Saturday, November 1, 2025

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Sicurezza in volo: al top

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Sicurezza in volo: al top

MH370, MH17, Air Algerie 5017 e poco prima di Capodanno Air Asia 8501: quattro dei ventuno incidenti aerei mortali nell’anno 2014.

Ogni vittima delle 990 totali è una di troppo per la Flight Safety Foundation: eppure il 2014 non è stato un anno insicuro.

I ventuno incidenti aerei dello scorso 2014, per la Flight Safety Foundation, hanno portato a un tasso inferiore, mai visto prima nella storia dell’aviazione, di incidenti mortali. Il 2013, invece, è stato meno cruento e ha avuto un numero di vittime pari a 265, tuttavia gli incidenti mortali sono stati 29.

Confrontando il numero di voli fatali dal 1997 al 2014 si nota una continua riduzione, soprattutto grazie alle iniziative di IATA, ICAO, dell’industria aeronautica e della Flight Safety Foundation stessa.

Basta riflettere sul dato dei voli di linea, coinvolti in otto incidenti aerei mortali sui 21 totali: di conseguenza su 33 milioni di voli effettuati globalmente nel 2014 la probabilità di salire su un volo di linea fatale era bassissima, pari a una su 4,125 milioni. Ciò nonostante questi dati positivi sono stati coperti, nel pensiero collettivo, dalle immagini del volo MH17 caduto sorvolando l’Ucraina.

Aaron Fischnaller, 3B Ls

 

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Prof Radice e Singapore: quanti rimpianti

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Prof Radice e Singapore: quanti rimpianti

Paesi esotici? Ne sa qualcosa la professoressa Elena Radice, che può vantare una – anche se breve – permanenza ben oltre i confini italiani: a Singapore, sull’estrema punta meridionale della penisola malese. Si trasferì lì, racconta, a causa del padre che, dirigente di una società di elettronica, doveva sbrigare del lavoro a Singapore e non aveva altra scelta che portare con sé moglie e figlia, di soli 5 anni, vivendo lì per 6 mesi.

La notizia mi ha sconvolto: avevo preparato domande per una persona che avesse vissuto l’esperienza con qualche anno in più sulle spalle (colpa mia, non ero preparato, ndr); per portare a galla qualche altro ricordo le chiedo del suo primo impatto.

La cosa che la colpì all’istante, dice, fu il clima: la temperatura media si aggira sui 30ºC e l’umidità è sempre molto elevata. Tutta colpa dell’Equatore, a soli 152 chilometri di distanza. Il sole può scottare la pelle in pochissimo tempo sebbene le giornate limpide siano rare: è sempre presente qualche nuvoletta che può portare in 10 minuti un potente acquazzone. La pioggia, là, è un’amica ormai, mica come per la Liguria.

Può sembrare strano, ma per la nostra prof il cibo non fu un problema: anzi, afferma di averlo apprezzato più di quello italiano. Il segreto, confessa, “sta nella leggerezza, nei grassi ridotti e nel gusto fresco e deciso”. I suoi cibi preferiti erano i gamberi e la frutta, in particolare mango, cocco, mangosten e rambutan (capisco l’espressione che avete sul volto, ndr).

“La città era davvero pulita”, sottolinea. Esistono numerose leggi per preservare la pulizia: la gomma da masticare è fuorilegge, fumare in luoghi pubblici è vietato; non gettare rifiuti per terra è un classico, non tirare lo sciacquone del water dopo l’utilizzo è un reato. Le multe a riguardo sono salatissime e, almeno nel 1990, la cappa di smog sopra la città era molto ridotta, più di quella milanese.

La giornata-tipo della prof era di tutto rispetto: potremmo dire, con un termine forse poco elegante, che se la godeva alla grande. Piscina tutti i giorni (tranne quando andava al mare), centri commerciali, parchi botanici e zoo, di cui ricorda in particolare il contatto diretto che poteva avere con gli animali e il rispetto che nutriva la gente nei loro confronti.

Sentita la storia sul rispetto degli animali, però, mi incuriosisco e chiedo della popolazione di quella città. Risponde sicura: “Estremamente educata”. Mi suggerisce che “la multietnicità di Singapore è una componente importante della cultura”: ha sempre attirato una vasta gamma di culture che hanno incrementato il senso civico e il valore della convivenza pacifica. “Purtroppo – dice – dovetti tornare in Italia”, e della spaziosa città rimpiange tutto. Io la rimpiangerei anche solo per i bagni quotidiani.

Della lingua parliamo poco: da bimba quale era non aveva le capacità di esprimersi in inglese, una delle 4 lingue ufficiali insieme al malese, al cinese mandarino e al tamil, lingua tipica dei territori che si affacciano sull’oceano indiano. D’altronde tra bambini ci si capisce, e se si pensa che la prof riuscì, a dir di suo padre, a insegnare la canzoncina “giro giro tondo” ai suoi amichetti stranieri, allora dovremmo preoccuparci. Forse s’è trascinata negli anni la dote innata di capire e farsi capire dai bambini, e tutti sanno che questa è un’arma contro certi studenti.

Davide Della Tratta, 5A Ls

 

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Insegnare? “Ogni giorno è irripetibile”

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Insegnare? “Ogni giorno è irripetibile”

Fabiana Riva, conosciuta al Locatelli come insegnante di chimica e biologia, non sempre si è dedicata all’istruzione dei più giovani.

Fin dai primi anni di scuola superiore sapeva cosa avrebbe voluto fare nella vita e, con molto studio e parsimonia, ha raggiunto i suoi obiettivi: interessata alle scienze e alle malattie, frequenta il liceo scientifico a Edolo (Brescia), dove la sua passione inizia a crescere fino a concretizzarsi negli studi universitari, con la specializzazione in biologia molecolare e oncologia. Terminati gli studi con ottimi voti inizia a lavorare presso il laboratorio di ricerca dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano, dove per tre anni studia il ruolo di alcune popolazioni cellulari nell’eziopatogenesi dei tumori e nella malattia da rigetto del trapianto contro l’ospite (GvHD). Gli studi di queste cellule presenti nel nostro organismo hanno aiutato Fabiana Riva a capire l’insorgenza, la progressione e la metastatizzazione dei tumori, fondamentali nella progettazione di nuove strategie terapeutiche per contrastare la malattia.

