Saturday, November 1, 2025

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Teatro dialettale, risorsa per i giovani

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Teatro dialettale, risorsa per i giovani

Il dialetto è una cosa per vecchi? È davvero destinato a sparire? In realtà, non sono pochi i giovani che ritengono il dialetto un fattore di arricchimento culturale e personale e lo utilizzano quotidianamente. Che voi siate nati a Bergamo, a Palermo o a Verona, avrete certamente un ricordo di vostra nonna o di qualche anziana parente che si esprime in dialetto, con espressioni tipiche e colorite, difficilmente traducibili in italiano senza snaturarne il senso.

Ognuno di noi dovrebbe essere legato alla propria “vulgata”: che bello quando, ovunque nel mondo, senti un “ga rie mia” o un “mama che bel!” e capisci che ci sono dei tuoi conterranei nei paraggi. La varietà e la ricchezza dei dialetti è uno dei tanti elementi che rende unica l’Italia, arricchendola di bellezza e tradizioni locali. Certo, tra le parlate locali ce ne sono di migliori in quanto a gradevolezza del suono, ma il bergamasco è tutt’altro che inespressivo.

Il dialetto non è una bandiera di qualche fazione politica, ma è patrimonio di tutta una comunità da custodire gelosamente.

La mia passione per il bergamasco nasce dall’essere cresciuto con le nonne, il nostro “welfare” più importante: esso evoca quindi in me ricordi piacevoli dell’infanzia e del presente che spesso associo a una “lingua”.

Qualche anno fa mi è stato proposto di entrare nella compagnia teatrale dialettale del mio paese, Osio Sotto, e ho accettato di buon grado: mettere in scena le vicende della vita quotidiana bergamasca in “lingua originale” è davvero molto divertente e suscita negli spettatori tante e tante risate dovute all’empatia che si crea tra noi “attori” (o almeno, noi che proviamo a fare gli attori…) e il pubblico, che vede la propria vita di ogni giorno rappresentata su un palcoscenico, condita in chiave comica.

Nella nostra compagnia, che abbiamo chiamato non a caso “nostrana”, ci sono persone che recitano in dialetto praticamente da quando erano bambini e dimostrano tutta la loro bravura e la loro simpatia nel realizzare ogni anno commedie sempre più divertenti, senza mai cadere nel ridicolo.

Quanto è difficile destare le risate del pubblico senza ricorrere al facile “trash” che impera in questi periodi! Lo ammetto, non è usuale per un ragazzo di diciannove anni buttarsi in questo mondo così “insolito”. Proprio qui sta il bello della sfida: avvicinare altri miei coetanei alla commedia dialettale, “avvicinando” generazioni spesso distanti tra loro (sia anagraficamente che non) rappresenta la mia “mission”, quello che mi sono prefissato quando ho iniziato a far teatro.

Fino a oggi le nostre commedie sono sempre piaciute agli spettatori di tutte le età: speriamo di continuare con questi piccoli successi anche negli spettacoli futuri, dimostrando che il dialetto non è “roba da vecchi”!

Daniele Pinotti, 5B Ls

 

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La “Montessori” in visita al “Locatelli”

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su La “Montessori” in visita al “Locatelli”

Ancora bambini ma già alle superiori. Il 3 marzo i bambini della 3A e 3B della scuola primaria Montessori sono arrivati all’Istituto Aeronautico “Locatelli”, su invito della nostra insegnante Genny Biglioli. Lo scopo principale dell’uscita era visitare il nostro laboratorio di fisica. Sono stati organizzati due gruppi di lavoro: rispettivamente prima la 3A e poi la 3B.

La prima classe si è subito diretta in laboratorio, mentre l’altra è andata a seguire la lezione preparata da alcuni alunni di 5D Tecnico. La lezione di volo, durata cinquanta minuti, riguardava tutta la storia del volo, a partire dal mito greco di Daedalus fino ad arrivare ai moderni shuttle, passando anche per la struttura fisica degli uccelli. Successivamente questo stesso gruppo si è spostato al simulatore di torre e al simulatore di volo con il professor Vittorio Solazzo, dove hanno trascorso in totale mezz’ora. Dopo questo i due gruppi si sono invertiti. Nel laboratorio di fisica il professor Ferdinando Catalano, con alcuni studenti di seconda liceo ha spiegato ai bambini numerosi esperimenti.

I bambini sono rimasti particolarmente colpiti da alcuni esperimenti, per esempio “La pallina addomesticata”: consiste nel far scivolare una pallina in un tubo di metallo e, senza che gli spettatori se ne accorgano, sostituirla con una pallina magnetica. Dopo lo scambio il professore dice: “Pallina vai piano piano e non correre”; lasciandola cadere nel tubo questa rallenterà per via della resistenza del magnete. In questo modo il professore ha fatto credere ai bambini che la pallina fosse davvero addomesticata.

Un altro esperimento è stato molto apprezzato dai bambini, ovvero “La palla impossibile da aprire”. Questa dimostrazione ha lo scopo di mostrare che quando l’aria viene rimossa da una sfera, questa è impossibile da aprire. Il professore, dopo essersi procurato due semisfere con un manico ognuna, le ha unite. Dopo aver tolto l’aria ha fatto provare a un bambino ad aprirla, ma lui non ci è riuscito. Quando invece è toccato al professore a dover provare, ha fatto rimettere l’aria, in modo tale da riuscire ad aprirla con facilità.

I bambini si sono divertiti molto, hanno fatto tante domande, e alla fine sono andati via soddisfatti e pronti a raccontare tutto ai loro genitori. La gita è durata dalle nove alle dodici.

Sara Lucia Zappulla, 2B Ls

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Rho e Lario Danza: ballerine al top

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Rho e Lario Danza: ballerine al top

Rho Danza 2016 e Lario Danza: sono solo gli ultimi due concorsi che hanno testimoniato nelle ultime settimane i successi delle ballerine del Liceo Coreutico “Antonio Locatelli” di Bergamo, più esattamente ad aprile.

In particolare nella categoria gruppi di danza classica della sesta edizione del concorso Rho Danza 2016 si sono classificate al primo posto come miglior gruppo nella sezione dedicata alla danza classica nell’importante concorso di settore che quest’anno aveva come membro di giuria Marta Romagna,  solista del teatro alla Scala. Le ballerine del coreutico si sono confrontate con allieve di diverse scuole lombarde, ma anche provenienti dal Piemonte, dalla Toscana, dal Veneto e dall’Emilia Romagna.

A portare alla vittoria le nostre ballerine una coreografia ideata dalla professoressa Elena De Laurentiis e intitolata “La Leggerezza dell’Essere”: a vincere sono state Elena Zucchini, Maria Pia Simonetta, Alice Corrada, Beatrice Limonta, Elisa Sartori, Andrea Valongo, Romina Benvenuti, Giada Ubiali, Teresa Cavaioli, Michela Ferri e Giulia Magri. Nel medesimo concorso Beatrice Limonta e Elisa Sartori, entrambe alunne del 2° anno, hanno ottenuto il secondo posto nella categoria Passi a Due di danza classica esibendosi in una coreografia originale tratta dal balletto di repertorio.

Nella diciassettesima edizione di Lario Danza si sono invece classificati al secondo posto nella categoria danze popolari folclore le ragazze e i ragazzi della classe 2° esibendosi in “Carmen”. Si sono inoltre distinte al 3° posto le ragazze delle classi 3°, 4°, e 5° con “Danza Ungherese”.

