Saturday, November 1, 2025

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I Modà e Passione Maledetta

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su I Modà e Passione Maledetta

Passione Maledetta 2.0 – Modà (Ultrasuoni)

Dopo il quadruplo disco di platino con Passione Maledetta, i Modà sono tornati anche nel 2016 con il 2.0: dieci nuovi pezzi. Questo album non è in vendita singolarmente, bensì si trova in un cofanetto che comprende il nuovo disco, il precedente Passione Maledetta, più due DVD che racchiudono il concerto di San Siro dello scorso giugno con contenuti speciali.

Il tema principale è sempre l’amore, questa volta con molte varianti: per esempio posizionata nona nella tracklist troviamo “Mamma dice sempre”, una canzone che ci dà dentro, più energica rispetto al resto dell’album (composto principalmente da chitarre acustiche e pianoforti), il cui testo è un dialogo che instaura un figlio con la madre. È una canzone sugli incidenti stradali, e Kekko mette in risalto con la sua interpretazione quanto il figlio sia pentito di non aver ascoltato le raccomandazioni della madre prima di guidare. Troviamo poi “L’ultima mano”, al secondo posto in tracklist, che accenna al gioco d’azzardo. Non è quindi la solita minestra di testi d’amore, è un amore pratico, terreno, non soltanto poetico.

È stato lanciato col pezzo più radiofonico dell’album, “Piove Ormai Da Tre Giorni”, per il resto è composto da poche hit (una di queste è “Lontano da tutto”), un album più intimo, più cantautorale rispetto ai lavori più recenti.

Non sembra scritto nel 2016, infatti la band anziché puntare a un sound commerciale ha deciso di staccare con dieci nuovi pezzi che tornino indietro di qualche anno.

Qui si tocca il passato, dal “Ti Amo Veramente” del 2004 a “Sala D’Attesa”, a differenza della radiofonicità di “Gioia” piuttosto che dell’album più venduto “Viva i Romantici”.  Alla fine è sempre il sound Modà, su quello non ci piove, neanche da tre giorni.

Matteo Francesco Bonanno, 4 A Tecnico

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Baustelle, sound unico di immagini

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Baustelle, sound unico di immagini

L’AMORE E LA VIOLENZA

Baustelle (Warner Music Italy)

Non ascoltavo un disco così da tempo, e devo confessare che neanche conoscevo i Baustelle prima d’ora. Il loro ultimo lavoro, uscito lo scorso 13 gennaio s’intitola “L’amore e la violenza”. Inizialmente, prima di ascoltare un album, in genere si scopre quale sia la sua copertina, ed è lì che immaginai il tipo di sound che sarei andato ad ascoltare.

Ormai si vedono solo copertine “fighettine”, dove il soggetto della foto diventano gli effetti speciali, e il cantante annega sempre di più, assorbito da questa valanga di pixel colorati messi giù a caso per attirare l’attenzione dell’ascoltatore. Non è quello che ho visto con la copertina di questo disco. Tramite questa cover sono riuscito benissimo a collegare l’arte visiva all’arte temporale: un po’ come accade nei videoclip e, che sia chiaro, non parlo di quelli in cui si vede il cantante che cammina per strada e canta fissando l’obiettivo della fotocamera per tutto il filmato, ma dove tramite le immagini e i loro colori (arte visiva) riesco ad attribuirci una musica (arte temporale). Se vogliamo farla più breve è come se la musica si guardasse allo specchio, e all’interno di questo possiamo vedere quella sola immagine. Perché alla fine la musica genera immagini e immagini generano musica: questo concetto in tanti oggi lo stanno tralasciando.

Non però i Baustelle. È un disco che può indirizzare la musica italiana verso una nuova direzione, non tanto per la sua particolarità, ma più per la sua unicità. È un sound che tocca gli anni ’70, pieno di contaminazioni (chiaro lo zampino di Battiato in un paio di tracce): oggi viene etichettato come “indie”. Il primo singolo, anche il più radiofonico, si chiama “Amanda Lear”, al terzo posto nella tracklist.

I Baustelle sono tutto questo, e un album del genere non può farlo nessun’altro. Lo consiglio a tutti quelli che vorrebbero ascoltare un genere che sia fuori dall’ordinario, qualcosa di vintage, se vogliamo chiamarlo così, che risulti allo stesso tempo fresco e moderno. Quindi questo disco ha quell’elemento essenziale che deve essere la base di ogni disco, cioè una vera e propria identità.

Matteo Francesco Bonanno, 4 A Tecnico

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Causa evitabile, ma uccide ancora

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Causa evitabile, ma uccide ancora

Al giorno d’oggi il fumo è ancora considerato una delle cause di morte più incisiva. Infatti il fumo di sigarette,  passivo o attivo, è classificato come cancerogeno per l’uomo, a causa di alcune sostanze presenti nelle sigarette, dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).

Il tabagismo è una malattia, lo afferma anche l’Oms nella decima revisione della classificazione internazionale delle malattie, includendo la dipendenza da tabacco nella lista dei disturbi legati all’uso di sostanze farmacologiche, e come tale deve essere trattata.

Il fumo è considerato uno dei fattori che più favoriscono l’insorgere di alcune malattie estremamente pericolose, come il cancro all’apparato respiratorio e cardio-vascolare. Inoltre nei Paesi più sviluppati è considerato come prima causa di morte evitabile.

Secondo alcuni studi in Italia il tabagismo causa circa 80.000 morti: morti, cerchiamo di ricordarlo, per una causa “evitabile”.

Enrico Barin, 3B Ls

 

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Immigrati: davvero non c’è soluzione?

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Immigrati: davvero non c’è soluzione?

Perché il problema come sempre è l’ignoranza, la disinformazione che porta agli sbagli. Continuiamo a correre in soccorso di coloro che abbandonano le coste del “continente nero” con nulla in tasca ma migliaia di sogni nella testa: chi mosso da disperazione, chi in fuga dalla guerra, chi con un proprio “american dream”.

