmi sugli elementi della sua musica che la fecero evolvere e, in maniera analoga, risultare diversa da tutte le altre composizioni.

Fattore importante nella produzione artistica di Mozart credo sia la presenza di continui richiami alla massoneria, che ritornano incessanti nelle opere. Tali elementi sono molto evidenti, come la continua ripetizione del tre, numero massonico rappresentante la sintesi dei più importanti principi propugnati dalla Libera Muratoria (Libertà, Uguaglianza e Fratellanza): è usato nelle scenografie, nel suono degli strumenti, nelle singole note, nei personaggi che animano la scena e nei colori degli abiti utilizzati.

Famosissima è l’opera intitolata “Il Flauto Magico”: non solo perché realizzata e composta in modo sublime, ma soprattutto per essere l’opera che, più di tutte, incarna uno spirito esoterico e iniziatico.  E anche in questo capolavoro non si fa attendere il tre: per l’aspetto musicale tre sono le note che i fiati suonano spesso contemporaneamente, i colpi sulle percussioni e i tocchi sullo xilofono. I personaggi sulla scena di quest’opera sono spesso tre. Tre sono i fanciulli (i genietti) che impediscono il suicidio di Pamina e di Papageno, tre le dame al servizio della Regina della Notte e tre gli schiavi di Sarastro.

L’intera opera è accompagnata da simboli ed emblemi esoterici con richiami massonici, come il triangolo (utilizzato come forma del copricapo di Sarastro) e il compasso sovrapposto alla squadra (logo massonico). L’azione vede la lotta di due potenze contrapposte: oscurantismo, personificato dalla Regina della Notte e dalle tre ancelle, e ragione illuminata, saggezza, indentificate in Sarastro, capo della comunità dei sacerdoti di Iside e di Osiride, grande Sacerdote del Sole. È chiaro che questi incarna uno spirito di carattere massonico-iniziatico.

Sorge una domanda: Mozart ha fatto parte attivamente della massoneria o i richiami sono stati inseriti nelle sue opere solo perché ne era affascinato?

La risposta è che Mozart era realmente un massone, anche se questo termine è da intendere in modo diverso da oggi. Il compositore ha avuto i primi contatti con la Massoneria (inconsapevolmente) da giovanissimo. A 11 anni, come ringraziamento per averlo curato dal vaiolo, ha dedicato al suo medico Wolff un’arietta dal titolo “An die Freude”. e pare che sia stato  proprio lo stesso Wolff, massone, a suggerire il testo dell’operetta, tratto da una raccolta di canti latomisti. Il musicista però è entrato ufficialmente nella massoneria il 14 dicembre 1784, come apprendista nella loggia fondata dal Maestro Otto von Gemmingen, fino a raggiungere il  grado di maestro nella loggia di Vienna più importante anche a livello musicale.

I motivi che hanno fatto sì che l’autore si avvicinasse al mondo massonico fino a decidere di farne parte non sono però identificabili. Senza alcun dubbio sentiva l’esigenza di un contatto personale con Dio che, all’epoca, non trovava nella Chiesa. Amadeus aveva in oltre molto forti gli ideali di umanità e di spiritualità ed era alla ricerca costante del rapporto con il “fratello prossimo”. Queste sono state, a mio parere, le cause della sua decisione.

Federico Martini, 3 A Scientifico

 

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Marina mercantile, sacrificio e crescita

Posted by admin On Gennaio - 22 - 2018 Commenti disabilitati su Marina mercantile, sacrificio e crescita

Marina e Aeronautica all’apparenza stanno agli opposti, ma possono trovare molti punti di contatto: ne sa qualcosa il nostro istituto “Antonio Locatelli, che se a Bergamo ha la parte aeronautica, in quel di Grottammare mantiene quella navale. Abbiamo intervistato, lo scorso 27 luglio, la direttrice dell’Accademia Italiana della Marina Mercantile, Daniela Fara.

Direttrice, prima di parlare dei corsi che offrite, le chiederei di presentare l’Accademia.

L’Accademia della Marina Mercantile Italiana vuole essere una risposta alle ambizioni dei ragazzi che voglio intraprendere la carriera del mare e inizia la sua attività nel 2005 su iniziativa di istituzioni pubbliche come il Comando Generale della Capitaneria di Porto, la Provincia di Genova, l’Istituto Nautico “San Giorgio” e la Confederazione Italiana Armatori. Nasce dell’esigenza di qualificare maggiormente i futuri Ufficiali di coperta e di macchina della Marina Mercantile e di accompagnarli in questo progetto: la nostra mission è dunque quella di formare, aggiornare, qualificare e riqualificare il personale marittimo della flotta mercantile Italiana.

Fate selezioni mirate, mi risulta.

Noi selezioniamo con i concorsi annuali per gli allievi un numero di ragazzi in base a quelli che sono i posti messi a disposizione dalle varie compagnie e su questi numeri formiamo le classi, così da garantire a ciascun allievo l’imbarco previsto dal percorso formativo. Provengono prevalentemente dagli Istituti Trasporti e Logistica, e viene loro garantito l’imbarco da allievi ufficiali di 12 mesi, obbligatorio per conseguire il titolo di ufficiale. Questo percorso ha la durata di 2 anni ed è articolato in 1500 ore in aula con corsi di formazione teorici e corsi internazionali.

Più nello specifico, per quanto riguarda i corsi di macchina e coperta, quali sono i requisiti, quanti imbarchi vengono fatti, cosa si studia?

Per accedere al concorso bisogna non aver superato il 26° anno di età, essere cittadini comunitari, avere la qualifica di allievo ufficiale (macchina o coperta) e essere in possesso dei corsi BST (Basic Safety Training) e Security Awarness. insieme al possesso della visita medica biennale in corso di validità che stabilisce se il candidato possiede quei prerequisiti fisici per ricoprire il ruolo di allievo ufficiale e in seguito di ufficiale. La selezione ha una parte scritta e una orale: si valutano sia la conoscenza tecnica appresa durante il percorso di studi sia la conoscenza della lingua inglese, fondamentale, sia una certa capacità di ragionamento logico. Durante l’esame orale viene effettuato un test che indaga il profilo della persona e un colloquio dove si analizza nuovamente la conoscenza dell’inglese, approfondendo anche l’aspetto motivazionale e culturale del candidato. Chi supera le selezioni viene ammesso in un percorso fortemente caratterizzato dall’alternanza scuola lavoro, con quattro periodi a terra alternati con tre a bordo. Alla fine ci sarà la verifica finale che attesterà o meno l’idoneità dell’allievo sia all’esame per acquisire il diploma sia all’esame per ottenere la qualifica.

Si parla di ufficiali di macchina e coperta che provengono da istituti nautici ma chi avesse fatto un liceo scientifico o un istituto tecnico ad altro indirizzo può comunque iscriversi?

Nel 2007 è stato introdotto un modulo di allineamento per permettere la loro partecipazione: nel 2016 è stato riformato e adesso si può svolgere o negli ex istituti nautici, oggi I.T.T.L, nell’ambito del normale percorso di studi oppure può essere erogato da istituti, come l’Accademia, che sono accreditati a erogarlo; le ore sono 700 per il corso coperta e 800 per il corso macchina. I risultati sono stati ottimi e i ragazzi si sono avvicinati maggiormente alla sezione coperta piuttosto che a quella di macchina. Un problema potrebbe essere il finanziamento del corso: fino all’edizione conclusa a maggio 2017, l’Accademia lo poteva erogare gratuitamente grazie al finanziamento del fondo nazionale marittimi; a oggi le risorse stanno scemando e quindi non sarà più possibile presumibilmente, il che complica le cose per chi, ad esempio, viene da zone lontane.