Gli ottimi risultati ottenuti hanno permesso alle allieve di ricevere numerose borse di studio per festival, rassegne e Galà a carattere nazionale che si svolgeranno quest’estate. Oltre a tutto ciò tre ragazze del 5° anno hanno ricevuto borse di studio al “Belaro Akademisch Traditionell” a Bergheim, in Germania, e alla “Jaqueline Scoala De Balet” di Bucarest in Romania.

Oltre ai concorsi le ragazze e i ragazzi del liceo coreutico hanno avuto la possibilità di esibirsi allo spettacolo di fine anno il 21 maggio a Chignolo D’Isola. “Partecipare a questo genere di concorso – ha sottolineato Elena De Laurentiis, docente della scuola che si è occupata della preparazione delle allieve e coreografa appunto del balletto che ha vinto il primo premio –  è un’ottima occasione per confrontarsi con altre realtà di formazione scolastica, ma è soprattutto un modo per portare in scena la propria passione sotto gli occhi attenti di chi la danza la esercita come professione ad alti livelli”.

“È stata un’esperienza che le ragazze non dimenticheranno mai – ha commentato l’ insegnante – e sicuramente è servita per dar loro un nuovo stimolo a voler imparare e migliorare sempre di più affinché il sogno di diventare una ballerina professionista, divenga sempre più vicino”.

Il Liceo Coreutico Locatelli è tra l’altro l’unico nella provincia di Bergamo ed è il secondo liceo coreutico a essere stato attivato in tutta la regione Lombardia. Istituito nell’anno scolastico 2013/2014 il liceo coreutico è in stretta collaborazione con l’étoile Carla Fracci che ne ha assunto il titolo di direttrice artistica nel 2015.

Riccardo Angeleri, 3A Ls

 

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Giornalisti per 1 giorno: podio nazionale

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Giornalisti per 1 giorno: podio nazionale

“È lieto soltanto chi può dare”. È questa la frase che noi, redattori de “Il Corriere dell’Aeronautico”, abbiamo sempre presente ogniqualvolta apriamo un nuovo documento di Word o prendiamo un semplice foglio di carta per scrivere un articolo.

L’obiettivo è questo:  informarvi sulle più recenti notizie riguardanti non solo l’Istituto, ma anche la complessa realtà in cui viviamo, e condividere le nostre opinioni e più sincere esperienze. Ed è proprio tale ambizione che ci ha permesso lo scorso 27 aprile di recarci a Chianciano Terme per ritirare il premio nazionale “Giornalista per un giorno” organizzato dall’Associazione Nazionale Giornalismo Scolastico.

Il riconoscimento venne istituito nel 2003 dall’attuale presidente di Alboscuole Ettore Cristiani per promuovere e valorizzare il giornalismo nelle scuole italiane. L’iniziativa quest’anno ha riscosso un grande successo poiché hanno partecipato quasi duemila testate giornalistiche e la nostra è ricaduta tra le migliori cento: una grande soddisfazione!

La premiazione si è tenuta al palazzetto dello sport della famosa città toscana, nota per le sue terme e per la sua invidiabile “location” tra le colline.  Con noi hanno voluto essere presenti anche le classi seconde e terze, che hanno rinunciato a un giorno di gita a Firenze per fare il tifo alla caporedattrice Ortensia Delia e al professor Tiziano Tista mentre salivano sul palco.

La manifestazione ha avuto inizio con i saluti tra gli altri del presidente di Alboscuole e del nostro preside Giuseppe Di Giminiani, che si sono soffermati sull’importanza della comunicazione e dello scambio di conoscenze tra i ragazzi come armi vincenti contro i problemi sociali. Poi sono stati chiamati sul palco i rappresentanti dei giornalini per categoria; il “Corriere” ha ricevuto il premio per la sezione “Esprit de corps”, ovvero per il senso di unità che da sempre contraddistingue il nostro Istituto.

Tra una “chiamata” e l’altra (altre venticinque sono state le scuole superiori premiate insieme a noi) c’è stato un breve momento di intrattenimento animato da musica moderna, balli di gruppo e tante risate. Infine, la premiazione si è conclusa con un lungo trenino danzante al quale hanno partecipato anche i nostri docenti, preside compreso.

Ma non è finita qui. Dopo la cena in hotel, infatti, il meeting prevedeva una serata a base di musica e ballo. Così il palazzetto si è trasformato in una pista da ballo dove abbiamo avuto l’opportunità di scambiare quattro chiacchiere anche con i ragazzi di altre scuole italiane: l’occasione giusta per rinforzare il nostro spirito d’appartenenza a una nazione ricca culturalmente.

Le sorprese non sono però finite lì: l’autista della navetta che ci avrebbe dovuto riportare in albergo si è rifiutato di caricarci, quindi abbiamo dovuto goderci una mezz’ora di camminata al chiaro di luna.

È stata la ciliegina sulla torta a conclusione di una giornata che ha visto il nostro giornalino ottenere un riconoscimento a livello nazionale: speriamo sia soltanto il primo di una lunga serie.

Lorenzo Leoni, 4A Ls

 

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Una Firenze diversa: viaggio by night

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Una Firenze diversa: viaggio by night

Il Duomo di Firenze di sera ha tutto un altro aspetto.  Di giorno, soprattutto quando il tempo è bello, i fronzoli della sua facciata, i marmi che lo rivestono e la sua immensa cupola si lasciano stuzzicare dalle informi protuberanze delle nuvole che scorrono in balia del vento sopra la città, creando un amalgama con il cielo. Quando calano le tenebre invece, il Tempio del Signore assume un aspetto artificiale, sterile, ma allo stesso tempo di un’universale eternità. Si staglia nel buio, estraneo agli edifici vicini, nascosti dalla sua figura che sembra essere lì da sempre, come un detrito lasciato da una stella esplosa. La volta celeste, di notte, perde tutte le imprecisioni e le sfumature, lasciando posto a un uniforme mantello nero che avvolge la città, proteggendola gelosamente dall’esterno.

Quando si arriva a Firenze, questo mantello lei te lo fa sentire. Varcando gli Appennini da cui è circondata ci si cala in una vallata che ospita prima una landa popolata di ferrovie, stazioni, condomini vetusti e strade deserte. L’atmosfera è da Far West. I treni che passano sui binari invasi dalla sterpaglia sono impreziositi dall’estro artistico di qualche writer. I condomini, per quello che si può scorgere dalla circonvallazione, anche.

Spingendosi un po’ più in là poi si inizia a cambiare dimensione, dello spazio, del tempo. Si iniziano a vedere auto, pullman. Persino qualche bicicletta che si insinua nel traffico, nascondendo quasi sempre il ciclista. Poi l’aeroporto.

L’aeroporto di Firenze fu costruito in quel luogo così soffocante nel 1928, quando gli edifici della città erano ancora ben lontani dall’avvicinarsi ai suoi piazzali come radici di un albero che si spinge nelle profondità del terreno alla ricerca di acqua. Ci arrivarono negli anni ’50, quando qualcuno iniziò a pensare di costruire un altro scalo. Più esteso, per aeroplani più grandi e che portassero più turisti. Poi si abbandonò tutto e Firenze Peretola è ancora lì. Nel 2015 ci sono passati 2 milioni e mezzo di passeggeri.