Loro cercano salvezza verso le nostre coste. Centinaia di migliaia di persone dedicano la loro vita per potersi pagare un biglietto, un posto su un barcone per poter raggiungere la Sicilia o la Grecia con la speranza di raggiungere ed esaudire desideri di una vita, che a noi sembrano banali, ma che per loro sono quasi inimmaginabili, come per esempio una casa propria, un lavoro, condizioni di vita umane.

Se arrivano, appena toccata terra si renderanno conto che i sogni erano tutte fantasticherie.

Saranno raccolti in centri che li tratteranno come merce, per denaro: lì loro non sono persone, ma solo i mezzi per ricevere agevolazioni statali.

Tutto potrebbe cambiare, potremmo far cessare gran parte di questi sbarchi clandestini informandoli, smentendo i loro sogni sul nostro Paese, per poterli però realizzare nel loro.

Se tutto ciò che desiderano, se tutto ciò per cui sono spinti a solcare quelle paurose e, ormai, sanguinose acque lo portassimo noi da loro? Se migliorassimo noi le loro condizioni di vita, non sarebbe meglio?

Noi ci lamentiamo del loro continuo afflusso, ma non cerchiamo soluzioni; cerchiamo al massimo soluzioni al nostro problema, ma non al loro.

Dobbiamo pensare alla causa che porta allo scaturire di tutti questi flussi migratori. Spendiamo milioni per il loro soccorso e sostentamento, ma se li spendessimo per costruire case, pozzi o per cessare guerre non sarebbe forse meglio e più utile?

Marcello Colombi, 3A Ls

 

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When your eyes cross their eyes

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su When your eyes cross their eyes

Imagine this scene:  you are in a place full of people; your eyes cross the eyes of a stranger just for a second, in that moment you stay there, looking to each other, but then you look away as soon as possible.

Have you ever asked yourself why is so embarrassing to look someone else straight in the eyes? Here you can receive some answers.

Scientists at the University of Vincennes in Saint-Denis, France, have proved that the eye contact with other people revives the awareness of our body, so our brain became suddenly more conscious of the feelings that are having place inside us.

The psychologist Matias Baltazar showed to 32 volunteers a series of pictures representing positive and negative situations and asked them to tell the emotions caused by each one.

The 32 people were also connected to a special device that registered the emotive reactions through the hand sweating.

Each positive or negative photo had been preceded by another image of a male or female face: some of these faces stared at the volunteers, others had their gaze looking away.

Researcher discovered that, after the subjects saw the faces which stared at them in the eyes, they showed more effective and accurate descriptions of their physiological reactions to the positive or negative photos.

“Our results show that the body consciousness of an adult becomes more acute when we’re under someone else’s gaze”, says Baltazar. Researchers have proved that the improvement of the feeling description regards only the actions connected to the body consciousness.

This discovery could be useful to stimulate the consciousness in people who have a distorted view of their body as the ones who suffer from anorexia or depressive disorders.

Francesca Ferraro, 2B Ls

 

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Quando ricordare diventa un dovere

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Quando ricordare diventa un dovere

Ricordare. Una delle più belle tra le azioni che un uomo sia in grado di fare. Ricordiamo tutto, o quasi: il primo giorno di scuola, la nostra data di nascita, il nostro primo amore… Qualsiasi cosa riesca a farci provare emozioni la intrappoliamo nella nostra testa, e la teniamo lì, a far polvere fino a quando non decidiamo che è arrivato il momento di rivivere quell’attimo, quell’istante così intenso come se fosse lì, di fronte a noi.

Non sempre questo è possibile. Non sempre la nostra testa ci permette di rivivere quell’attimo. Alcune volte ne dimentichiamo particolari, altre intere sequenze e altre ancora ci ricordiamo solo l’inizio o la fine. Alcuni attimi però ce li ricordiamo tutti. Dall’inizio alla fine. Ogni singolo particolare. Ogni fottuto dettaglio.

Ero lì. Fermo. Non so se era il freddo che mi bloccava, ma non riuscivo a muovermi. Fissavo il letto a pochi centimetri dal mio naso e pensavo. Pensavo a qualunque cosa. La mia famiglia, che non sapevo se fosse morta o viva, il perché mi trovavo lì rinchiuso in una baracca come un animale, il come era potuto succedere.

All’improvviso si spalanca la porta e ci fanno alzare sbraitando parole in tedesco che nemmeno capivo. Mi metto in fila come gli altri e usciamo in modo ordinato e lineare. Ci ispezionano attentamente per vedere se c’è qualcuno di malato, non in grado di lavorare.  Tutti sembriamo essere idonei e quindi ci mandano alle nostre postazioni.

Devo percorrere un po’ di strada per arrivare al mio impiego. Sulla mia destra vedo il grosso edificio dal quale esce giorno dopo giorno sempre più fumo, senza mai fermarsi un istante. Tutto mi sembra come gli altri giorni. Solita sveglia, solta camminata, solito lavoro.

Di fronte a me, in procinto di entrare nel cortile del grosso edificio fumante, vedo un gruppo di bambini. Mi si stringe il cuore. Loro si guardano, giocano, riempiono l’aria di quella loro così pura e candida risata, completamente ignari di quello che sta succedendo. Li  guardo ormai varcato il cancello allontanarsi piano piano, mano nella mano con un soldato tedesco, avvicinarsi sempre di più alla cortina di fumo che separa il regno dei vivi e quello dei morti.

Uno però era rimasto indietro, se lo erano perso.

Si avvicina e mi chiama. Io mi fermo nonostante le minacce della guardia che mi stava scortando. Il bambino mi consegna un bambolotto e mi chiede se lo posso portare a suo padre. Io gli chiedo dove posso trovarlo, ma lui non me lo sa dire. Si mette a piangere.

Allora decido di mentire. Gli prendo il bambolotto e gli prometto che su papa l’avrebbe ricevuto. Intanto di corsa stava arrivando una guardia per recuperare il bambino rimasto indietro. Gli consegna alcune caramelle e lo convince a seguirlo per andare a “giocare”.