So che da circa un anno avete iniziato a formare anche altro personale per la parte Hotel di bordo con i corsi nella sede di Arenzano e con i corsi nella sede di Lavagna. Ce ne parla?

Abbiamo iniziato con Costa Crociere a Arenzano e poi a Lavagna con Msc. Le figure che formiamo attualmente sono quelle di pasticcere, panettiere e cuoco di bordo per Costa, tecnico multimediale e Middle Manager per Msc. Tutte le nostre attività nascono da un’esigenza delle aziende: questo garantisce formazione mirata e occupazione e imbarco a fine corso. Con Costa Crociere sono state previste anche figure che hanno necessità di una formazione più breve, come animatori, guest-service e così via. A settembre il corso fotografi. I requisiti variano dalla figura: è evidente che per fare il cuoco di bordo sarà necessario o il diploma alberghiero o un’esperienza professionale; per l’animatore sarà invece necessario un diploma di scuola superiore. Tuttavia quello che sempre è indispensabile è la conoscenza delle lingue..

L’Accademia ha anche una collaborazione stretta con Grandi Navi Veloci per formare assistenti d’ufficio.

La figura dell’assistente d’ufficio non è adottata da tutti: Grandi Navi Veloci invece ne ha fatta una figura centrale nella propria organizzazione e abbiamo fatto già due corsi; ora è aperto un bando per assistente d’ufficio addetto alle telecomunicazioni, una figura ancor più specifica e molto strategica. Accademia è diventato centro di formazione continua per GNV: la compagnia ha fatto della formazione una delle policy aziendali, non solo con formazione in ingresso ma anche riqualificazione e aggiornamento. Per questo finanzia interamente il corso. Questa figura opera nel settore hotel ed è, sostanzialmente, l’assistente diretto del commissario di bordo; quello addetto alle telecomunicazioni nasce invece  dall’evoluzione del marconista e del radiotelegrafista che oggi non esistono più. In questo caso l’assistente d’ufficio addetto alle telecomunicazioni ha, su ordine degli ufficiali di coperta, ha il compito di seguire le comunicazioni. Questa cosa è propria di GNV che ha pensato di sostituire il radiotelegrafista con l’assistente d’ufficio addetto alle telecomunicazioni, aprendo una possibilità di occupazione a soggetti diversi dall’ufficiale di coperta, perché normalmente questo ruolo di operatore è affidato a loro Per fare questo corso occorre il diploma di scuola media superiore e non occorrono requisiti particolari se non la conoscenza delle lingue.

Sembra che la conoscenza delle lingue sia fondamentale in questo settore.

Assolutamente. Senza l’inglese qui non si lavora. Per i settori tecnici, quindi macchina e coperta, è essenziale l’inglese ben parlato e ben compreso, perché è fondamentale soprattutto in situazioni di sicurezza dare e comprendere ordini. Nel settore hotel invece una lingua non basta. Va recuperato un approccio migliore a queste materie: nella tradizione italiana c’è sempre stata scarsa propensione allo studio delle lingue straniere.

I nostri allievi a Bergamo e a Grottammare sono avvantaggiati rispetto ad altri perché già dalla prima superiore hanno un’ora dedicata alla madrelingua inglese e soprattutto iniziano lo studio di una seconda lingua, lo spagnolo, con la possibilità di ricevere le certificazioni internazionali come il Dele e il First.

Secondo me questa è la strategia del futuro, non solo per questo settore specifico dove è fondamentale, ma anche per altri settori.

Parliamo del tasso medio di occupazione dei vostri allievi:  l’Accademia ha sempre formato occupati, laddove molti corsi formano invece disoccupati.

Noi siamo oltre il 92% per quanto riguarda gli ufficiali di coperta e di macchina e, a oggi, al 100% di occupati per quello che riguarda i corsi fondo sociale europeo, quindi corsi più brevi nel settore hotel, elettricisti e operatori meccanici. Siamo in generale sopra il 90% per tutti i nostri corsi e ci tengo a ribadirlo. Quando abbiamo capito, nel tempo, di aver avviato corsi che non portavo a questi risultati, li abbiamo cessati. Noi vogliamo fare occupati e non disoccupati: questo settore fortunatamente, nonostante la crisi, ha retto molto bene e continua a dare occupazione.

Cosa si sente di dire ai nostri allievi?

Il settore del trasporto marittimo in generale è un settore dove si può trovare ancora occupazione, ma che ha due caratteristiche: una è il sacrificio, mentre l’altra è la gratificazione. Non solo perché si ottengono occupazione e lavoro, ma anche perché ci sono sia soddisfazioni economiche che possibilità di carriera. Ho detto anche sacrificio perché è davvero un sacrificio stare a bordo: non è una vita normale e ha caratteristiche a cui non tutti sono portati. Quello che mi sento di dire è guardarsi in uno specchio e chiedersi se si pensa di avere un futuro a bordo, tenuto conto che questo lavoro ha la caratteristica del sacrificio, dell’impegno, a volte della solitudine; infine ha la caratteristica di necessitare un grande equilibrio, perché si deve saper stare soli ma anche confrontare a volte con molte persone e altre sempre con le stesse venti, e si è li per mesi, con i problemi da risolvere sul posto. Si incontrano molte nazionalità, molte culture e quindi oltre all’equilibrio ci vuole molta apertura mentale, considerazione delle diversità culturali, rispetto degli altri, senso della gerarchia. Diciamo che la vita di bordo è un mondo che incontra tutti gli aspetti che si possono incontrare nell’ambito di una vita globale nei vari settori. Credo che un ragazzo debba quindi chiedersi: “Io mi ci vedo a bordo? Penso di farcela? Penso di avere queste caratteristiche?”. Perché se una persona tiene molto a stare vicino alla famiglia, agli amici, tiene a fare una vita “normale” – cosa legittima e lo voglio sottolineare -, questa non è la vita per lui. Dopo ciò deve sapere che il sacrificio e l’impegno sono grandi: si trova, come dicevo prima, in un unico contesto tutto quello che si può trovare in più contesti nella vita. A bordo, come a terra, non viene regalato nulla e come ci si comporta è fondamentale per gli altri e per la loro sicurezza; se non si è a servizio della squadra, altra caratteristica che si deve possedere per lavorare a bordo, si viene emarginati. Credo quindi che questo settore sia una bellissima e grande opportunità che dà gratificazioni economiche e di ruolo sociale, ma che richiede grande sacrifico e dove nulla viene regalato: a partire dal sacrificio per la formazione iniziale fino ad arrivare a quello per tenersi aggiornati e avere continuamente voglia di studiare. Non tutti sono portati e non è una colpa non esserlo.

Mirko Mondini, diplomato 2014

 

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Dall’Aeronautico alla Marina: al top

Posted by admin On Gennaio - 22 - 2018 Commenti disabilitati su Dall’Aeronautico alla Marina: al top

Dall’Aeronautico alla Marina: come è successo? Tutto ha avuto inizio a giugno quando il Ministero della gioventù e quello della Difesa hanno pubblicato il bando per i corsi velici della Marina Militare a Venezia (scuola navale militare Morosini), Livorno (accademia navale) e La Maddalena (accademia sotto-ufficiali), e ho deciso di partecipare.

Le domande provenivano da ogni angolo del nostro “stivale” e su migliaia che erano solo 350 venivano ammesse. Due settimane prima della partenza ho saputo di essere stata selezionata e che sarei stata una dei fortunati a partecipare ai corsi velici: ho fatto salti di gioia e non vedevo l’ora di iniziare questa avventura in un mondo che, fino a poco fa, mi era estraneo, avendo interessi volti più all’aeronautica.