Dopo aver raggiunto diversi obiettivi nella ricerca medica, la novità: inizia a insegnare all’Istituto Aeronautico Locatelli; la sua decisione di cambiare lavoro è stata spinta dal desiderio di trasmettere la sua passione per la scienza alle generazioni future, che avranno la possibilità di approfondire gli studi scientifici con l’aiuto delle nuove tecnologie sempre in via di sviluppo.

Nonostante non abbia abbandonato l’idea di tornare in laboratorio, continua la sua carriera d’insegnante, con una motivazione più che valida: “Insegnare è un lavoro unico, ogni giorno è irripetibile; avere a che fare con i ragazzi è un occasione fantastica, perché ogni studente possiede un universo interiore che merita rispetto”.

Pietro Daminelli, 3A Ls

 

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Consulta: lettera dal presidente

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Consulta: lettera dal presidente

Cari compagni di scuola,

nell’ottobre 2013, con 280 voti, mi avete eletto rappresentante di Consulta dell’Istituto Aeronautico Antonio Locatelli. Non voglio usare una formula terribilmente banale, ma effettivamente da quel momento “ne ho fatta di strada”. Lo scorso anno scolastico, neoeletto, sono stato nominato Vicepresidente della Consulta Provinciale degli Studenti (Cps) di Bergamo: questa prima esperienza mi ha permesso di entrare in contatto con studenti di ogni angolo della provincia, diversi da me per idee, percorso scolastico ed età anagrafica. La mia attitudine a mediare tra mille posizioni si è sviluppata ulteriormente, insieme alla consapevolezza della necessità di giungere sempre a una soluzione. Così, decaduto il precedente presidente perché terminate le superiori, a settembre sono stato eletto all’unanimità dai circa 120 rappresentanti delle 57 scuole bergamasche. Ho voluto mettermi in gioco perché credo fortemente nella buona rappresentanza studentesca: un organo come la Consulta Provinciale degli Studenti non merita di essere considerato un modo di saltare ore di scuola, ma deve essere una rete che costruisca un laboratorio di idee che siano di beneficio a tutti gli studenti. Così ho voluto inaugurare la mia presidenza, con un’assemblea plenaria in una scuola della bassa bergamasca, a Treviglio, e inizierò a visitare le scuole di Bergamo e provincia: tutto ciò per far sentire la Consulta una presenza “viva” nella nostra realtà.

A breve partiranno i tornei sportivi interscolastici di basket, calcio e pallavolo, un must della CPS; inoltre collaboreremo alla buona riuscita della tradizionale festa delle scuole di fine anno al Lazzaretto. Abbiamo in mente poi una “giornata dell’arte” al Polaresco durante la quale ospiteremo ogni manifestazione artistica degli studenti bergamaschi più creativi, così come, in collaborazione con l’istituto tessile Paleocapa, penseremo a una “maglia ufficiale” delle scuole bergamasche.

E poi ancora incontri nella giornata del ricordo delle vittime della mafia, sconti per la carta IoStudio, stand dei giornalini scolastici alla fiera del libro… Come vedete idee e progetti non mancano, starà nella determinazione del mio gruppo (che ringrazio infinitamente perché senza di loro non avrei nemmeno accettato l’incarico) portare a termine tutto ciò: vi lasceremo giudicare i risultati!

Daniele Pinotti, 4B Ls

Presidente Consulta

 

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In Polonia: sulle orme della Memoria

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su In Polonia: sulle orme della Memoria

Il 27 gennaio è stato il giorno della Shoah, il giorno della memoria, e in quell’occasione il ministero dell’Istruzione ha organizzato una visita ad Auschwitz in collaborazione con le consulte scolastiche di tutto il territorio italiano. Tra queste anche quella bergamasca, di cui il nostro caro amico Daniele Pinotti è presidente; al suo fianco Mirko Di Matteo, incaricato fotografo e cameraman del viaggio. “Era presente anche il ministro dell’istruzione Stefania Giannini, e ciò vuol dire che l’iniziativa era davvero di grande importanza –  racconta Mirko – Il viaggio è stato lungo: da Bergamo siamo partiti il 17 febbraio insieme ai rappresentanti di altre scuole bergamasche, per arrivare a Roma. Da qui abbiamo preso l’aereo per Cracovia”. Ogni partecipante, tra l’altro, si trovava in viaggio con tutto spesato, compreso vitto e alloggio in hotel a 5 stelle (un controsenso, ndr).

“Eravamo circa 300 persone e ho conosciuto tanti bravi ragazzi e ragazze. Nel gruppo erano presenti soci di un circolo ebraico che hanno potuto in più occasioni fornirci la loro esperienza diretta sul campo di concentramento”, spiega Di Matteo.

Dopo aver visitato vari punti di interesse come scuole, giardini e rimasugli di muri che separavo i cittadini “normali” da quelli ebrei, hanno raggiunto i campi di Birkenau e Auschwitz. “Mi ha fatto impressione vedere come la gente ora possa convivere con luoghi che hanno visto atrocità inimmaginabili. Però forse è anche per questo che ora la gente ci convive: perché quelle atrocità oggi non sapremmo nemmeno come figurarcele nella mente”, commenta Mirko.

“Abbiamo girato tra i blocchi di baracche del campo di Birkenau e sapere che sopra la medesima terra hanno camminato quelle persone che avrebbero visto la luce ancora per poco provoca un senso di angoscia opprimente e insopportabile. I forni crematori poi mi hanno lasciato davvero senz’aria nel petto. Da quei camini uscivano le ceneri dei morti”.