Il bambino mi chiede se ho voglia di andare a giocare con lui. Io lo guardo. Il cuore mi si riempie di compassione, tristezza, rabbia.

Incomincio a piangere silenziosamente e tra un singhiozzo e l’altro gli dico che l’avrei raggiunto poco più tardi. Lui mi guarda con uno sguardo innocente e mi annuisce quasi entusiasta. Lo vedo allontanarsi. Ha superato anche lui la cortina di fumo. Con gli occhi gonfi per le lacrime guardo il fumo alto nel cielo. Mi sembra di vedere una sua sagoma. Vengo trascinato a forza a lavorare.

Ti devo una partita piccolo amico mio.

Ludovico Zaccaria, 4A Ls

 

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Scuola lavoro: dal Locatelli a 3BMeteo

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Scuola lavoro: dal Locatelli a 3BMeteo

Dalla teoria alla pratica, dal mondo della scuola all’impatto con quello del lavoro: è questo in sintesi il progetto di collaborazione che vede affiancati l’istituto Aeronautico “Antonio Locatelli” e 3BMeteo.com, sito internet dedicato alla previsioni del tempo.

Il progetto è ormai attivo da qualche tempo e prevede che gli studenti partecipino a stage formativi nella sede di Bergamo del sito: tra le principali attività che vengono presentate ai ragazzi c’è l’assistenza ai meteorologi nelle previsioni, affrontando gli strumenti concreti di analisi e verificando la differenza tra la previsione automatica  e quella invece rielaborata; in questo modo gli studenti imparano poi a comunicare la previsione ottenuta via televisione, radio, comunicato stampa destinato ai quotidiani o riviste di settore o generaliste.

Ovviamente per gli studenti dell’Aeronautico la partecipazione è in qualche modo facilitata dalle basi di studio che già hanno: meteorologia infatti è una della materie di indirizzo che vengono affrontate (dal biennio propedeutico, che fornisce i primi rudimenti, al triennio di specializzazione).

Lo stage quindi a 3BMeteo si profila come un ulteriore perfezionamento di quanto viene appreso in classe: e dalla teoria si passa all’elemento fondamentale della pratica.

Redazione

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History&World: storia, che passione

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su History&World: storia, che passione

La storia scolastica non è una materia particolarmente affascinante per gli studenti. Spesso la conoscenza che ne abbiamo si limita a semplici nozioni su guerre, battaglie e avvenimenti di cui abbiamo una visione vuota, artificiale.

Poi però ci sono anche gli studenti per cui la storia è una passione, e le passioni c’è chi le coltiva fino in fondo. Un esempio è Riccardo Bernocchi, alunno del nostro istituto, nella classe 3B Liceo, che di questa passione ha fatto anche un progetto per l’alternanza scuola/lavoro.

La sua passione per la storia nasce già da piccolo, poi è cresciuta fino a trasformarla in un canale YouTube prima, una rivista stampata in proprio poi.

Il progetto si chiama “History & World” e nasce nel dicembre 2015 con la pubblicazione su YouTube di un video relativo alla Battaglia delle Ardenne. Poi, col tempo, i video sono aumentati e migliorati, fino ad arrivare a ottobre 2016 con la pubblicazione della prima rivista. Il gennaio successivo è la volta del secondo numero: “Del resto i tempi di scrittura, correzione e stampa sono lunghi – spiega – ma le ore che impiego sono valide per l’alternanza scuola-lavoro”.

La rivista “History and World” è stata presentata il 20 gennaio a un circolo culturale in Città Alta. “È stata accolta bene”, commenta con modestia.

L’autore confessa: “Il mio periodo storico preferito è la Seconda Guerra Mondiale, ma cerco di sempre spaziare il più possibile negli argomenti.” Per ora gli articoli per ciascun numero della rivista sono tre.

“La lettera di apertura serve a instaurare un rapporto di amicizia col lettore – specifica Bernocchi – Il primo articolo può parlare di un tema anche non prettamente storico”.

Nel primo numero si trattava delle Colonne d’Ercole, poi Napoleone, ma in futuro potrebbe essere anche un tema artistico, sempre con un aggancio alla storia. Segue un articolo centrale a carattere storico: “Anche se – puntualizza –  l’articolo sul Kursk del secondo numero è ancora tra storia e cronaca. L’affondamento è avvenuto nel 2000”.

Il tutto è reso leggero da immagini (anche l’impaginazione è curata dall’autore) e curiosità.

La rivista si chiude con una “graduatoria” di personaggi o eventi storici: “Nel primo numero ho trattato gli imperi più grandi della storia, nel secondo gli strateghi più astuti”. Gli argomenti sono pochi ma mirati: “I miei obbiettivi sono due. Il primo è quello di far conoscere al lettore fatti che non conosce e che spesso non rientrano nei programmi scolastici di storia. Il secondo è quello di far riflettere sugli argomenti trattati”.

Matteo Bevilacqua, 3B Ls

 

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La forza all’Open Day? L’unione

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su La forza all’Open Day? L’unione

Negli ultimi anni il nostro Istituto ha riscosso sempre maggior successo fra gli studenti delle medie, in procinto di iniziare la nuova avventura delle scuole superiori.

L’interesse di ragazzi e famiglie trova conferma, oltre che nelle iscrizioni (tanto che da giugno sono già aperte le iscrizioni per l’anno scolastico 2018/2019), anche nella grande affluenza ai tre Open Day organizzati dalla scuola quest’anno. Il primo si è svolto il 26 novembre, in concomitanza con l’ormai tradizionale foto di classe e conferenza. Il secondo, dedicato più strettamente al Liceo Coreutico, il giorno seguente, con uno spettacolo allestito per l’occasione dalle ballerine della scuola, diretta dall’etoile Carla Fracci.

Il terzo infine si è svolto a gennaio, dedicato agli ultimi indecisi nella scelta della scuola superiore.