L’11 luglio, io con la mia valigia rossa, accompagnata da mio padre ho preso il treno diretto a Brescia, dove avremmo poi preso il treno Frecciarossa che ci avrebbe portato a Venezia. A Brescia abbiamo incontrato Laura, anche lei partecipante ai corsi: durante il viaggio abbiamo fatto conoscenza e parlato anche di cosa ci saremmo aspettate da questa esperienza. A Venezia abbiamo poi raggiunto il vaporetto che ci avrebbe portato sull’isola di Sant’Elena, dove è situata la scuola: durante il tragitto abbiamo potuto godere delle bellezze artistiche e del fascino della città. Mezz’ora dopo siamo arrivati all’isola di Sant’Elena: piccolina ma graziosa e accogliente, piena di vegetazione e di campetti dove giocare. Una volta sulla via principale, sul fondo si vedeva la Scuola: cominciavo a entusiasmarmi di più e il cuore mi batteva a mille. Avvicinandoci vedevamo dei ragazzi con i loro familiari seduti sulle panchine nei pressi della scuola; la gente continuava ad arrivare e, man mano, ci conoscevamo e scambiavamo qualche chiacchiera.

I cancelli si sono aperti alle 14: 40 ragazzi (20 ragazze e 20 ragazzi) stavano entrando nell’accademia dove avrebbero vissuto 10 giorni che avrebbero segnato le loro vite per sempre.

All’entrata c’erano 3 ragazzi e 3 ragazze del primo anno dell’accademia che ci hanno accolto e condotto a piccoli gruppi nell’edificio, precisamente nella sala giochi, dove gli istruttori hanno preso i nostri documenti e ci hanno consegnato la divisa per la franchigia), una sacca, libro di testo per la teoria e una scotta (termine tecnico marinaio che sta per cordino). Successivamente siamo saliti nelle camere dove i nostri supervisori  ci hanno mostrato come fare il letto con il “risvoltino” (dritto e senza piegature, in pratica perfetto), come fare il cubo del letto (piegare  precisamente le lenzuola, metterle a capo del letto con sopra il cuscino) che doveva essere fatto ogni mattino, e il cubo dei vestiti che doveva essere fatto invece ogni sera prima di andare a letto. Una volta spiegate regole e orari, ci hanno dato 10 minuti per fare il letto, vestirci con maglietta bianca, pantaloncini blu, calzini bianchi, scarpe bianche e (per le ragazze) con i capelli legati: il nostro abbigliamento di tutti i giorni. Poi alcuni supervisori hanno cominciato a controllare se tutto fosse in ordine, mentre altri verificavano il nostro vestiario.

Poi siamo scesi e istruttori e comandante ci hanno introdotto il corso. Alle 19 in punto la cena e subito dopo la prima lezione teorica di vela: eravamo stanchi per la giornata faticosa, piena di emozioni e “traumi” e a malapena riuscivamo a seguire la spiegazione degli istruttori. Alle 22,50 siamo saliti e in 10 minuti abbiamo dovuto fare la doccia (in ogni camera 4 persone e due docce) e prepararci per andare a letto. Pensate, nemmeno il tempo per contattare i nostri genitori.

Ecco la giornata tipo. Alle 7 in punto i nostri supervisori ci svegliavano urlando per i corridoi: “Sveglia! Sveglia! Avete 15 minuti per fare il cubo, lavarvi, vestirvi e fare il letto!”. Noi scattavamo e iniziavamo a far tutto. Nel frattempo uno dei supervisori entrava per controllare i cubi: se ben fatti metteva i cuscini sul materasso, altrimenti era tutto da rifare. Terminati i 15 minuti, dovevamo essere fuori schierati mentre i supervisori controllavano i letti e l’ordine dei bagni: se trovavano il letto fatto male, lo disfacevano e ci richiamavano a rifarlo in 2 minuti. Finita l’ispezione alzabandiera, inno d’Italia e infine in mensa per la colazione. Finita la colazione un’ora di lezione sugli esercizi che avremmo dovuto fare in barca e le informazioni base sulla vela.

Ci recavamo quindi al lido di Venezia: una parte di tragitto col vaporetto della scuola (i più fortunati in gommone) e l’altra a piedi. Arrivati al lido ci cambiavamo con scarpette da scoglio, salvagenti, cappellini, occhiali da sole e molta crema solare per evitare scottature. Ogni equipaggio spingeva fino a riva la propria barca, la armavamo e andavamo in mare aperto senza istruttori (con gli istruttori solo i primi 3 giorni).  Alle 12 circa tornavamo in spiaggia e si mangiava: finito il pranzo gli istruttori ci spiegavano quello che avremmo dovuto fare nel pomeriggio e, dopo neanche un’ora e mezza, eravamo di nuovo in mare. Per le 16,30/17 dovevamo rientrare in spiaggia, disarmare le barche, riportarle dove erano il mattino e risistemarci per far rientro a scuola.

Nella sezione velica, gli istruttori facevano il punto della situazione e un’analisi della giornata e poi in mezz’ora dovevamo farci la doccia e vestirci con la divisa della marina per la franchigia. Alle 19 scendevamo per cenare: prima di iniziare qualsiasi pasto dovevamo stare davanti ai tavoli in posizione di riposo e un ragazzo presentava a un superiore in mensa ordinandoci: “A-ttenti!” Poi si girava verso il superiore dicendo: “Mensa Allievi” e il superiore rispondeva: “Grazie, seduti” e noi tutti, ancora sull’attenti ci rivolgevamo al capo tavola che poi ci dava il permesso di sederci. Non bisognava far rumore con la sedia: dovevamo sollevarla con una mano, avvicinarla a noi mentre ci sedevamo. Una volta preso il pasto dovevamo aspettare che tutti i componenti della tavolata ci fossero. In caso fossimo i primi a usare qualcosa, ad esempio la brocca d’acqua, dovevamo chiedere al capotavola: “Posso iniziare l’acqua?”; mentre nel caso in cui fosse al termine dovevamo chiedere: “Posso finire l’acqua?”. Se dovevamo alzarci da tavola per prendere il bis dovevamo chiedere il permesso. Per iniziare il secondo o la frutta dovevamo aspettare che tutti finissero il pasto. Inoltre a tavola si stava con i piedi uniti, la schiena dritta appoggiata allo schienale, i gomiti chiusi e mani sempre sul tavolo. La parte più critica e (in un certo senso) divertente del pasto era il momento della frutta. Vi starete chiedendo il perché. Ora vi spiego: la frutta più piccola del palmo della mano si poteva mangiare con le mani, mentre la frutta più grande del palmo della mano (come mela, pera, banana) dovevamo mangiarla con le posate: una cosa impensabile ma obbligatoria. In quel momento, pezzi di mela che schizzavano, rumori metallici che riempivano la sala…ma a forza di farlo eravamo diventati quasi degli esperti. Finito il tutto si faceva la stessa presentazione dell’inizio e si sparecchiava. Dopo cena ammainavamo la bandiera, segnavamo l’orario di franchigia e in gruppo uscivamo in centro Venezia.

Era la parte direi fondamentale della giornata, dove potevamo chiamare le nostre famiglie e amici ed era uno dei pochissimi momenti dove potevamo conoscerci meglio tra noi ragazzi. Per le 22,30 ritornavamo in accademia e per le 23 dovevamo essere già a letto.