Proseguendo, ancora auto, qualche pullman dell’esercito vuoto, una caserma con i vetri delle finestre rotti. E l’Arno. L’Arno nasce sul monte Falterona e si snoda sino al Mar Ligure per 241 chilometri. Quando i fondatori latini di Firenze si stanziarono vicino a Piazza Repubblica, scelsero quel luogo proprio per la vicinanza all’Arno. Furono l’acqua, la corrente ad attirarli. La corrente ha una forza assoluta. Trasporta tutto ciò che viene immerso nelle acque, lo fa sparire, lo nasconde alla vista. Finchè non lo passa in consegna al mare. Oggi le acque dell’Arno sono di un marrone inguardabile, contornato dal verde delle erbacce che ne popolano le sponde.

Passato il Fiume si penetra nella parte più umana di Firenze, un piccolo universo a parte dove iniziano ad apparire le persone.

Ci sono vu’ cumprà con appresso borsoni ricolmi di braccialetti. Su alcuni ci si può scrivere un nome. “Come si chiama tua ragazza?” chiedono. “Scrivi nome qua” indicando un quaderno stracciato e porgendo una Bic. Spesso non vengono considerati o sono allontanati malamente.

Poi ci sono quelli che vendono quadretti. Canal Grande, il Colosseo, Bob Marley. Questi ambulanti sono una categoria strana. Si stanziano nelle piazze ai lati delle vie con un aggeggio che ricorda uno stendipanni. Lo usano per portare i disegni. Alcuni dicono persino di essere loro gli autori delle opere palesemente riprodotte a macchina. Tuttavia non ho mai visto un turista avvicinarsi a questi soggetti, men che meno un turista italiano. Se ne stanno lì, in piedi. Poi quando si stufano prendono stendino e quadretti sotto braccio e se ne vanno.

I vu’ cumprà si aggirano soprattutto per il centro storico. L’anno scorso c’erano anche gli zingari. Ora non se ne vedono più a scapito della multiculturalità, ma lasciando più spazio agli indiani, ai marocchini e ai tanti senegalesi.

Sono dei maghi negli affari, i senegalesi. Un tizio senegalese che si fa chiamare Bunga-Bunga si aggira nei dintorni di Piazza Repubblica vendendo braccialetti e richiamando nutriti gruppi di ragazzi attirati dalle misteriose proprietà della sua merce. Non appena Bunga-Bunga riunisce una certa quantità di seguaci, sfrutta la confusione che si crea dicendo qua e là: “tu non ha pagato, tu ha pagato meno”, finendo per riscuotere più soldi del dovuto.

Anche i Medici erano maghi degli affari. Commerciavano seta e finirono per fare i banchieri, rendendo Firenze ricca e potente. La vollero celebrare, questa potenza. Ampliarono una chiesa in Piazza San Giovanni. Doveva esprimere il potere religioso e politico. Ne uscì una struttura armonica, lineare. Il Duomo lo costruirono loro ed è perfetto di giorno, ma di notte assume un aspetto fuori dal normale.

Matteo Bevilacqua, 2B Ls

 

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Antica Pizzicheria: sapori da sogno

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Antica Pizzicheria: sapori da sogno

Luogo dai mille sapori e dalle mille emozioni, un mix di aromi, di spezie, di profumi che creano un’atmosfera idilliaca che avvolge il turista, che si sente subito catturato da questa storica bottega di salumi e prodotti tipici toscani.

L’entrata è adornata dalla testa di un cinghiale dagli occhi lucidi, che ti fissano dietro le lenti di un paio d’occhiali, invitandoti a entrare, e da un maiale roseo, in compensato, proprio davanti alla vetrina, attraverso la quale si vedono appesi salumi di ogni genere che ti fanno venire l’acquolina in bocca.

È uno dei negozi più antichi al mondo, ambasciatore della varietà, della genuinità e della qualità dei prodotti della penisola italiana, e dove, seppur in un piccolo spazio, trionfano il buon cibo, la qualità, l’ospitalità e il made in Italy a tutto campo. Tutto questo è racchiuso nella “Pizzicheria de Miccoli” di Siena.

Un piccolo negozio “alla buona”, che però, arricchito da salumi, vini e formaggi sembra diventare un perfetto esempio di architettura barocca. Entrando dalla porta, alla sinistra, si innalza verso il soffitto un’enorme scaffalatura sulla quale è riposta una vastissima varietà di vini pregiati e rinomati: dal “Chianti” al famosissimo e pregiatissimo “Brunello di Montalcino”. Ai loro piedi troviamo dolci già confezionati, tra i quali spicca il Pan Forte, il dolce tipico di Siena.

Alzando il capo, ci si accorge che sulla nostra testa vi è un firmamento di salumi appesi, immobili, che rendono quasi impossibile vedere il soffitto. Nel bancone, invece, sono riposti in modo meticoloso e ordinato i salumi pronti per essere affettati e formaggi di ogni genere. Appoggiati sul banco, invece, sono ordinati barattoli di vetro con al loro interno vari tipi di biscotti. L’ambiente e l’atmosfera sono completati dalla personalità gioviale del proprietario: di media statura, robusto, la barba grigia, perfettamente in armonia con l’ambiente. Con la sua ospitalità e cordialità, qualità diventate ormai rare, invoglia il compratore: ti accompagna in una danza di sapori, facendoti gustare i prodotti e nel contempo fornendoti informazioni sulla loro provenienza e sulle tecniche di preparazione: le sue parole spiegano e raccontano i sapori della bottega e la differenza tra un taglio e l’altro di salume, tra un latticino e quello accanto, tutti così simili eppure così straordinariamente differenti.

Sicuramente un tempio della buona cucina italiana, la “Pizzicheria de Miccoli” merita di essere visitata da tutti coloro che si recano a Siena e che desiderano lasciarsi inebriare dal piacere del gusto: d’altra parte il gran numero di turisti che, sulla via tra piazza Del Campo, dove si corre il Palio, e il complesso monumentale del Duomo di Siena, fa tappa in questo negozio lo eleva già ormai a monumento a pieno diritto.

Riccardo Bernocchi, 2B Ls

 

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I Social e la nostra vita

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su I Social e la nostra vita

Con l’avvento dei Social la nostra vita è cambiata e non poco: basti pensare che con un solo movimento del polso, riusciamo a tirare fuori dalla nostra tasca l’intero mondo… o forse è solo quello che i media ci fanno credere?

Messenger, un applicazione di una manciata di megabyte di peso che riesce a condizionare migliaia di tonnellate di uomini: passiamo secondi, minuti, ore davanti a uno schermo di 5 pollici in cerca di una notizia, di un contatto, di un’amicizia, ma in verità cio che noi crediamo amicizie o conoscenze sono solo sequenze di codici alfanumerici che vengono e che vanno.

“Eppure siamo sicuri di esprimerci e non semplicemente di chattare col resto del mondo? Siamo sicuri di osservare e non stare semplicemente a guardare? E, ancora, siamo sicuri che le amicizie che puntualmente coltiviamo soltanto tramite Internet non siano una mera illusione?” (Chimerarevo). Eppure… siamo proprio sicuri che la colpa sia della tecnologia e dei tanti che hanno contribuito a svilupparla? I Social, come tutto d’altronde, hanno lati positivi come lati negativi. Possono riavvicinare amici o parenti, permettono di contattare la propria anima gemella anche a distanza di migliaia di chilometri, ma possono pure allontanare persone che si trovano magari solo a un paio di metri di distanza.

La colpa è dell’utilizzo che noi ne facciamo: potremmo usarli solo per lo scopo per cui vennero inventati, come per Facebook il riavvicinamento di amicizie di vecchia data, oppure, come facciamo ormai quasi tutti, occupare ogni momento libero della nostra giornata a guardare cose che nemmeno ci interessano davvero.

