Il volontariato: un mondo importante e difficile, che per la maggior parte di noi può sembrare astratto, quasi come un universo parallelo e sempre distante. Non per tutti però è così. È questo il caso di Andrea Scotti, uno studente della 5A liceo dell’Istituto Aeronautico Antonio Locatelli.
Trovarsi in situazioni dove si sente il bisogno di voler intervenire ma non sapere come, il senso di voler essere d’aiuto e un fascino presente da sempre nei confronti del mondo del primo soccorso: sono queste alcune delle cose che hanno spinto Andrea, a metà del 2012, a iscriversi al corso per diventare soccorritore del “112” (il numero che ha preso il posto del vecchio “118”), scoprendo così una passione nascosta che si protrae, ormai, da più di due anni.
Per diventare soccorritori, i volontari della Croce Bianca, per quanto riguarda il 112, devono prima seguire un corso di 120 ore che si articola su 2 lezioni a settimana nelle ore serali; il corso ha una durata di circa 6 mesi.
Per le abilitazioni base per i servizi secondari, invece, il percorso è meno lungo per il fatto che le ore si riducono a quarantadue.
Prima di raggiungere questo suo obiettivo Andrea, anche se facilitato dalla fortuna di essere una persona con un forte senso pratico e che impara velocemente senza accusare grosse difficoltà a livello personale e dell’ambiente di volontari, ha dovuto affrontare un percorso abbastanza impegnativo a causa della durata del corso e delle numerose nozioni che ha dovuto acquisire, fondamentali per poter essere soccorritore.
“Tra i numerosi servizi che ho fatto per ora non ce n’è uno che mi abbia commosso più degli altri – ci racconta Andrea – Ogni servizio è speciale a modo suo”.
“Quello che più mi ha colpito – prosegue però – è stato l’intervento in cui siamo andati a soccorrere una persona che si trovava in arresto
respiratorio da overdose e, vuoi per l’arrivo quasi immediato, vuoi per il lavoro svolto, siamo riusciti con grande soddisfazione a salvarla. Mi è rimasto particolarmente impresso perché ci ha poi portati a riflettere sulla fragilità della vita e sull’importanza delle nostre scelte e dell’efficienza dei soccorsi. Questo mi spinge giorno dopo giorno a continuare questa mia avventura”.
Ci sono poi casi meno felici dove le situazioni e le scene ti colpiscono in modo particolare, ti fanno riflettere e ti rimangono dentro: questo accade soprattutto quando, nonostante l’impegno e l’efficienza messa nel servizio, purtroppo, non c’è più niente che si possa fare.
Proprio per questo si sente una nota di disappunto, nella voce di Andrea, nei confronti di quelle persone che richiedono l’intervento dell’ambulanza pur non avendo una vera urgenza, convinti del fatto che, arrivando in ambulanza in pronto soccorso, “si salti la fila”: una cosa questa non vera, e che provoca invece delle limitazioni nella disponibilità di mezzi per coloro che invece necessiterebbero veramente di un intervento immediato nella loro battaglia per la vita.
Durante l’intervento, però, non ci si deve far condizionare dalle emozioni: bisogna mantenere in ogni caso la concentrazione ed estraniarsi dall’ansia che può insorgere di fronte a certe situazioni; bisogna sempre tenere la mente lucida, lasciando le proprie considerazioni al post-intervento.
Durante questi momenti secondari si discute sul servizio svolto, ci si confronta, si condividono le proprie esperienze, giuste o sbagliate che siano, cercando sempre di migliorarsi.
Capita che, durante questi momenti di discussione collettiva, ci si renda conto che forse ci sarebbe stata anche un’altra possibile soluzione, magari più efficiente, o un modo più rapido e immediato per risolvere la situazione, ma in ogni caso ci si deve sempre e comunque attenere ai protocolli di base che devono essere rispettati a dispetto di qualunque considerazione.
E il nostro Andrea, grazie alla sua forza di volontà, alla sua bravura e, perché no, anche a un pizzico di fortuna, è sempre riuscito a gestire al meglio i suoi interventi.
Ortensia Delia, 3A Ls
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