Come vedete le nostre giornate erano molto organizzate e non esistevano tempi morti. La domenica è stata la giornata di riposo e abbiamo visitato la città di Venezia, in particolare l’Arsenale, il museo storico navale e il campanile di San Marco, dove abbiamo potuto ammirare dall’alto l’intera città di Venezia e scattare tante foto.

L’ultimo giorno è stato molto speciale: al mattino abbiamo fatto una regata, cioè la gara di barca a vela: 8 equipaggi composti da 5 persone e uno (il mio) da 4 perché una ragazza che non aveva il vaccino antitetanico si era dovuta ritirare il secondo giorno. È durata tutta mattina e, dopo tante fatiche, il mio equipaggio ha vinto: eravamo così felici che arrivati a riva ci siamo dati un lungo abbraccio di gruppo. All’inizio è stata dura essere organizzati e controllare le nostre emozioni in alto mare, ma lavorandoci assieme ce l’abbiamo fatta.

Al pomeriggio, dopo pranzo, siamo tornati all’accademia sulle nostre barche e per un tratto da soli; ma nella barca del mio equipaggio si erano rotte alcune cime e scotte, quindi abbiamo dovuto essere aiutati da un istruttore. Nella zona velica abbiamo disarmato le barche, le abbiamo lavate e abbiamo messo in ordine ogni componente.

Il comandante ci ha fatto un discorso di fine corso e ci hanno consegnato gli attestati di partecipazione, le tessere FIV (federazione italiana vela) e le medaglie agli equipaggi classificati nelle prime tre posizioni. Poi la premiazione: in sala giochi ci aspettava un buffet molto ricco e gustoso. La mattina dopo, la partenza verso casa.

È stata un’esperienza incredibile e unica non solo perché abbiamo fatto un corso di vela in un’accademia militare, ma anche  per le persone che ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere e per lo stile di vita che conducevamo. I primi due giorni devo dire che sono stati tosti e, per alcuni ragazzi, molto ma molto difficili, perché vivevamo praticamente una vita militare dove tutti i programmi erano scanditi e non bisognava sforare: ad esempio per noi ragazze è stato difficile gestire la questione dei capelli da asciugare e, la maggior parte delle volte, li lasciavamo umidi.

All’inizio inoltre i nostri supervisori erano molto severi e rigidi, non ridevano mai, per ogni piccola cosa ci riprendevano e noi non potevamo fare nulla perché, nonostante avessero la nostra stessa età, dentro la scuola erano i nostri superiori, e dovevamo sottostare ai loro ordini; nei giorni successivi fortunatamente si sono sciolti e sono diventati più “umani” e, addirittura, sono diventati nostri amici.

Un’altra cosa che per alcuni rendeva difficili le giornate era l’assenza del cellulare che potevamo usare solo di sera per chiamare i nostri genitori e amici durante il tempo libero.

I nostri istruttori sono stati di una professionalità eccezionale e sempre disponibili in caso di necessità. Poi i ragazzi: ognuno con i propri pregi e difetti, diversi e particolari nella personalità, sono stati fantastici e, onestamente, non sono stata mai così legata a un gruppo. Eravamo molto uniti: ci aiutavamo, ci sostenevamo nei momenti difficili, tutti parlavano con tutti, giocavamo, ridevamo, scherzavamo e abbiamo vissuto insieme avventure e disavventure. È stato difficile lasciarci: quasi tutti piangevano e gli abbracci erano lunghi e intensi, segno dello stretto legame che si era instaurato. Abbiamo passato momenti indimenticabili insieme che non scorderò mai.

Consiglio di intraprendere questa esperienza a coloro che abbiano la voglia e la curiosità di scoprire e vivere (anche se per pochi giorni) la vita militare e sperimentare un’esperienza educativa-sportiva, soprattutto a chi pensa di intraprendere la carriera militare, per potervi fare un’idea generale.

Celine Polepole, 3 B Scientifico

 

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Violence against women: the origins

Posted by admin On Gennaio - 22 - 2018 Commenti disabilitati su Violence against women: the origins

Violence against women is nowadays a common phenomenon which has very ancient roots in cultural attitudes and that, in various ages, dominated the way of understanding the relationship between man and woman. Women have always been considered inferior to men and destined to silent obedience.

The concept of classical Greek antiquity, where the woman is considered inferior to man by Platone, while for Aristotle the woman is “of weaker nature” since the “female body is incomplete”, authorizes submission.

Christianity resumes and confirms this submission; for St. Paul “women leaders are the man, a woman can’t teach, can’t say what she thinks but she must remain silent; from this conception the Catholic prohibited women to do  priestly duties.

The idea that women don’t have sexual needs, remains during the Middle age, the Renaissance and the following centuries: Emile Rosseau wrote that while “the man is active and strong, the woman is passive and weak”, hence derive that the sex relationship between the sexes has a character of violence believing that female sexuality is satisfied from child birth.

The recognition of a different value of women was born in Europe in the last century, with the ability of women to spread their ideas thanks to the suffragettes movement.

By the end of the 1960s, contraceptive led to greater sexual freedom for women. On a cultural level, violence is identified as a legal and illegal act depending female circumstances or civil status.

In the Bible, rape is a crime against property (man’s property), punishment for rape is death, not only for the kidnapper but also for the victim, if married.

There is an idea that women are responsable for rape, because during sexual violence they actually want a sexual intercourse and with their behaviour they excite men.

These ideas perpetuate aspects of female representation that aren’t no longer acceptable today.

Law 66 of 1996 on Sexual Violence against women basically modifies the way of representing rape, this law is a consequence of changes involving the woman’s image.

In 1976 Russel interviewed 900 women in the United States of America and found out that one on four had been raped.

Giada Ubiali, 5 A Coreutico

 

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Brexit, a surprising survey

Posted by admin On Gennaio - 22 - 2018 Commenti disabilitati su Brexit, a surprising survey

This summer I had the opportunity to make a survey about what English people think about Brexit. I interviewed about 20 people asking for their opinion about this controverse topic.

The result were quite surprising and quite different from what I (and I think all Italian people) believed.

Actually the majority of the interviewed think it isn’t useful for United Kingdom and they are scared about the future. In particular people between  30 and 60 are worried about future economy and travelling, especially for their sons.

They told me that even today some banks are leaving London, which will not be the economical centre in Europe anymore.

By the way, people over 60 agree in a positive way with Brexit, supporting by theory that there will be more control about immigration and more occupation for English citizens.

The younger are divided about this topic, infact someone thinks it could be a good change for the United Kingdom which would give them more job and more economical facilities. Someone is scared about travelling and exportation and foreign people contribute in social and economical life in England.

My survey was made on little numbers and of course 20 people can’t express the common thought in England, but it’s surprising discovering this division about Brexit, a political manoveur voted by the whole population, the same population which today is worried about the consequences of this “crazy decision”.

Alessandro Donzelli, 4 A Scientifico

 

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Human mind: complex and awesome thing

Posted by admin On Gennaio - 22 - 2018 Commenti disabilitati su Human mind: complex and awesome thing

Human mind is one of the most complex and awesome thing that could exist.

It’s often defined as a “centre of control” of the whole organism, essential on a physic level, but a potential destroyer on a psychologic level. Our mind allows us to escape from reality, makes revolutionary discoveries and take important decisions. We often think we have the complete control on it, but we don’t. On the contrary, it has the power to control us and our lives.

We’re its slaves, and as far as we can try to be independent , we’ll always be subdued to it. Think about pain. We live with it during our whole life, trying to find a therapeutic way to get rid of it or to relieve it, we talk about pain and say our opinion about it.