Non è l’evoluzione della tecnologia o il continuo aumentare delle piattaforme di Social Network il problema, ma la nostra incapacità di controllore questo potentissimo strumento. “La scelta di essere completamente azzerati da una rete onnipresente nella frenesia di tutti i giorni o di vivere una vita reale fatta di rapporti reali e non solo di finestre di chat sta solo ed esclusivamente a noi. Ammetterlo è il primo passo verso la “guarigione”. (Chimerarevo).

Marcello Colombi, 2A Ls

 

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La tecnologia: risorsa o problema?

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su La tecnologia: risorsa o problema?

Sviluppo tecnologico: crescita o regresso? Negli ultimi anni l’espansione scientifica e tecnologica è stata la protagonista assoluta della scena internazionale.

Ormai dobbiamo dire addio alla comunicazione diretta con gli interlocutori o semplicemente all’udire la voce altrui. Ora le comunicazioni avvengono prevalentemente attraverso messaggi scritti, spesso inviati attraverso la Rete, grazie alla diffusione di applicazioni specifiche. Diciamocelo, il messaggio evita spiacevoli inconvenienti, come per esempio l’avvilente frase “la persona da lei chiamata non è al momento raggiungibile”, e assicura che l’informazione, prima o poi, arrivi al destinatario.

Oggi se vediamo sul nostro telefonino o su un altro strumento elettronico che non c’è campo, come uomini (e donne) primitivi perdiamo la ragione e cerchiamo in ogni modo di ritornare “connessi” con il mondo intero. Credo che questo fatto ci faccia capire il mutamento in pochi anni delle azioni umane: alcuni anni fa non si era schiavi delle tecnologie e così i modi di trascorrere le giornate erano diversi. I ragazzi giocavano sempre all’aria aperta, mentre oggi utilizzano in ogni momento il cellulare e non sono più soliti uscire e trascorrere del tempo con i loro coetanei.

Le nuove tecnologie possono però portare sia aspetti negativi che positivi. Lo smartphone, per esempio, può trasformarsi in una dipendenza vera e propria con il suo utilizzo in ogni momento della giornata, anche quando si è a tavola con ospiti o in famiglia. Conversare ad alta voce al telefono quando si è in luoghi pubblici, sul treno o in metropolitana e inviare messaggi o telefonare quando si è alla guida sono aspetti negativi, che ormai si verificano anche inconsciamente.

D’altra parte il cellulare, essendo connesso in rete, può garantire un mondo di informazioni raggiungibili con un solo tocco. Attraverso la semplicità con cui si comunica via e-mail o con i messaggi si è anche andato a favorire l’ambito lavorativo, introducendo innovazioni tecnologiche  che garantiscono una maggiore efficacia nella produzione lavorativa.

È necessario avere un occhio di riguardo per i social network, che possono favorire la comunicazione tra conoscenti e perfino tra perfetti estranei, ma rappresentare anche un aspetto fortemente preoccupante a causa del cyberbullismo e dello stalking che possono esserne favoriti.

A questo punto, cari lettori, ormai la tecnologia si sta sempre più radicando nelle nostre vite e nella nostra quotidianità, perciò starà a noi sfruttare queste innovazioni in modo positivo come strumento di evoluzione della specie umana ed evitare invece tutti quei vizi a cui le tecnologie possono portarci, magari anche facendoci cadere nel baratro della dipendenza.

Nicolò Gelmi, 2A Ls

 

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Gioco d’azzardo: è ora di dire stop

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Gioco d’azzardo: è ora di dire stop

Schedina, gratta e vinci, superenalotto, totocalcio, lotterie varie. Soldi, tanti soldi. Chi spende soldi in questo modo prima o poi diventerà dipendente dal gioco. Non sempre forse, ma la maggior parte delle volte è così, e le difficoltà economiche arrivano in ogni caso. Possiamo grattare un “gratta e vinci” e dire “ho vinto 5 euro!”, ma non si fa mai caso a quanti soldi si è speso per arrivare a quel risultato o a tutto ciò a cui si è dovuto rinunciare.

Ormai da molti anni le persone cercano fortuna e denaro nei giochi d’azzardo permessi dallo Stato italiano, poi ci sono quelli illegali, che portano più adrenalina e più denaro, ma anche più rischio. Ogni volta che entro in un bar o in una tabaccheria vedo cartelli enormi con scritte vincite mostruosamente alte.

Odio quando sento gente che dice “No! Ho perso.. E vabbè andrà meglio la prossima volta”, oppure quando dicono “Ma se spendessi di più avrei la possibilità di vincere di più”.

Non sopporto la gente che pensa e parla così, perché è proprio ciò verso cui il gioco vuol portare il giocatore. Ritenendo che spendere soldi su soldi sia la scelta migliore per vincere, non si riesce ad arrivare alla fine del mese e si è “costretti” a giocare anche gioielli, proprietà e tutto ciò che è più privato.

Penso che se lo Stato volesse davvero combattere il gioco d’azzardo non dovrebbe nemmeno mettere in circolazione tutte le forme di gioco. Però il dio denaro ha ormai ammaliato tutti così da rendere le persone schiave di un ciclo continuo. Soldi, gioco, perdita, ancora soldi. Ciò che poi viene preso dai potenti.

Questi potenti: che capiscano che stanno rovinando persone e famiglie intere. Se si andasse in ogni paese d’Italia e si andasse a vedere quante persone sono sul lastrico o addirittura in mezzo alla strada a cercare qualche moneta, si capirebbe che il gioco è ormai diventato un’epidemia continua che non si riesce a fermare, che va da persona a persona, da portafoglio a portafoglio.

Qualsiasi tipo di scommessa che contenga soldi si può ritenere gioco.

Mi ritengo giocatore anche giocando soltanto 2 euro la settimana coi miei amici per la schedina delle partite di calcio. Questo porta a un’influenza del gioco anche in età adolescenziale, perché il nuovo e il rischioso sono belli.

Io e i miei amici giochiamo la schedina per la voglia del rischio e del guadagno, perché per alcuni dire “ho vinto alla schedina” fa sentire importanti, ma non è così.

Porterà solo a dire bravo, ma se giochi poco non vinci, così che si gioca per riscattarsi con gli amici: si punterà sempre di più, in un circolo infinito.

Davide Locatelli, 2A Ls

 

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Il vigile del fuoco: vita di impegno

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Il vigile del fuoco: vita di impegno

Roberto Quaranta è un allievo vigile del fuoco da dieci anni. L’anno prossimo compirà diciotto anni e sarà costretto ad abbandonare il gruppo allievi per diventare un vigile dell’Associazione vigili del fuoco Verola. Ciò che ha fatto conoscere a Roberto l’Associazione, è il fatto che suo padre fosse, e sia tuttora, un vigile del fuoco da molto tempo. È stato proprio il padre di Roberto, Fausto, a creare il gruppo allievi e ne è ancora il principale istruttore. Appena è partita l’iniziativa Roberto si è quindi iscritto: aveva otto anni.

Gli addestramenti a cui vengono sottoposti gli allievi preparano i ragazzi proprio al lavoro del vigile del fuoco , ma lo fanno con il divertimento. Roberto, per esempio, ha imparato a salire una scala, ad avvitare i tubi e a tenere in mano e usare molti strumenti specifici di questa importante professione.

“Quello che ritengo più importante – ha detto Roberto durante un’intervista – è il fatto di aver imparato a non mollare e a fare tutto con impegno e fervore”.