Dopo Birkenau è stata la volta di Auschwitz. “I racconti delle camere a gas ti fanno capire che, nel momento in cui il veleno usciva dai bocchettoni, il desiderio di chi si trovava dentro era uno solo: morire in fretta. Eppure l’istinto li spingeva a sopravvivere, a graffiare i muri, ad arrampicarsi ovunque, a spingere i portelloni ermetici in cerca di salvezza fino alla fine. Inutilmente. Quando tutto era finito e le porte si aprivano i bambini erano distesi senza vita sopra tutto il cumulo. Come si può ridurre consapevolmente un uomo così?”, confessa Mirko. Il viaggio comprendeva anche la visita al museo di Auschwitz: montagne di scarpe, indumenti, capelli. La dignità ridotta a uno sguardo, la fisicità ridotta a un numero, il pensiero ridotto alle lacrime.

“Da tutto il viaggio –  conclude Mirko – ho capito una cosa: non bisogna dimenticare ciò che lì successe: innanzitutto per mantenere alto il senso comune del valore di una vita, e in secondo luogo per dimostrare che la dignità e la fratellanza hanno vinto sulla paura e l’ingiustizia, perché da quei momenti l’umanità si è tirata in piedi e chi credeva che non avremmo mai ricordato, beh, si sbagliava”.

Davide Della Tratta, 5A Ls

 

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Bergamelli: judo, podio d’oro

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Bergamelli: judo, podio d’oro

Ha vinto il primo posto nella categoria cadetti di Judo, medaglia d’oro nella categoria 81 kg: è questo quello che distingue, nell’ambito sportivo, Enrico Bergamelli, studente di 14 anni dell’Istituto Tecnico Aeronautico “Antonio Locatelli”, dai suoi compagni .

Quest’alunno frequenta la classe 1B Tecnico, e di recente, come anticipato, ha vinto il primo posto nella categoria cadetti di Judo. Ha iniziato sin da piccolo con un suo amico, per una sua scelta, e poi ha deciso di continuare quello sport che gli riempiva il cuore e che sentiva così importante dentro di sé.

Da allora non ha mai più smesso, perché sentiva in sé il desiderio di scoprire e imparare cose nuove, diventando sempre più determinato nelle proprie scelte.

In effetti alcuni dei principi di questo sport sono proprio la forza interiore che ti sostiene sempre e non ti fa arrendere mai davanti agli ostacoli che la vita impone. Il Judo è un insegnante di vita e di difesa personale, ed è questo che Enrico Bergamelli ha messo in pratica: ha continuato per scoprire e imparare cose mai provate prima, per i risultati che ha poi ottenuto e anche per poterlo usare nella vita quotidiana.

Dopo l’ultima vittoria, a dicembre a Roma, Enrico ha detto: “Oltre alla forte emozione di quel momento, c’è il fatto che sono orgoglioso dai traguardi raggiunti. Sono molto riconoscente nei confronti dei miei allenatori: loro non mi hanno mai fatto perdere la speranza”. Un aiuto che, in questo sport, non è certo una cosa rara da scoprire: una caratteristica fondamentale è infatti che tutti gli allenatori danno la forza e il coraggio per far andare avanti i rispettivi allievi, e spingono i ragazzi a continuare per realizzare il loro sogno.

I premi non sono quindi la parte più importante e significativa di questa disciplina sportiva: piuttosto lo è invece il risultato del proprio impegno, che c’è anche nello spirito sportivo e conflittuale.

Alla gioia di ottenere dei riscontri concreti alla propria fatica si aggiungono ovviamente i premi: come può essere la convocazione in Nazionale dei ragazzi di 14 e 15 anni oppure attestati, classificazioni, medaglie, riconoscimenti, coppe.

Enrico a dicembre può vantare risultati e premi, e anche il buon primato di aver atterrato prima tre avversari a Bergamo, in una gara, e a Roma altri quattro: quanto basta per attirare le attenzioni del direttore tecnico della Nazionale giovanile di Judo.

Lorena Bertoncelli, Hyde Ayman, Manpreet Kaur, 1A Tecnico

 

Il Judo: cosa è? In effetti si tratta di un antico sport nato in Giappone: è un’arte marziale  – per essere più precisi ancora – praticata dai Samurai o usata nella difesa corpo a corpo. Non solo: oggi è anche una disciplina Olimpica, e viene praticata in ambienti specifici come il Dojo, ovvero la palestrina.

È un’arte marziale fisica e tecnica, basata soprattutto sull’astuzia degli avversari e sulla velocità. Il Judo è uno sport che mette a dura prova la condizione mentale dello sportivo, spinto a dare sempre il massimo e il meglio di sé, mantenendo la concentrazione sempre a livelli molto alti: questa è la difficoltà.

Il Judogi è invece l’abbigliamento di chi pratica questa antica arte, e consiste in pantaloni ampi e una giacca, priva di bottoni e a maniche lunghe, con baveri da incrociare e legare con la cintura.

Proprio la cintura è un elemento fondamentale, non solo per l’abbigliamento: indica il livello di bravura dello sportivo: può essere infatti di colore diverso a seconda del grado dell’atleta. I colori della cintura, da quello che indica l’atleta principiante fino al maestro, vanno dal bianco, giallo, arancio, verde, blu, marrone, fino al nero: quest’ultima ha anche una striscia bianca se l’atleta è donna. Il colore del judogi è invece il bianco, mentre il blu è stato introdotto recentemente nel judo olimpico.

 

 

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Cento ex studenti: “I nostri studi”

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Cento ex studenti: “I nostri studi”

Ogni anno un numero sempre più elevato di studenti frequentanti le classi quinte dei vari istituti si accinge alla scelta dell’indirizzo universitario: secondo indagini ISTAT il numero di studenti neolaureati che intraprende subito la carriera lavorativa è calato bruscamente, mentre è sempre più in aumento il numero di chi decide invece di continuare gli studi universitari.