This is widely shown in literature. Lots of poets have a pessimistic point of view of life, of human condition and they show it in their work. For example we can quote Leopardi, who defined happiness as a transitory cessation of pain.

Every person has his pains and problems. How many times, after we experience a shock, or a simple delusion, do we intend not to think about it? We repeat  to ourselves and to the others that everything is fine, as we need a confirmation, we try to keep away everything that could make things worse and we keep going ahead…

Of course, we go ahead, if we’re  strong enough, if we receive the right support, but that wound will always be there.

And every promise we make to ourselves is actually useless because unconsciously or not, we’ll continue clinging on the past, at least during the first period, with photos, material objects, music but mostly with thoughts.

At this point our dear mind won’t leave us in peace until we can’t be able to make the rationality winning on the feelings, that isn’t an easy thing to do.

The pain is often due to a rejection of the present, of the change. The injured man hides in the past to find the peace in useless hopes that end revolting against us and destroying us on an emotional level. But “Be strong”, “You have to go ahead”, well that’s right but not everyone is strong enough.

Lots of people become slaves of the pain, throw the weapons away and give up and they could not be considered mere weak persons. All of this often becomes a real disturb or illness.

Scientists try to give a rational and scientific explanation and they are partially successful, but there are lots of things that can’t be totally explained with science.

For example, why could psychologic pain be worse than physical pain? They’re just impulses given by brain reactions, right?

I don’t think we can limit this. It is something intrinsic in human soul. Psychologic pain causes lots of negative effects  on the person who suffers from it.

Sometimes a sensation is felt on the chest, something similar to an ache, as our heart isn’t temporarily able to beat as before.

But time repairs everything, be patient and don’t give up. Mind controls us. It will repair everything, at the right time.

Francesca Ferraro, 3 B Scientifico

 

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Centrali nucleari? Perché sì e perché no

Posted by admin On Gennaio - 22 - 2018 Commenti disabilitati su Centrali nucleari? Perché sì e perché no

L’energia nucleare nacque nel 1934 con alcuni esperimenti sotto la guida di Enrico Fermi e fu portata avanti dal chimico Otto Hahn, che dimostrò la fissione atomica nel 1938.

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A quel tempo era ancora un’energia sconosciuta, ma il 6 agosto 1945, con lo sgancio della prima bomba atomica su Hiroshima, tutto il mondo vide la potenza dell’energia nucleare.

Quel giorno fu molto importante per l’uomo, sia a livello scientifico che economico, ma purtroppo a livello bellico la questione si faceva preoccupante.

Dagli anni Cinquanta in poi, il nucleare venne implementato anche nell’ambito civile, dove ebbe un grande riscontro, infatti intorno agli anni Settanta il nucleare produceva ben il 43% del fabbisogno energetico mondiale, mentre oggi solo il 16%. Nell’ingresso del nuovo millennio molti impianti nucleari smisero di funzionare e molti stati confermarono l’abbandono di questa energia a causa degli incidenti di Three Mile Island e di Chernobyl, che fecero dubitare della sicurezza delle centrali.

L’Italia era un grande produttore di energia elettronucleare: tanto che infatti agli inizi degli anni Sessanta contava 3 centrali ed era il 3° produttore mondiale. Oggi la produzione in Italia è cessata, abolita nel 1990.

L’energia nucleare presenta molti vantaggi rispetto ad altre energie rinnovabili e rispetto alla produzione tramite combustibili fossili. Il primo aspetto fondamentale è l’emissione di CO2, infatti questa energia, non emettendo questo gas nell’atmosfera,  può essere considerata pulita sotto il punto di vista climatico. L’altro aspetto fondamentale è il vantaggio economico che porta a uno stato:  infatti oltre a produrre di più di qualsiasi altra fonte energetica, la nazione, se non ha una certa materia prima per produrre energia sul proprio territorio, avrà meno bisogno di importarne dall’estero. L’ultimo aspetto positivo è la diminuzione dei conflitti nelle zone orientali: infatti ,come detto nel punto precedente, gli stati, soprattutto europei, avranno meno bisogno ad esempio di petrolio, che è la causa principale di molte guerre.

Gli aspetti negativi del nucleare sono altrettanti, ma con po’ di precauzione e attenzione si possono ridurre. Il primo aspetto che vediamo riguarda il caso di un incidente che, come il mondo ha già sperimentato, è uno scenario infernale, con molte ripercussioni negative sul clima e soprattutto sugli esseri viventi: per esempio dopo Chernobyl, in Europa non si è potuto mangiare alimenti provenienti dalla terra per colpa delle radiazioni. C’è da dire però che, da quando è avvenuto l’incidente di Chernobyl, i tempi sono cambiati e oggi la sicurezza degli impianti nucleari è aumentata molto. L’aspetto più preoccupante è lo smaltimento delle scorie radioattive, che deve seguire una procedura di decadimento negli appositi depositi geologici, che richiedono anni di studio per essere messi in sicurezza e un enorme spesa; inoltre le popolazioni non vogliono che questi depositi o centrali vengano costruiti sul loro territorio.

L’ultimo problema non è direttamente dovuto dall’energia nucleare ma è una complicazione che, negli ultimi anni, sta diventando preoccupante: il terrorismo. Non è infatti da escludere l’idea di un attacco alle centrali, perciò i nuovi impianti in costruzione hanno già adottato metodi per prevenire e impedire questi attentati.

A mio parere l’energia nucleare è una fonte energetica che, se deve essere usata, deve essere per tutti; se invece deve essere abolita, dovrebbe essere abbandonata da tutto il mondo. Prendiamo come esempio l’Italia: non ha impianti nucleari attivi, ma è al confine con la Francia che ha ben 59 centrali, quindi, se dovesse avvenire un incidente, le radiazioni arriverebbero pure in Italia. Perciò vale la pena riattivare il nucleare anche nel nostro paese, cosa che in questo periodo darebbe un grande contributo economico.

Manuel Carlucci, 3 A Scientifico

 

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Some English pills with project CLIL

Posted by admin On Gennaio - 22 - 2018 Commenti disabilitati su Some English pills with project CLIL

It is an ever growing phenomenon the choice made by Italian school directors of teaching some subjects in English.

This project is called CLIL (Content and language integrated learning)

It would become a revolutionary way to learn English. Lessons in CLIL-style includes an active interaction students/teacher learning another subject (History, Math, Science…).

Pupils are spurred to speak English as a normal activity feeling part of the lesson. Furthermore, it does not look like an English lesson at all: it is like discussing of different topics in another language.

According to whom tried this new teaching method, it works ten times better than the traditional one.

The aim of CLIL project is to improve the Italian level of knowledge of English with less effort: listening to an english-speaking person will seem natural and normal to students after some time, and their speaking skills will increase exponentially. And I know it because I am one of those students, I’ve been having six hours of CLIL lessons a week for three years, and now I am able to see the differences between my english-speaking skills and my friends’ ones, and it is huge.

So, I heartily suggest everyone to attend CLIL lessons at least for two hours a week, because they are extremely useful for your brain, your future, and your general knowledge as well.

Riccardo De Biasi, 4 A Scientifico

 

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Controcanto: un’altra lettura

Posted by admin On Gennaio - 22 - 2018 Commenti disabilitati su Controcanto: un’altra lettura

Il Controcanto

Cari lettori, agli inizi di novembre ero a Barcellona.

Non vi nascondo la mia tensione nel recarmi in quella che appariva la città più pericolosa d’Europa, in cui, secondo quanto ci raccontavano i media, un’eventuale guerra civile era una possibilità quanto mai concreta.