Se la grande partecipazione delle famiglie è un dato importante per la nostra scuola, è fondamentale partecipazione degli studenti all’evento. Il successo che il preside Giuseppe Di Giminiani e la sua filosofia riscuotono all’esterno è infatti supportato dai ragazzi stessi del “Locatelli”, che dedicano il loro impegno all’evento, accogliendo i visitatori.

Questa grande partecipazione è frutto dello spirito di appartenenza che caratterizza i ragazzi dell’Aeronautico praticamente da sempre, oltre a essere uno degli aspetti che porta sempre più famiglie a orientarsi verso la nostra scuola.

Durante gli Open Day i ragazzi hanno infatti accompagnato le famiglie all’interno della scuola.

Sempre apprezzati durante le porte aperte sono il simulatore di volo, di torre e il laboratorio di fisica. Il tutto gestito dai docenti con il valido appoggio degli alunni.

Come sempre alla conferenza hanno partecipato rappresentanti del mondo aeronautico (per quanto riguarda l’Istituto Tecnico e il Liceo Scientifico), ex alunni, genitori e ovviamente gli insegnanti: il vero parametro di giudizio di ogni istituzione con lo scopo di educare, qualunque essa sia, senza bisogno di fronzoli.

In effetti educare è una parola che oggi è usata poco e male. Agli stessi educatori è dato poco spazio, probabilmente perché suscitano poco o nessun interesse nelle persone. Uno degli obiettivi dell’Open Day dovrebbe essere proprio questo: dare un segnale di inversione di tendenza, una tendenza che purtroppo accontenta ancora troppi.

Nella stessa ottica vanno gli Open Day organizzati anche dall’università di Bergamo: presentarsi ai ragazzi delle superiori per dar loro modo di conoscere e meglio indirizzarsi per il loro futuro scolastico.

Matteo Bevilacqua, 3B Ls

 

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Flamenco: singing, dancing, guitar, beats

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Flamenco: singing, dancing, guitar, beats

Flamenco is an expression of the sorrow of people held on margins of society and culturally oppressed, in it’s early stages flamenco was not put in writing.

The music was passed down from generation to generation orally, there are text on the art form that have been published before 1840. Flamenco took place in Andalucia in the early XV century between groups of Gypsies, Jews, Arabs and Spaniaros.

The flamenco brought a dynamic form of musical expression characterized by performing in a virtuos way.

Pure Flamenco was born with three different cultures and founded the “Cantee Jonoo”, which is considered the main repertoire of Flamenco.

The goal is to create the duende??, the spirit of music that manages to reach all audiences and to touch their hearts. The basic elements of Flamenco are singing (cante), dancing (baile), guitar (toque) and the beats of hands of public (jaleo). Flamenco is concentrated in three cities in Andalucia: Seville, Cadiz and Jerez de la Frontera.

Nora Spreafico, Coreutico

 

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Leningrado, 900 giorni di assedio

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Leningrado, 900 giorni di assedio

L’illusione nazista di una vittoria contro l’ex capitale degli Zar stroncata dall’accanita resistenza russa e dal gelido inverno del 1941 Quarantacinque tonnellate di cibo al giorno e l’unione della cittadinanza portano due anni dopo alla liberazione dalla prigionia

Già dall’agosto del 1941, quella che era stata la capitale dello Zar con il nome di San Pietroburgo era stretta dalla morsa tedesca: sull’altro fronte però oltre un milione di persone presero parte alla difesa di Leningrado. Vennero costruite trincee, buche e fosse anticarro.

I tedeschi ritenevano che la città, sotto bombardamento aereo e terrestre perenne, non sarebbe durata a lungo, ma né il comandante militare di Leningrado, Kliment Efremovič Vorošilov, né la popolazione, erano intenzionati a capitolare così facilmente di fronte all’attacco nazista.

Quando le divisioni tedesche cominciarono a penetrare nei sobborghi della città, si resero conto che la conquista di Leningrado avrebbe comportato sia un grande impiego di mezzi, sia una grande quantità di tempo.

Alla difesa di Leningrado presero parte anche più di 400.000 donne che si sostituirono agli uomini non solo nelle fabbriche in genere, ma anche nella costruzione di apparati difensivi. Convinto che Leningrado non avesse più alcuna possibilità di resistere, Hitler affermò “Leningrado cadrà da sola, come un frutto maturo” e lanciò il grosso delle truppe tedesche contro Mosca.

L’inverno del ’41 fu molto rigido e i russi, per inviare provviste e materiale alla città, utilizzarono alcuni grandi aeroplani. Questi aerei riuscirono a portare nella città assediata 45 tonnellate di viveri al giorno. Venne creato anche un corridoio sul lago Ladoga, grazie al quale i camion russi poterono rifornire la città.

Anche i tedeschi, però, dovettero combattere contro la fame e il freddo. La guerra lampo, punto di forza dell’esercito nazista, era diventata una guerra di posizione contro due nemici: i russi, arroccati nelle rovine della città, e l’inverno, che congelava i mezzi e uccideva migliaia di soldati.

Stalin ordinò a Georgij Konstantinovič Zukov, il più grande generale dell’Armata Rossa anche se spesso da lui contrastato, di continuare la difesa della città: fu proprio lui a organizzare le truppe sovietiche e a permettere la resistenza della città, nonostante la sproporzione tra le forze. Riuscì a tal punto, grazie anche alle condizioni climatiche, che nel 1943 furono i tedeschi a trovarsi assediati dall’Armata Rossa.

I Russi tra il ’43 e il ’44 spazzarono via i tedeschi dalla zona di Leningrado. Per questo successo Zukov ottenne il grado di Maresciallo dell’Unione Sovietica dallo stesso Stalin.

Dopo 900 giorni d’assedio, finalmente il cielo sulla città non era attraversato da bombardieri e da granate: l’assedio di Leningrado era finito.