La festa più importante per tutti gli allievi dei vigili è quella del 1° maggio. Tutte le prove che il gruppo di Verola fa sono finalizzate proprio a questa manifestazione. Roberto ci spiega che tutto inizia con un corteo delle varie associazioni che parte dalla piazza principale del paese, Verola appunto, per arrivare fino al locale distaccamento dei vigili del fuoco. Dopo numerose cerimonie, per concludere la festa vengono mostrate le originali composizioni che gli allievi fanno con le scale. La manifestazione dell’anno scorso è la preferita di Roberto perché, per l’occasione, sono stati invitati anche gli allievi di Lissone e alcuni del Trentino.

La scala che il gruppo allievi di Verola mostra più spesso è chiamata “Le Dolomiti”. Questa composizione è formata da due scale gemelle ai lati e da una scala singola verticale al centro. “Mi piacciono numerose scale, prima fra tutte la scala Dolomiti. Questa scala è il nostro distintivo, visto che l’abbiamo creata noi – spiega Roberto – Per iniziare disponiamo per terra un binario per non far scivolare le scale, poi arriviamo marciando e, dopo aver legato le scale, le tiriamo su. Questa in particolare è composta da due scale laterali e una scala Controventata centrale, ovvero una scala singola verticale”. Un’altra scala importante è la “Controventata italiana”, ovvero una scala verticale singola alta dieci metri.

“Salire su scale così alte è un’emozione fantastica –  ha detto alla fine dell’intervista – Ogni volta che salgo, nonostante lo faccia da tempo, è come se fosse la prima volta. Dopo aver superato la paura ci si sente imbattibili: tutto da lassù è fantastico.

Sara Lucia Zappulla, 2B Ls

 

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RSF retrocede l’Italia: discutibile

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su RSF retrocede l’Italia: discutibile

Cinquanta giornalisti sotto protezione. Due sotto processo per aver diffuso informazioni riservate. Questi i numeri citati da Reporter Senza Frontiere in una statistica a livello mondiale sulla libertà di stampa e relativi all’Italia: si tratta di una classifica che viene aggiornata ogni anno. Quest’anno siamo risultati settantasettesimi su centottanta. Quattro posizioni peggio rispetto allo scorso anno, quando siamo crollati di circa venti posti. Ma informandoci a dovere scopriamo una classifica stesa in modo poco trasparente  e per nulla obiettivo. La percezione del singolo è messa in primo piano e questo di certo non avvantaggia noi, eternamente critici e forse troppo poco patrioti. Davanti all’Italia troviamo Paesi come El Salvador, Benin, Burkina Faso, che le premesse per superarci oggettivamente non le hanno. Abbiamo chiesto qualche chiarimento al giornalista e professore nella nostra scuola Tiziano Tista.

La classifica di Reporter Senza Frontiere dà molto peso alla percezione del singolo.

Sì, e questo la rende particolarmente soggettiva. L’Italia è in una posizione medio-bassa non certo perché ci sia una vera mancanza di libertà. Abbiamo da sempre pluralità e di solito chi è schierato lo dichiara o lo fa capire bene: basti pensare al TG4 di Emilio Fede che è sempre stato particolarmente schierato, ma non in modo subdolo. Questo può portare a una percezione a volte sbagliata, che può far pensare a giornalisti obbligati a dire o tacere. In Italia in realtà, c’è anche una particolarità che è l’Ordine dei Giornalisti, ovvero un albo professionale che dà garanzie sugli appartenenti. Sostanzialmente attesta requisiti e regole, tra cui la deontologia professionale, in cui la libertà è ai primi posti.

Ai primi posti della classifica ci sono Paesi che non sono noti per essere particolarmente democratici, come El Salvador. Un tasso di omicidi tra i più alti al mondo, uno ogni mille abitanti (in Italia cento volte meno): eppure risulta cinquantottesimo.

Ho notato nella graduatoria di questo report che i Paesi in cui c’è un governo “forte”, o addirittura una dittatura, sono tendenzialmente più in alto. Di solito in questi casi succede che il potere è molto accentrato e, nell’esempio di El Salvador, il giornalista “libero” si concentra di più sulla cronaca, fatti come gli omicidi o altro. Qui nessuno di solito interferisce: i problemi possono nascere quando, in questi Stati, si “tocca” la politica, oppure l’economia. È su questi argomenti che solitamente arriva la censura.

Nel punteggio dell’Italia ha influito anche il caso Vatileaks 2?

Potrebbe. Qui torniamo alla deontologia professionale, senza entrare nel merito del caso specifico. Ci sono informazioni, in senso generale, che per quanto meritino di essere scritte non si possono pubblicare. Mettiamo il caso di un furto. Se a commetterlo è una persona qualsiasi posso decidere se pubblicare nome e cognome: in Italia e in quasi tutto il mondo il diritto di cronaca, cioè del giornalista di scrivere, ha la meglio su quello alla privacy. Devo pubblicarli “per forza” se il ladro è un personaggio conosciuto. Ma se si tratta di un furto per fame, il nome del ladro può non far più parte della notizia. Bisogna chiedersi, alla fine, quanto ciò che si scrive invade la sfera intima. Vatileaks può anche essere invasivo della privacy. Del Papa o di chi altri non importa. È comunque un caso sul filo del rasoio: la scelta se scrivere o meno e se punire o meno dipende rispettivamente da giornalista a giornalista e da Paese a Paese.

Gianluigi Nuzzi (uno dei giornalisti sotto processo per Vatileaks 2, ndr) ha sempre precisato che le informazioni sono state ottenute da funzionari che ne avevano il pieno accesso.

Il lavoro del giornalista è cacciare informazioni e i documenti sono informazioni oltre che prove. Rubare documenti è un reato, ma chiaramente se sento una conversazione o leggo un documento anche se non indirizzato a me non ho commesso alcun reato. Pubblicare o meno quello che scopro è una scelta mia: aver saputo la notizia da qualcuno che la conosceva lecitamente non influisce.

Ci sono poi dai 30 ai 50 giornalisti, in Italia, messi sotto protezione. La notizia è stata riportata in una inchiesta di “Repubblica” qualche mese fa.

Qui non si tratta di libertà di stampa. Stiamo parlando di inchieste che per qualcuno sono scomode, e per le quali quindi si cerca di mettere a tacere chi le porta avanti. Qui è sempre la parte “cattiva” che minaccia.

“Charlie Hebdo” e Vatileaks: due casi recenti e diversi tra loro. Quanto pesano in termini di libertà di stampa?

La distinzione è giusta. Un conto è finire nel mirino di qualcuno, e quindi essere messo sotto protezione. Un altro è fare satira, come quella di “Charlie Hebdo”, altro ancora è riferire e scrivere i segreti di uno Stato o di una personalità. Qui non si tratta più solo di libertà di stampa: si tratta di capire dove inizia la libertà altrui e capire che non tutto ciò che si sa è una notizia.

Ha mai avuto esperienze di intimidazioni verso colleghi o lei?

Sì, alcune. In particolare verso colleghi, ma un paio anche nei miei confronti.

Ad esempio?

Io mi occupo di cronaca giudiziaria, dove di solito c’è un torto e qualcuno che lo commette: nessuno ama che si scriva in negativo di sé. Fortunatamente tutti si sono fermati alle parole. Poi capita anche che scrivendo correttamente si arrivi all’estremo opposto e di ricevere ringraziamenti anche dai protagonisti in “negativo” di queste notizie.

Lei considera questo una limitazione?

No, nulla mi è mai stato impedito fisicamente.