Eppure, durante la mia permanenza, non ho notato nessun disordine.

Barcellona era la stessa metropoli già visitata in passato, una città allegra e aperta, con una grande affluenza di turisti e le strade pullulanti di vita.

Certamente si avvertiva il sentimento di nazionalismo e indipendentismo, ne erano e sono esempio le migliaia di bandiere catalane esposte sulle balconate: tuttavia anche questo sentimento era espresso in una totale forma pacifica. È stato magnifico notare come anche i gruppi più estremisti fossero semplicemente in piazza di Spagna a manifestare, senza armi, bombe carta, molotov: “armati” solo con bandiere e striscioni, per dare sostegno all’ex presidente che proprio in quei giorni veniva messo sotto accusa.

Barcellona non è affatto la città che in questo periodo ci viene rappresentata dai giornalisti, che talvolta, a parer mio, esasperano le situazioni, magari solo per “fare notizia”.

Sicuramente questa vicenda ci è stata raccontata evidenziando molto le tensioni e i sentimenti popolari. Dalla quasi totalità delle redazioni, traspariva una situazione carica di tensione pronta a esplodere in scontri, disordini e repressioni. Ma così non era.

Del resto non posso biasimare i giornalisti, perché di fatto il loro lavoro consiste anche nel rendere “accattivante” una notizia.

Tuttavia credo basterebbe poco per ottenere oggettività e notizia insieme: per esempio inserire anche solo una frase che riporti alla realtà oggettiva, come “in ogni caso Barcellona rimane la ridente città di sempre, pronta ad accogliere turisti e non, che sono sempre pronti ad ammirarne le meraviglie”.

Alessandro Donzelli, 4 A Scientifico

 

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Sputnik, sixty years ago

Posted by admin On Gennaio - 22 - 2018 Commenti disabilitati su Sputnik, sixty years ago

On 4th October 1957, exactly sixty years ago, when the URSS launched its first satellite called Sputnik 1, the spatial era began. This satellite was a really small flying object with a sphere that measured 60 centimetres.

The satellite remained in the space until it finished its energy on 4th January 1958.

That launch was made during the Cold War and it scared a lot the United States because they realized how much powerful the URSS was.

This fear caused by the URSS to the United States accelerated the run to the space that finished with the conquer of the Moon by the United States on 20th July 1969 thanks to Mercury, Gemini and Apollo project.

Stefano Macchia, 2 A Scientifico

 

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Caproni vs Messerschmitt 262

Posted by admin On Gennaio - 5 - 2018 Commenti disabilitati su Caproni vs Messerschmitt 262

In una tranquilla giornata del 1941 i cieli di una Roma ancora convinta di poter vincere la guerra vennero attraversati da uno strano rumore, mai sentito prima.

Alzando gli occhi al cielo e cercando la sorgente di quel rombo avremmo potuto vedere uno strano aereo, senza elica, dalla fusoliera lucente.

L’insolito avvenimento era stato “pubblicizzato” via radio nei giorni precedenti, ma nessuno si sarebbe immaginato una cosa così insolita. Quello strano velivolo era il Caproni Campini C.C. 2 o 1 (a seconda delle fonti), un’eccellenza dell’ingegno italiano che per vari anni è stato ritenuto il primo aereo a reazione della storia. Questo perché nessuno era a conoscenza di una serie di progetti tedeschi di caccia a reazione che erano poi culminati con l’entrata in servizio, ormai a guerra quasi finita, del caccia Messerschmitt Me 262, spinto da due turbogetti.

Al contrario del caccia tedesco, la forza propulsiva del Campini era generata da un motoreattore, cioè un motore alternativo che permetteva il funzionamento di un compressore e di un bruciatore posto nella parte posteriore dell’aereo che aveva la funzione di accelerare la velocità del flusso d’aria. L’aereo era stato progettato dall’ingegnere Secondo Campini e costruito negli stabilimenti Caproni di Taliedo.

Tra il 1940 e il 1941 erano stati effettuati vari voli di prova, durante i quali l’aereo aveva dimostrato sia la sua scarsa idoneità a operare in scenari bellici, sia molti difetti tecnici.

Erano stati invece i tedeschi, nello stesso periodo, a far volare il primo caccia bireattore, appunto il Messerschmitt Me 262, e, nel 1944, a farlo entrare in servizio nella Luftwaffe, l’aeronautica militare tedesca.

Al contrario del Caproni Campini, il Messerschmitt era spinto da due motori completamente a reazione, era ben armato e per questo è stato largamente impiegato in attività belliche dimostrando la sue alte prestazioni e la sua efficienza.

In effetti, mentre il Campini raggiungeva una velocità massima di 500 Km/h, il Messerschmitt Me 262 raggiungeva addirittura i 900 Km/h e era stato impiegato anche per la sperimentazione di nuovi sistemi antiaerei come missili aria-aria, cannoni da 50 mm e altre armi che però non sono mai state impiegate in teatri bellici.

Mentre il Campini non aveva di fatto fornito alcuno spunto per lo sviluppo di nuove armi, rimanendo a tutti gli effetti come il reperto di un’epoca di grandi inventori.

Il caccia bireattore tedesco, che è stato poi studiato da tutte le nazioni uscite vincitrici dalla Seconda Guerra Mondiale, ha costituito invece la base dalla quale sono stati elaborati diversi nuovi velivoli, sia in ambito civile che in quello militare, e ha dato in questo modo un’importante svolta e un consistente impulso anche all’industria aeronautica. In generale.

Riccardo Bernocchi, 4 B Scientifico

 

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Netflix review: thirteen reason why

Posted by admin On Gennaio - 5 - 2018 Commenti disabilitati su Netflix review: thirteen reason why

Thirteen reasons why is a Netflix series which came out in March 2017. Thirteen reasons why talks about the story of Hannah Baker, a 17 year old girl, the main character who, before committing suicide, decided to register 13 tapes in which she explained the thirteen reasons or more specifically, the 13 people who drove her into committing the Thirteen reasons why is a Netflix series which came out in March 2017. Thirteen reasons why talks about the story of Hannah Baker, a 17 year old girl, the main character who, before committing suicide, decided to register 13 tapes in which she explained the thirteen reasons or more specifically, the 13 people who drove her into committing the extreme action. The story takes place in October 2017. Hannah made the voice over and the episodes are viewed under Clay Jensen’s (the second main character) view while he is listening to all the tapes.

It all begins when, one day Clay Jensen finds a box in front of his house’s entrance: in that box there are 13 tapes recorded by Hannah Baker, the girl of the Liberty High School who killed  herself a week before. He picks a Walkman from his friend Tony, he went back home and began to listen to the first tape: “Hello boys and girls, Hannah Baker here. Live and in stereo. No return engagements, no encore. And this time? Absolutely no requests. I hope you’re ready, because I’m about to tell you the story of my life…more specifically, why it ended. And if you’re listening to the tapes, you’re one of the reasons why. I’m not saying which tape will bring you into the story but fear not if you received this lovely little box, your name will pop up. I promise.” Then she explains the rules that he must follow: he must listen to all the thirteen sides, rewind the tapes, put them in the box and pass them to the person who follows Clay in the recordings. Before she died she made a copy of the tapes that will be released in public if Clay doesn’t follow the rules. And during the period he’s listening to the recording he will be watched by someone who was assumed by her. The whole story is like a long chain: if one part of it missed, the rest of them wouldn’t exist. Also what happened to the 13 guys after, is a consequence of Hannah’s death and after listening to her tapes all enigmas were resolved.