Capita però che molti studenti, spaventati della forte crisi che ha colpito il settore lavorativo negli ultimi anni, decidano di intraprendere un corso universitario qualsiasi, spinti non tanto dalla passione di coltivare i propri studi quanto per non “immergersi subito in questo mare pieno di squali”, ossia il mondo del lavoro; così facendo però si corre il rischio di scegliere indirizzi non adatti che verranno abbandonati entro i primi due anni, aumentando anche il numero degli studenti fuori corso.

Il grafico mostra gli indirizzi scelti da 50 ragazzi diplomati all’Istituto Aeronautico Antonio Locatelli nell’anno scolastico 2012- 2013 e altri 50 di quello successivo. Come possiamo vedere sono molti gli alunni che intraprendono gli studi universitari, e al primo posto tra gli indirizzi scelti troviamo Ingegneria.

In seconda posizione, ben 19, invece troviamo gli alunni che hanno intrapreso la carriera aeronautica dedicandosi all’acquisizione dei brevetti di volo; allo stesso posto abbiamo anche un gran numero di studenti che si sono buttati nell’ambiente lavorativo subito dopo aver ottenuto il diploma di Maturità.

Il percorso economico lo troviamo invece a una certa distanza, solo in terza posizione con tredici preferenze: tanti sono infatti gli studenti che si sono iscritti alla facoltà di Economia.

In quarta e quinta posizione troviamo una decina di studenti che si è suddivisa abbastanza equamente in altri indirizzi, tra cui medicina, giurisprudenza, lingue e scienze della comunicazione; i restanti hanno invece affrontato altri tipi di studi tra i più disparati, tra cui matematica, mediazione, fisica, scienze politiche e perfino astronomia e scienze religiose.

L’elemento più importante della nostra analisi, lo possiamo però notare nella percentuale degli alunni “nullafacenti”: equivale solamente al due per cento, e ciò porta numerosi punti a favore al nostro Istituto.

Ortensia Delia, 3A Ls

 

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Studiare con iPad: pro e contro

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Studiare con iPad: pro e contro

Non si è ancora capito se è un bene o un male usare la tecnologia per studiare e per imparare nelle classi. Stiamo parlando dell’iPad. Infatti, adottato ormai da quasi tutti i presidi delle scuole di Bergamo, è stato una grande rivoluzione nel campo dell’apprendimento.

In esso sono presenti molte funzioni, forse perfino troppe, che fanno nascere molti pro e contro su questo nuovo mezzo di apprendimento: l’iPad è molto utile per gli studenti di questa generazione tecnologica  sicuramente perchè alleggerisce dal peso dei libri e, con le sue numerose funzionalità, favorisce  lo studio. In effetti esistono applicazioni che permettono di poter prendere appunti con il minimo sforzo, dimenticandosi completamente dei vecchi quaderni. Inoltre non si ha più il peso e l’ingombro dei libri che, soprattutto nelle scuole superiori, sono sempre più grossi e voluminosi: al loro posto esistono App molto semplici da utilizzare che permettono di visualizzare i libri acquistati direttamente sull’iPad, e lasciando la possibilità di prendere appunti, sottolineare e evidenziare come se si stesse trattando di un vero libro, di carta e inchiostro.

Esistono però, come in tutte le cose, caratteristiche che possono essere considerate anche negative.  Infatti l’iPad viene considerato anche una fonte di distrazione che distoglie l’attenzione degli studenti, proprio per via delle sue numerose funzioni, dai libri attraverso per esempio l’accesso a Internet e di conseguenza ai social network. Da qualcuno è anche visto come una possibile causa dei danni alla vista, provocati dal continuo fissare lo schermo che porta all’indebolimento della retina.

Positivo quindi o negativo il suo impiego? Una risposta comune a tutti non c’è: ciascuno può trovare la propria.

Ludovico Zaccaria, 2B Ls

 

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Gauss: quando l’aritmetica diventa gioco

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Gauss: quando l’aritmetica diventa gioco

Il quadrante di un orologio ha dodici numeri distribuiti lungo il perimetro di una circonferenza. Al numero dodici dovrebbe seguire il numero tredici, però ciò che facciamo è cominciare a contare da capo. Questa operazione la compiamo ogni giorno quando osserviamo l’orologio, dato che per distinguere le ore che precedono al mezzogiorno da quelle che lo seguono è abitudine continuare a contare partendo da dodici. Ad esempio quando ci riferiamo alle 17,00 intendiamo che equivale alle “5 del pomeriggio”, per cui in questo senso sappiamo che il numero 17 appartiene alla stessa “classe” del 5. Partendo da qui, ciò che Gauss ci propone sono diversi orologi o, più precisamente, diversi quadranti. Ad esempio, un orologio che abbia solo 5 ore ci darà una tavola di questo tipo:

 

1 2 3 4 5
6 7 8 9 10
11 12 13 14 15
16 17 18 19 20
21 22 23 24

In questo modo, in base al criterio che abbiamo stabilito in precedenza, possiamo affermare che il numero 17 fa parte del gruppo del 2 o, parlando con maggiore proprietà, che appartiene dalla “classe” del 2. È facile stabilire a che classe appartiene un qualunque numero. Prendiamo ad esempio il 18: dovremmo far compiere 3 giri al nostro orologio di 5 ore per arrivare a 15 e poi cominciare di nuovo fino ad arrivare al numero 3, stabilendo così che appartiene alla classe del 3. Questo equivale a dividere 18 per 5 e calcolare il resto della divisione che è 3. Questa operazione è molto pratica quando si ha a che fare con numeri molto grandi. Se vogliamo sapere a che classe appartiene il numero 40.248, lo divideremo per 5, il che darà un quoziente di 8.049 e un resto di 3; pertanto 40.248 appartiene alla classe del 3. Siccome i multipli del 5, dividendoli per 5, danno tutti resto 0, quello che si fa è chiamare 0 la classe del 5, perciò la tavola precedente risulterà essere:

0 1 2 3 4
5 6 7 8 9
10 11 12 13 14
15 16 17 18 19
20 21 22 23

Potremmo dire che 17 equivale a 2, però una uguaglianza come 17=2 potrebbe creare confusione, e perciò si usa scriverla nella forma 17≡2. Manca un dato: che tipo di orologio stiamo usando. In questo caso specifico è un orologio nel quale ci sono solo cinque numeri nel quadrante, e lo indicheremo ponendo a destra mod 5, così l’espressione precedente risulterà definitivamente nel seguente modo: 17≡2 (mod 5). Questa espressione corrisponde a dire che 17 e 2 sono equivalenti in modulo 5. Come era d’abitudine all’epoca, Gauss usava il latino per i suoi scritti scientifici, motivo per cui adottò il vocabolo modulo. Grazie a questo “gioco” nacque quella che attualmente conosciamo come aritmetica modulare, uno degli strumenti più potenti della teoria dei numeri.

