Silvia Brugnetti, docente e ormai da alcuni anni vicepreside della nostra scuola, si racconta a tutto campo, dal lavoro alle passioni.
Quando ha deciso di iniziare a fare questo lavoro?
Ho deciso di fare questo lavoro perché sono figlia di una generazione di insegnanti al femminile, spinta da mia madre. L’anno stesso in cui mi sono laureata, ho vinto il concorso ordinario per reclutamento di docenti. Ho
iniziato quasi per gioco e poi mi sono appassionata. Tant’è che poi ho deciso di abbandonare la mia precedente professione di commercialista per continuare quella di docente.
Cosa le piace dell’insegnamento?
Dell’insegnamento mi piace il rapporto con gli studenti e contribuire alla loro crescita come cittadini di domani. La mia soddisfazione più grande è proprio quella di trasmettere conoscenze e un insieme di valori.
Col tempo la passione è diminuita?
No, io sono convinta che sia aumentata. Probabilmente per il fatto che il mio lavoro è stato proficuo. È un po’ come quando uno studente studia e raccoglie buoni risultati; ciò, dandogli soddisfazione, lo stimola a impegnarsi sempre di più.
Le piace viaggiare? Ci riesce?
Mi piace viaggiare perché viaggiando conosco cose nuove, e io amo la conoscenza. Il viaggiare con la scuola è viaggiare e lavorare e, ovviamente, è molto più impegnativo che viaggiare con la mia famiglia. Però penso di viaggiare più adesso rispetto a quando esercitavo un diverso lavoro.
Cosa le piace fare durante il viaggio?
Nel viaggiare mi godo innanzitutto il viaggio, come momento di socializzazione. E poi trovo che conoscere persone nuove e rispondere alle domande degli studenti sia molto stimolante. I nostri percorsi come “Saperi e Sapori” sono anche di tipo gastronomico. Sì, esatto, mi piace anche gustare i cibi delle diverse località.
Non ha problemi ad andare in posti nuovi e sperimentare?
No, assolutamente. Potrebbero anche essere posti senza comodità, l’importante è comunque conoscerli, scoprirli e viverci, anche se a volte per un breve periodo di tempo. Poi anch’io preferisco i posti belli e ricchi di comodità, ma non tutti i posti del mondo sono così. È interessante conoscere da vicino gli stili di vita di persone che noi magari definiamo delinquenti o terzomondisti. Magari la situazione che per noi è disagiata e brutta, per loro invece è quotidiana e ci stanno bene.
Torniamo al suo lavoro. Qualcuno si è mai lamentato per un voto o per un metodo di spiegazione?
Io penso di no, perché i miei voti cercano di essere più oggettivi possibili e sono sempre motivati. Poi per il metodo d’insegnamento non penso, gli studenti mi sembrano soddisfatti; se mai si lamentano a volte della velocità con cui spiego, dovuta al fatto non mi piace dormire sugli argomenti o annoiare le persone ripetendo sempre le stesse cose. Poi, per carità, non tutti hanno gli stessi ritmi di apprendimento: è per quello che chiedo sempre se le mie spiegazioni sono state chiare a conferma che tutti abbiano capito.
E se qualcuno la disturba cosa fa?
Dico che se vuole parlare, lo può fare con me, rispondendo alle mie domande e che poi, ovviamente, gli metto il voto. Ma a volte basta guardare chi disturba per farlo smettere. Questo ha funzionato sempre, anche quando ero studente e guardavo i miei compagni di classe che disturbavano: smettevano. Non è che voglia incutere terrore, però già lo sguardo trasmette disapprovazione.
Si affeziona molto ai suoi studenti?
Io penso di sì, o almeno da parte mia sì, ci tengo come se fossero miei figli. Quindi anche se li sgrido è per il loro bene, non perché sia cattiva o mi diverta, anzi. Non mi sento ricambiata da tutti o, magari, il loro modo di ricambiare è diverso, o tardivo. Mi spiace vedere ragazzi che mettono il broncio, fanno i permalosi o negano il saluto perché sgridati e pensano che io sia cattiva.
Cosa pensa del rapporto genitore-insegnante?
A me piacerebbe avere un rapporto schietto con i genitori, perché alla fine siamo co-educatori, e questi ragazzi sono il risultato dell’educazione che hanno ricevuto sia dai genitori che dai docenti. Se noi remiamo da una parte e i genitori remano dall’altra, lo studente si trova disorientato.
Cosa ne pensa della riforma della scuola?
Io penso che la maturità dovrebbe essere una prova complessa per testare tutte le capacità degli studenti in ogni materia del piano di studio. Il fatto che i crediti siano tenuti più in conto è positivo, perché sprona gli studenti a essere costanti e a impegnarsi durante tutto il percorso di studi quinquennale. Il fatto che per essere ammessi basti la media del sei non è giusto. Così gli studenti possono concentrarsi su materie più semplici, trascurando quelle più difficili che, solitamente, sono proprio quelle di indirizzo. Con questa riforma si semplifica così tanto l’esame da banalizzarlo: a questo punto, piuttosto, penso sia meglio toglierlo.
Sara Lucia Zappulla, 3B Ls
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