The first tape talks about Justin Foley, basketball player and one of the most popular guy at the Liberty High. He knows Hannah at a party organized by her friend: they fell in love and one day they met at the park where they kissed and while she was coming down from the chute, he made a photo where Hannah’s underwear was visible and she was also photographed while she was kissing a friend of her. Then, a friend of Justin and the photographer shared these images on the web to all the students of the school and this was the beginning of Hannah’s bullying. She was bullied, laughed at, mocked rejected and excluded. She made friends with some new students. Jessica and Alex, two new students at the Liberty High school. They immediately became close friends and she felt very happy because she had someone to talk to and to share her adventures with; but she also began to feel excluded because these two  had more things in common: she also found out they were in love! She was jealous! This made her withdraw from their friendship, but when Jessica and Alex broke up, she was again accused by Jessica  as been responsible  because her name appeared as the “the best ass” in a list wrote by Alex so she thought that her ex boyfriend cheated on her with Hannah.

Hannah felt rejected by her friends and schoolmates, she was been bullied publicly and via web, she’s always been mocked scorned and laughed at, she was raped and was known as being cheap, cheater and a party girl. She was ashamed, scared and lonely she could no longer stand it, the pain, humiliation, loneliness and stress was too heavy for her to carry and she took the “easiest” road: suicide. Before deciding on taking her life, she shouted for help on her way! Leaving traces of her upcoming decisions, talking in proverbs, writing anonymous letters, leaving signals but nobody listens, nobody understands, nobody cares! Not even her parents! For example, in the last side of the tapes, Hannah pointed her school counsellor, Kevin Porter, as the 13th reason of her suicide: she saw him as the last chance to find a reason to continue living, but he just thought about saving the reputation of the school instead of listening carefully to Hannah’s problems and helping her to get out of that difficult situation.

I think the huge mistake Hannah made was not talking about what was happening to her parents, the only people who would always be there for her no matter what, those that love her unconditionally and understands her. Okay, her parents were busy and focused on their job, very shallow. They were so distracted that they never noticed some strange behaviours of their only daughter. They bought her a new brand car, a nice dress for her prom, but they didn’t give her what she really needed: their presence, love and help.

She was a teenager and as all teenagers she had many problems: during teenage years it is very important for us to talk to our parents, because they are the only people who can better understand us and can really help us. Hannah unfortunately, seeing her parents busy with their jobs, didn’t want to add more problems to them meanwhile she was trying to keep going without even realizing that she would never solved her troubles without opening up. Actually she was increasing them and they were hunting  and hurting her until she committed suicide.

This series has to be viewed with a critical mind and everyone has to watch it, because it makes you think about our lives, our way of living, our relationships and about the fact that every action could affect negatively or positively others lives even though we don’t realize it. Hannah said: “You don’t know what goes on in anyone’s life but your own. And when you mess with one part of a person’s life, you’re not messing with just that part. Unfortunately, you can’t be that precise and selective. When you mess with one part of a person’s life, you’re messing with their entire life. Everything… affects everything. No one knows for certain how much impact they have on the lives of other people. Oftentimes, we have no clue. Yet we push it just the same”.

Celine Polepole, 3 B  Scientifico

 

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The ungrammatical italian: donkeys alarm

Posted by admin On Gennaio - 5 - 2018 Commenti disabilitati su The ungrammatical italian: donkeys alarm

Surfing the Internet, and especially on Facebook and Twitter, it’s easy to find some wrong accents, apostrophes and surreal neologisms. 

The “Donkeys alarm” was launched by the “Accademia della Crusca” professors: linguists, literature professors, historians, jurists, pedagogues, writers, and political scientists are the ones who more often read theses and written assignments by universitarian students, who make basical mistakes. 

Italians don’t know anymore how to write and even speak correctly. It’s proved that teenagers often fail to expose on oral question with fluency and correct language.

Maybe the Italian schools should encourage the reading of the classics. Furthermore the spread of instant messaging app like Whatsapp, where thoughts are condensed into abbreviations, does not help…

Bad writing means bad thinking, so bad acting. In the professional schools the Italian language, Latin and philosophy are off. They have turned Leopardi and Italo Svevo in symbols of the superfluous. 

In our society, in this society, we exalt the cultural of acting, of immediately ready.

Beatrice Limonta, 4 A Coreutico

 

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Errori di felicità: impossibile fermarsi

Posted by admin On Gennaio - 5 - 2018 Commenti disabilitati su Errori di felicità: impossibile fermarsi

ERRORI DI FELICITÀ

ROBERTO CASALINO

 

Roberto Casalino è un autore che stimo molto, anche quando è nelle vesti di cantautore solista, quando canta lui stesso ciò che scrive.

Il suo nome si legge spesso fra gli autori di Sanremo (quest’anno ha scritto il pezzo della Ferreri e “Nel Mezzo Di Un Applauso” di Bernabei), ma forse lo si ricorda meglio come colui che ha scritto il brano vincente “L’Essenziale” di Mengoni. Ma di canzoni ce ne sono una marea: la sua carriera partì da “Novembre” scritta per Giusy Ferreri, fino ad arrivare a oggi, a “Errori Di Felicità”.

Casalino ha precedentemente pubblicato due album da solista, e questo singolo, uscito il 13 ottobre, mi ha davvero conquistato.

Di lui mi piace parecchio il modo di scrivere, del raccontare le cose con una profonda semplicità, senza ricorrere a metafore ultra-costruite, tendenti all’Infinito, al Signor Amore Perfetto a sua volta tendente all’Assoluto, che ha già invaso e creato i fondamenti del pop e, per l’amor del cielo, va bene: però ciò che Casalino mette in pratica è quel processo di concretizzazione, il trasporto dell’amore nelle piccole cose, il pratico, mettendo da parte il libresco e il poetico.

Ma la vera magia nasce nel punto in cui questo linguaggio viene unito a una fortissima e incidente melodia puramente pop, in cui appena si preme il tasto “play”, non è più possibile riuscire a premere “stop”.

Matteo Francesco Bonanno, 5 A Tecnico

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Bianca: colpisce delicatamente

Posted by admin On Gennaio - 5 - 2018 Commenti disabilitati su Bianca: colpisce delicatamente

BIANCA

AFTERHOURS ft. CARMEN CONSOLI (Universal)

 

“Bianca” è la nuova versione dell’omonimo brano degli Afterhours appartenente all’album “Non è Per Sempre” del 1999.

È uscito senza alcun tipo di preannuncio il 27 ottobre 2017 in tutte le piattaforme digitali, e la novità della nuova versione non è soltanto la presenza di Carmen Consoli, che accompagna le note del pezzo rendendolo un dialogo, e quindi aprendo nuove porte all’ascoltatore rispetto all’ascolto della “Bianca” del ’99 (dove il testo si sposava più con la natura alternativa del brano e dove l’interpretazione di Agnelli era anch’essa diversa, più grezza).

Piuttosto la novità forte è data dall’arrangiamento musicale: qui viene arricchito da archi, dando luogo a uno sviluppo del pezzo molto più delicato, pur essendo una delicatezza che non manca di presenza e scorrevolezza.

Ebbene sì, Carmen Consoli ci porta i suoi “mille violini suonati dal vento” (che a sua volta appartengono a Modugno, ma fa lo stesso) in “Bianca”.

È un pezzo che, nella sua nascosta complessità, cerca di dare un senso al silenzio, al vuoto, all’irrazionale che pervade l’anima “bianca”, un’anima immorale, banale che però guida lo stato d’animo dell’altro facendolo innamorare di lei, portandolo a dare del colore a quest’anima “bianca” per completarsi con essa.