Mirko Mondini,  diplomato 2014

 

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Marilyn Monroe: un mistero da risolvere

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Marilyn Monroe: un mistero da risolvere

Marilyn Monroe, un mito che resiste nel tempo, che lo sfida, e che resta da sempre avvolto nel mistero: oggi l’abbiamo intervistata.

Signora Marilyn, tutti la conosciamo come la diva intramontabile di Hollywood, ma ci racconta le sue origini?

Tutti, quando parlano di me, pensano ad un’orfana, non me ho mai capito il motivo; forse perché avvolge la mia persona dietro ad un mistero ancora più fitto. Quando sono nata mio padre era già morto in un incidente stradale e acquisii il cognome da un altro uomo che prese il suo posto: venni registrata all’anagrafe come Norma Jean Mortensen. Dopo qualche anno però mia madre si pentì di quella scelta e mi diede il cognome del marito scomparso, divenni Norma Jean Baker. Quando avevo 8 anni mia madre, Gladis Pearl Monroe, fu rinchiusa in un manicomio (così come mio nonno e mia nonna) e da allora venni adottata da 11 famiglie, e in almeno 3 di loro subii delle violenze; quindi potete capire perché odio ricordare la mia infanzia.

Sappiamo che ha avuto 3 mariti, non ha mai pensato di avere dei figli?

Sono rimasta incinta ben due volte, ma in entrambi i casi ho perso i bambini. La gente mormora molto sulle mie due gravidanze: molti raccontano di aborti spontanei, altri di aborti provocati da terze persone; non ho mai voluto ribattere su queste due ipotesi, è un lato molto personale della mia vita e parlarne mi provoca molto dolore.

Un altro uomo ha segnato particolarmente la sua vita: Anton LaVey. Cosa ci sa dire sul suo conto?

L’ho conosciuto mentre lavoravo in una casa di Burlesque, come sapete lui è quello che ha creato la chiesa di Satana e alcune persone ritengono che io sia diventata una delle sue schiave. Ha cominciato a manipolare la mia mente, anche se non so ben dirvi in che modo; mi ha anche spinta a cambiare il mio nome anagrafico in Marilyn Monroe, come per soccombere la vecchia Norma Jean Baker e far emergere solo l’alterego che lui ha creato. Le uniche persone con cui mi permette di avere contatti sono i miei psicologi, coloro che lui chiama “mentori”, il mio insegnante di canto Lee Strasberg e successivamente anche con l’ultimo dei miei tre mariti, Arthur Miller.

Lei ha scritto anche una poesia, “La storia di Chirurgo”, di cosa parla?

In questo testo descrivo l’esperienza di essere stata drogata e sezionata dei miei psichiatri e ad essere sincera quest’operazione non mi preoccupava affatto, ero preparata. Durante l’operazione però non trovarono in me nessun sentimento umano, solo segatura finissima, come in una bambola. Era una sensazione strana, vedevo tutto bianco.

È un’esperienza che ha vissuto o è solo frutto della fantasia?

Alcuni sostengono che sia il ricordo di un mio incubo, altri che sia invece una sessione di controllo mentale; questi ultimi collegano il bianco alla deprivazione sensoriale e la segatura finissima di una bambola alle tipiche parole di uno schiavo che ha perso il controllo della

sua personalità: ovvero ciò di cui è stato accusato Anton LaVey, di cui abbiamo già parlato.

Come ha trascorso questi ultimi anni?
Sono appena stata dimessa da una clinica, o meglio, da un ospedale psichiatrico. Il dottor Kris, uno dei miei psichiatri, mi convinse a farmi ricoverare in una clinica psichiatrica, con il nome di Faye Miller. Fui rinchiusa in una stanza e cominciai a piangere e a sbattere le porte in acciaio supplicando di essere liberata, ma più supplicavo e più i medici si convincevano della mia pazzia: mi misero una camicia di forza.  A parer loro sono molto malata, e lo sarò per anni. Ora la devo salutare, le racconterò il seguito nella prossima intervista. Arrivederci.

Ortensia Delia, 3A Ls

 

Un’altra intervista però non ci sarà più. Marilyn Monroe fu trovata morta nella sua stanza la notte fra il 4 ed il 5 agosto del 1962 ed il caso su archiviato in fretta dal coroner Theodore Curphey, con una diagnosi di “probabile suicidio” causata da un’overdose: 47 capsule di Nembutal, pari a tre volte la dose letale.

Eppure la celerità con cui venne archiviato il caso e la mancanza di prove schiaccianti sembrano smentire la probabilità di suicidio: Thomas Noguchi, ovvero colui che si occupò dell’autopsia della Monroe, non trovò nulla di significativo nel suo stomaco, cosa poco spiegabile visto l’elevato numero di capsule ingerite dalla donna; il tossicologo Lionel Grandison firmò il certificato di morte con l’indicazione di suicidio, ma successivamente rivelò di essere stato costretto a firmarlo da Curphey, sebbene la sua vera ipotesi fosse quella di un’iniezione letale.

Per di più il corpo della Monroe fu trovato dal sergente Jack Clemmons in posizione prona, le braccia distese lungo il corpo e le gambe il linea retta: questa posizione fu ritenuta anomala perché le morti per overdose da sonnifero sono caratterizzate da violente convulsioni che lasciano i corpi in posizioni scomposte.