Matteo Bevilacqua, 2B Ls

 

 

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Clima e meteo: qualche distinguo

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Clima e meteo: qualche distinguo

Clima e tempo meteorologico

Una delle cause per cui il cambiamento climatico è divenuto uno dei temi di punta del primo decennio del XXI secolo è principalmente sociologica: qualsiasi episodio meteorologico estremo, o comunque fuori dall’ordinario, sebbene non abbia nulla a che vedere con un cambiamento climatico può essere ripreso con un comunissimo smartphone e caricato senza troppi problemi sui social network.

Così, per esempio, i mezzi di comunicazione attribuirono al cambiamento climatico i danni causati dallo tsunami in Indonesia nell’ormai lontano 2004 o dall’uragano Katrina a New Orleans nel 2005.

Il problema è che questi due fenomeni con il cambiamento climatico non centrano nulla: infatti il primo evento è stato causato da un terremoto a 30 chilometri di profondità di magnitudo 9.5 sulla scala Richter (uno degli eventi più estremi dell’era moderna), mentre il secondo non è imputabile all’uragano Katrina, che è stato sì molto violento ma che quando ha raggiunto New Orleans aveva ormai perso molto di intensità e se la città si è trovata sommersa dal Mississippi è stato solo a causa della fragilità degli argini che lo avrebbero dovuto contenere (si parla di circa venti brecce che si sono formate).

Forse, la prima cosa da fare è imparare la differenza tra tempo e clima, ossia tra la meteorologia e la climatologia. La differenza deriva dalla diversa scala temporale a cui ciascuno di essi fa riferimento.

Più esattamente il tempo è lo stato della atmosfera in un luogo e in un momento ben determinati a differenza del clima che è lo stato dell’atmosfera osservato per anni.

Il clima è invece per definizione lo stato medio dell’atmosfera che è stato osservato come tempo meteorologico per più di trent’anni.

Il clima è dunque la successione periodica di tempi meteorologici in un luogo, che determina uno stato più frequente, ossia “meno anomalo”, dell’atmosfera su di esso.

Di conseguenza gli eventi straordinari come tsunami o uragani (ovviamente non parliamo di quelli che si sviluppano con regolarità in date aree geografiche del pianeta), non hanno nulla a che vedere né col clima né con il cambiamento climatico.

Il riscaldamento globale

Ma, allora, cos’è il cambiamento climatico? Esiste o non esiste?

In realtà il clima è cambiato, cambia e cambierà perché si tratta di un meraviglioso sistema dinamico che per definizione non può fare altro che modificarsi continuamente nel tempo.

Per esempio, alla fine del X secolo, i vichinghi migrarono in Groenlandia: una terra verde (lo dice il nome stesso), ricca di pascoli e decisamente carente di ghiaccio, dove fondarono una ricca e prosperosa colonia. Verso la metà del XVI secolo sopraggiunse però la cosiddetta “piccola glaciazione”, durata all’incirca fino alla metà del XIX secolo (sebbene non vi sia una concordanza tra gli studi), che provocò un brusco calo delle temperature medie nell’emisfero boreale. I nostri amici vichinghi furono così costretti ad abbandonare quella Grønland (il nome in danese, che significa appunto terra verde) che oggi ha tutto meno che verdi pascoli.

Ci sono altri esempi che si possono fare: dopo la fine della piccola glaciazione la temperatura media della Terra ha continuato a crescere fino ai giorni nostri, tranne per un periodo che va dal 1940 al 1975 circa in cui si è registrato un lievissimo calo delle temperature e fa strano pensare che qualcuno (animalisti, ambientalisti, ecologisti, giornalisti e chi più ne ha più ne metta) sosteneva che stavamo entrando in una pesantissima glaciazione. La verità, invece, è che la temperatura media della Terra in questi ultimi anni si sta innalzando.

Al giorno d’oggi, la teoria del cambiamento climatico si compone dall’unione di tre ipotesi che non sempre vengono distinte tra loro, anche se ciascuna di esse possiede un grado diverso di dimostrabilità. Questi sono i tre pilastri: in primo luogo esiste un riscaldamento globale della Terra; in secondo lugo la causa principale del riscaldamento globale è l’effetto serra; infine le cause principali dell’effetto serra sono le emissioni di CO2 (anidride carbonica) di origine umana.

Per arrivare ad elaborare questa teoria ci sono voluti decenni di studio e di cooperazione tra Meteorologi (quelli seri, non quelli sparano a giugno che il 27 gennaio alle ore 12,07 a Bergamo cadranno 10 metri di neve o che a maggio ti sanno dire che a ferragosto ci saranno 30 gradi con cielo sarà limpido a Bari) e Climatologi. Si spera ora che qualcuno si svegli e inizi a considerare il cambiamento climatico non come una chiacchiera da bar ma come una questione seria da affrontare quanto prima.

Mirko Mondini, diplomato 2014

 

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Il ritorno (atteso) di Renga

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Il ritorno (atteso) di Renga

SCRIVERO’ IL TUO NOME,  FRANCESCO RENGA (Sony Music)

Renga è tornato. Dopo aver riascoltato centinaia di volte il suo precedente Tempo Reale, ero in astinenza di un nuovo album. Ed è valsa la pena aspettare: s’intitola Scriverò il tuo nome, è uscito il 15 aprile 2016 un mese dopo il singolo Guardami amore, scritto da Tony Maiello e da Renga stesso.

Hanno collaborato alla scrittura Ermal Meta, Fortunato Zampaglione, Dario Faini, Diego Calvetti, Nek, Luca Chiaravalli, e molti altri.

La prima data del tour è il 15 ottobre al Forum di Assago. La produzione è stata affidata a Michele Canova, anche co-autore della title-track Scriverò il tuo nome, Spiccare il volo e Perfetto.

È un nuovo inizio, sound interessante, fresco: la canzone che sin dal primo ascolto mi ha conquistato è A meno di te che si trova nella versione deluxe (contenente 14 canzoni anzichè 12).

Va detto che, oltre alle canzoni che sono già belle di loro, Renga grazie alla sua fenomenale interpretazione riesce a renderle qualcosa di più.

La particolarità di un disco di Francesco è quella che non decide di usare la musica e il testo al servizio della voce, ma di usare la voce come uno strumento al servizio delle parole: ecco perché spesso si sentono le voci a due ottave (una in primopiano e una in sfondo) all’interno delle tracce.

Lo ascolto spesso molto volentieri, è un disco bellissimo.

 Matteo Francesco Bonanno, 3A Tecnico

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Si viaggia coi Tiromancino

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Si viaggia coi Tiromancino

NEL RESPIRO DEL MONDO, TIROMANCINO (Sony Music)

Nel respiro del mondo dei Tiromancino è uscito l’8 aprile 2016, anticipato dal singolo Piccoli miracoli, che sarà seguito prossimamente da Tra di noi – numero due nella tracklist – che andrà in rotazione radiofonica. È un disco dal sapore Tiromancino, dove la sperimentazione è all’ordine del giorno.

Posso definirlo un pop “insolito”, perchè è il risultato della somma fra musica elettronica e musica etnica. Interamente scritto dal grande Federico Zampaglione, frontman dei Tiromancino: testi semplici ma diretti, e soprattutto con vari temi all’interno delle dieci tracce tenendo sempre come filo conduttore il mare. A migliorare la produzione e la sperimentazione dei suoni è stata la collaborazione con Luca Chiaravalli, che si è dedicato appunto alla produzione di questo disco insieme a Zampaglione.

Amo questo disco soprattutto perchè è vario e tondo: lo strumentale di ogni singolo pezzo è differente dall’altro e non vi è una monotonia durante l’ascolto: questo induce ad ascoltare l’intero album tutto d’un fiato, senza interruzioni. Quando l’ho ascoltato mi è sembrato di compiere un viaggio, ed è un viaggio tutto da scoprire. Consigliato vivamente.