Riccardo Bernocchi, 3B Ls

 

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Barbarossa: Germania Vs Russia

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Barbarossa: Germania Vs Russia

Era il 22 giugno del 1941: 146 divisioni tedesche erano accalcate sulla frontiera russo-tedesca, un fronte che andava dal Mar Baltico al Mar Nero, pronte a invadere l’URSS. Dopo un’ora di bombardamenti le divisioni passarono la frontiera: aveva inizio l’Operazione Barbarossa.

Tre milioni e mezzo di soldati, 3.300 carri armati, 600 mila mezzi motorizzati, settemila cannoni e 2.770 aerei tedeschi iniziarono la loro avanzata nel territorio russo.

I russi furono colti di sorpresa e questo permise ai tedeschi di catturare gran parte delle truppe presenti al confine. I bombardamenti degli Stuka inflissero pesanti perdite all’aeronautica russa e, dopo solo due giorni, i panzer tedeschi erano penetrati nel territorio russo per oltre 160 Km.

I russi, non riuscendo a fermare le armate tedesche in campo aperto, decisero di rifugiarsi nelle loro città, rendendole delle vere e proprie trappole.

Minsk, Sebastopoli, Mosca, Leningrado, Stalingrado e molte altre città divennero il simbolo della lotta russa per la difesa del sacro suolo della Patria.

I continui e accaniti bombardamenti tedeschi rasero al suolo le città: i cumuli di macerie resero quasi impossibile l’utilizzo dei famigerati panzer tedeschi.

Sotto le macerie, in cunicoli, uomini, donne e bambini combattevano strenuamente.

Saranno proprio queste città a fermare la marea tedesca e a permettere alla Russia di avere, qualche anno dopo, il sopravvento sulle forze tedesche.

Riccardo Bernocchi, 3B Ls

 

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Se l’apprendista supera il “maestro”

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Se l’apprendista supera il “maestro”

Leggendo il libro “La storia ci ha mentito” di Arrigo Petacco, che si prefigge di mettere in dubbio alcune certezze storiche, ho letto un argomento che mi ha incuriosito e che molti ignorano.

Ogni persona cerca di emulare il proprio idolo, perfino i più famigerati dittatori della storia.

È il caso perfino del Führer: il modello da seguire per Adolf Hitler fu Benito Mussolini.

Già prima della nomina a cancelliere della Germania, Hitler desiderava incontrare il Duce, per avere consigli in merito ai suoi progetti politici.

Mussolini era infastidito dalla figura di Hitler, mentre il Führer nutriva nei suoi confronti una venerazione che a quanto sembra non venne mai meno. Il primo incontro tra Hitler e Mussolini si tenne a Venezia il 14 giugno 1934.

Il colloquio, stando alle fonti, fu freddo e molto formale, si tenne in lingua tedesca e senza interpreti: il Duce si vantava di conoscere il tedesco, anche se in certi casi esagerava. La svolta del rapporto tra il Duce e il Führer fu nel 1935, quando Francia e Gran Bretagna sanzionarono l’Italia per l’invasione dell’Etiopia.

Mussolini, sentendosi tradito dalla dura reazione che le due super-potenze coloniali avevano avuto contro l’Italia, si avvicinò a Hitler.

Nasce in questa occasione l’amicizia tra il Duce e l’ex caporale austriaco, la cui figura diventerà sempre più dominante nel rapporto tra i due dittatori: l’apprendista riesce a superare il maestro.

Riccardo Bernocchi, 3B Ls

 

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Journalism: free and true information

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Journalism: free and true information

I was asked to write an article based on whatever I wanted. I’ve been thinking for very long time, trying to search something to write about, something interesting and objective because this kind of writing has to capture the attention of each single reader.

Then I realised that it is impossible to treat an argument or to report a fact without being subjective, without modifying sources in the way they best serve us. For this reason I want to write about the power that journalists have and how easily they condition our minds.

We are continuously circled by news, articles and information that we read on papers and on the Internet or that we listen on TV. We firmly believe in what they say and we ignore that who writes the articles doesn’t do it for the pleasure of writing, but for money and success.

They can exploit situations (even dramatic ones) to get the best scoop or the last minute’s news. We never know what’s going on in the world in a totally true way because the facts are filtered, magnified and sometimes also invented.

If something is not sure it’s possible to make it certain, a journalist can destroy the reputation of a person and hide information (as the presence of more than 400 wars around the world).

For example, the earthquake that a few months ago killed 300 people, destroyed cities and let thousands of inhabitants homeless in the centre of Italy is a catastrophe and is used by TV’s talk-shows to get more audience, journalists take advantages of it for their interest.

I think that it’s their job and it’s normal trying to write something that everyone can appreciate, but knowledge and information should be free and true.

Alessia Corti, 3A Coreutico

 

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Obama: which future for him?

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Obama: which future for him?

After 8 years of presidency, on the 20th January 2017, the 44th president of United States Barack Obama, passed his charge to the 45th president Donald Trump. In these 8 years, Barack Obama made many important changes for the American people: for example the ObamaCare which is a US healthcare reform that expands and improves access to care and curbs spending through regulations and taxes. It has helped over 9.9 million US citizens to have new health insurance, and more than 4 percent of all have gotten health insurance for the first time.

In 2013 he incited the US states to increase the minimum salaries to 10.10$ per hour: 18/50 states agreed. He cut taxes creating, saving millions of jobs and helping the raise of car industries after the financial crisis. He also signed a legislation where men and women could be paid equally.

Obama also signed a legislation against the   discrimination of any individual because of his or her sexual orientation or gender identity a federal crime. Obama had a fundamental role in the Paris Agreement, setting with other Countries regulations to limit the Climate changes.

He had also won the Noble prize for peace for have signed the end of the nuclear era in Iran. During these years we had the opportunity to get to know better the Obama’s family made up of Barack Obama, Michelle Obama Robinson, the two daughter Malia and Sasha and their two dogs called Sunny and Bo.

Malia and Sasha have grown up in the White House: in November 2008 they were 8 and 11 years old, now, January 2017 they are 15 and 18. Malia, the older daughter has already finished high school and after a gap year, she’ll attend Harvard University. She wants to be a filmmaker. Sasha, the youngest, has to do other 2 years in high school. Michelle Obama was a very active First Lady promoting physical and mental health: for example in 2013 she launched a campaign named “Let’s move against obesity” especially through young people as kids and redesigned the school’s launch program.