Si sa che Marilyn aveva una relazione con John e Robert Kennedy: voleva però essere sposata, ma di fronte al rifiuto dei due aveva indetto per il 6 agosto una conferenza stampa in cui avrebbe rivelato i segreti della famiglia Kennedy, da lei accuratamente segnati su un taccuino rosso, se Robert non si fosse presentato da lei.

In effetti il 3 agosto furono trovate numerose chiamate senza risposta della donna all’hotel dove si trovava Kennedy, e lui fu fermato dalla polizia per eccesso di velocità a pochi chilometri dalla casa della Monroe la notte del suo presunto suicidio.

Il taccuino rosso non venne invece mai più ritrovato.

Ortensia Delia, 3A Ls

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Principi e valori: Open Day al top

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Principi e valori: Open Day al top

In occasione dell’Open Day 2014, il nostro Istituto ha ribadito “ex novo” la propria fama, richiamando famiglie provenienti da Comuni bergamaschi e anche di fuori provincia: l’evento, lo scorso novembre, è stata una chiara occasione per constatare quanto i principi e i valori del Locatelli siano apprezzati.

“Nonostante la crisi economica, il numero di partecipanti ha superato di gran lunga il migliaio. Ciò ci stimola a proporre un’offerta educativa sempre migliore e tecnologicamente all’avanguardia – ha commentato il preside Giuseppe Di Giminiani ai nostri microfoni, mostrandosi felice del risultato ottenuto e orgoglioso del successo che l’Istituto sta riscuotendo – Il Locatelli continua a essere un punto di riferimento per le scuole lombarde sia in relazione alla disciplina che alla professionalità”. L’Open Day è stato tra l’altro anche quest’anno organizzato in due giornate, per meglio distinguere la sezione Aeronautica da quella Coreutica, ormai ben avviata: anche l’Open Day del Coreutico ha  infatti riscosso un grande successo, soprattutto grazie all’annuncio della futura assunzione come docente di Carla Fracci, pluripremiata ballerina italiana di fama internazionale. Le iscrizioni per l’anno scolastico 2015/16 si sono chiuse lo scorso 24 gennaio in occasione di un secondo incontro dimostrativo, organizzato proprio in seguito alla grande affluenza e richiesta. Le poche famiglie incerte hanno avuto così l’opportunità di chiarire definitivamente i loro dubbi, e a convincerle ha probabilmente contribuito anche la magnifica presentazione sulla meteorologia e i suoi misteri a opera dei ragazzi del triennio. Dunque la scuola si appresterà ad accogliere, anche quest’anno, circa 120 nuovi studenti, desiderosi di intraprendere la via del volo o della danza.

Lorenzo Leoni, 3A Ls

 

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Expo: un’occasione per rilanciarsi

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Expo: un’occasione per rilanciarsi

In questo periodo sentiamo parlare dell’Expo 2015, ma in effetti cosa è? L’esposizione universale di Milano 2015 sarà un incontro di culture provenienti da ogni angolo del pianeta, con 147 Paesi, aziende private ed enti pubblici, tutti a Milano per condividere uno dei più antichi fondamenti culturali e sociali dell’uomo: il cibo.

L’Expo è situata in particolare nella zona nord-ovest confinante con Rho, occupa un’immensa area di 110 ettari ed è una culla di ingegneria moderna e architettura. Sarà composta da numerosi padiglioni, da canali d’acqua e da splendidi giardini, il tutto coronato da un ambiente interculturale che unisce le persone di tutti i Paesi.

Il tema principale non sarà solo il cibo, bensì l’alimentazione, le malattie come l’obesità e la malnutrizione, la preservazione delle bio-diversità e la valorizzazione delle tradizioni; insomma un evento che non solo coinvolgerà a 360° il mondo del cibo, ma anche tecnologie e innovazioni collegate.

L’Expo 2015 è stata anche vista come una possibilità per il rilancio dell’economia e dell’immagine italiana. In più è  stato dimostrato a tutti i pessimisti e agli iettatori che il lavoro italiano non si ferma davanti a nulla e che in tempi record stiamo completando un’opera colossale: anche mio padre ha collaborato con la sua azienda alla realizzazione del padiglione 0, dell’Expo Center e di tre aree di servizio.

Nonostante i ritardi iniziali e gli intoppi burocratici, la data di consegna sarà rispettata per consentire di portare a termine i preparativi per l’inizio dell’Expo fissata per l’1 di maggio.

Nicolas Nodari, 3A Ls

 

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Domenico Di Giminiani: docente e pilota

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Domenico Di Giminiani: docente e pilota

Una vita “spezzata” in due la sua, che lo spinge ad alternarsi tra il volo e l’insegnamento: stiamo parlando di Domenico Di Giminiani, ben conosciuto all’Istituto Locatelli perché “figlio d’arte”, ma che nel suo bagaglio – nonostante la giovane età – porta anche una magnifica esperienza di vita che merita di essere condivisa e conosciuta. Cerchiamo di capirlo con qualche domanda curiosa.

“L’obiettivo più ambizioso è realizzare un sogno”: questo è il motto soltanto di suo padre, il preside Giuseppe Di Giminiani o anche il suo? Lei è riuscito a realizzare il suo sogno?

È assolutamente vero. Porsi un obiettivo è il più grande mezzo di automotivazione, ci sprona a dare il meglio di noi stessi, non solo nel lavoro, anche nei rapporti affettivi. Alcuni dei miei sogni si sono già realizzati, per gli altri bisogna avere pazienza e costanza. Diventiamo grandi attraverso i sogni, ma sono convinto che anche in età adulta non bisogna smettere di sognare.

Da cosa è nata la sua passione per il volo?