 Matteo Francesco Bonanno, 3A Tecnico

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On di Elisa: disco da scoprire

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su On di Elisa: disco da scoprire

ON, ELISA  (Sugar Music)

È uscito di recente il nuovo attesissimo album di una grandissima cantautrice italiana, nonché la mia preferita: Elisa Toffoli. Con questo disco Elisa riprende a cantare in inglese dopo il disco di platino L’anima vola del 2013, interamente in italiano.

È un disco principalmente elettropop, genere che amo, con riferimenti alle Ronettes (contaminazioni americane anni ’60 di Phil Spector). Tutto iniziò con il singolo bomba No Hero il 15 gennaio 2016, pezzo nato durante una jam session con la sua band, stupendo: l’Italia aveva bisogno di questa secchiata d’acqua in un terreno che recentemente pareva essere troppo arido. L’elettropop si mischia alle sonorità anni ’60 di Love Me Forever, ultimo singolo uscito il 13 maggio.

Appena ho ascoltato questo album la prima cosa che ho percepito è stata l’energia che ha impiegato Elisa durante la scrittura, e come sia riuscita a produrre un disco che rispecchiasse perfettamente ciò che nei momenti di stesura lei ha depositato. Elisa è una cantautrice vera, ed è anche per questo che parzialmente, se non totalmente, le emozioni che ha avuto lei quando ha scritto l’album ricadono sull’ascoltatore come se fosse quasi una cosa scontata. All’interno della tracklist sono presenti due brani in italiano, un duetto con Jack Savoretti e un trio con Giuliano Sangiorgi ed Emma in Sorrido Già, ultima traccia. Qui trovo l’unica pecca, che è stata di mettere Emma nella canzone: avrei tenuto volentieri solo la voce magica di Sangiorgi perché riesce a creare quell’andamento crescente che ha il brano (questo più negli schemi “non internazionali”, quindi prettamente italiani). Per il resto, è un disco tutto da scoprire.

 Matteo Francesco Bonanno, 3A Tecnico

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Colori difficili? Il Cad test

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Colori difficili? Il Cad test

Riesci a leggere i numeri che compaiono nei tre cerchi puntinati sopra? Se la risposta è sì buon per te. Se la risposta è no oppure fai fatica, allora molto probabilmente rientri nell’8% della popolazione maschile e nello 0,4% della popolazione femminile che soffre di discromatopsia. Una parola difficile, che fa paura, ma che in realtà indica solo un’anomalia nella percezione dei colori legata a un disturbo funzionale dei coni, ovvero le cellule dell’occhio deputate alla visione dei colori.

Ambisci a diventare pilota? Sappi che l’uso dei colori in aviazione è di fondamentale importanza e che il piccolo test sopra è il primo a cui verrai sottoposto durante la visita oculistica per ottenere l’idoneità medica. Se il tuo sogno è diventare pilota di una qualsiasi forza armata, di polizia o vigili del fuoco e non sei riuscito a riconoscere prontamente i numeri del test sappi che hai scarsissime possibilità di essere dichiarato idoneo, quasi nulle: purtroppo i requisiti richiesti in questi settori sono molto restrittivi rispetto all’ambito civile, soprattutto perché ci sono molti più candidati che posti.

Però se desideri diventare pilota di linea ho buone notizie per te. Nella sfortuna devi considerarti fortunato perché hai a disposizione molti altri modi per ottenere l’idoneità sulla percezione dei colori, compreso uno nuovissimo studiato ad hoc per il campo aeronautico. In Europa EASA fissa i requisiti per ottenere l’idoneità tramite due fonti normative (EASA Part Med.B.075 e AMC1 Med.B.075) che prevedono ulteriori test: un soggetto affetto da discromatopsia molto probabilmente non li supererà con successo, ma è comunque una opportunità in più da sfruttare.

La tua fortuna sta nel fatto che sei giovane e che rispetto al passato hai a disposizione un metodo d’indagine appena inventato per le nuove generazioni di piloti. Sto parlando del cosiddetto CAD (Colour Assessment and Diagnosis) test: rivoluzionario e innovativo metodo di esame per determinare se una persona ha una visione dei colori tale da permetterle il regolare e sicuro svolgimento delle operazioni di pilotaggio IFR, commerciali e di linea. Questa valutazione non era possibile con i precedenti metodi di indagine.

Il test si tiene in una stanza completamente buia dove il candidato è seduto davanti a un monitor e con in mano un comando remoto. Sul monitor è rappresentato un grosso quadrato con definizione sgranata (volgarmente detto pixellato) con all’interno un ulteriore quadrato più piccolo, sempre sgranato ma di differente tonalità cromatica.

Il quadrato più piccolo può effettuare quattro movimenti lungo le diagonali del quadrato più grande partendo da un vertice e dirigendosi verso l’opposto. Dopo aver effettuato uno di questi movimenti, la figura scompare per poi ricomparire e ripartire, con un’altra tonalità cromatica, da un altro vertice sempre verso il suo opposto. Il candidato deve indicare con il controllo remoto la direzione verso la quale il quadrato si è spostato.

Superando questo test, pur avendo fallito tutti gli altri test precedenti, hai un’alta probabilità di essere dichiarato idoneo.
L’unica difficoltà sta nella reperibilità del CAD TEST: essendo una novità assoluta, negli Istituti Medico Legali dell’Aeronautica Militare non è ancora disponibile. Il più vicino si trova all’Aeromedical Center di Dübendorf in Svizzera. (Ps: per toglierti lo sfizio, i numeri nei cerchi colorati sopra sono 5, 2, 97).

Andrea Duci, 5D Tecnico

 

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Solo, in aria e in acqua

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Solo, in aria e in acqua

Quando mi ritrovai per la prima volta con la testa sott’acqua, ciò che mi colpì fu il silenzio che macchia di solitudine la bugia della compagnia e della sicurezza. Lo si impara lentamente, lo si capisce col tempo e ne si soffre. Io ne ho sofferto, l’ho persino imparato, ma non mi sento di scrivere di averlo capito.

Ciò perché l’arte (si può proprio chiamarla così) del capire, si allontana dalla mera assimilazione di un concetto: semplice o complesso che sia. Prende le distanze dalla ripetizione mnemonica di concetti, parole private con prepotenza del loro significato. Imparare è scientifico, drammaticamente perfetto.

La scienza richiama la nostra tendenza a dirigerci verso l’esatto, l’estrema precisione (di un numero, un dato, un orario, un’informazione). L’esatto ci dà sicurezza, una bugia appunto: ma noi la vogliamo, privandoci del gusto dell’incertezza.

Capire è dolcemente poetico: ci permette di cullarci tra le onde della nostra umanità, quella del prossimo: è una forma di empatia.

Volare non lascia scampo alla incertezza, non c’è niente da capire. A volare si impara e basta. Ormai la precisione del sistema non lascia spazio alla sofferenza, evita le domande (qualcuno diceva che non esistono domande stupide, solo risposte stupide) e abbandona totalmente l’ambito del capire correndo su un binario parallelo.

Capire non serve più, è un bene inutile, è in eccesso e non viene più sfruttato. Purtroppo.

Piccolo post scriptum per gli aspiranti aviatori: se in questo scritto denigro più o meno esplicitamente il mondo aeronautico vi chiedo di non fraintendere le mie parole. Sono una semplice analisi, una critica se vogliamo, a un sistema di vita tipico del mondo moderno di cui l’aviazione è un esempio, un portabandiera. A voi la mia stima.