But now…Where are they? Where do they live? What will they do in the near future? Well, American and also international presses already know some facts about their future.

First of all, where did they move to? They moved to the exclusive Washington DC neighborhood of Kalorama, 2 km away from the White House. They chose to stay in a luxurious brick villa of 761 square-meters, with three floors, 9 bedrooms, 8 bathrooms, 2 garages and a huge garden. From the American presses they’ll stay there for two years, until Sasha graduates. This fact made Obama the first president to live in Washington DC after his term (since 1921).

Obama is still younger than the other president at the and of their presidency: he is only 55 years old while his wife is 53. So What will they do? From some interviews they’ve made,  they will have a break, sleeping and relaxing with the family. Then they announced the creation of the Obama foundation that has his headquarters in south Chicago.

With this foundation the Obamas and private citizens will bring all the ideas, beliefs and hopes of American people and they’ll try to transform them into reality. Then they will continue to be part of the “My Brother’s Keeper Alliance” for the  poor Black and Latinos boys. Both Obama and Michelle will write books.

Then there are other possibilities: for example Barack Obama could be a guest speaker thanks to his fame as a great orator. He is a lawyer so he can be also a Supreme Court Lawyer if Trump appoints him, the Senate accepts him and if he wants, of course.

Before he became president he also taught at the University of Chicago so he can also go back and continue teaching.

There are other hypothesis about Barack Obama future but we know for sure that he will be active in  community life.

Celine Polepole, 2B Ls

 

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Buona Scuola, ottimismo e timori

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Buona Scuola, ottimismo e timori

Si discute ormai da molti anni di come la scuola sia slegata dal mondo del lavoro e di come si possano avvicinare.

Per questo la riforma Buona Scuola ha reso obbligatorio un periodo di apprendistato presso delle aziende per gli studenti del terzo e del quarto anno di scuola superiore. Si tratta di 200 ore nei licei e 400 negli istituti tecnici che i ragazzi dovranno trascorrere, durante l’anno scolastico o nel periodo estivo, nelle ditte selezionate dalle scuole.

All’ottimismo del MIUR per questa iniziativa si contrappongono le perplessità di studenti e genitori. Le ansie più grandi riguardano l’effettiva utilità di questo progetto: troppo spesso si hanno casi di ragazzi lasciati in ufficio senza fare niente o al massimo a fotocopiare o classificare faldoni.

Si corre il rischio che nessuno dedichi a loro abbastanza tempo per introdurli in concreto nel mondo del lavoro anche se vi è una rete a tutela dello studente che prevede di non avvalersi più delle aziende “furbette”.

Se imparare un lavoro in duecento ore è alquanto arduo, ci sono almeno due aspetti positivi per gli studenti: l’esperienza integrerà i voti scolastici e potrà apparire sui curriculum.

Per altri aspetti che dovrebbero emergere dagli stage come lo sviluppo di un pensiero critico, la capacità di lavorare all’interno di un gruppo e di trovare soluzioni velocemente ai problemi che di volta i volta si pongono, è tutto da vedere se le famose 200 ore basteranno a conseguire obiettivi tanto alti da non poter essere raggiunti nei cinque anni di scuola superiore.

Lo stage dovrebbe essere vissuto dagli studenti come un’opportunità per sondare nuove prospettive, spesso precluse da un corso di studi molto caratterizzante.

Luca Silini, 2B Ls

 

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School-work project: let’s think

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su School-work project: let’s think

The school-work is a state project started two years ago where pupils, during the last three years of secondary school, can have an impact on the world’s work. Pupil will spend 200 hours or 400 hours in a work place as companies, industries and workshops.

This project starts with a safety training which is required by the law, in order to work safely.

You can decide where you want to work or anyway what kind of experience you want to do. You will have a school tutor and a company tutor.

The project is not seen too well by school pupils because during “maturità” teaches will ask about this experience.

In my own opinion this project is very important because it makes kids understanding what it means to work, to depend on someone, obey and many other things in the field of work that are very frequent. I hope and I know that this experience will be very beautiful.

Samuele Cometti, 3A Ls

 

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Alternanza: da gestire al meglio

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Alternanza: da gestire al meglio

Alternanza scuola-lavoro. Un progetto ambizioso, senza dubbio, abbinare il percorso scolastico a uno lavorativo. Apparentemente potrebbe sembrare un’idea geniale: utilizzare la scuola, parte del suo tempo dedicato all’insegnamento, per introdurre i ragazzi nel mondo del lavoro.

In realtà però se viene organizzato in maniera spiccia e approssimativa, tutto, pure con le migliori intenzioni, risulta confusionario e controproducente.

Le difficoltà.

In effetti la partenza dell’attività di “alternanza scuola-lavoro” è stata in forte ritardo in molti istituti scolastici, solo nel pentamestre, e ciò ha comportato la creazione di una situazione caotica, in cui gli alunni si sono trovati spaesati, non avendo idea di come potersi interfacciare all’ambiente lavorativo, nonché alla burocrazia alle spalle del progetto.

Dall’altra parte i professori coinvolti nel ruolo di tutor, supporto scolastico e intermediari tra le strutture ospitanti e la scuola, qui e in molte altre scuole sono stati in un primo momento, a mio avviso, in un numero troppo esiguo per coprire le esigenze delle classi terze.

Dunque il progetto di alternanza è stato un po’ abbandonato al suo destino, a ricoprire una funzione marginale, obbligatoria per legge, e non è stato visto invece come un’opportunità.

Entrando più nel dettaglio, in molte scuole è stato esplicitamente chiesto agli studenti, se possibile, di trovarsi autonomamente una sistemazione, al fine di sbrigare velocemente la pratica, tediosa, dello “stage”.

L’opinione.