Tutto ciò è affrontato con una maestosa delicatezza, e il fatto che non sia un pezzo immediato, di facile o banale comprensione, porta ad ascoltare il brano continuamente, e tutte le volte, proprio per la sua notevole complessità e per la scelta, è come se lo si ascoltasse per la prima volta, scoprendo nuovi mondi, nuove emozioni, nuove sensazioni.

Matteo Francesco Bonanno, 5 A Tecnico

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Prof Catalano e la realtà della Fisica

Posted by admin On Gennaio - 5 - 2018 Commenti disabilitati su Prof Catalano e la realtà della Fisica

Da quattro anni scolastici a questa parte il nostro laboratorio di Fisica è rinato, grazie all’impegno e alla passione del nostro stimato professore Ferdinando Catalano. È facile trovarlo a scuola immerso nei suoi esperimenti, fra i quali spicca una sua creazione, la Galleria del Vento.

Ma andiamo ad analizzare nello specifico l’attività di laboratorio in cui è impegnato il nostro docente parlando direttamente con lui.

Come è nata la sua passione per il laboratorio?

La mia è una passione nata tra i banchi dell’università, facoltà di fisica, ma è stata determinante anche la mia esperienza di lavoro, durata ben quattordici anni, presso un’azienda bergamasca che produce apparecchiature scientifiche per i laboratori scolastici. Per me fare una scoperta significa anche trovare un modo nuovo e originale di osservare un fenomeno, magari anche già arcinoto.

Bisogna fare i conti però tra la passione e il programma scolastico, le ristrettezze e i limiti di tempo dettati dalla scuola italiana.

Bisogna capire un concetto: l’attività di laboratorio non è un intermezzo, magari anche divertente, tra due lezioni teoriche. Piuttosto è fare fisica in modo concreto partendo dall’osservazione di un fenomeno, effettuando le misure, formulando ipotesi e poi verificandole sul campo. Questa è la strada maestra del metodo sperimentale indicataci da Galileo Galilei circa 400 anni fa.

Ma questa passione l’ha portata a fare esperimenti particolari. Quali sono i preferiti e quali i più “strani”, se così possiamo definirli?

Ne ho costruiti tantissimi: la pallina magica “addomesticata”, che fa impazzire gli osservatori; la bilancia di Cavendish elettro meccanica; la piattaforma rotante per l’effetto Coriolis e molte molte altre. Ad un certo punto mi sono detto beh, in un istituto aeronautico non può certo mancare una apparecchiatura che spieghi la fisica del volo e così, pezzo dopo pezzo e con l’aiuto di alcuni studenti, sono arrivato anche a costruire una mini galleria del vento computerizzata.

In che maniera è stata computerizzata?

Al profilo alare sono stati praticati alcuni fori sopra e sotto l’ala: questi fori consentono di rilevare la pressione dinamica nella parte superiore e inferiore di quella superficie e inviarla al computer. Dopodiché un software dedicato permette, praticamente in tempo reale, di visualizzare su un grafico sia le due pressioni distinte sia la loro differenza.

Si vociferava che lei volesse creare una galleria del vento di dimensioni reali. Questo progetto andrà mai in porto o è stato sostituito da altri esperimenti?

Per ragioni di spazi e di costi ho preferito rinunciare a una galleria del vento di dimensioni reali, e dedicarmi invece al progetto “Massa della terra”. Grazie alla collaborazione di alcuni studenti e dei loro genitori abbiamo infatti realizzato una bilancia di Cavendish sofisticatissima e dotata di accorgimenti originali per il blocco e lo sblocco dell’equipaggio mobile.

La misura ottenuta (la costante G, cioè quella di gravitazione universale) nel nostro laboratorio con questo strumento, di quanto si discosta dal valore misurato da Cavendish, risalente al lontano 1798?

La differenza è dell’ordine del 4 per cento circa. In pratica siamo sulla seconda cifra decimale. Stiamo parlando di un valore assoluto che si calcola in centomiliardesimi, quindi di una notevole precisione.

Quale è il valore aggiunto dato da questi esperimenti alla formazione degli alunni sul piano della didattica?

Su questo piano otteniamo per gli studenti l’acquisizione di una mentalità sperimentale secondo il percorso Galileiano: vale a dire camminare dall’esperimento fino alla legge.

E sul piano più strettamente formativo?

Sul piano formativo questo metodo produce una grande motivazione e raffina il carattere degli studenti, perché – non lo si dimentichi – si impara anche e soprattutto quando un esperimento non riesce.

Ha già in mente qualche altro esperimento particolarmente innovativo per il futuro?

“Claro que si”, ma sarà una sorpresa “esagerata”.

Guido Pedone, 4 B Scientifico

 

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Tanzania: truth, happiness, semplicity

Posted by admin On Gennaio - 5 - 2018 Commenti disabilitati su Tanzania: truth, happiness, semplicity

At the beginning of September I had the chance to do an incredible experience I would like to share it with you.

After 13 hours of travel we arrived at the capital of Tanzania, Dar Es Salam: new air, new perfumes , new melodies and new sounds… but this was just the beginning!

The day after we began the true mission: helping little children of 15 different countries in many different ways.

What was really incredible was the welcome everyone gave us, smiling faces, big curious ,sincere eyes greeting us. Karibuni (welcome!)

Many times I wanted to get out from the pick-up and give them something but every minute was for us valuable, either we were going to visit a very poor village, or a well to repair, or a kinder garden that had not material.

The fact that a priest was with us was very important to them because it was a chance to celebrate Mass which for them is fundamental and brings joy and serenity. Masses are very long, their songs very cheerful and happy.

Their music is truly spectacular, they use it in every occasion, especially to welcome us and show their gratitude, they use it in the kinder garden and  in schools, too.

I have already said that the land where they live is spectacular, the landscapes are beautiful but what really makes the difference is the sincerity of their smiles and their happy eyes despite the poverty that is inhumane: they have nothing, maybe a hut, maybe a couple of clothes to cover up, two bowls where to eat beans or rice, when they can afford it, maybe some water.

It was an incredible experience of life because slowly, day after day, you understand the value of life, what it means to have a litre of water, and simple things, we understand that the soil and nature resources are valuable for human kind and should not be polluted.

I feel that I have not done enough to help them, it was no more than a drop in the ocean, but what if all of us would do the same?

Romina Benvenuti, 4 A Coreutico

 

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A sweet tea in the desert

Posted by admin On Gennaio - 5 - 2018 Commenti disabilitati su A sweet tea in the desert

Those who tour Morocco will discover the warm welcome of Moroccan people. 

This Moroccan welcome is always accompanied with the traditional ceremony of tea, also known as Atay Naa Naa. Its considered a thirst-quenching drink, particularly in the Sahara where nomadic people can relax tasting some good tea in company. 

As the famous Tinariwens piece, Iswegh Atay, says, the tea in the desert has to be tasted following a ritual which is used to suspend the daily actions and to relax ones mind and body. 

Usually the head of the family or the most representative person of the group takes this important ritual upon himself. 

The tea is served with a lot of sugar and its flavoured with mint leafs, called Naa Naa in Moroccan. 

To warm up the tea-pot which contains water, mint leafs and tea, Saharan people use coal embers. 

The holiest moment is when the tea is poured and served.

The tea is kept in infusion for a few minutes to then be passed from a glass to another one, and again in the tea-pot till it reaches a rich taste.

It will be then served to the guests in the glasses. 

Atay Naa Naa is always offered to welcome people and its drunk very hot also during the warmest hours which, at these latitudes, can reach 50 degrees.   

Nisrine Nzihi, 5 A Scientifico 

 

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