Matteo Bevilacqua, 2B Ls

 

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Droga legale: i pro e i molti contro

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Droga legale: i pro e i molti contro

Negli ultimi tempi si è parlato di legalizzare le droghe leggere, cioè di creare veri e propri negozi per la vendita legale di tale tipologia di sostanze, con tanto di scontrino e tassa sul consumo.

Da un punto di vista economico la legalizzazione delle droghe favorirebbe un grande introito per lo Stato, vista la vastità dell’utilizzo. Inoltre si potrebbe combattere il fenomeno delle organizzazioni criminali, che si sono arricchite e continuano ad arricchirsi grazie alla vendita illegale di stupefacenti. Quindi legalizzare la produzione e la vendita al dettaglio delle droghe strapperebbe loro questo business, indebolendole considerevolmente.

Però la questione vera riguarda l’utilizzo di sostanze che recano danni seri agli individui che ne fanno uso e provocano principalmente lesioni gravi e irreparabili al cervello. Con la legalizzazione, acquistare stupefacenti sarebbe più facile e potrebbe aumentare drasticamente il numero di coloro che diverrebbero così dipendenti dalle varie sostanze: la società potrebbe non riuscire a farvi fronte.

Un altro fattore da tenere in considerazione è la costruzione delle strutture per la vendita delle droghe, chiamate “coffee shop”, che potrebbero pure diventare terreno di altra criminalità: questa considerazione purtroppo è da fare, considerata la disorganizzazione dello Stato, soprattutto nella costruzione di edifici utili alla società e vista la corruzione nelle gare di appalti. Il papa in un suo discorso ha ribadito un secco no alla legalizzazione delle droghe e in Italia si è solo aperto un dibattito su questo argomento. Possiamo trarre solo una considerazione certa da questo argomento, e cioè che “noi siamo i padroni del nostro destino”. Questa citazione, di Nelson Mandela, ci fa comprendere che resta a discrezione di ciascun individuo ogni decisione, che danneggi o meno se stesso, indipendentemente dalle scelte dei governi.

Nicolò Gelmi, 2A Ls

 

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Meglio la salute o il finto consenso?

Posted by admin On Giugno - 29 - 2016 Commenti disabilitati su Meglio la salute o il finto consenso?

È divenuto d’uso comune e diffuso fra tanti ragazzi il fumo, che sembra quasi una tappa regolare, irrinunciabile e inevitabile dell’adolescenza. Negli ultimi anni abbiamo avuto un aumento progressivo dei giovani fumatori a causa anche di leggi che non vengono rispettate.

Per molti fumatori fumare è diventato così normale che non riescono a farne a meno e sostengono che fumare qualche sigaretta non può far così male alla salute, anzi risulterebbe utile alla circolazione sanguigna! La verità scientifica attesta che il fumo provoca gravi danni alla salute e neanche i produttori delle confezioni di sigarette lo negano, poiché scrivono su ogni pacchetto “il fumo può uccidere”.

I giovani non fumano per le stesse motivazioni degli adulti.  Fumano solo per farsi notare, per essere accettati in un determinato gruppo, per problemi familiari o perché in quel momento hanno il piacere di provare una nuova sensazione; gli adulti solo per il proprio piacere personale.

I ragazzi spesso non  si fermano solo alle sigarette, ma consumano anche sostanze stupefacenti come  cocaina o altre droghe. A causa di queste sostanze abbiamo la morte di molti giovani, l’ultimo è stato Lamberto Lucaccioni che a causa di una maledetta pasticca offerta da un altro ragazzo ci è rimasto ucciso.  Questo fatto ha sconvolto tutti gli italiani ed è diventato esempio per alcuni giovani per smettere di assumere sostanze nocive e smettere di fumare o meglio ancora per non iniziare affatto.

L’Italia dovrebbe formare leggi più rigide e farle rispettare perché anche le nuove regole entrate in vigore nel febbraio 2016 sono banali: è poco concreto  proibire di fumare a meno di 500 metri da un luogo pubblico, visto quanti ce ne sono.

Nella maggioranza dei casi i tentativi per smettere di fumare, in mancanza di una volontà forte, falliscono, ma i medici fanno ogni tentativo possibile proponendo varie terapie e metodi sempre nuovi e sempre più efficaci, con risultati sorprendenti e invidiabili.

Per quanto riguarda l’ambito scolastico si potrebbe fare più prevenzione sul fumo e sulle droghe sottolineando bene gli effetti e le malattie che possono causare.  Forse può servire, forse no. Per i giovani  sono importanti i buoni consigli di un amico, la vicinanza delle famiglie, la tenacia, l’autocontrollo, la determinazione, la fermezza, la maturità. E ancora il senso di responsabilità, la forza di volontà, il coraggio di dire “no”, anche davanti a possibili delusioni nel gruppo di amici. Perché la salute e la vita non si barattano con nessuna forma di effimero, blando plauso.

Giada Colombo, 2B Ls

 

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Black humor: insulti agli “insulti”?

Posted by admin On Giugno - 28 - 2016 Commenti disabilitati su Black humor: insulti agli “insulti”?

La nostra è la società della libertà di pensiero e di parola, ma siamo sicuri che tutti noi possiamo dire tutto ciò che vogliamo, ovunque noi vogliamo? No, non possiamo.

Basta pensare che il cosiddetto black humor, in italiano umorismo nero, viene continuamente censurato e radiato da siti internet, perché considerato troppo “pesante”. Al giorno d’oggi, sono presenti molti siti internet dove si possono creare pagine in cui vengono pubblicate immagini o frasi, come Instagram e Facebook. Se la libertà di pensiero e quindi la libertà di parola fosse veramente rispettata, non ci sarebbe il bisogno di cancellare o eliminare pagine solo perché pubblicano foto che possono essere ritenute offensive da una certa parte della popolazione. Certo, la libertà di una persona finisce quando intacca quella di un’altra persona.

Allora la libertà di parola che contraddistingue il mondo occidentale non è così consolidata. Non vi è una libertà totale. Elogiamo la libertà e il progresso del nostro Paese, ma anche in Italia ci sono censure, e perfino disprezzo, per il black humor.

Il black humor è un umorismo compreso solo da una minoranza poiché scherza su tematiche molto delicate su cui, secondo la maggioranza che invece non lo apprezza, non si dovrebbe scherzare.

L’umorismo nero non ha la finalità di insultare una certa classe di persone, bensì solo quella di affrontare un argomento – anche serio o delicato – scherzosamente. Non ha infatti l’obiettivo di insultare qualcuno. Molte persone, che sono contro questo tipo di umorismo, non capiscono appunto che l’obiettivo non è insultare, bensì parlare di argomenti “pesanti” in modo “leggero”.

Il black humor non dovrebbe quindi essere considerato negativamente dalla popolazione, anche se è molto difficile da comprendere e da apprezzare.

Molte pagine italiane e non, vengono eliminate ogni giorno sia perché segnalate da alcuni utenti, sia perché gli utenti stessi insultano a loro volta coloro che pubblicano immagini o considerazioni ritenute non opportune.

Le persone contro questo umorismo, spesso, mostrano il loro disappunto proprio con l’insulto. Perché arrivare a insultare una persona, se il senso è dirle di non insultare? Alla fine il black humor è considerato in modo sbagliato, viene visto come un insulto, viene trattato come tale e viene subito censurato, pur non essendo quella la sua essenza, e per “combatterlo” spesso la cura è peggio del male.

Riccardo Piussi, 2B Ls

 

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