Si è venuta perciò a creare una situazione di favoritismo, dannosa per i giovani, che in molti casi hanno fatto ricorso ad amicizie e conoscenze per ritagliarsi un posto comodo e facile ed esaurire le ore di alternanza senza sforzo.

Dal mio punto di vista però, non è corretto agire in questo modo, in quanto si abituano gli adolescenti a una concezione meramente italiana del lavoro: se hai agganci, scali, hai successo, avrai una posizione di vantaggio rispetto a coloro che intraprendono il tuo medesimo “cursus”.

La possibile soluzione.

Cosa secondo me si sarebbe dovuto fare?

Da parte del ministero dell’Istruzione, mettere in condizione le aziende di ospitare gli studenti come se stessero facendo uno stage per un posto da salariato, in modo da obbligarli a ricevere lo stesso trattamento che subirebbe uno stagista ed essere così preparati anche a una esperienza lavorativa nella sede dell’alternanza.

Da parte degli alunni coinvolti, esprimere le proprie preferenze circa l’attività da svolgere, senza fornire alcun dato preciso riguardo la struttura ospitante, che sarebbe poi stata scelta dalla scuola assegnando – in base alle richieste – l’attività per ogni adolescente, garantendo perciò la neutralità del lavoro, non condizionato da conoscenza alcuna.

L’analisi.

Non dico che non sia assolutamente avvenuto, però in un buon numero di casi, troppo elevato per passare inosservato, come già detto, sono stati gli alunni stessi a proporre  e dire dove avrebbero svolto le ore di alternanza.

Il risultato? Duecento o quattrocento ore di lavoro, in base al corso di studi, puramente burocratiche, non atte a imparare un mestiere, ma a fornire al ministero una serie di moduli, un contentino, che induce a credere nella reale utilità dell’iniziativa, ma che in realtà, in queste condizioni, si è rivelata spesso inconsistente, analizzando le attività svolte e le loro modalità e, a tratti, degradante per quanto riguarda il reale e nobile significato del lavoro.

Amedeo Pagnoncelli , 4A Ls

 

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Vostok 6: la prima donna nello spazio

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Vostok 6: la prima donna nello spazio

Il 16 giugno si celebrerà il 54esimo anniversario della prima missione spaziale in rosa (1963) compiuta dall’ex cosmonauta russa Valentina Tereshkova. Per l’occasione abbiamo deciso di immaginare un’intervista con lei, per avere maggiori dettagli sulla sua vita e curiosità riguardo alla missione Vostok 6.

Buongiorno signora Tereshkova, la prima domanda che mi viene di farle è questa: come si sente oggi, a quasi 54 anni da quel giorno storico?

Sa, il 16 giugno di ogni anno, a  partire da quello del ’64, nella mia mente riaffiorano i vecchi ricordi della mia missione Vostok 6. Ogni anno è come rivivere quei momenti.

Andando proprio a quei momenti, si ricorda le selezioni?

Le ricordo come se fossero state ieri. Dunque, il generale Nicolai Kamanin aveva proposto di inviare una donna nello spazio così da ottenere più primati per sconfiggere gli americani (che nel 1961 avevano registrato il primato del primo uomo nello spazio, ndr). La sua proposta è stata accolta da Khrushchev. Mi sono candidata due volte per entrare nella scuola di aspiranti astronauti: la prima volta ho fallito, mentre la seconda ce l’ho fatta. Poi nel ’62 ho partecipato alla selezione per il  primo gruppo di cosmonaute, che ho passato con il massimo dei voti insieme a Zanna Erkina, Tat’jana Kuznecova, Valentina Ponomareva e Irina Solev’eva.

Dopo lunghi mesi di addestramento, quel giorno come si sentiva?

Agitata ma allo stesso tempo anche eccitata per l’impresa che stavo per compiere.

Alle 9,29 del 16 giugno del ’63 è partita a bordo del Vostok 6 dal cosmodromo di  Bajkonur, Kazakistan, e dopo quasi 3 giorni, orbitando attorno alla terra per 49 volte, è ritornata alle 8,20 del 19 giugno, atterrando in una campagna poco distante da Karakanda.

Sì, e in contemporanea con noi c’era anche la missione Vostok 5, comandata dal cosmonauta Bykovsky. Però lui è partito il 14, due giorni prima di me, e è tornato a terra tre ore dopo.

Quindi mentre orbitavate attorno alla terra vi sarete incontrati almeno una volta.

Sì, sì, anche più di una: le nostre orbite erano molto simili e abbiamo più volte comunicato  via radio.

Durante la missione si sono verificati problemi?

Sì. Ho avuto nausea e stanchezza dovuti all’assenza di gravità, specialmente durante le prime orbite. Poi ho avuto problemi nel pilotare la navicella verso l’orientamento della fase di rientro e per questo ho chiesto più volte assistenza al centro di controllo.

Due giorni dopo le è stata consegnata una importantissima onorificenza.

Sì, quella di Pilota-cosmonauta dell’Unione Sovietica.

Quale è stata la parte più divertente e bella?

Penso sia stato il momento del lancio col paracadute: non solo perché era la cosa che mi piaceva più fare, ma anche perché sapevo che sarei ritornata a terra sana e salva.

Da che parte dell’ex Unione Sovietica proviene?

Vengo da Bol’šoe Maslennikovo, nei pressi di Jaroslavl’ sul fiume Volga.

Come è stata la sua gioventù?

Non è stata facile: mio padre è morto durante la seconda guerra mondiale, quindi ho dovuto fare molti lavori per mantenere la famiglia e mentre lavoravo frequentavo corsi serali e nel 1960 ho ottenuto il diploma di perito tecnico.

Come è nata la passione per il paracadutismo?

È nata nel 1955 dopo aver visto alcune persone farlo. Per curiosità ho provato a fare un volo e da lì è scattata la scintilla.

Cosa ha fatto negli anni successivi alla missione Vostok 6?