Non ho sempre saputo di voler fare il pilota, ma fin da adolescente ero attratto dal brivido, amavo l’adrenalina, la velocità, la precisione. Durante un’esperienza di una settimana a Lisbona ho avuto l’opportunità di provare l’ebbrezza del volo. È stato amore a prima vista e ho avuto la fortuna di poter convertire la mia passione per il volo in lavoro. Un famoso adagio recita: “Scegli un lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche per un giorno, in tutta la tua vita”. Esercitare una professione appassionante ti consente di vivere ogni giorno con soddisfazione.

Con quali compagnie ha volato successivamente?

Ho volato per una compagnia executive con base in Svizzera per un periodo di 3 anni, il mio primo type rating (passaggio macchine) è stato l’Hawker 1000. Come di consuetudine il primo lavoro è sempre il più traumatico, è un po’ come il primo giorno di scuola. Successivamente sono stato assunto da un’altra compagnia sempre sullo stesso aereo, ma in quest’ultima, per la quale lavoro ancora oggi, il mio cliente è, al tempo stesso, il mio capo. Decidere di volare per un singolo cliente, piuttosto che per una compagnia aerea mi fa sentire più appagato.

Cosa l’ha spinta a diventare anche professore? La voglia di tornare tra i banchi di scuola o la voglia di trasmettere anche ai più giovani la sua passione?

Insegnare è una vera e propria sfida: un bravo docente oltre a essere preparato e competente, deve essere in grado di comunicare, deve conoscere a fondo i suoi studenti, deve instaurare un rapporto di fiducia e di stima, ma soprattutto deve saper sedurre la classe con l’arte del parlare trasmettendo loro le proprie passioni. Questo è quello che cerco di fare con i ragazzi. Ho ancora molto da imparare anche in questo nuovo ruolo, voglio dare il massimo e cercherò di non dimenticare mai cosa si provava a essere seduti tra i banchi.

Una riflessione sul lavoro del pilota?

Accarezzare un sogno è una cosa fantastica e importante per i giovani che vogliono diventare piloti, ma l’istruzione è insostituibile per intraprendere questa carriera. La natura ha disegnato l’uomo per vivere e operare sulla terra e lui ha sviluppato una serie di caratteristiche adatte a questo scopo. Volare è una condizione non naturale per l’uomo. Imparare a volare significa quindi adattarsi a situazioni innaturali spesso in contrasto con l’abituale modo di ragionare a terra.  Per riuscire in questa missione occorrono  passione e determinazione particolarmente forti e continue. È un percorso che inizia tra i banchi della scuola di volo e prosegue nella vita professionale, un volo dopo l’altro.

Un pensiero conclusivo?

Mi piace ancora pensare al mio lavoro, forse un po’ romanticamente, come i pionieri dell’aviazione, per i quali il coraggio valeva molto più della conoscenza, un ”Super Uomo”, poi la concretezza riprende il sopravvento e  continuo a studiare, e a pensare che la sicurezza in volo è ciò che distingue un professionista vero.

Ortensia Delia, 3A Ls

 

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Andrea Scotti: studio e volontariato

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Andrea Scotti: studio e volontariato

Il volontariato: un mondo importante e difficile, che per la maggior parte di noi può sembrare astratto, quasi come un universo parallelo e sempre distante. Non per tutti però è così. È questo il caso di Andrea Scotti, uno studente della 5A liceo dell’Istituto Aeronautico Antonio Locatelli.

Trovarsi in situazioni dove si sente il bisogno di voler intervenire ma non sapere come, il senso di voler essere d’aiuto e un fascino presente da sempre nei confronti del mondo del primo soccorso: sono queste alcune delle cose che hanno spinto Andrea, a metà del 2012, a iscriversi al corso per diventare soccorritore del “112” (il numero che ha preso il posto del vecchio “118”), scoprendo così una passione nascosta che si protrae, ormai, da più di due anni.

Per diventare soccorritori, i volontari della Croce Bianca, per quanto riguarda il 112, devono prima seguire un corso di 120 ore che si articola su 2 lezioni a settimana nelle ore serali; il corso ha una durata di circa 6 mesi.

Per le abilitazioni base per i servizi secondari, invece, il percorso è meno lungo per il fatto che le ore si riducono a quarantadue.

Prima di raggiungere questo suo obiettivo Andrea, anche se facilitato dalla fortuna di essere una persona con un forte senso pratico e che impara velocemente senza accusare grosse difficoltà a livello personale e dell’ambiente di volontari, ha dovuto affrontare un percorso abbastanza impegnativo a causa della durata del corso e delle numerose nozioni che ha dovuto acquisire, fondamentali per poter essere soccorritore.

“Tra i numerosi servizi che ho fatto per ora non ce n’è uno che mi abbia commosso più degli altri – ci racconta Andrea – Ogni servizio è speciale a modo suo”.

“Quello che più mi ha colpito – prosegue però – è stato l’intervento in cui siamo andati a soccorrere una persona che si trovava in arresto respiratorio da overdose e, vuoi per l’arrivo quasi immediato, vuoi per il lavoro svolto, siamo riusciti con grande soddisfazione a salvarla. Mi è rimasto particolarmente impresso perché ci ha poi portati a riflettere sulla fragilità della vita e sull’importanza delle nostre scelte e dell’efficienza dei soccorsi. Questo mi spinge giorno dopo giorno a continuare questa mia avventura”.
Ci sono poi casi meno felici dove le situazioni e le scene ti colpiscono in modo particolare, ti fanno riflettere e ti rimangono dentro: questo accade soprattutto quando, nonostante l’impegno e l’efficienza messa nel servizio, purtroppo, non c’è più niente che si possa fare.

Proprio per questo si sente una nota di disappunto, nella voce di Andrea, nei confronti di quelle persone che richiedono l’intervento dell’ambulanza pur non avendo una vera urgenza, convinti del fatto che, arrivando in ambulanza in pronto soccorso, “si salti la fila”: una cosa questa non vera, e che provoca invece delle limitazioni nella disponibilità di mezzi per coloro che invece necessiterebbero veramente di un intervento immediato nella loro battaglia per la vita.

Durante l’intervento, però, non ci si deve far condizionare dalle emozioni: bisogna mantenere in ogni caso la concentrazione ed estraniarsi dall’ansia che può insorgere di fronte a certe situazioni; bisogna sempre tenere la mente lucida, lasciando le proprie considerazioni al post-intervento.

Durante questi momenti secondari si discute sul servizio svolto, ci si confronta, si condividono le proprie esperienze, giuste o sbagliate che siano, cercando sempre di migliorarsi.

Capita che, durante questi momenti di discussione collettiva, ci si renda conto che forse ci sarebbe stata anche un’altra possibile soluzione, magari più efficiente, o un modo più rapido e immediato per risolvere la situazione, ma in ogni caso ci si deve sempre e comunque attenere ai protocolli di base che devono essere rispettati a dispetto di qualunque considerazione.

E il nostro Andrea, grazie alla sua forza di volontà, alla sua bravura e, perché no, anche a un pizzico di fortuna, è sempre riuscito a gestire al meglio i suoi interventi.

Ortensia Delia, 3A Ls

 

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Il “Corriere” atterra su Facebook

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Il “Corriere” atterra su Facebook

È attiva da gennaio la pagina Facebook dedicata al Corriere Aeronautico: per chi non fosse ancora un “amico” del Corriere, scrivendo nella barra di ricerca del social network “Il Corriere dell’Aeronautico”, sarà possibile trovarci.

Lo scopo è creare dialogo tra giornalino e studenti, renderlo popolare e donare ai ragazzi qualcosa che possano sentire proprio, dedicato a loro. È un’opportunità per sentirsi sempre più parte dell’Istituto Locatelli: verranno pubblicate notizie, curiosità, articoli e immagini sulla scuola e la nostra amata aeronautica, dedicando spazio anche all’ambito coreutico.

Potrete condividere con la Redazione e tutta la scuola pensieri, perplessità, curiosità e tanto altro, sempre nel rispetto di chi legge.

La Redazione ha già avviato e portato a termine un concorso durato 15 giorni, dal 16 al 31 Gennaio, per trovare la migliore vignetta che riuscisse a esprimere un messaggio di solidarietà e umanità calato nel mondo aeronautico ispirato al motto “Je suis Charlie”. Il vincitore ha ottenuto la pubblicazione della sua creazione su questo numero de “Il Corriere Aeronautico”. Che cosa aspettate? Sfogliate le pagine e congratulatevi con il vignettista.

Davide Della Tratta, 5A Ls

 

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Bertossio vola al Locatelli

Posted by admin On Marzo - 13 - 2015 Commenti disabilitati su Bertossio vola al Locatelli

Il 15 Gennaio s’è tenuto nell’aula conferenze dell’Istituto Aeronautico Antonio Locatelli forse uno degli incontri con il più alto livello di gradimento a cui abbiamo potuto assistere: Luca Bertossio, campione mondiale di volo acrobatico in aliante e pilota Red Bull, ha raccontato di se stesso e di cosa voglia dire per lui volare, accompagnato dal rappresentate di Fly Zone Italy, associazione promotrice di ogni tipo di abilitazione al volo.

Luca è una persona che sa come esprimere e trasmettere la sua passione e lo ha fatto mostrando video incredibili in cui lui stesso parla e si esibisce. Riprese esclusive dall’interno della cabina e sue interviste che, da solo, ha montato per raggiungere il cuore della gente.

“Sono pilota Red Bull dall’ottobre 2014. Ho attirato l’attenzione per aver eseguito per primo la vite piatta rovesciata come acrobazia in aliante: cercate di essere unici e verrete ripagati in ogni cosa”, ha detto davanti a tutti noi.

Abbiamo apprezzato fin da subito i consigli di Luca fondati sulla sua esperienza: toccanti e veritieri allo stesso tempo.

Luca ha all’attivo una carriera – seppur giovane – già di grandi successi: oltre alle numerose sponsorizzazioni è allenatore della nazionale rumena di volo acrobatico in aliante categoria avanzata e vanta quattro medaglie d’oro nell’anno 2012, tra cui un titolo mondiale. “Quella di rappresentare il proprio paese è una soddisfazione immensa ed è una forza, non una scusa”, ha spiegato.

Il video della sua prova al mondiale ha tenuto gli occhi aggrappati alla tela bianca ancorata al muro, su cui scorrevano le immagini.
“Ci sono per ogni pilota sei voli da eseguire e ognuno è prestabilito e identico per tutti i concorrente. Le acrobazie vanno svolte in un box acrobatico dal lato di 400 piedi che parte dai 600 piedi di quota e arriva a circa un chilometro”.

Tutti si chiedevano in quel momento quale fosse il segreto del successo in questo campo ma la risposta è arrivata senza che la domanda fosse espressa: “Precisione, disciplina, costanza e sacrificio”.
Da atleta quale è, Luca ha sottolineato però non tanto con questa affermazione la voglia di vincere quanto la sua passione e la lotta interiore che uno sportivo porta sempre avanti: “La gara è contro me stesso che cerco di migliorare. Non si tratta di andare a una gara per arrivare primo, ma per dare il massimo”. A completare la fantastica carriera di Luca però ci sono anche gli Air Show a cui partecipa: momenti di divertimento ma sempre all’insegna della massima professionalità.

Subito dopo Luca il rappresentate di Fly Zone Italy ha chiarito i dubbi per quanto riguardava i brevetti e le possibilità di avvicinarsi al volo più di quanto possiamo fare a scuola. In quel momento gli alunni erano, per così dire, “gasatissimi” per le storie di Luca e le domande non tardavano ad arrivare.

Gli alunni presenti erano tantissimi ma la curiosità ha fatto passare il dolore alle gambe delle 3 ore di conferenza passate in piedi, racconta un alunno, e anche i professori sono rimasti contenti. Potremmo dire che con questa iniziativa il preside Giuseppe Di Giminiani ha davvero fatto centro.

Davide Della Tratta, 5A Ls

 

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