Nel ’66 è iniziata la mia vita politica entrando nel Soviet supremo e nel ’68 sono diventata presidente del comitato donne dell’Unione Sovietica. Nel 1971 sono diventata membro del Comitato Centrale del Partito Comunista. Dal 1974 ho fatto  parte del direttivo  del Soviet Supremo e dal 1976 in poi sono diventata vicepresidente della commissione per l’educazione, la scienza e la cultura. Il mio ultimo incarico è stato al Centro russo per collaborazione internazionale culturale e scientifica, dove sono stata nominata direttrice.

Una vita politica molto intensa, ma non ha mai avuto il desiderio di ritornare nello spazio?

Ovviamente sì, ma certe circostanze me lo hanno impedito. Ora è tempo di lasciare spazio ai giovani!

Celine Polepole, 2B Ls

 

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Prof Brugnetti: pensieri e passioni

Posted by admin On Maggio - 24 - 2017 Commenti disabilitati su Prof Brugnetti: pensieri e passioni

Silvia Brugnetti, docente e ormai da alcuni anni vicepreside della nostra scuola, si racconta a tutto campo, dal lavoro alle passioni.

Quando ha deciso di iniziare a fare questo lavoro?

Ho deciso di fare questo lavoro perché sono figlia di una generazione di insegnanti al femminile, spinta da mia madre. L’anno stesso in cui mi sono laureata, ho vinto il concorso ordinario per reclutamento di docenti. Ho

iniziato quasi per gioco e poi mi sono appassionata. Tant’è che poi ho deciso di abbandonare la mia precedente professione di commercialista per continuare quella di docente.

Cosa le piace dell’insegnamento?

Dell’insegnamento mi piace il rapporto con gli studenti e  contribuire alla loro crescita come cittadini di domani. La mia soddisfazione più grande è proprio quella di trasmettere conoscenze e un insieme di valori.

Col tempo la passione è diminuita?

No, io sono convinta che sia  aumentata. Probabilmente per il fatto che il  mio lavoro è stato proficuo. È un po’ come quando uno studente studia e raccoglie buoni risultati; ciò, dandogli soddisfazione, lo stimola a impegnarsi sempre di più.

Le piace viaggiare? Ci riesce?

Mi piace viaggiare perché viaggiando conosco cose nuove, e io amo la conoscenza. Il viaggiare con la scuola è viaggiare e lavorare e, ovviamente, è molto più impegnativo che viaggiare con la mia famiglia. Però penso di viaggiare più adesso rispetto a quando esercitavo un diverso lavoro.

Cosa le piace fare durante il viaggio?

Nel viaggiare mi godo innanzitutto il viaggio, come momento di socializzazione. E poi trovo che conoscere persone nuove e rispondere alle  domande degli studenti sia molto stimolante. I nostri percorsi come “Saperi e Sapori” sono anche di tipo gastronomico. Sì, esatto, mi piace anche gustare i cibi delle diverse località.

Non ha problemi ad andare in posti nuovi e sperimentare?

No, assolutamente. Potrebbero anche essere posti senza comodità, l’importante è comunque conoscerli, scoprirli e viverci, anche se a volte per un breve periodo di tempo. Poi anch’io preferisco i posti belli e ricchi di comodità, ma non tutti i posti del mondo sono così. È interessante conoscere da vicino gli stili di vita di  persone che noi magari definiamo delinquenti o terzomondisti. Magari la situazione che per noi è disagiata e brutta, per loro invece è quotidiana e ci stanno bene.

Torniamo al suo lavoro. Qualcuno si è mai lamentato per un voto o per un metodo di spiegazione?

Io penso di no, perché i miei voti cercano di essere più oggettivi possibili e sono sempre motivati. Poi per il metodo d’insegnamento non penso, gli studenti mi sembrano soddisfatti; se mai si lamentano a volte della velocità con cui spiego, dovuta al fatto non mi piace dormire sugli argomenti o annoiare le persone ripetendo sempre le stesse cose. Poi, per carità, non tutti hanno gli stessi ritmi di apprendimento: è per quello che chiedo sempre se le mie spiegazioni sono state chiare a conferma che tutti abbiano capito.
E se qualcuno la disturba cosa fa?

Dico che se vuole parlare, lo può fare con me, rispondendo alle mie domande e che poi, ovviamente, gli metto il voto. Ma a volte basta guardare chi disturba per farlo smettere. Questo ha funzionato sempre, anche quando ero studente e guardavo i miei compagni di classe che disturbavano: smettevano. Non è che voglia incutere terrore, però già lo sguardo trasmette disapprovazione.

Si affeziona molto ai suoi studenti?

Io penso di sì, o almeno da parte mia sì, ci tengo come se fossero miei figli. Quindi anche se li sgrido è per il loro bene, non perché sia cattiva o mi diverta, anzi. Non mi sento ricambiata da tutti o, magari, il loro modo di ricambiare è diverso, o tardivo. Mi spiace vedere ragazzi che mettono il broncio, fanno i permalosi o negano il saluto perché sgridati e pensano che io sia cattiva.

Cosa pensa del rapporto genitore-insegnante?

A me piacerebbe avere un rapporto schietto con i genitori, perché alla fine siamo co-educatori, e questi ragazzi sono il risultato dell’educazione che hanno ricevuto sia dai genitori che dai docenti. Se noi remiamo da una parte e i genitori remano dall’altra, lo studente si trova disorientato.

Cosa ne pensa della riforma della scuola?

Io penso che la maturità dovrebbe essere una prova complessa per testare tutte le capacità degli studenti in ogni materia del piano di studio. Il fatto che i crediti siano tenuti più in conto è positivo, perché sprona gli studenti a essere costanti e  a impegnarsi durante tutto il percorso di studi quinquennale. Il fatto che per essere ammessi basti la media del sei non è giusto. Così gli studenti possono concentrarsi su materie più semplici, trascurando quelle più difficili che, solitamente, sono proprio quelle di indirizzo. Con questa riforma si semplifica così tanto l’esame da banalizzarlo: a questo punto, piuttosto, penso sia meglio toglierlo.

Sara Lucia Zappulla, 3B Ls

 

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